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  La Voce 43 del (nuovo)Partito comunista italiano

Tre domande anche per il congresso USB

 

Le organizzazioni sindacali devono contribuire alla moltiplicazione delle organizzazioni operaie nelle aziende e delle organizzazioni popolari nel territorio. Solo così adempiono anche ai loro compiti sindacali.

La formazione dei compagni alla concezione comunista del mondo e all’elaborazione scientifica dell’esperienza della lotta di classe sono le vie maestre del nostro lavoro interno: del consolidamento e rafforzamento del Partito comunista senza del quale ogni volontà di instaurare il socialismo e di mettere fine alla crisi del capitalismo resta campata in aria. La stessa importanza ha nel lavoro esterno, di massa, promuovere l’organizzazione della classe operaia e delle masse popolari, la costituzione di organizzazioni operaie (OO) e di organizzazioni popolari (OP).

Di fronte ad alcune critiche alla nostra tattica, quando si sentono o si leggono alcuni compagni, viene da pensare al detto: “quando con il dito gli indichi la luna, lo sciocco guarda il dito”. Dove per noi l’essenziale è l’organizzazione degli operai e delle masse popolari, la costituzione e moltiplicazione di OO e OP, il coordinamento territoriale e tematico di OO e OP, il loro orientamento a costituire un proprio governo d’emergenza (il Governo di Blocco Popolare che ha come suo programma le Sei Misure Generali) e a far ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia la costituzione del GBP rendendo (tramite le otto vie per rendere ingovernabile il paese [vedasi La Voce n. 40, pag. 2 e 3] e l’autogestione delle aziende indicata e illustrata nei Comunicati CC 32, 33 e 34/2012) il paese ingovernabile da governi emanazione di quei vertici, di tutto questo alcuni nostri critici vedono solo le otto vie e l’autogestione delle aziende. E ovviamente i più “sinistri” tra questi arrivano addirittura a rimproverarci che il nostro programma si riduce a “una lista di provvedimenti sociali certo anticapitalisti ma meramente sindacalisti”.

Per noi comunisti i mille conflitti immediati e pratici sono principalmente un mezzo per organizzare e mobilitare a costituire il GBP, per fare scuola di comunismo, per rendere il paese ingovernabile da parte dei governi emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia. L’obiettivo della fase attuale della guerra popolare rivoluzionaria è la costituzione del GBP. Proprio per questo possiamo valorizzare anche le mille lotte promosse da compagni affetti da movimentismo o da economicismo, per i quali invece la lotta o la rivendicazione è tutto: senza contrapporci ad essi ma anzi facendo in modo che i loro sforzi contribuiscano alla causa a cui in definitiva anch’essi aspirano, quindi rafforzando e sviluppando il loro lato positivo.

 

Potere popolare della classe operaia significa un’amministrazione pubblica costituita da organizzazioni operaie (OO) e organizzazioni popolari (OP): in altre parole dalle masse popolari organizzate territorialmente attorno alla classe operaia organizzata principalmente su base aziendale: il tutto sotto la direzione del partito comunistache riunisce gli individui decisi a dedicarsi con spirito d’avanguardia alla trasformazione che l’umanità deve compiere.

 

Sulla base di questo orientamento dobbiamo considerare anche l’attività dei sindacati di base, dei sindacati alternativi e della sinistra dei sindacati di regime. Un orientamento che è particolarmente importante sia chiaro nei prossimi mesi in cui i congressi saranno all’ordine del giorno nella USB e in altre organizzazioni sindacali.

Le organizzazioni sindacali devono contribuire alla moltiplicazione delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari. Le organizzazioni che si ostinano a non contribuirvi, saranno sempre sulla difensiva e  subiranno l’offensiva dei capitalisti alla Marchionne. Solo lo sviluppo della lotta politica rivoluzionaria consente di affrontare con iniziativa e successo anche la lotta sindacale nel senso tradizionale del termine.

Riproduciamo in questo numero della rivista l’articolo Spostamenti nel mondo sindacale - Cosa spinge al rinnovamento del movimento sindacale? (pubblicato nel n. 32 di La Voce, luglio 2009) perché illumina sia la trasformazione che vi è stata nei sindacati nei tre anni e mezzo trascorsi sia la trasformazione ancora in corso e l’orientamento con cui dobbiamo intervenire.

L’attività tradizionale del sindacato (la contrattazione) resta sempre importante, quindi è importante e lo diventerà ancora di più la divisione tra sindacati complici e sindacati conflittuali. Ma ancora più importante e in definitiva principale e decisivo è il ruolo che ogni organizzazione sindacale assume nel promuovere l’organizzazione e la lotta all’esterno delle fabbriche, delle aziende e degli uffici, insomma al di fuori dei luoghi e dei contesti che sono stati la culla del movimento sindacale e il suo maggiore terreno di attività: quello tradizionale e abituale al punto che molti compagni lo ritengono l’unico, fanno resistenza a che il sindacato assuma compiti politici, indispensabili di fronte alla crisi generale del capitalismo. Questa resistenza a impiegare sul terreno politico la forza e il prestigio del movimento sindacale è il vero nucleo del suo ruolo conservatore.

Di grande interesse in proposito sarà certamente il dibattito connesso con la preparazione del primo Congresso nazionale dell’USB. Il Coordinamento nazionale confederale del 25 e 26 gennaio ha indetto il primo Congresso Nazionale (7-9 giugno a Montesilvano-PE) ed ha anche approvato il documento congressuale: Rovesciare il tavolo. Già in questo risalta la contraddizione che naturalmente anche l’USB vive (e gli estensori del documento ne sono ben coscienti) tra la volontà di costruire un grande sindacato conflittuale alternativo ai sindacati di regime nelle fabbriche, nelle aziende e negli uffici, e la necessità posta dalla crisi del capitalismo di contribuire ad “attivare un cambiamento generale del nostro paese” che in concreto oggi vuol dire contribuire a sviluppare nelle aziende e sul territorio la costruzione di OO e OP e il loro orientamento a costituire un proprio governo d’emergenza. Il documento pone chiaramente i due campi di lavoro: la fabbrica, l’azienda e gli uffici da una parte e dall’altra “il sociale”. Ma li accosta senza indicare chiaramente le priorità qui e ora. Si tratta di un’esitazione che è certamente connessa a due fattori che stanno a monte e che il dibattito congressuale porterà in primo piano.

Studiare le Tesi del III Congresso del Partito dei CARC

Il 3 e 4 novembre dell’anno scorso il P. CARC ha tenuto a Firenze il suo III Congresso nazionale. Con esso i compagni del P. CARC si proponevano di rilanciare a un livello superiore l’attività che nel 2005 si sono assunti di svolgere nel Secondo Fronte del lavoro di massa del nuovo Partito comunista italiano (MP pag. 223). Le Tesi che il congresso ha approvato costituiscono di per se stesse un rilancio a livello superiore dell’attività di tutti i comunisti del nostro paese. Sia per la chiarezza e semplicità con cui le cose sono dette, sia per la quantità degli aspetti del lavoro dei comunisti che trattano, sia per le linee particolari e generali e i metodi di lavoro che indicano.

Per decenni, a partire almeno dagli anni ’60 del secolo scorso i revisionisti moderni prima e la sinistra borghese poi hanno condotto una diffusa opera di corruzione intellettuale nelle file delle masse popolari e in particolare proprio nelle file dei giovani che in questi decenni si sono affacciati alla vita politica con la volontà d’essere comunisti. Il "comunismo" che hanno trovato e che hanno respirato è stato un immondo miscuglio, vago e clericalmente untuoso, di buone intenzioni condite con un’incomprensione assoluta delle relazioni effettive della lotta di classe. L’ignoranza di esse per quelli che non appartenevano essi stessi alla classe operaia e la nebulosità per quelli che quelle relazioni comunque nella pratica le vivevano. Quante volte abbiamo sentito operai parlare di se stessi e di quello che vivevano con un linguaggio e usando categorie derivate dai revisionisti o dalla sinistra borghese che le parole le usano per nascondere e confondere la realtà!

Uno dei grandi meriti delle Tesi del III Congresso del P. CARC è di esporre con onesta chiarezza molte delle relazioni nazionali e internazionali della lotta di classe in corso e di indicare chiaramente linee e metodi per affrontarli. Anche solo per questo meritano di essere studiate. Siamo sicuri che tutti quelli che le studieranno con impegno, anche se non concorderanno su alcune o su tante delle cose dette, saranno però aiutati a scuotersi di dosso la melma borghese e clericale delle cultura corrente e ad affrontare l’esperienza della lotta di classe con metodo scientifico, con spirito di lotta e con la volontà di giungere a conclusioni pratiche nel senso di verificabili nella pratica. Per il nostro paese corrotto dalla nauseabonda miscela del clero cattolico con la borghesia, è intellettualmente e moralmente un grande passo avanti.

Ci congratuliamo con i compagni del P. CARC per il contributo che con le Tesi hanno dato alla rinascita del movimento comunista e alla lotta contro la Repubblica Pontificia.

Viva il Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo!

 

1. Una posizione incerta nella concezione della crisi in corso, della sua origine, natura e sviluppo. Il documento USB definisce la crisi attuale “sistemica e non congiunturale”. Ma si contraddice e nello stesso tempo la definisce semplicemente “una delle crisi più difficili e durature che le nostre generazioni possano ricordare”. È la stessa contraddizione che si ritrova in tanti documenti della FIOM e di altre strutture della sinistra sindacale. Da una parte parole forti (e fa comodo che siano un po’ misteriose e vaghe) per definire la gravità della crisi e dall’altra ragionamenti che implicano che si tratti di darsi da fare per attenuare i guai in attesa che la tempesta passi, in attesa che vi sia una ripresa.

Se ponete espressamente la domanda i compagni giureranno che l’attuale crisi finanziaria ha le sue origini nella crisi economica iniziata trenta o quaranta anni fa. Vi giureranno che si tratta di una crisi del sistema capitalista. Ma quando si tratta di tracciare una linea d’azione, vi tirano fuori proposte di trasformazione del sistema finanziario, di cambiamento delle regole di funzionamento (esempio: separazione tra banche d’affari e banche di deposito e prestito) o della struttura delle istituzioni finanziarie: l’uscita dall’euro e il recupero dell’Autonomia Finanziaria Nazionale oppure la costituzione di sistemi monetari alternativi a quello dell’euro come lo spazio ALIAS dei PIIGS - Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna - proposto dal prof. Luciano Vasapollo oppure l’assunzione dei compiti monetari tradizionali delle banche centrali da parte della BCE. Insomma proposte che implicano la tesi che la crisi attuale è principalmente una crisi finanziaria. Provare per credere, anche se gridano che noi travisiamo grossolanamente il loro pensiero quando li critichiamo di ridurre la crisi a una crisi finanziaria o a una crisi congiunturale “la più grave dopo la crisi degli anni  trenta”: come se la crisi degli anni trenta fosse stata una cosa a sé stante e non un episodio della prima crisi generale del capitalismo che occupò tutta la prima metà del secolo scorso e che si chiuse grazie alla prima ondata della rivoluzione proletaria e a due guerre mondiali.

2. Una posizione incerta nella concezione del mondo. Il documento USB infatti dice: “nessuno è in grado di prevedere la fine” della crisi in corso, come se l’esito della crisi in corso dipendesse da altri che dalle masse popolari e dalla classe operaia, cioè in definitiva dal movimento comunista. I compagni buttano lì il luogo comune, l’allusione senza andare a fondo del problema: sono deterministi, agnostici, fatalisti per partito preso? Oppure non osano dichiarare apertamente quello che la concezione comunista del mondo ha acquisito: che la crisi del capitalismo avrà il decorso che il movimento comunista le darà?

Tutte questioni sulle quali il dibattito congressuale certamente andrà più avanti del documento congressuale.

Se sarà attuata, la decisione presa da Rete28Aprile-opposizione CGIL nella riunione del 1° febbraio a Milano di preparare un suo documento per il futuro congresso CGIL (che dovrebbe essere tenuto anch’esso prossimamente: l’ultimo risale a maggio 2010) renderà ancora più favorevole il terreno per la lotta circa il ruolo delle organizzazioni sindacali nei prossimi mesi. Tanto più che non è escluso che anche la FIOM vada a congresso (il suo ultimo congresso risale anch’esso ad aprile 2010). Infatti tutte le organizzazioni sindacali si confrontano con il problema di dare una prospettiva politica alla lotta degli operai e delle masse popolari, cioè di impegnare il governo nazionale ad affrontare  gli obiettivi agitati dalle masse popolari e dagli operai in lotta. Ma “dare una prospettiva politica” oggi vuol dire due cose opposte.

Per alcuni vuol dire trovare alle lotte degli operai e delle masse popolari una sponda nelle istituzioni della Repubblica Pontificia, indurre partiti e governo a interessarsene (coinvolgendo PD, SEL, RC come cerca di fare la FIOM o anche M5S omettendo il PD come cerca di fare Cremaschi).

Per altri vuol dire contribuire con la forza e il prestigio dell’organizzazione sindacale a moltiplicare OO e OP e a orientarle a costituire un proprio governo d’emergenza, il GBP.

Queste sono le due vie tra cui devono scegliere i fautori della prospettiva politica. Lo svolgimento della campagna elettorale ha messo bene in luce quale delle due vie prevale in ogni organismo e in ogni individuo.

A noi comunisti è chiaro che ci vuole una prospettiva politica e lavoriamo con decisione per la seconda via.

Come va la crescita del numero delle OO e OP?

A che punto è il coordinamento territoriale e tematico delle OO e OP?

Quanto è diffuso e forte l’orientamento delle OO e OP a formare un proprio governo d’emergenza?

Queste sono le tre domande a cui i comunisti e gli esponenti avanzati delle masse popolari a livello nazionale e in ogni regione, zona e città del paese in questi giorni devono rispondere con la maggiore precisione di cui sono capaci. Il seguito dipende dalle risposte che danno a queste tre domande.

Tonia N.

 

 

La Voce n. 43
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