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  La Voce 39 del (nuovo)Partito comunista italiano

Diventare comunista?

Lettera a un compagno che è tentato di diventare comunista, ma esita a compiere il passo

Il compagno aveva posto la sua candidatura a diventare membro del Partito. A un anno di distanza ha steso il bilancio della sua esperienza. Pubblichiamo ampi stralci di questa lettera perché, al di là della particolarità di alcune situazioni a cui fa riferimento (ogni individuo presenta particolarità sue proprie), molte questioni riguardano nostri lettori o persone con cui i nostri lettori hanno a che fare.

 

settembre 2011

Caro compagno,

(...)

Tutto quello che tu leggi negli scritti di Mao e degli altri dirigenti del movimento comunista, fondatori ed elaboratori della scienza della trasformazione della società borghese in società comunista e che cerchi di assimilare, è costituito di riflessioni e parole rivolte a persone che lottavano e lottano per esistere. Serve poco a chi non lotta.

Mao dice che ci sono tre specie di lotte che gli uomini conducono: 1. la lotta contro la natura per strappare ad essa quanto è loro necessario per vivere (la lotta per la produzione), 2. la lotta contro le classi dominanti per allentare, respingere, eliminare lo sfruttamento e l’oppressione con cui quelle affliggono gli uomini e spremono da essi quanto alimenta i loro privilegi (la lotta di classe), 3. la lotta contro l’ignoranza per conoscere (la ricerca scientifica).

Tutto quello che quei nostri predecessori dicono e che noi diciamo, avendo preso il loro posto nella misura massima di cui siamo capaci, ha senso solo rispetto a questi uomini che lottano. Anche la linea di massa, il metodo di partire dall’interno delle masse che i comunisti hanno il compito di mobilitare, organizzare e dirigere, partire da quello che le masse (cioè i non comunisti) sono, da quello che sentono, da quello che fanno, da quello che pensano perché tramite l’azione dei comunisti passino ad un livello superiore di coscienza, di organizzazione e di lotta, ha senso rispetto a questi uomini: a uomini che lottano, che vogliono lottare, che hanno bisogno di lottare per esistere.

Tu sei attratto da quello che il Partito dice e da quello che il Partito fa, ma ne sei anche respinto. Trovi che il Partito chiede troppo o che lo chiede malamente.

Come ti spieghi che sei sia attratto sia respinto? Come tanti altri nell’intera storia del movimento comunista (Lenin descrive il fenomeno nello scritto Un passo avanti e due passi indietro: parla di quelli che al suo tempo lo rimproveravano di voler fare del partito una fabbrica e togliere loro la loro libertà), tu spieghi la duplicità del tuo sentimento e del tuo movimento con la tesi che tu sei un comunista di tipo superiore (eretico, creatore, sperimentatore del nuovo) rispetto ai compagni che ti dirigono (canonici, cattolici). Ma la pratica anche nel tuo caso (come nei casi di cui parlava Lenin e dei molti altri casi che si sono presentati nel movimento comunista) non mostra che tu fai la rivoluzione meglio di loro, che fai cose superiori a quelle che fanno loro, che vedi più lontano e più a fondo di loro, che hai un metodo di lavoro più efficace del loro: infatti se così fosse, tu saresti capace di dirigere loro e il tuo contributo al movimento comunista sarebbe più grande del loro. La realtà è che, al  di là dei nostri limiti, che noi lungi dall’apprezzarli come doti e tenerceli stretti, riconosciamo come tali e superiamo passo dopo passo e che ogni compagno contribuisce a farci superare (e anche tu in una certa misura l’hai fatto e lo fai, perché abbiamo imparato e impariamo anche da te), noi membri del Partito e te parliamo ancora due lingue diverse, siamo su due piani diversi, in due ordini diversi di idee, di sentimenti e di passioni.

Noi per scelta consapevole, libera e definitiva, senza riserve ci siamo proposti di mettere al centro della nostra vita la lotta per instaurare il socialismo. Ogni membro del Partito è giunto a un certo suo proprio grado di capacità morale e intellettuale, diverso da compagno a compagno, ma quello che ci unisce e in nome del quale partecipiamo a un processo collettivo di CAT, è che abbiamo una scelta comune e ognuno di noi considera non pregi ma errori o limiti quegli aspetti della sua concezione del mondo, della sua mentalità o della sua personalità che lo inciampano o frenano nella lotta per instaurare il socialismo. Noi combattiamo per instaurare il socialismo. Noi siamo dei combattenti e l’obiettivo di ognuno di noi, rispetto a se stesso, è diventare un combattente migliore in modo che gli operai e il resto delle masse popolari conquistino la vittoria sulla borghesia e sul clero.

Alla base del tuo malessere, invece c’è il fatto che tu non lotti con determinazione, non ti impegni senza riserve. Tu non hai mai avuto bisogno di lottare per esistere perché hai sempre avuto di che vivere grazie alla lotta che i tuoi nonni e genitori avevano condotto e ai rapporti di proprietà e di eredità che lo Stato borghese (nello specifico, la Repubblica Pontificia) tutela. Hai sempre avuto di che vivere senza lottare per averlo. Non hai mai, più esattamente non hai ancora aderito pienamente (per la vita e per la morte, senza riserve) a nessun gruppo che lotta per vivere, facendo tua senza riserve la sua lotta. Anche con noi hai aderito a metà, un passo avanti e un passo indietro, esitando, un piede dentro e uno fuori, fai un passo ed esiti a fare il secondo, ti riservi ogni giorno la libertà di tornare indietro: e chiami questo libertà. Così non vai da nessuna parte, vivacchi, combini poco o niente. I comunisti parlano con efficacia e con risultati pratici agli uomini che vogliono fare e cercano la liberà di fare, agli uomini e alle donne per cui libertà è imparare a fare, è la conquista della capacità di fare, è la libertà di fare: e infatti fanno. Chi è sbarcato in America per conquistare il nuovo continente appena scoperto, ha bruciato le navi con cui vi era sbarcato, per precludersi ogni altra via di salvezza che non fosse vincere. A quelli che non lottano, le parole e le azioni dei comunisti suonano strane o addirittura fuori dal mondo, per lo meno esagerate (hai letto il trafiletto di pag. 61 di La Voce n. 38?).

Tu vivacchi malamente, vivi uno stato di malessere, tanto che probabilmente a volte pensi di essere una persona incapace di vivere. In realtà vivi il malessere che vivono, sia pure ognuno a suo modo e con sfumature proprie perché ogni individuo è anche unico pur avendo molto in comune con altri, tutti quelli che non vivono per uno scopo, che indipendentemente dall’età anagrafica non hanno ancora deciso “cosa fare da grandi”. Nelle società imperialiste sono una frazione discreta della popolazione.

Il punto è che per te il centro della tua vita sei tu stesso. E questa è un’attitudine malsana, è l’attitudine che rende penosa la vita di tanti che per l’evoluzione compiuta dall’umanità e per la composizione di classe del nostro paese (non sono capitalisti, imprenditori, ma) hanno di che vivere dignitosamente senza lavorare, non sono personalmente asserviti anima e corpo a qualcuno (in conformità alle vecchie relazioni di dipendenza personale che la borghesia ha eliminato, circoscritto o allentato, relazioni nell’ambito delle quali gli uomini sottomessi erano per alcuni aspetti legati al loro signore e padrone come suoi animali domestici), non si sono arruolati di loro scelta nella lotta di classe o nella ricerca scientifica. È un’attitudine che rende squilibrato ogni individuo che ne è affetto. Tu non hai il tuo punto fermo di riferimento fuori di te, fuori dall’individuo che sei: quindi sei come una nave sballottata delle onde e dai venti (forse tu diresti: libero di andare ora di qua, ora di là).

Se rifletti, vedi che ogni individuo nasce, vive, opera (e come opera è quello che, se arriva a capirlo, può in definitiva decidere lui) e scompare: quindi oggettivamente è parte e componente di qualcosa che è altro da lui. Questo qualcosa deve anche essere il punto di riferimento fermo della sua sensibilità e della sua riflessione, perché queste siano coerenti con la sua situazione oggettiva, cioè siano sani, efficaci, costruttivi, felici. Ogni individuo oggettivamente è legato a un mondo esterno da lui ed è psicologicamente sano se lo riconosce e si comporta di conseguenza: questa è la base su cui la specie umana ha costruito la sua etica, anche se il clero predica che l’etica è dettata da dio tramite il suo clero.

Il punto fermo di riferimento della tua sensibilità e della tua riflessione non è la nostra causa: essa entra nella sua sensibilità e riflessione solo per vie traverse e come fattore tra altri: ecletticamente. Certo in una certa misura vi entra. È questo che ti ha portato a noi e ti ha indotto a fare un gesto di collettivizzazione e a collaborare a tuo modo con noi. Ma non vuoi diventare uno di noi. Ognuno di noi vive anche per se stesso: si nutre, defeca, cura la sua igiene personale, si veste, cura la sua abitazione, si riposa, si diverte, ha rapporti sessuali, ha relazioni personali di vario genere, ecc. ecc. Ognuno di noi è un individuo a sé di una specie animale ed è soggetto a queste necessità, come ogni altro individuo, direi come ogni altro individuo di ogni specie animale, almeno degli animali superiori. Ma il centro della nostra vita, l’asse intorno a cui costruiamo e disponiamo tutto il resto, anche il soddisfacimento dei nostri bisogni e l’esercizio di ogni attività personale, è la lotta per il comunismo. Che è la forma suprema della lotta di classe. Ad essa ognuno di noi aderisce per scelta consapevole, per sua decisione e sempre più adegua se stesso (la sua concezione del mondo, la sua mentalità e la sua personalità) a questa causa (trasformazione, CAT). Ognuno di noi mette la lotta per instaurare il socialismo al primo posto nella propria vita e organizza tutte le altre indispensabili attività e azioni in modo conseguente a quella priorità. Cose e funzioni secondarie, non significa cose inutili, che possiamo anche omettere. Vuol dire cose indispensabili come le primarie (senza di esse, le primarie non stanno in piedi), ma la cui attuazione la dobbiamo organizzare per bene subordinandola all’attuazione delle primarie, incastrandola nell’attuazione delle primarie, delle principali: perché fare le principali nella misura in cui le secondarie lo consentono, vuol dire combinare poco o nulla, girare a vuoto. Le cose secondarie le dobbiamo assolutamente fare, ma il “piano di attuazione” deve avere come asse centrale la cosa prioritaria. Sta a noi fare con intelligenza e concretamente il piano delle nostre attività coerente con questo principio.

È un criterio che vale per tutti i compagni, tanto più fortemente quanto maggiore sono le responsabilità del compagno (il processo reale procede a rovescio: uno dei criteri con cui nel Partito si assegnano compiti di direzione è la dedizione alla causa). Tu oggi dichiari ancora che questo criterio e modo di fare è “non umano”. Certamente non è ancora di tutti gli uomini, solo di una minoranza. Vuoi esserne parte?

Noi abbiamo estremo bisogno di te e della tua opera: solo crescendo di numero raggiungiamo la qualità di cui il successo della nostra opera ha bisogno. Perché andiamo all’Assemblea nazionale dei delegati FIOM del 22-23 settembre a Cervia? Perché vi è un livello oltre il quale la nostra lotta può svolgersi e la nostra causa avanzare solo grazie a un centro autorevole di mobilitazione e direzione, capace quindi di mobilitare, orientare e dirigere milioni di operai, altri lavoratori, studenti, casalinghe, immigrati, pensionati: una grande massa di uomini e donne. La FIOM lo è quel centro autorevole, la carovana ancora no (per questo oggi la nostra parola d’ordine tattica è: “portare le OO e OP a costituire il GBP”; non è: “instaurare il socialismo”): alla carovana manca la quantità, quindi cerchiamo con la linea di massa, col metodo delle leve e col metodo della seconda gamba di orientare la FIOM a svolgere il compito che essa per la sua quantità può già svolgere. Per crescere abbiamo bisogno anche di te. (...) Ma la questione è che abbiamo bisogno di compagni che si dedichino senza riserve alla causa dell’instaurazione del socialismo: non a tempo perso, quando gli gira, quando se la sentono, quando sono di buon umore, non “nella misura in cui gli altri aspetti della sua vita lo consentono”. Compagni di questo secondo tipo, possono certamente svolgere un lavoro utile: noi cerchiamo la loro collaborazione e la organizziamo nell’ambito della nostra opera complessiva. Ma non sono membri del Partito. Se ammettessimo compagni di questo tipo nel Partito, non potremmo praticare il centralismo democratico nel Partito (come può decidere alla pari con tutti gli altri della vita del Partito un compagno del secondo tipo?) e tutto il Partito cambierebbe di natura, si corromperebbe, non sarebbe più lo Stato Maggiore della guerra popolare rivoluzionaria con cui la classe operaia instaura il socialismo, non avrebbe più la capacità di esserlo.

Vuoi andare avanti o vuoi tirarti indietro? Questo è il primo principale problema che devi risolvere. Se vuoi andare avanti, i singoli problemi che indichi nel tuo bilancio diventano problemi da risolvere e difficoltà da superare. Le difficoltà non sono impedimenti al nostro lavoro: questo consiste proprio nel superarle, dato che esse sono altrettanti aspetti dell’oppressione cui sono sottoposte la classe operaia e le altre classi delle masse popolari che stiamo mobilitando perché si emancipino. Nessuno di noi è stato formato a dirigere. Siamo gli esponenti di classi escluse da questo patrimonio di conoscenze ed esperienze. Dobbiamo imparare (scoprire, inventare) un modo di dirigere nostro proprio: perché quello delle classi dominanti non fa al caso nostro, anche se lo imparassimo. Anzi, quelli di noi che lo hanno in qualche misura imparato, devono compiere una trasformazione individuale (della concezione del mondo, della mentalità, della personalità) ancora più importante di quella che devono compiere gli altri membri delle masse popolari. Via via impariamo a farlo e a farlo meglio.

Ma è inutile sistemare i dettagli, se non c’è l’opera generale: occuparsi dei colori delle pareti o della buona chiusura delle finestre di una casa che ancora è a pezzi. La soluzione del dettaglio, dipende dallo stato generale dell’opera. In molti casi la troveresti tu stesso, se fossi deciso ad avanzare. Ce la insegneresti. La nostra non è un’impresa in cui è possibile tirare un uomo ad ogni passo: questa può essere fatto ad un passo particolare, ogni tanto, in casi eccezionali. Non può essere la regola.

 

Questo è quello che ho da dire sul tuo bilancio, a un anno di distanza da quando impostammo insieme un programma di formazione previsto di sei mesi (...)

Vedi tu se vuoi dare un seguito alle considerazioni che ti ho illustrato.

Un cordiale saluto e l’augurio che tu decida di contribuire da comunista, nelle nostre file, alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che a seguito della seconda crisi generale del capitalismo avanza in tutto il mondo e che sta a noi comunisti trasformare nella vittoria definitiva del movimento comunista instaurando il socialismo nei paesi imperialisti.

 

La Voce n. 39
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