La Voce

Indice del La Voce n. 2


La Voce del (nuovo)Partito comunista italiano

                                               

80°anniversario

della fondazione della

Internazionale Comunista

 

anno I - luglio 99


Perché questa rivista

 

Questa rivista è fondata e diretta dalla Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano.

La rivista ha un duplice scopo:

1. promuovere la formazione di organizzazioni del (n)PCI, i cui delegati parteciperanno al congresso di fondazione del partito, appena si saranno create lecondizioni necessarie per tenerlo;

2. contribuire alla formulazione dei progetti di programma e di statuto del (n)PCI, progetti che saranno sottoposti al congresso di fondazione del partito che approverà i testi definitivi, vincolanti per tutti i membri del partito.

La rivista esce ogni quattro mesi. Essa presenta il lavoro e i documenti della Commissione, i lavori e i contributi delle organizzazioni del partito che via via si costituiscono e i contributi di individui e di collettivi per il programma e lo statuto del (n)PCI.

La collaborazione alla rivista, la diffusione della rivista, la riproduzione della rivista, lo studio della rivista sono parte dei compiti fondamentali delle organizzazioni del nuovo partito. I legami che la collaborazione, la diffusione e lo studio collettivo comportano, costituiscono la rete più vasta delle relazioni organizzative clandestine del (n)PCI. Quindi la rivista è contemporaneamente uno strumento del lavoro teorico e uno strumento del lavoro organizzativo del partito.

Il rafforzamento della rivista è affidato ai compagni che costituiscono le organizzazioni del partito, ma anche ai collaboratori e ai simpatizzanti del partito, quindi a quanti ne sostengono e ne sosterranno la formazione.


Fai conoscere, riproduci, diffondi questa rivista, studiala e organizza gruppi di studio, raccogli le opinioni e le proposte dei compagni che la leggono per trasmetterle alla redazione appena se ne creerà la possibilità.


La società comunista si ordina in modo che ognuno contribuisca secondo le sue capacità al benessere di tutti e riceva secondo le sue necessità e il libero sviluppo di ciascuno sia la condizione per il libero sviluppo di tutti (manifesto del partito comunista, 1848).

Il primo passo verso il comunismo è il socialismo: una società in cui ognuno contribuisce secondo le sue capacità al benessere di tutti (ognuno svolge un lavoro socialmente utile) e riceve in proporzione alla quantità e alla qualità del suo lavoro (sono aboliti i redditi non da lavoro: profitti, interessi, rendite, affitti, speculazioni)

(critica al programma di Gotha, 1875).

Nella società capitalista maggiore è la libertà dei capitalisti di sfruttare i lavoratori, minore è la libertà dei lavoratori di non subire lo sfruttamento. Più la condizione dei lavoratori è precaria, più sicuri sono i capitalisti. Più l’orario di lavoro è elastico, più liberi sono i capitalisti. Più il salario è elastico più alti sono i profitti dei capitalisti. Non c’è da meravigliarsi che i capitalisti chiedano mercati del lavoro sempre meno rigidi e che spostino i loro capitali nei paesi dove sono loro più liberi di sfruttare e i lavoratori sono più sottomessi e più docili.


Il partito comunista

 

Il (nuovo) Partito Comunista Italiano deve essere un partito clandestino. La clandestinità è la condizione della sua indipendenza dalla borghesia, della continuità della sua attività, della sua capacità di esprimere compiutamente le aspirazioni delle masse popolari a eliminare il capitalismo e costruire una società comunista.

Il partito comunista deve far conoscere alle masse la sua esistenza: ciò infonde fiducia e crea le premesse indispensabili per la propaganda, l’attività organizzativa, il reclutamento, l’orientamento e l’agitazione. L’esistenza di un partito comunista che la borghesia non riesce né a distruggere né a corrompere rafforza la fiducia delle masse in sé stesse e nella causa del comunismo. Il partito comunista deve far conoscere la sua esistenza e contrastare la campagna della borghesia che ad ogni arresto proclamerà di avere eliminato definitivamente il partito.

Il partito comunista deve propagandare il suo programma, l’obiettivo per cui lotta e chiama le masse alla lotta. Perché le masse si uniscano attorno alla classe operaia e al suo partito comunista occorre che il partito faccia conoscere chiaramente e sulla scala più vasta possibile gli obiettivi per cui lotta e contrasti la campagna di confusione e di travisamento che la borghesia sicuramente metterà in opera.

Il partito comunista deve dare un orientamento giusto su tutte le vicende e situazioni importanti della vita delle masse e portare ovunque le parole d’ordine che sintetizzano la strada che le masse devono prendere e gli obiettivi che devono perseguire. Deve contrastare le parole d’ordine e la propaganda con cui la borghesia cerca di deviare il movimento delle masse.

Il partito comunista deve raccogliere, elaborare, tradurre in linea tutte le tendenze positive delle masse, deve promuovere le organizzazioni delle masse (fronte e forze armate) e fornire una giusta direzione per lottare contro la borghesia imperialista e trattare le contraddizioni interne alle masse. Deve contrastare le manovre della borghesia per dividere e contrapporre tra loro le masse.

Il partito comunista deve approfittare di ogni circostanza per infondere nelle masse fiducia nella loro capacità di unirsi e lottare, di vincere la borghesia imperialista e di costruire una società comunista.

 

Per riuscire a svolgere questi compiti verso le masse il partito comunista deve

- esistere: assicurare in ogni circostanza ed evenienza la sua continuità, difenderla dalla polizia, dai provocatori, dagli infiltrati e dai traditori;

- essere capace di assimilare ed elaborare la teoria rivoluzionaria della società e del suo sviluppo, un metodo di conoscenza e di azione corrispondenti al carattere dialettico della realtà, un giusto orientamento in ogni circostanza e difendersi dall’influenza della borghesia nel campo dell’ideologia e della teoria;

- avere legami stretti e multiformi con le masse in modo da arrivare ovunque a dare e raccogliere: tramite le sue organizzazioni, i suoi membri, i suoi collaboratori e i suoi simpatizzanti, in modo da imparare a dirigere e valorizzare la spontaneità delle masse, imparare dalle masse senza farsi dirigere da esse;

- avere un’intensa e ricca vita interna: organizzazioni del partito, principi, criteri e regole organizzativi, divisione dei compiti, formazione, reclutamento,

- dotarsi di tutti gli strumenti necessari alla sua vita e alla sua attività, non deve dipendere dalla borghesia per il compimento della sua attività.


L’attività combattente oggi deve contribuire alla ricostruzione del partito comunista, domani sotto la direzione del partito comunista darà l’apporto decisivo alla vittoria della nostra causa.

La sete di vendetta contro chi rovina la vita nostra e dei nostri compagni di classe, l’odio contro la borghesia imperialista e i suoi servi che commettono ingiustizie e soprusi d’ogni genere sono sentimenti essenziali e preziosi. Quando animano le masse e le portano all’azione, diventano una forza materiale irresistibile, cha cambia il mondo. Un partito comunista, un partito rivoluzionario che non apprezza e valorizza questo odio e questa sete di vendetta non è degno del suo nome. Un partito che non li apprezza e valorizza, non combatte veramente per guidare le masse a trasformare la loro condizione e comunque non riuscirà ad adempiere il suo compito. Dove non c’è odio per gli oppressori non c’è amore per gli oppressi, non c’è quell’amore di cui gli oppressi hanno bisogno per porre fine all’oppressione (l’amore dei filantropi, delle suore di carità e delle ONG lascia il tempo che trova, ribadisce le catene che legano gli oppressi alla loro condizione e gli oppressori stessi lo usano per questo scopo).

Ma bastano per la vittoria la sete di vendetta e l’odio che animano gli oppressi e li spingono all’azione?

Per porre fine al capitalismo occorre che le classi oppresse si uniscano, che diventino una forza combattente, che creino una direzione capace di guidarle di fase in fase fino alla vittoria. Solo se creiamo un partito comunista, un esercito rivoluzionario e un fronte di tutte le classi e le forze rivoluzionarie diretti dal partito comunista, la sete di vendetta e l’odio si trasformano in una forza costruttrice che contribuisce alla vittoria sul capitalismo e alla costruzione della società comunista.


I dietrologi dicono e diranno che gli autori dell’uccisione di D’Antona sono stati gli uomini della CIA, del KGB, o di uno dei tanti “servizi deviati”. In effetti la politica borghese è fatta di ricatti, intrighi, complotti, esecuzioni: i gruppi imperialisti conducono una guerra civile strisciante l’un contro l’altro, senza risparmio di colpi e di mezzi. La provocazione è un’arma che da tempo fa parte dell’arsenale della controrivoluzione preventiva. La mancanza del partito comunista e della sua direzione sull’attività combattente lascia campo facile a mille congetture e illazioni, Molti gruppi borghesi possono trarre  e cercheranno di trarre vantaggio da questa azione (per fare un esempio: Berlusconi, Dell’Utri e le altre “vittime” della guerra di Mafia e di Mani Pulite dopo D’Antona sono più tranquilli).

Resta tuttavia il fatto inoppugnabile che l’uccisione di D’Antona e le altre meno clamorose azioni combattenti che vengono condotte nel paese hanno messo in luce che la borghesia e i suoi funzionari possono essere colpiti dovunque e in quansiasi momento. Hanno destato nella borghesia la paura e nelle masse la speranza che il successo conseguito dalla borghesia negli anni ‘80 non ha estinto per sempre il fuoco della ribellione. E in effetti esso cova sotto la cenere dello sfruttamento, dell’oppressione e delle angherie (che la vittoria borghese degli anni ‘80 non ha eliminato, ma anzi accentuato) del regime borghese e del progredire della sua crisi generale ed esplode ora qua ora là, finché si saranno create le condizioni necessarie perché divampi.

Esse mettono inoltre in luce il fatto inoppugnabile che le forze rivoluzionarie possono colpire la borghesia e i suoi funzionari dovunque e in qualunque momento, malgrado essa moltiplichi le misure di sicurezza e le guardie del corpo.

Ovviamente al successo della nostra causa non basta colpire ora qui ora là. Noi abbiamo bisogno di ricostruire il partito comunista e poi di portare la classe operaia a conquistare il potere. In questa fase ci serve colpire solo per raccogliere le forze e accumularle.


Massimo D’Antona:

rovesciamento del destino.

Voleva “rottamare” i lavoratori,

invece hanno “rottamato” lui!

(marziale, 20 maggio ‘99)


Inflazione: ultime notizie.

Il costo del pollo è quasi stabile.

In compenso la qualità è sempre più di merda.


Il nostro compito in questa fase non si riassume in “destabilizzare l’attuale regime della borghesia imperialista”. Questo regime è già traballante e di per se stesso lo diviene ogni giorno di più. Il nostro compito è costruire il centro di una nuova unità delle masse popolari sotto la direzione della classe operaia e raccogliere forze rivoluzionarie, formarle alla lotta nell’unico modo possibile cioè lottando e accumularle.

I regimi attuali della borghesia imperialista e il sistema delle loro relazioni internazionali diventano giorno dopo giorno per le loro contraddizioni interne sempre più precari e più deboli. Questo crea un vuoto di direzione e di potere che sarà occupato o dal partito comunista della classe operaia e dal nuovo sistema di potere della classe operaia (partito-fronte-forze armate) o dalle forze imperialiste promotrici della mobilitazione reazionaria delle masse.

Il partito comunista della classe operaia che vive libero dal controllo della borghesia imperialista esercita un’influenza sul movimento politico della società già per il semplice fatto della sua esistenza. Costruire il partito comunista e salvaguardare la sua libera esistenza è la chiave per il successo della lotta per il comunismo.

A ciò devono lavorare tutte le FSRS, anche le forze combattenti.


Come è che le masse distinguono le azioni antipadronali di una forza combattente rivoluzionaria dalle provocazioni antipopolari dei padroni e dalle esecuzioni che fanno parte della guerra civile strisciante in corso tra gruppi imperialisti (guerra di mafia, criminalità organizzata, guerre tra corpi armati padronali non ufficiali)? La borghesia ha adottato sistematicamente come attività controrivoluzionaria l’effettuazione di provocazioni sanguinose che vengono attribuite alle forze rivoluzionarie, la storia contemporanea è piena di esempi. La lotta che il partito comunista conduce contro la borghesia imperialista è una lotta per conquistare il cuore delle masse, per risvegliare le masse, organizzarle e sprigionarne la creatività e l’energia rivoluzionaria. La borghesia non esita a ricorrere a crimini d’ogni genere per contrastarla. Non è possibile escludere in assoluto le provocazioni della borghesia, compiute appositamente per alienare le masse dalle forze rivoluzionarie.

Ma il criterio principale di cui devono farsi carico il partito comunista e ogni forza combattente è che ogni azione combattente sia coerente con la linea e le campagne del partito comunista e appoggi lo sviluppo politico e organizzativo delle forze rivoluzionarie delle masse popolari dirette dal partito comunista.


Costruire organizzazioni del (nuovo)Partito comunista italiano. Imparare criteri e tecniche del lavoro clandestino.

 


La seconda crisi generale del capitalismo e la nuova ondata della rivoluzione proletaria

 

La crisi generale del capitalismo nasce dalla crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, si trasforma in crisi culturale e in crisi politica e trova la sua soluzione attraverso la lotta politica. In cosa consiste la crisi politica? I regimi esistenti della borghesia imperialista diventano instabili, precari. La borghesia non può più continuare a dirigere la società nella vecchia maniera e con le vecchie istituzioni e concezioni (che fino a ieri avevano funzionato a dovere). Le classi oppresse non possono più continuare nella vecchia loro vita e non sono disposte ad accettare i sacrifici che la crisi obbliga la borghesia ad imporre. Questa è la crisi politica che Lenin chiama anche “situazione rivoluzionaria” e Mao “situazione rivoluzionaria in sviluppo”. Ma il vecchio regime non crolla, non cade come un edificio marcio. Il regime zarista venne sostituito dal regime sovietico con la Rivoluzione d’Ottobre. Il vecchio regime della borghesia imperialista in Italia venne spazzato via nel 1922 dal fascismo di Mussolini, negli USA nel 1932 dal New Deal di Roosevelt, in Germania nel 1933 dal nazifascismo di Hitler. Il vecchio regime indebolito e incapace di difendersi efficacemente, vittoriosamente (a causa della crisi che lo corrode), viene eliminato e sostituito o dalla dittatura del proletariato (la classe operaia alla testa del resto del proletariato e anche del resto delle masse popolari spezza la resistenza della borghesia e instaura il suo potere) o da un regime borghese più progredito e più controrivoluzionario instaurato da qualche gruppo imperalista che ha saputo mettersi alla testa della mobilitazione delle masse generata dalla crisi stessa e farla sviluppare e crescere come mobilitazione reazionaria. La forma inevitabile di ogni mobilitazione reazionaria delle masse è la guerra di una parte delle masse contro un’altra parte: solo prevalendo su un’altra parte essa può instaurare un nuovo regime borghese. In conclusione il vecchio regime borghese, in crisi, reso precario e instabile dal progredire della crisi generale (quindi principalmente non dai colpi inferti al regime dalle forze rivoluzionarie: altro è il loro compito) , viene abbattuto e sostituito solo grazie all’energia delle masse. Ma queste possono essere guidate o dalla classe operaia e dal suo partito comunista o da gruppi imperialisti promotori della moblitazione reazionaria delle masse. Il compito delle forze rivoluzionarie (e quidi in primo luogo del partito comunista e delle forze che esso suscita, organizza, dirige) consiste in una prima fase nell’accumulare le forze della rivoluzione aggregando, organizzando e educando le masse, fino a portarle a essere superiori alle forze della borghesia; in un seconda fase nel guidare queste forze ad eliminare le forze della borghesia e instaurare la dittatura del proletariato.


La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale ha dato luogo alla seconda crisi generale del capitalismo: una crisi economica che trapassa in crisi politica e culturale. Una crisi mondiale, una crisi di lunga durata.

(...) Tutto ciò viene creando una nuova situazione di guerra e di rivoluzione, analoga a quella attraversata nella prima metà del secolo. Il mondo deve cambiare e inevitabilmente cambierà: gli ordinamenti attuali dei paesi imperialisti e le attuali relazioni internazionali ostacolano la prosecuzione dell'accumulazione di capitale e quindi saranno inevitabilmente sovvertiti. Saranno le grandi masse, prendendo l'una o l'altra strada, a “decidere” se il mondo cambierà ancora sotto la direzione della borghesia creando ordinamenti diversi di una società ancora capitalista o se cambierà sotto la direzione della classe operaia e nell’ambito del movimento comunista, creando una società socialista.

(Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano, cap. 1.6.).


Il passaggio del movimento comunista dalla preistoria alla storia

 

Ad eccezione di alcuni pochi capitoli, ogni periodo importante degli annali rivoluzionari dal 1848 al 1849 porta come titolo: Sconfitta della rivoluzione!

Chi soccombette in queste disfatte non fu la rivoluzione. Furono i fronzoli tradizionali prerivoluzionari, risultato di rapporti sociali che non si erano ancora acuiti sino a diventare violenti contrasti di classe, persone, illusioni, idee, progetti, di cui il partito rivoluzionario non si era liberato prima della rivoluzione di febbraio [1848] e da cui poteva liberarlo non la vittoria di febbraio ma solamente una serie di sconfitte.

In una parola: il progresso rivoluzionario non si fece strada con le sue tragicomiche conquiste immediate, ma, al contrario, facendo sorgere una controrivoluzione serrata, potente, facendo sorgere un avversario, soltanto combattendo il quale il partito dell’insurrezione raggiunse la maturità di un vero partito rivoluzionario.” 

 

K. Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, 1850.


In alcuni paesi capitalisti è tollerata l’esistenza legale di partiti comunisti, ma soltanto nella misura in cui questi non ledono gli interessi fondamentali della borghesia: quando si va oltre questo limite, la loro esistenza non è più tollerata.

(Mao Tse-tung, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 1957)


Qui di seguito riportiamo alcuni passaggi del bilancio fatto da Pippo Assan in Cristoforo Colombo (1988)

 

Le Brigate Rosse hanno messo in luce il ruolo della lotta armata come componente della lotta del proletariato per il potere nella fase di accumulazione delle forze, nelle condizioni delle società imperialiste. La «propaganda armata», l'attività delle organizzazioni combattenti e in primo luogo delle Brigate Rosse negli anni 70, è stata la chiave che ha aperto la strada e messo in luce la via.

La reazione di rigetto assoluto, di antagonismo e di incompatibilità assoluta delle società imperialiste nei loro confronti è stata la verifica del successo dell'opera delle Brigate Rosse e della vittoria della loro attività nella fase detta della «propaganda armata» .

(...)

Le Brigate Rosse hanno operato una svolta innovativa in una pratica del movimento comunista dei paesi imperialisti oramai sancita da una lunga tradizione storica. In questa pratica gli obiettivi in campo politico erano l'allargamento e il completamento della democrazia borghese (e, dove sopravvivevano, l'eliminazione definitiva dei residui feudali), mentre ci si preparava a prendere il potere quando lo Stato borghese fosse arrivato al collasso. Proprio perché questa pratica aveva raggiunto i limiti delle sue potenzialità, aveva dato tutto quello che poteva dare, finché si restava nel suo alveo era inevitabile il trionfo del revisionismo moderno. Sul suo terreno erano inefficaci tutti gli sforzi per resistere al revisionismo e alla collaborazione di classe (per quanto generosi, sinceri e autorevoli essi fossero: come per es. quelli di Secchia). Non è per caso che in tutti  i partiti comunisti dei paesi imperialisti, il revisionismo moderno ha vinto senza traumi e fratture politicamente rilevanti. 

Le Brigate Rosse hanno innovato in questa tradizione. Questo rappresenta il nocciolo della loro esperienza. Questo ne ha fatto un'esperienza rivelatrice di grandi inesplorate potenzialità.

Prepotentemente, di un sol colpo hanno sgomberato il campo da quell'atmosfera gelatinosa e vischiosa che sembrava inglobare tutto e tutti, capace di riassorbire ogni contraddizione, di smussare ogni contrasto, di far impazzire con mille perché e mille percome chi non accettava le verità di regime, di ridurre a caso singolo per poi  eliminarlo chi non si lasciava assorbire, di terrorizzare sapientemente dove gli altri mezzi fallivano. Esse hanno gettato il caos in una classe dominante abituata da anni a muoversi con la indulgenza, la condiscendenza e la sicurezza di chi conduce il gioco, ha il coltello dalla parte del manico e qualche arma sempre di riserva. Esse hanno usato le contraddizioni di una classe abituata da anni ad avere di fronte solo proteste e richieste e ne hanno scombussolato piani e idee.

Scompostamente e prepotentemente hanno imposto il fatto che la rivoluzione proletaria è anche un fatto d'armi, di guerra, che al socialismo si arriva solo combattendo. E questo non come cosa detta (questo lo era già), ma come cosa che nella società imperialista si costruisce giorno dopo giorno sviluppando la guerra contro la classe dominante.

E' stata una scoperta semplice e sconvolgente insieme, come l'uovo di Colombo.

(...)

Le organizzazioni rivoluzionarie che si contendono la guida del movimento di massa negli anni 70 sono tutte nuove, sorte nel corso delle lotte rivendicative e di protesta di quegli anni (movimento studentesco, autunno caldo, ecc.). Dovevano costruirsi e nello stesso tempo costruire anche il loro rapporto con le masse.

Esse non hanno alcuna continuità con l'esperienza rivoluzionaria della Terza Internazionale. I trent'anni di predominio del revisionismo moderno hanno fatto piazza pulita.

Dapprima le organizzazioni rivoluzionarie sorgono su rivendicazioni immediate, poi esprimono parole d'ordine più generali, ma proprio per questo meno corrispondenti alla loro reale pratica.

Fondamentalmente le prime organizzazioni che si formano sono rivendicative estremiste nell'ambito dell'esistente regime politico ed economico.

La seconda ondata che si forma è caratterizzata dalla lotta armata ed è qui che si determina oggettivamente il salto, che i protagonisti non avvertono. Le Brigate Rosse sono la parte più avanzata, perché dotata di un impianto teorico e politico più organico, con legami meno tenui con la tradizione comunista, più sistematicamente tesa a porre l'azione combattente all'interno di un progetto di mobilitazione del proletariato e delle masse per la conquista del potere.

Ma anche le organizzazioni combattenti sono un prodotto dello slancio del movimento popolare dell'epoca, con le generosità, le velleità e le ingenuità di un movimento nuovo.

Solo man mano che il movimento avanza, che la situazione politica attraversa fasi contrastanti, si incomincia a consolidare un'esperienza, si inizia una verifica pratica delle teorie, delle strutture e degli uomini. Nelle organizzazioni combattenti vengono in luce, e si cristallizzano in organizzazioni distinte, le varie anime che erano confluite nella lotta armata. Ognuna si caratterizza sempre più, man mano che viene meno il comune retroterra e motore: la possente spinta del movimento di massa che unificava, dava forza e permetteva di eludere la verifica della linea nella pratica.

Prima Linea si rompe in spezzoni sempre più simili a cricche attorno ad un capo, fino a liquidarsi nella dissociazione.

Alcuni gruppi si danno all'esproprio per le masse, altri ad amministrare la «giustizia proletaria» colpendo i borghesi «colpevoli», altri si danno al sindacalismo armato, altri all'organizzazione dell'emarginazione e del ribellismo vitalistico, altri si pongono il problema della costruzione e del salto al partito.

Inizia una fase in cui si tratta non più di procedere sull'onda dell'entusiasmo, ma di raccogliere, selezionare, verificare e rendere organici e sistematici i risultati e gli insegnamenti della fase trascorsa.

Questa seconda fase è ancora in corso e al suo travaglio viene dato il nome di crisi del movimento rivoluzionario.

(...)

Questo aspetto della debolezza del movimento rivoluzionario dell'epoca mette in luce però un fatto importante che dovremo riprendere più avanti. Il fatto cioè che nel corso del suo sviluppo il movimento delle masse genera iniziative combattenti. E' un fatto confermato dal movimento degli anni 70, ma che si è verificato in ogni fase di ascesa del movimento delle masse in tutta l'epoca imperialista. E' proprio perché succede questo, che l'iniziativa combattente è una componente necessaria dell'attività del partito e non una forma escogitata da intellettuali a tavolino. E' proprio solo in questo che sta la possibilità della sua affermazione come aspetto stabile della lotta del proletariato anche nella fase di accumulazione delle forze in condizioni di accerchiamento da parte delle forze della borghesia, quando cioè le forze militari della borghesia sono assolutamente preponderanti rispetto alle forze militari del proletariato. 

In questo senso è rilevante la polemica, apparentemente nominalistica, tra quanti sostengono che la lotta armata è una forma di lotta e quanti invece sostengono che è una strategia. Quelli che sostengono che la lotta armata è una forma di lotta vogliono sottolineare il fatto inoppugnabile, ma tuttavia negato da alcuni, che essa non è l'unico campo di azione del partito e che l'importanza del suo ruolo varia a seconda delle situazioni.

(...)

La lotta armata è una forma della lotta del movimento proletario nella fase imperialista, le cui dimensioni e il cui ruolo si espandono nei momenti di espansione del movimento delle masse e si riducono inevitabilmente se esso rifluisce. Appunto perciò è uno stabile campo di lavoro del partito, una forma stabile della sua attività, i cui obiettivi però cambiano di fase in fase.

Quanti sostengono che la lotta armata non è una forma di lotta ma una strategia, vogliono dire che essa rientra tra le attività stabili del partito comunista, che la sua esistenza, praticabilità e necessità non sono sottomesse agli alti e bassi del movimento delle masse. Quindi portano argomenti a favore della continuità dell'attività armata dei militanti anche nei periodi di stasi della mobilitazione di massa. La lotta armata non è una forma di lotta che sorge solo nei momenti dello scontro decisivo, durante i momenti acuti della crisi, ma fa parte delle attività con cui si accumulano forze e si preparano condizioni favorevoli al successo della rivoluzione.

(...)

Il ruolo e il peso specifico che la lotta armata ha in ogni specifico passaggio della lotta del proletariato per il potere è ben determinato, come per qualsiasi altra attività, dalla concreta situazione politica. La combinazione delle varie forme di lotta, il loro peso è questione di tattica.

L'unica lotta armata d'avanguardia che può interessare i comunisti è quella che è elemento di  mobilitazione, organizzazione, orientamento e direzione delle masse.

 

Materiale per lo studio:

 

Pippo Assan, Cristoforo Colombo, Edizioni della Vite, Firenze, 1988.

 

Coi, P. Gallinari, F. Piccioni, B. Seghetti, Politica e rivoluzione, Giuseppe Maj Editore, Milano, 1983.

 

Il bollettino dell’Asp, Contributo per una storia documentale delle Brigate Rosse, numero monografico, 1996


La miseria, la disoccupazione e l’emarginazione sono il prodotto delle leggi oggettive dell’economia capitalista. Per porvi fine, dobbiamo eliminare l’economia capitalista e sostituirla con il socialismo: da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo la quantità e la qualità del suo lavoro.


Analisi di classe della società italiana

(fonte: Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano)

 

borghesia imperialista:     6 milioni

classe operaia:                17 milioni

proletari non operai

(dipendenti pubblici, dipendenti di aziende non capitaliste, domestici):____________________19 milioni

 

proletari (non hanno di che vivere se non vendono la loro forza lavoro):___________________36 milioni

 

classi popolari non proletarie (lavoratori autonomi, piccoli proprietari, quadri di livello inferiore):_15 milioni

 

masse popolari:                                                                                                  51 milioni


L'analisi delle classi in cui è divisa la società individua anche le relazioni tra le parti della società dettate dai loro interessi. Il partito comunista mira a portare lo schieramento delle forze nello scontro politico a coincidere con lo schieramento delle classi secondo i loro interessi pratici, economici e civili.


Dal nostro linguaggio oscuro alla lingua parlata

 

Che ogni compagno e ogni lavoratore avanzato traduca le idee giuste che la nostra rivista gli porta, nel linguaggio quotidiano dei suoi compagni di lavoro, di casa, di viaggio in modo che esse da proposizioni astratte e per qualche verso oscure si trasformino in idee che illuminano l’esperienza quotidiana, capillare, concreta e particolare delle masse e che indicano la via da imboccare per battere la borghesia imperialista.

In generale, i nostri lettori non devono ripetere alle masse le nostre frasi e i nostri discorsi, ma usarli, rielaborarli, tradurli. Questo è un aspetto del loro ruolo vivo e creativo nel comune lavoro.


La riproduzione di articoli e parti da questa rivista è libera e gradita. Possibilmente citare la fonte.


Che fare?

 

Ai compagni che vogliono partecipare alla costituzione del nuovo partito comunista italiano, la Commissione chiede di costituire di propria iniziativa, a livello locale, provinciale, regionale o interregionale comitati formati da compagni (membri di FSRS e lavoratori avanzati) che accettano la settima discriminante (il carattere clandestino dell’organizzazione) e sono in grado di incominciare ad operare in coerenza con essa. Ogni comitato deve essere di composizione limitata (da 2 a 4 membri) e diretto da un segretario responsabile dei contatti con la Commissione. Ogni comitato deve incominciare a imparare a funzionare clandestinamente (apprendimento della concezione e delle tecniche del funzionamento clandestino - riunioni libere, relazioni libere tra i membri: contatti telefonici, postali e incontri), studiare la rivista, collaborare alla rivista, diffondere la rivista, studiare la posizione assunta dai singoli e dalle organizzazioni di fronte alla settima discriminante posta dal primo numero di La Voce, reclutare nuovi compagni, promuovere le attività di sostegno alla costruzione del partito.

La Commissione stabilirà via via i rapporti con i comitati, sulla base dell’esperienza elaborerà via via indicazioni per migliorare il lavoro dei comitati e i propri rapporti con ognuno di essi. Diamo per scontato che in questa fase le organizzazioni clandestine che si formeranno saranno molto differenti per il modo di funzionare e per il lavoro che svolgeranno. L’importante è che esse rientrino nelle discriminanti poste e che migliorino. Ognuna di esse e il loro insieme verranno ristrutturate definitivamente, dall’alto verso il basso dal Comitato Centrale (eletto dal congresso di fondazione) in conformità allo Statuto del nuovo partito (approvato dallo stesso congresso).