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La situazione politica e i nostri compiti
Il nostro compito principale: la
propaganda del socialismo
Per quanto
riguarda il campo delle masse popolari,
l’avvento del nuovo governo Berlusconi sanziona (con la residua
precarietà
propria di ogni fase politica al suo inizio) l’apertura di una nuova
fase nella
vita politica del nostro paese, nonostante la continuità del
nuovo governo
Berlusconi con il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti. La nuova fase
consiste,
principalmente e in sintesi, nei seguenti due movimenti contrastanti.
1. Una parte
(più di 2 milioni di adulti) delle masse
popolari più avanzate (di quelle che più risentono
dell’eredità della prima
ondata della rivoluzione proletaria) si è sottratta, almeno
elettoralmente,
alla egemonia della sinistra borghese e si è aggiunta a quella
parte delle
masse popolari che in una certa misura se ne era già liberata da
tempo.
L’egemonia della sinistra borghese sulle masse popolari si è
ridotta e quindi
maggiori sono gli spazi di manovra e più favorevoli le
condizioni per l’azione
di noi comunisti.
2. Una parte
delle masse popolari più insofferenti del
corso attuale delle cose (quindi potenzialmente nostre) sono
momentaneamente
reclutate dai fascisti e dalla Lega Nord per azioni squadristiche e
concretizzano un nuovo livello della mobilitazione reazionaria delle
masse
popolari. Le forze politiche più reazionarie della borghesia
imperialista hanno
rafforzato la loro egemonia e la loro capacità di mobilitazione
di una parte
delle masse popolari e la loro arroganza è cresciuta.
La sintesi dei
due movimenti contrapposti è che la corsa
tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e mobilitazione
reazionaria delle masse popolari si è accelerata, anche se la
mobilitazione
reazionaria trova dei limiti nella natura dell’attuale regime che resta
un
regime di controrivoluzione preventiva. (1)
Alcuni
definiscono “nuovo fascismo” questa fase della
vita politica del nostro paese. Tale definizione certo serve a capire
che c’è
l’inizio di una nuova fase e che in questa nuova fase la borghesia
imperialista
usa in modo qualitativamente nuovo (rispetto al passato periodo del
regime DC e
della sua putrefazione) i nostalgici, le propaggini e i residuati del
fascismo
di Mussolini. Ma tale definizione maschera la natura della nuova fase,
rende
più difficile capirne gli aspetti e definire le forme proprie di
questa fase
che deve assumere la nostra linea di rafforzamento e consolidamento del
Partito, tramite il lavoro interno e il lavoro di massa sui quattro
fronti del
nostro PGL (Piano Generale di Lavoro). Quindi è una definizione
sbagliata,
fuorviante, da non usare.
Il regime del
nostro paese resta un regime di
controrivoluzione preventiva. Chi lo definisce “nuovo fascismo”, non fa
un’analisi scientifica, fa della retorica e crea confusione sul lavoro
da fare
in questa fase. Come aspetto secondario, banalizza anche il fascismo
che fu
giustamente definito dalla prima Internazionale Comunista regime
terroristico
della parte più reazionaria della borghesia imperialista. Ma il
difetto principale
della definizione è che nasconde che il lavoro principale che
dobbiamo compiere
in questa nuova fase è il lavoro per conquistare lavoratori
avanzati alla lotta
per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Probabilmente chi
definisce
questa fase “nuovo fascismo” pensa di mobilitare di più usando
parole grosse,
gridando: “Al lupo! Al lupo!”. Ma la mistificazione della realtà
non ha mai
giovato a noi comunisti. La nostra è una lotta seria, richiede
un impegno
serio. Le masse non si sono mai impegnate in una rivoluzione se non per
ragioni
di cui per mille vie constatavano la realtà. Sfido chi usa
questa definizione
seriamente, ad adottare le misure organizzative che adotterebbe se
fossimo
veramente in presenza di un regime fascista o nell’imminenza della sua
instaurazione.
Il regime del
nostro paese resta un regime di
controrivoluzione preventiva, ma siamo entrati in una fase nuova, che
dobbiamo
distinguere dalla precedente. C’è stato un salto di
qualità: un più favorevole
e vasto terreno per la mobilitazione rivoluzionaria delle masse
popolari e un
passo avanti nella mobilitazione reazionaria delle masse popolari.
Come ogni cosa,
anche il passo avanti nella mobilitazione
reazionaria ha un aspetto duplice: uno negativo e uno positivo.
Negativo perché
è la borghesia che ha preso l’iniziativa ed essa infligge molte
sofferenze alle
masse popolari (su vari terreni: dalla speculazione, al carovita, alla
caccia
all’immigrato, ecc.) e mobilita a un livello superiore forze
reazionarie
(squadre, ronde, polizie pubbliche, servizi segreti, polizie private).
Positivo
perché ci avvicina alla nostra metà: questa infatti
può essere raggiunta solo
attraverso la formazione di schieramenti contrapposti (mobilitazione
rivoluzionaria delle masse popolari e mobilitazione reazionaria delle
masse
popolari), lo scontro tra le due, il prevalere della prima sulla
seconda. Tutto
il Partito deve educarsi e deve educare il più possibile della
carovana, delle
organizzazioni e degli elementi avanzati a noi vicini ad adeguarsi
ideologicamente,
politicamente e organizzativamente a questo sviluppo delle cose. (2)
Per noi quello
che è successo e sta succedendo non è una
sorpresa. Se qualcuno di noi è sorpreso, costui deve onestamente
e seriamente
chiedersi perché non aveva assimilato la concezione del mondo
del Partito di
cui tuttavia è membro. Il nostro Partito per anni ha più
e più volte e in più
sedi dichiarato che dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso
siamo entrati
in una situazione rivoluzionaria in sviluppo e che in definitiva solo
due vie
di uscita sono possibili: la mobilitazione rivoluzionaria delle masse
popolari
e la mobilitazione reazionaria delle masse popolari; che la sola via
che la
borghesia poteva imboccare per uscire dalla crisi era la mobilitazione
reazionaria delle masse popolari; che nella borghesia era la destra ad
avere il
pallino in mano mentre la sinistra era ridotta ai margini; che il
nostro futuro
sarebbe stato deciso dallo scontro tra mobilitazione rivoluzionaria e
mobilitazione reazionaria delle masse popolari; che noi dovevamo
promuovere la
mobilitazione rivoluzionaria; che i comunisti possono trasformare la
mobilitazione reazionaria in mobilitazione rivoluzionaria.
Oggi per noi
comunisti è indispensabile comprendere
meglio le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe in
questa
nuova fase, per definire con precisione i lavori da compiere e la scala
delle
priorità, la loro giusta combinazione. Su questa base riusciremo
certamente a
imprimere uno slancio superiore alla rinascita del movimento comunista.
Per
questo è sbagliato definire “nuovo fascismo” questa fase: ci
porta fuori
strada.
“Il
rivoluzionarismo volgare non comprende che la parola
è anch’essa un’arma”. (3) Ci sono fasi in cui l’arma della critica colpisce
l’ordinamento sociale mille volte più efficacemente della
critica delle armi
(benché strategicamente questa resti la critica risolutiva della
lotta della
classe operaia per emanciparsi dalla borghesia) e infinitamente
più delle lotte
rivendicative (benché queste siano una indispensabile scuola di
comunismo (4)).
Ogni cosa ne contiene un’altra e anche due e più. Le lotte
rivendicative che
nei prossimi mesi si scateneranno tra gli operai, i lavoratori
dipendenti, i
lavoratori autonomi, le donne, i giovani e i pensionati contro la
speculazione,
il carovita, l’attacco ai diritti, l’attacco al Contratto Collettivo
Nazionale
di Lavoro, per la difesa del diritto di sciopero e di organizzazione
sindacale,
per la sicurezza sul lavoro, la salute e la difesa dell’ambiente, per
la difesa
del diritto di manifestazione e di protesta, le lotte e le proteste
contro la
repressione, la salutare risposta allo squadrismo fascista e leghista,
la lotta
per le autonomie e la democrazia (Val di Susa, Vicenza, Napoli e la
Campania in
testa): tutte queste iniziative devono essere inquadrate e permeate
dalla
propaganda che l’unica via di uscita dal marasma attuale è
l’instaurazione del
socialismo e che la lotta per instaurare il socialismo è il
contesto necessario
perché queste lotte si diffondano su larga scala, non siano riti
e sfoghi
all’indignazione per il corso delle cose, ma siano fertili di
risultati.
Fare dell’Italia
un nuovo paese socialista è la parola
d’ordine principe di ogni lotta delle masse popolari.
Nella fase che
si è aperta in questi mesi il fattore decisivo
è la propaganda, più esattamente la propaganda del
socialismo.
Noi comunisti
dobbiamo condurre una campagna di
propaganda del socialismo vasta e intelligente: nel senso che dobbiamo
scegliere di volta in volta le nostre parole e i nostri esempi sulla
base
dell’analisi concreta della situazione concreta in cui lavoriamo.
Dobbiamo
rivolgerci a quelli che si sono in una certa misura (almeno
elettoralmente)
scossi di dosso l’egemonia della sinistra borghese o sono sconcertati
dal suo
crollo e oggi sono alla ricerca di una strada. Dobbiamo convincerli (o
almeno
dare loro gli elementi necessari - che nessun altro oggi dà loro
- perché
domani o dopodomani si convincano) che l’unica via d’uscita dal marasma
attuale
è l’instaurazione del socialismo. Questa campagna è la
premessa di ogni
progresso. Senza questa campagna ogni progresso è impossibile o
sterile. Ma
questa campagna darebbe risultati precari e labili se non fosse
accompagnata da
una campagna di organizzazione. Dobbiamo creare nuove organizzazioni di
massa
(come i Comitati Popolari di Controllo, comitati elettorali, comitati
di
resistenza, ecc.) e arruolare nelle organizzazioni della carovana o
contigue o
influenzate, dobbiamo arruolare nel Partito e formare nuovi Comitati di
Partito.
Il Partito ha
messo a punto tutti gli strumenti teorici
per condurre la campagna di propaganda del socialismo: in primo luogo
il Manifesto
Programma, ma anche gli opuscoli I primi paesi socialisti e
Un
futuro possibile.
La dimensione e
l’efficacia di questa campagna è la
misura delle effettive forze del Partito, della loro quantità e
qualità: dello
slancio rivoluzionario di ogni compagno e di ogni CdP, della
capacità di ogni
compagno e di ogni CdP.
Questa è
la campagna congressuale del Partito!
Chi non
contribuisce con tutte le sue forze e risorse a
questa campagna è fuori dal Partito. Il Partito non è
un’associazione a cui ci
si iscrive, una unione ideale, di fede. È una forza combattente,
animata da una
coscienza, guidata da una linea e capace di tradurla in organizzazione
di
partito e in organizzazioni di massa.
Per condurre con
successo questa campagna dobbiamo
risolutamente adottare il principio di marciare su due gambe: una gamba
è
dirigente (il lavoro tra le masse popolari), l’altra è
ausiliaria ma
indispensabile (il lavoro tra quanto resta della sinistra borghese, i
frammenti
in libertà della sinistra borghese, le residue FSRS).
Vediamo alcune
questioni relative a questi due distinti e
connessi campi della nostra campagna di propaganda del socialismo e
organizzazione.
Per comodità di esposizione, incomincio dalla gamba ausiliaria.
1.
Bisogna non
lasciare alcuno spazio all’influenza
ideologica e politica della sinistra borghese in lacrime. Nello stesso
tempo
non dobbiamo essere settari, ma essere pronti a usare e recuperare
quanto può
servire.
Abbiamo da
tempo, ben prima del crollo attuale, affermato
che la sinistra borghese non era il nostro nemico principale. (5) Abbiamo
sostenuto che non era essa l’ostacolo principale alla rinascita del
movimento
comunista: l’ostacolo principale erano i limiti ideologici di noi
comunisti.
Ora che la sinistra borghese è crollata, sfidiamo quelli che
sostenevano che
essa era l’ostacolo principale a verificare la loro tesi nella pratica:
che
vedano se i loro risultati si moltiplicano a misura del crollo della
sinistra
borghese!
Noi non solo non
consideriamo la sinistra borghese il
nemico principale, ma sosteniamo che dovremo al contrario recuperare
quanto
resta della sinistra borghese e persino oltre. È già
avvenuto varie volte che
la sinistra borghese aprisse la strada alla destra e ne restasse poi
vittima.
Noi dovremo offrire un posto di lotta a chiunque vuole onestamente
lottare. Già
oggi il Ministro del lavoro Maurizio Sacconi minaccia persino Epifani:
“La CGIL
faccia attenzione, perché rischia di fare la stessa fine della
sinistra
radicale”. E Berlusconi rincara “Se l’Italia non cresce, la colpa
è della
sinistra estrema che ha fatto delle proteste di minoranze organizzate
un fatto
di democrazia. Le decisioni della maggioranza invece devono essere
attuate
senza che le minoranze possano contrastarle. ... Occupare strade e
aeroporti è
una violenza contro lo Stato e lo Stato deve usare la forza per fare
rispettare
la legalità”. Basta quindi al governo dichiarare ogni paese,
città e località
“zona di interesse strategico”, per vietare ogni manifestazione e
protesta. Se
imbocca questa strada, dovremo incitare le masse a costringerlo a
dichiarare
tutto il paese “zona di interesse strategico”!
Questo non vuole
affatto dire essere accomodanti sul
piano ideologico o politico con la sinistra borghese e tanto meno con
Epifani e
il resto della destra dell’aristocrazia operaia. Al contrario dobbiamo
adottare
una linea di unità e di lotta e far leva sulle masse popolari
come gamba
dirigente del nostro lavoro.
La sinistra
borghese è rimasta esclusa dal Parlamento.
Abituata a un lavoro quasi unicamente istituzionale, per essa la crisi
sta
nella perdita del suo ruolo istituzionale. Per questo la nuova
maggioranza la
minaccia con la riforma della legge elettorale per le prossime elezioni
europee
del 2009 e cerca di adescarla facendo balenare forme di recupero
(riammissione
all’attività e ai privilegi istituzionali di alcuni suoi
esponenti, i più
collaborativi, tramite le commissioni parlamentari o altro). In ogni
modo la
residua sinistra borghese ha un solo obiettivo: riconquistare tra le
masse
popolari voti, consenso, militanza.
Dobbiamo non
avere alcuna pietà per i suoi argomenti. Non
solo perché sono sbagliati, ma perché sono veicolo di
influenza anche nelle
nostre file e tra le masse popolari che si sono appena liberate
dall’influenza
della sinistra borghese.
Nei residui
frammenti della sinistra borghese si va
diffondendo l’opinione che bisogna ripartire dai movimenti,
riimmergersi nelle
masse popolari. Qualcuno è arrivato addirittura a lanciare
parole d’ordine come
“imparare dalla Lega Nord” che avrebbe fatto della buona
amministrazione
locale. Opportunamente trascurano, per non citare che due casi di “buon
governo” della Lega Nord, il sistema sanitario lombardo e le
speculazioni e i
loschi traffici promossi dalla Lega Nord (Maroni, Calderoli e Giorgetti
furono
gli uomini di punta per conto di Bossi) tramite la Pontida Fin e la
banca
Eurocredinord, banca salvata dal fallimento e dallo scandalo da
Gianpiero
Fioroni (Banca Popolare di Lodi) e da Antonio Fazio (Banca d’Italia):
in cambio
del salvataggio la Lega Nord passò dal “Fazio si dimetta” dopo
lo scandalo
Parmalat al “governatorato a vita” (i loschi traffici sembra siano
cessati dopo
che Berlusconi, in seguito all’accordo personale con Bossi del 1999, ha
assicurato il finanziamento della Lega Nord in cambio della
fedeltà ad ogni
costo). Secondo i residui della sinistra borghese la Lega Nord avrebbe
addirittura il merito di aver organizzato un’istituzione democratica e
popolare
come il Parlamento Padano (opportunamente trascurano i finanziamenti di
Berlusconi, Gnutti, ecc.). Come “imparare dalla Chiesa Cattolica” che
si
sarebbe messa a fare opere di beneficenza per riaggregare fedeli. Come
“imparare
dalle forze armate” che si sarebbero messe a fare interventi umanitari
non solo
in Iraq o in Afghanistan, ma anche a fronte di terremoti e altre
calamità
“naturali”, per superare il diffuso antimilitarismo. Altri dicono che
bisogna
partire dalle periferie e dalle lotte, partire dalla totale alternativa
al PD,
partire dall’antimperialismo americano ed europeo. Altri propongono di
“lanciare la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare per
istituire anche in Italia il salario minimo intercategoriale e il
salario
sociale”.
Sono alcune tra
le varie terapie di cui in questi mesi si
discute nella sinistra borghese. Come si vede, non sarebbe la sinistra
borghese
che è fuori strada. Sarebbero le masse che non hanno capito,
è un problema di
comunicazione! Al massimo la sinistra borghese avrebbe sbagliato
nell’individuare la “rivendicazione unificante”, quella a cui tutti
abboccano.
Che cosa la
residua sinistra borghese voglia dai
movimenti è chiaro: attivismo, consenso, voti. Gli esponenti
della sinistra
borghese non a caso sorvolano su che cosa la sinistra borghese
può portare nei
movimenti. Perché non può portare nulla: può solo
promettere di fare la sponda
istituzionale delle lotte rivendicative meglio di quanto lo ha fatto
durante il
governo PAB, di scegliere meglio le “rivendicazioni unificanti”, di
insistere
di più sul terrorismo escatologico dei Verdi (“l’umanità
va incontro al
disastro” - sottinteso: “quindi è superfluo instaurare il
socialismo”) e su
sogni individuali anarcoidi (“Viva la diversità! Ogni individuo
è una realtà a
se stante! Piccolo è bello!”, ecc. ecc.).
Quello che la
sinistra borghese non può fare è una
diagnosi giusta dei suoi mali. La diagnosi giusta è infatti che
la sinistra
borghese oggi non serve più a nessuno, né alla borghesia
né alle masse
popolari. Per le masse popolari l’unica uscita favorevole dal marasma
in cui la
borghesia le ha condotte e ogni giorno un po’ più le affonda
è l’instaurazione
del socialismo. Esattamente quello che è estraneo alla sinistra
borghese che al
contrario insiste nell’occultare o denigrare, in combutta con la destra
borghese, le conquiste compiute dalle masse popolari durante la prima
ondata
della rivoluzione proletaria, nei primi paesi socialisti durante la
fase della
loro costruzione prima che i revisionisti moderni ne prendessero la
direzione,
nella lotta contro il fascismo, il nazismo, il colonialismo.
Mentre la destra
borghese dispiega il massimo di
volontarismo, distrugge mezzo mondo e non rispetta niente per
sgomberare il
campo alle speculazioni e ai profitti, la sinistra borghese è
rassegnata alla
mondializzazione, rifugge da ogni politica volontarista, giacobina,
aborre ogni
violenza da parte degli oppressi, deplora (se va bene) la violenza
degli
oppressori e auspica che le cose vadano meglio. Le masse hanno un
grande
bisogno di dirigenti, ne mancano in maniera atroce: ma a chi servono
simili
partiti e personaggi?
Molti
intellettuali dissertano sulle ragioni della
sconfitta della sinistra borghese. Ma la ragione della sconfitta sono
proprio loro
stessi. Essi con la loro scienza e per la loro coscienza non hanno
offerto e
non presentano alle masse popolari una via d’uscita dal marasma
attuale: né
ideale (programmatica) né, ovviamente, pratica (politica,
organizzativa). Sono
integrati nel sistema, incapaci di mettere la testa fuori. Le loro
idee,
proposte, concezioni e visioni sono chiuse nell’orizzonte del modo di
produzione capitalista. Ovviamente, chiusi in questa sfera non vedono
altro che
questa sfera e vanamente si arrabattano per avere condizioni diverse da
quelle
che ci sono in questa sfera.
Chi sono e dove
sono gli intellettuali che in questi
anni, dagli anni ’80 in qua (dalla fine di Lotta Continua e delle
Brigate
Rosse) hanno alimentato una concezione comunista del mondo e hanno
partecipato
all’organizzazione del movimento pratico, alla formazione
dell’organizzazione
politica per instaurare il socialismo in Italia: che hanno detto in che
cosa
consiste in Italia il socialismo e che cosa bisogna fare per
instaurarlo e
hanno cercato di tradurre e verificare le loro idee e proposte
nell’organizzazione pratica? (6)
La stragrande
maggioranza degli intellettuali, per non
dire tutti, da buoni empiristi hanno concluso che siccome i primi paesi
socialisti avevano deragliato, il socialismo era impossibile. Dal
postulato che
il socialismo è impossibile certo non ricaveranno mai la via per
instaurarlo.
Infatti non hanno mai proposto e non propongono altro che piattaforme
rivendicative (certo più “unificanti”, certo con lotte
più “militanti”!) o fughe
nell’individuale, nella differenza, in sogni anarcoidi tipici del
“pensiero
debole”. Ancora oggi insistono con piattaforme rivendicative che
lasciano il
tempo che trovano, con lotte rituali e che servono solo a tacitare la
sofferenza e dare uno sfogo alla dolorosa sensazione di impotenza a cui
è
condannato il proletario e il membro delle altre classi delle masse
popolari
quando è senza l’obiettivo di un nuovo ordine sociale e senza
organizzazione.
2.
Venendo al campo
d’azione costituito dalle masse popolari,
dobbiamo aver chiaro
1. che la
rinascita del movimento comunista dipende
principalmente da noi. È sbagliato chiedere alle masse di fare
esse quello che
avrebbero già fatto se non avessero bisogno dei comunisti: in
sintesi di una
coscienza che nessuno da decenni porta loro, che non hanno gli
strumenti per
elaborare e che è quello che distingue i comunisti dagli altri
proletari, come
già precisavano Marx ed Engels nel Manifesto del partito
comunista
(1848).
2. che la gamba
dirigente su cui deve marciare tutto il
nostro lavoro, anche quello rivolto alla sinistra borghese, ai suoi
frammenti e
alle FSRS, è il lavoro con le masse popolari, più
precisamente con i loro
membri avanzati. Le masse popolari sono il tallone d’Achille della
borghesia
imperialista nel regime di controrivoluzione preventiva. Tutta
l’intelligenza
del nostro lavoro sta nel trovare il modo più efficace per
parlare agli
esponenti avanzati delle masse popolari.
La resistenza
delle masse popolari è oggi più forte. Vi è
meno soggezione alla sinistra borghese. Vi sono più comitati e
altri organismi
autonomi dalla sinistra borghese che la promuovono e l’organizzano, sia
pure a
un livello elementare e con una coscienza ancora embrionale, ma
già vivace, del
collegamento oggettivo tra i vari episodi di resistenza: Val di Susa,
Vicenza e
Chiaiano si sono già incontrati. Il governo Berlusconi senza
volerlo rafforzerà
la coscienza del legame, dichiarerà tutte le zone di resistenza
“zone di
interesse strategico”, le militarizzerà. La sua linea è
che “la sinistra
estrema ha fatto delle proteste di minoranze organizzate un fatto di
democrazia. Le decisioni della maggioranza invece devono essere attuate
senza
che le minoranze possano contrastarle. ... Occupare strade e aeroporti
è una
violenza contro lo Stato e lo Stato deve usare la forza per fare
rispettare la
legalità”. Noi comunisti dobbiamo spingere avanti la resistenza,
rafforzarla
con la coscienza del suo ruolo storico e delle operazioni tattiche
necessarie
per strappare successi.
La sinistra
sindacale interna ed esterna ai grandi
sindacati di regime è più mobilitata, più
coalizzata, più nettamente
contrapposta alla destra sindacale. La destra sindacale è
più isolata e collusa
più apertamente con la classe dominante. Per reggere deve acuire
la lotta contro
la sinistra. Il recente direttivo CGIL è un caso da manuale. Il
governo
Berlusconi attaccherà i sindacati alternativi. La coscienza
delle necessità di
unirsi ha fatto passi avanti. Le parole d’ordine del rinnovamento del
movimento
sindacale hanno fatto passi avanti. Noi comunisti dobbiamo diventarne
con più
convinzione e abilità i propagandisti più determinati e
organizzarne
l’attuazione con tutte le operazioni per le quali la situazione offre
appigli.
In sintesi il
nostro compito è rafforzare la mobilitazione
rivoluzionaria delle masse popolari: quindi in primo luogo procedere
nel
consolidamento e rafforzamento del Partito, dirigere con chiarezza e
fermezza
crescenti la carovana e il lavoro sui quattro fronti e portare tra le
masse
popolari un orientamento giusto, chiaro e lungimirante, favorire in
ogni modo e
su ogni terreno il rafforzamento, l’allargamento e il giusto
orientamento dei
movimenti di resistenza, della sinistra sindacale (nei sindacati di
regime e
nei sindacati “alternativi” o “di base”), dei centri sociali e dei
gruppi
culturali, degli organismi di lotta alla repressione. Per questa via
arriveremo
a prendere noi l’iniziativa e strapparla dalle mani della borghesia che
ancora
l’ha avuta con la crisi di gennaio.
Questo implica
che i membri del Partito, della CP e dei
CdP, che lavorano in organizzazioni pubbliche, distinguano più
nettamente il
loro lavoro strettamente di Partito (CP e CdP), dal lavoro che compiono
(come
membri singoli, come CP e come CdP) nelle organizzazioni pubbliche.
Ogni membro
del Partito, della CP e di ogni CdP, deve dedicare una parte del suo
tempo e
delle rispettive risorse ed energie al lavoro strettamente di Partito
(funzionamento dell’organismo di Partito, rapporto con il Centro del
Partito,
formazione, lavoro istituzionale dell’organismo del Partito, distinto
da quella
parte del lavoro istituzionale svolto tramite e nelle organizzazioni
pubbliche). Non farlo, significa avere di fatto rinnegato o rinnegare
di fatto
la settima discriminante. Che sia anche solo il 10% del proprio lavoro,
delle
proprie risorse ed energie, ma deve essere nettamente distinto dal
resto,
benché influisca fortemente sul resto, decida del contenuto del
resto. (7) Il
rafforzamento del rapporto con il Centro (corrispondenza, contributi
alla stampa,
note di lettura del MP, dei Comunicati e di La Voce,
osservazioni e
proposte, fornitura al Centro di informazioni e di documentazione)
è l’indice
dell’adempimento di questa linea.
Nel lavoro di
massa (sui quattro fronti) il principale è
l’orientamento ideologico e politico che dobbiamo portare a ogni
livello, in
modo differenziato, facendo analisi concreta di ogni situazione
concreta
(usando il Materialismo Dialettico) e seguendo la “linea di massa”. Sul
piano
pratico ed organizzativo bisogna in particolare
1. favorire ogni
forma di organizzazione della difesa e
di esercizio della difesa dagli attacchi delle squadre fasciste e delle
ronde
leghiste - tenendo conto però della possibilità di
rivoltare le une contro le
altre, di rivoltarne alcune spostandole dal fronte reazionario al
fronte
rivoluzionario. Bossi e Berlusconi non manterranno le promesse che
hanno fatto
a quella parte delle masse popolari insofferenti del corso attuale
delle cose
(quindi potenzialmente nostre) che essi hanno reclutato e reclutano
né
realizzeranno gli obiettivi che hanno fatto balenare ai loro occhi.
Questo
aspetto è molto importante ed è completamente trascurato
e persino osteggiato
dalle FSRS affette da economicismo, estremismo, idealismo (cioè
aventi una
concezione del mondo a cui è estranea la comprensione della
lotta di classe
come fattore principale del movimento della società) o
dogmatismo. Dobbiamo
contrastare la tendenza a ridurre il lavoro solo all’aspetto militare.
Nell’immediato dobbiamo non accettare che l’aspetto militare sia il
principale.
Ci porremmo in condizioni in cui il nemico è più forte di
noi. Da parte nostra
oggi l’aspetto militare deve essere una componente minore del tutto, la
cui
parte principale deve essere la propaganda del socialismo, la denuncia
e la
mobilitazione popolare.
2. riempire con
il contenuto del Blocco Popolare
(Comitati Popolari di Controllo e Liste di Blocco Popolare) proposte e
iniziative tipo “Parlamento dei lavoratori per i lavoratori” che prese
a sé
sono proposte e iniziative senza avvenire, ma raccolgono (deformandole)
le
tendenze alla costituzione del Nuovo Potere e rispondono alla
necessità della
sua costituzione (ma ridurre il Nuovo Potere al Parlamento o
principalmente al
Parlamento è una deformazione della cosa). Il Blocco Popolare
è nello stesso
tempo realistico, praticamente realizzabile e limitato nelle sue
funzioni: non
si presenta come il Nuovo Potere, ma solo come una componente del NP.
Non a
caso Ferrando nella sua proposta si riallaccia al “Parlamento della
Padania”:
come se il campo delle masse popolari potesse adottare le forme
organizzative
del campo della borghesia imperialista (l’Antiparlamento Gramsci lo
propose in
condizioni ben precise e del tutto inesistenti oggi. Lo propose dopo
l’assassinio Matteotti che determinò una spaccatura a livello
parlamentare tra
i partiti borghesi: era un mezzo per realizzare la direzione del PCI
sulla
parte dei partiti borghesi che era uscita dal parlamento dominato dai
fascisti
e dai loro stretti collaboratori).
Si tratta di
dire ai membri e simpatizzanti del PCL: in
pratica bisogna fare questo e quello (CPC e Liste di BP, cioè il
Blocco
Popolare). La proposta di Ferrando è una proposta solo
propagandista (e
noi ne salviamo il nocciolo positivo facendone una proposta pratica)
e
come proposta propagandista riveste di abiti rivoluzionari una
concezione
parlamentare della lotta di classe (e noi ne salviamo il nocciolo
positivo
facendone una proposta pratica di “azione sul 2° fronte”). Ogni
iniziativa, se
è realizzata, diventa quello che il contesto reale
(oggettivo e soggettivo)
la fa essere: spesso diventa una cosa del tutto o molto diversa da
quella che i
suoi promotori avevano concepito (se essi non tenevano giustamente
conto (ed è
il caso) del contesto e delle sue leggi di sviluppo): se arate e
concimate un
campo, vi crescerà non quello che voi sperate, ma quello che vi
viene seminato
da chiunque semina.
La crisi
politica, economica, culturale e ambientale
prodotta dal capitalismo si aggrava di giorno in giorno. La borghesia
imperialista affonda ogni giorno più gli operai e le altre
classi delle masse
popolari in una situazione da incubo. In questa situazione noi
comunisti
dobbiamo
- illustrare con
forza e chiarezza alle masse in che cosa
consiste l’ordinamento sociale che esse devono instaurare al posto
dell’attuale;
- mostrare alle
masse che questo nuovo ordinamento
sociale risolve o crea le condizioni che rendono possibile risolvere
tutti i
problemi con cui oggi l’umanità si scontra e che non riesce a
risolvere
nell’ambito dell’ordinamento sociale capitalista;
- dimostrare
alle masse che esse sono in grado di
instaurare questo nuovo ordinamento sociale che è all’ordine del
giorno se si
considera l’evoluzione storica che l’umanità ha compiuto nei
secoli;
- illustrare
alle masse i limiti di comprensione della
realtà e di linea che hanno impedito al movimento comunista di
instaurare il
socialismo nei paesi imperialisti nel secolo scorso durante la prima
ondata
della rivoluzione proletaria mondiale e che anzi hanno portato alla
rovina anche
i primi paesi socialisti e i partiti della prima Internazionale
Comunista;
- spiegare alle
masse che cosa occorre fare oggi e come
ogni persona di buona volontà può oggi contribuire per
instaurare il nuovo
ordinamento sociale;
- mettere in
campo gli strumenti politici e organizzativi
necessari per accumulare le forze rivoluzionarie.
Quanto
più la crisi del capitalismo si aggrava, tanto più
la lotta per instaurare il socialismo è anche la condizione
necessaria per
sviluppare su grande scala e con qualche successo le lotte
rivendicative degli
operai e delle altre classi delle masse popolari, che costituiscono una
eccellente e indispensabile scuola di comunismo.
La lotta senza
quartiere contro il dogmatismo e
l’economicismo, nelle nostre file e all’esterno, sono quindi una parte
essenziale del lavoro in questa fase.
Rosa L.
Note
1.
A proposito della natura e della storia del regime di
controrivoluzione preventiva, vedere Manifesto Programma, cap.
1.3.3.
pag. 46-56.
2.
Dal Manifesto Programma, pag. 175: “Per la
classe operaia, per i proletari e per il resto delle masse popolari la
sola via
d’uscita dalla crisi attuale è la mobilitazione rivoluzionaria,
la rivoluzione
socialista e l’instaurazione della dittatura del proletariato. Ogni
proposito
di instaurare il socialismo senza una rivoluzione e senza sconfiggere
la
resistenza accanita e furibonda della borghesia (in altre parole: senza
guerra
civile) è un’illusione o un imbroglio. La classe operaia e il
resto delle masse
popolari devono essere decisi a schiacciare la resistenza della
borghesia. Il
partito comunista li deve educare a questa determinazione
rivoluzionaria. Solo
se hanno questa determinazione possono uscire dal marasma in cui la
borghesia
li ha cacciati e in cui li affonda ogni giorno più. Quando le
masse popolari
instaurano il loro potere politico per creare un nuovo ordinamento
sociale, o
loro stroncano senza esitazione ogni opposizione politica della
borghesia o la
borghesia schiaccia le masse popolari. Dalla Comune di Parigi (1871),
al Biennio
Rosso (1919-20), alla Spagna (1936-39), all’Indonesia (1964), al Cile
(1973) al
Nicaragua (1979-89) la storia ci ha dimostrato più volte questa
verità. Il
corso delle cose oggi la
conferma.”
3.
Lenin, Due linee della socialdemocrazia nella
rivoluzione democratica (luglio 1905), Opere complete, vol.
9 pag.
61.
4.
Il significato di scuola di comunismo è illustrato nel
Manifesto Programma, nota 30 pag. 262.
5.
Vedere in proposito Manifesto Programma, pag.
139-140 e pag. 174.
6.
I promotori della carovana del (nuovo)PCI conoscono
per esperienza personale l’isolamento in cui dovettero lavorare per
anni e il
boicottaggio cui furono sistematicamente sottoposti dagli intellettuali
della
sinistra borghese (il Manifesto arrivò fino a rifiutare
le inserzioni a
pagamento delle nostre iniziative culturali e delle nostre
pubblicazioni) che
ora piangono sul proprio ritardo o sentenziano sul ritardo altrui in
tema di
progetto di società nuova che la sinistra borghese ovviamente
non può avere.
7.
Il contenuto del lavoro legale deve adattarsi al
lavoro illegale, ci ha insegnato Lenin. Si veda in proposito Lenin, Partito
illegale e lavoro legale (1912), in Opere complete, vol.
18,
reperibile sul sito Internet del Partito.