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Ristrutturazioni di aziende e paesi
Le aziende sono in dissesto, perché il
sistema capitalista nonfunziona più
La vicenda dell’Alitalia in Italia e dell’Opel in Germania
ha riproposto su grande scala la questione delle aziende in dissesto. Una
dopo l’altra, da vent’anni a questa parte le autorità borghesi hanno
dichiarato in dissesto centinaia e migliaia le aziende. Con questa scusa
hanno imposto ai lavoratori licenziamenti, prepensionamenti, riduzione dei
diritti salariali e contrattuali conquistati, aumento dell’orario e dei
carichi di lavoro, riduzione dei posti di lavoro (che, anche se non attuati
buttando fuori i lavoratori già in forza, si traducono sempre in più ricatti
contro di loro, più disoccupazione, più concorrenza tra lavoratori),
peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Molte aziende sono
completamente scomparse.
L’elenco comprende aziende di ogni tipo, pubbliche e private
e di ogni settore: AlfaRomeo, Olivetti, FIAT, Ferrovie, Poste, SIP,
Montedison, Italsider, Telecom e tanti nomi che non esistono neanche più.
Non è qualcosa che avviene solo nel nostro paese. È un corso di cose che
colpisce i lavoratori e le masse popolari di tutti i paesi imperialisti.
Ogni azienda ha la sua storia particolare, ogni dissesto
viene presentato come un caso a sé. Ogni volta si ripete il gioco della
ricerca dei responsabili e delle cause particolari del dissesto. La realtà è
che le aziende sono in dissesto perché il sistema non funziona più.
L’ordinamento capitalista fa acqua da tutte le parti. Cercare di far
sopravvivere il capitalismo, è come voler contenere l’acqua in un recipiente
sfasciato, voler misurare la distanza tra le stelle col metro, voler tener
un uomo nelle sue vesti da bambino, voler far scorrere un traffico
centuplicato imbottigliato nella rete stradale di cinquant’anni fa. Le
aziende riprenderanno ad essere in buona salute quando le prenderanno in
mano i lavoratori associati. Ma allora ogni azienda sarà gestita nell’ambito
di una attività economica nazionale tutta amministrata dai lavoratori in
base ad un piano di produzione e di circolazione e consumo. Ogni azienda
sarà incaricata di produrre beni e servizi per il benessere della
popolazione. Beni e servizi non saranno più prodotti come merci per fare
profitti (per valorizzare il capitale del padrone), ma come beni e servizi
che la popolazione riconosce come utili e che vuole avere a disposizione.
Pianificare l’attività di centinaia e migliaia di aziende
perché producano beni o servizi e li consegnino a quelli che li devono usare
o consumare è oramai cosa semplice a farsi. I primi paesi socialisti lo
hanno mostrato, anche se sono tutti partiti da condizioni molto più
arretrate di quelle in cui siamo noi oggi. Per decenni i primi paesi
socialisti hanno fatto enormi progressi materiali e spirituali grazie alla
pianificazione dell’uso delle risorse per il benessere delle masse popolari.
Solo quando i dirigenti revisionisti, da Kruscev nel 1956 in Unione
Sovietica a Teng Hsia-ping nel 1976 nella Repubblica Popolare Cinese, hanno
cercato di imitare metodi e criteri di gestione dei paesi capitalisti, i
primi paesi socialisti hanno iniziato a perdere colpi e a decadere. I
lavoratori e tutte le masse popolari ne hanno pagato le conseguenze. Per
l’Unione Sovietica e i paesi socialisti dell’Europa orientale questa via è
arrivata fino allo sfacelo in cui si dibattono da quindici anni a questa
parte. La Repubblica Popolare Cinese è diventata campo libero delle
scorribande di tutti gli imperialisti del mondo che la stanno riducendo ad
una officina-galera e immondezzaio del mondo, imposto al popolo cinese con
le esecuzioni sommarie di quanti si ribellano.
Nei paesi imperialisti il mantenimento dell’ordinamento
capitalista significa aziende in dissesto una dietro l’altra. Nei paesi
socialisti la sua restaurazione significa il dissesto generale dei paesi,
l’uno dietro l’altro.