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  La Voce 39 del (nuovo)Partito comunista italiano

Le masse popolari devono diventare protagoniste della storia!

La disgregazione del sistema imperialista mondiale e l'acutizzazione degli scontri nel suo seno creano condizioni favorevoli per riprendere il movimento di trasformazione dell’umanità che si è interrotto con l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria

 

1. Si sviluppa su scala mondiale e con intensità crescente la lotta tra i protagonisti del mercato finanziario: società finanziarie, grandi banche, fondi pensione, liberi fondi speculativi (hedge funds), società industriali e commerciali (tutte oggi hanno un settore finanziario e in molte il suo volume d’affari supera quello degli altri settori), borse, altre istituzioni finanziarie. Si sviluppa la lotta tra questi protagonisti e i loro clienti (Stati, altri enti pubblici e enti privati) e le loro vittime. Oggetto della lotta è fare denaro con speculazioni su titoli e su materie prime, in sintesi accumulare denaro con operazioni sul denaro. In questi scontri guadagni e perdite sono due facce della stessa medaglia. Da cui la paralisi di organismi e di interi settori del mercato finanziario. In questo consiste la crisi finanziaria.

La crisi finanziaria genera la crisi nell’economia reale. L’economia reale capitalista vive di credito e dell’apporto di capitali d’investimento e le sue aziende sono connesse per mille vie al mercato finanziario.

La crisi dell’economia reale dei paesi imperialisti vuol dire delocalizzazione di aziende nei paesi emergenti, negli ex paesi socialisti e nei paesi più arretrati; investimenti diretti della borghesia dei paesi imperialisti in questi paesi; crescita della borghesia compradora dei paesi emergenti (Brasile, Russia, India, Cina in particolare) che cerca di entrare a far parte della “comunità internazionale” della borghesia imperialista.

2. A questo movimento nel campo della borghesia imperialista fanno riscontro

- nei paesi imperialisti la distruzione di interi settori produttivi; il degrado delle condizioni di vita e di lavoro che già colpisce direttamente (ma indirettamente tutte le masse popolari già ne risentono) circa duecento milioni di lavoratori (nei paesi imperialisti vive circa uno dei sette miliardi di esseri umani che compongono l’umanità); l’eliminazione dei diritti democratici e civili e delle conquiste di civiltà e benessere (assistenza sanitaria, istruzione, pensioni di invalidità e di vecchiaia, servizi pubblici, ecc.) strappati nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria;

- nei paesi oppressi e più ancora nei paesi emergenti e negli ex paesi socialisti la crescita delle differenze di classe nelle condizioni di vita; lo sfruttamento degli operai (i lavoratori assunti nelle aziende capitaliste) a un livello peggiore di quello a cui negli attuali paesi imperialisti aveva posto fine nell’Ottocento il movimento socialista; lo sterminio, l’emarginazione e l’emigrazione della popolazione che viveva nelle condizioni primitive dell’economia naturale o nelle comuni e cooperative agricole degli ex paesi socialisti.

3. La terza componente del quadro è costituita da saccheggio delle risorse del pianeta, inquinamento e distruzione dell’ambiente, abbandono e sfruttamento del territorio, decadenza delle infrastrutture con i conseguenti “disastri naturali” di cui abbiamo avuto manifestazione mortale in questi giorni nelle alluvioni della Lunigiana, delle Cinque Terre e di Genova in Italia e di Bangkok in Thailandia.

 

Questo è il quadro della crisi del capitalismo, del marasma in cui la borghesia imperialista affonda l’umanità. Lo completano le guerre locali (dette “spedizioni umanitarie”) con le rovine materiali e i massacri di popolazione che la “comunità internazionale” dei gruppi imperialisti moltiplica nel mondo ma che dalla Libia all’Afghanistan sono contenute dalla resistenza eroica e crescente che impedisce alle orde della “comunità internazionale” di estendere più rapidamente la loro opera criminale.

Alle forze attuali del movimento comunista cosciente e organizzato, o almeno di quella parte con cui il (n)PCI direttamente collabora, è impossibile conoscere in dettaglio i propositi che maturano in questo periodo nella “comunità internazionale” dei gruppi imperialisti. Le loro decisioni finanziarie, economiche e politiche sono di importanza capitale per la vita dei popoli, ma sono elaborate e sono prese in ambiti che sono sottratti all’influenza e alla conoscenza delle masse popolari. I protagonisti di questi ambiti, gli esponenti della borghesia imperialista e del clero, i loro consulenti e i circoli delle loro “teste d’uovo”, non esercitano funzioni pubbliche. Costituiscono una “comunità internazionale” del tutto irresponsabile verso le masse, i cui membri rispondono del loro operato solo tra di loro, in base a procedure e relazioni di palazzo. I casi di deviazione e di incompatibilità sono regolati all’interno.

Si tratta di un palazzo che certo è internazionale: vi appartengono esponenti e gruppi di tutti i paesi imperialisti e perfino dei paesi emergenti. Ma è un palazzo che parla americano e ha il suo centro di gravità a Washington con un’agenzia non aggirabile costituita dalla banda sionista d’Israele. Ciò spiega ad esempio perché esista un “problema del debito sovrano europeo”, anziché un “problema del debito sovrano americano”, pur essendo il debito pubblico USA ben maggiore di quello europeo (in cifra assoluta e in percentuale del PIL) e la struttura economica USA più esposta a bruschi mutamenti, in equilibrio ben più instabile di quella europea. Lo “stato sociale” in Europa è diventato l’oggetto della crisi finanziaria, il bersaglio della comunità degli speculatori finanziari, l’osso che la “comunità internazionale” della borghesia imperialista vuole spolpare, per ridurre i lavoratori europei al livello di quelli americani (lo stato sociale è sparito da tempo dagli USA che pur sono stati il suo paese d’origine) onde poter procedere oltre e ridurre poi anche questi al livello dei lavoratori dei paesi emergenti. Agli operai della FIAT da mesi Marchionne predica il modello americano. La Grecia mostra la via su cui la “comunità internazionale” della borghesia imperialista con la sua crisi finanziaria spinge l’Italia, la Francia e il resto d’Europa.

Le pubbliche autorità che in ogni paese operano relativamente alla portata del pubblico, hanno principalmente la funzione di presentare alle masse nella luce più favorevole le decisioni di quella “comunità internazionale” sottratta al pubblico. Sono principalmente imbonitori delle masse popolare, devono assicurare a quella “comunità internazionale” l’ordine, cioè la sottomissione delle masse popolari. Devono presentare e veicolare nella forma migliore e sotto la veste più accettabile dalle masse popolari, le decisioni della governo reale e assicurarne l’esecuzione. Perché per la “comunità internazionale” il pericolo sono le masse popolari.

Questo da una parte spiega la posizione anomala, nelle relazioni internazionali, dei paesi le cui pubbliche autorità non sono del tutto omologate e affidabili per quella “comunità internazionale”: dalla Repubblica Popolare Cinese, alla Repubblica Islamica dell’Iran, alla ex Jamahiriya di Gheddafi.

Dall’altra parte dà a noi comunisti un insegnamento di capitale importanza. Quella “comunità internazionale” ha un punto debole: il consenso e la collaborazione delle masse popolari. È la “comunità internazionale” delle classi dominanti del mondo intero, delle classi che sanno come si governano e si tengono a bada le classi oppresse. Ma riposa pur sempre sulla sottomissione delle classi oppresse e sfruttate. Può fare i suoi affari, proseguire sulla sua strada solo se riesce a evitare che proprio la guerra di sterminio che sta conducendo contro di esse, le si rivolti contro, favorisca la rinascita del movimento comunista. La lotta di classe è l’incubo di cui la borghesia imperialista non parla. La lotta di classe è il campo d’operazione principale di noi comunisti, il nostro terreno d’azione e di forza.

Una cosa che distingue la sinistra borghese da noi comunisti è che la sinistra borghese ha lo sguardo rivolto verso la borghesia imperialista e alle masse popolari chiede solo appoggio, consenso e voti. La sua preoccupazione è convincere le masse popolari che la borghesia imperialista potrebbe fare diversamente da come fa, che ha altre vie da percorrere meno dolorose per le masse popolari, meno rischiose per il suo potere e perfino più fruttuose di profitti. L’editoriale Altro che larghe intese. Un’alternativa c’è, a sinistra di Massimo Rossi, sul numero di venerdì 4 novembre di Liberazione, il giornale del PRC, è un esempio da manuale di simile atteggiamento: ne consiglio la lettura. Essa dedica la stragrande maggioranza dei suoi sforzi a conoscere quello che si trama, i meccanismi decisionali, i contrasti e quello che si dice nella “comunità internazionale” della borghesia imperialista, nelle sue succursali  e nelle agenzie che ne sono i portavoce ed esecutori pubblici: le pubbliche autorità dei vari paesi. Per questo la sinistra borghese è per noi comunisti preziosa: perché assieme a molte futilità, mischiate con mille stupidaggini, nei suoi discorsi (e la sinistra borghese è molto loquace) noi comunisti possiamo con una certa esperienza, accortezza e precauzione raccogliere anche molte notizie utili su quello che “bolle in pentola” ai piani superiori della società.

Ma a differenza della sinistra borghese, noi comunisti ci occupiamo principalmente di conoscere, mobilitare, organizzare le masse popolari, le classi oppresse e sfruttate, in particolare la classe operaia per farne il protagonista della politica dei singoli paesi e mondiale. Il marxismo ha insegnato che da quando l’umanità si è divisa in classi sociali, la storia di ogni società è storia di lotte di classe. Questo è tanto più vero da quando l’umanità ha accumulato forze produttive tali da aver assicurato il proprio successo nella lotta contro la natura per strapparle quanto necessario alla sua esistenza. E l’umanità oramai da più di un secolo ha raggiunto questo risultato storicamente, cioè sul piano della possibilità, la cui realizzazione dipende solo dalla lotta di classe.

Non sono le contraddizioni della borghesia imperialista, del clero e delle altre classi dominanti e sfruttatrici il campo principale del nostro lavoro. Il campo principale del nostro lavoro sono la classe operaia e la altre classi sfruttate e oppresse che compongono le masse popolari. Per noi comunisti le contraddizioni della borghesia imperialista, del clero e delle altre classi dominanti e sfruttatrici, i loro movimenti, propositi e progetti sono solo il campo secondario di lavoro, utile per sostenere e rafforzare la forza del protagonista principale, la classe operaia e il resto delle masse.

Lasciamo che gli esponenti della sinistra borghese razzolino nei cortili del palazzi della borghesia imperialista e annusino le puzze e i profumi che ne provengono. Dedichiamo le nostre energie e le nostre risorse a conoscere e scoprire le condizioni e le forme della lotta che la classe operaia e le altre classi delle masse popolari conducono contro la borghesia imperialista e cosa dobbiamo fare perché questa lotta assurga a un livello superiore e detti legge all’intera società.

Se compiamo bene il nostro lavoro, la “comunità internazionale” della borghesia imperialista, le sue agenzie locali e le sue autorità locali saranno costrette esse a rincorrere le masse popolari e cercare di capire cosa bolle in pentola tra le classi oppresse e sfruttate che il movimento comunista innerva e mobilita. Il nostro principale campo di lavoro consiste nel comprendere le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe, nel fare dispiegare tutta la loro forza alle classi oppresse e sfruttate che su questa base dettano esse il corso delle cose: la strategia, le tattiche e la condotta della GPR. Così le masse cessano di fare la storia agli ordini delle classi dominanti, della “comunità internazionale” della borghesia imperialista e fanno esse da protagoniste la storia dell’umanità.

Rosa L.

  

La Voce n. 39
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