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La Voce 45 del (nuovo)Partito comunista italiano
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Rapporti Sociali n. 4 luglio 1989
Le
contraddizioni tra Stati imperialisti nel futuro
Man mano che si
accentuano le difficoltà di valorizzazione del capitale e quindi si acuiscono i
contrasti tra capitalisti, ognuno dei quali lotta per la sua sopravvivenza,
diventa attuale il problema di quale uso i capitalisti cercheranno di fare delle
loro istituzioni politiche nell'ambito della guerra economica intestina.
Secondo una certa corrente di pensiero, il carattere
distintivo dell'imperialismo dopo la Seconda Guerra Mondiale è il consolidarsi
di un sistema politico unificato a livello mondiale, l'instaurazione di un
insieme di istituzioni politiche mondiali dirette dalla borghesia USA
nell'ambito delle quali non possono più svilupparsi contraddizioni antagoniste
tra i vari Stati imperialisti. Detta in altre parole, la tesi sostiene che le
contraddizioni antagoniste di interessi tra capitalisti e le difficoltà della
loro direzione nei singoli paesi che, entrambe, originano dagli ostacoli che
incontra l'accumulazione del capitale (1),
non possono più svilupparsi in contraddizioni tra Stati. Ossia (a meno che si
pensi che ogni capitalista, nuovo e pio seguace di S. Francesco, si astenga
dall'usare mezzi politici al fine di evitare la rovina del suo capitale), quella
scuola sostiene che si è formato un unico Stato mondiale dei capitalisti e i
singoli residui Stati locali sono o sopravvivenze e curiosità storiche prive di
contenuto come altrettanti Stati di S. Marino, o diramazioni locali dell'unico
Stato al modo delle amministrazioni regionali e comunali di nostra esperienza.
La questione è di cosi capitale importanza ai fini della lotta politica (che
notoriamente non è lotta per conquistare lo Stato di S. Marino o
l'amministrazione comunale sia pure di Roma o di Milano) che è indispensabile un
esame analitico di essa.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale lo Stato della borghesia USA
ha assicurato la persistenza o il ristabilimento del dominio delle classi
borghesi nella parte continentale dell'Europa Occidentale, in Giappone e in una
buona parte delle colonie. In alcuni di questi paesi lo Stato borghese era
completamente dissolto a seguito della guerra (tipica la situazione in
Germania); negli altri, gli Stati borghesi erano fortemente indeboliti e
prossimi al collasso. Di conseguenza, le borghesie dei paesi continentali
dell'Europa Occidentale e del Giappone non ebbero di meglio che accettare
l'autorità dello Stato della borghesia USA per ristabilire il loro dominio di
classe in campo economico. La borghesia USA aiutò la borghesia dei singoli paesi
a ricostruire propri Stati. Difficilmente avrebbe potuto fare diversamente, cioè
assorbire direttamente e semplicemente la parte continentale dell'Europa
Occidentale, il Giappone e le colonie degli ex Stati nei confini del proprio
Stato sotto un'amministrazione unificata: sia per il movimento popolare presente
in molti paesi dell'Europa Occidentale e forte dell'appoggio dall'URSS, sia per
1'opposizione delle borghesie inglese e francese, sia perché le forme
antitetiche dell'unità sociale (FAUS) erano ancora giovani e relativamente poco
sviluppate (2). Essa
pose tuttavia molti limiti alla sovranità di alcuni dei nuovi Stati, i
particolare degli Stati giapponese, tedesco, italiano, greco, turco e anche alla
sovranità degli Stati della borghesia britannica e dei domini britannici,
assicurandosi vari strumenti di controllo della loro attività e d’intervento in
essa.
1.
La questione così posta ovviamente non riguarda quelli che sostengono che oramai
non vi sono più contraddizioni antagoniste d'interessi tra i capitalisti, e che
questi, al contrario, costituiscono un'unica banda di sadici associati per
torturare proletari o popoli del Terzo Mondo. Sembra una supposizione farsesca,
ma non è tuttavia lontana da alcune “teorie” in voga. È ovvio che se la
borghesia avesse trovato “l'elisir di lunga vita” dell'accumulazione del
capitale nei paesi imperialisti, applicherebbe tale scoperta anche ai paesi del
Terzo Mondo, con grandi vantaggi per tutta la compagnia.
2.
Se si eccettua l'Unione Monetaria Latina (fondata nel 1865), le forme
antitetiche dell'unità sociale a livello interstatale iniziano a svilupparsi nei
primi decenni del secolo XX. Tra il 1914 e il 1916 Conferenze economiche tra gli
Stati dell'Intesa organizzano la difesa dei traffici commerciali dei propri
cittadini e il blocco di quelli dei cittadini tedeschi nel corso della guerra.
Nel 1919 viene istituita la Società delle Nazioni che entra in attività nel
1920, nel 1921 la Commissione per le riparazioni di guerra, nel 1920 la Banca
dei Regolamenti Internazionali.
Nei quarant'anni successivi i contrasti tra questi Stati e lo
Stato USA non hanno avuto un ruolo rilevante nello sviluppo del movimento
economico e politico, con l'eccezion delle tensioni con gli Stati della
borghesia francese e britannica in occasione della campagna di Suez e delle
tensioni con 1o Stato della borghesia francese durante 1a guerra d'Algeria.
Neppure i contrasti di questi Stati tra loro hanno avuto un ruolo rilevante:
quando vi sono state tensioni serie, come tra gli Stati della borghesia greca e
turca, il controllo della borghesia USA su entrambe le parti è stato efficace.
Basta questo per concludere che quindi è finita l'epoca delle
guerre tra Stati imperialisti? Se questa affermazione è motivata da quanto è
successo nei quarant'anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, vale tanto
quanto la tesi che il capitalismo aveva finalmente trovato il modo di evitare
crisi economiche serie, tesi sostenuta con successo fino a dieci anni fa,
anch'essa motivata dall'inoppugnabile esperienza dei trent'anni trascorsi dopo
la Seconda Guerra mondiale. Finché gli affari sono andati bene, finché
l’accumulazione del capitale si è sviluppata felicemente (e ciò è stato fino
all'inizio degli anni '70), non si sono sviluppate contraddizioni antagoniste
tra Stati imperialisti, né potevano svilupparsi se è vero che esse sono la
trasposizione in campo politico di contrasti antagonisti tra gruppi capitalisti
in campo economico.
Il problema si è posto solo negli ultimi anni ed il problema
sta proprio e solo in questo: man mano che le condizioni di valorizzazione del
capitale diventano difficili, lo Stato USA continua ad essere il miglior garante
(sia pure di ultima istanza) degli affari della borghesia giapponese e quindi
del suo dominio in Giappone, il migliore garante degli affari della borghesia
tedesca e quindi del suo dominio in Germania? Il capitalista giapponese,
tedesco, inglese, ecc. può o no far valere i suoi interessi attraverso
l'attività dello Stato USA, può cioè concorrere alla formazione della sua
volontà senza soffrire di discriminazioni “nazionali” nel confronto con i
capitalisti residenti nei USA e suoi concorrenti?(3)
Lo Stato USA è o no lo Stato della borghesia imperialista del mondo? Lo Stato
USA cura la stabilità politica e il mantenimento dell'ordine pubblico nei vari
paesi così come li cura nei USA?
3. Una concezione schematica e
militarista della società borghese imperialista porta a ritenere che le forze
armate tedesche spalleggiate dalle forze armate NATO, e in particolare dalle
forze armate USA, siano più forti delle sole forze armate tedesche e quindi che
la NATO e la subordinazione gerarchica dello Stato tedesco allo Stato USA diano
una maggior sicurezza al dominio borghese in Germania Occidentale. In realtà la
sicurezza del dominio borghese in Germania Occidentale è legata, prima e più che
alle truppe NATO e USA, al buon andamento dell'economia tedesca, ai buoni affari
che la borghesia tedesca riesce ad assicurarsi, alle buone condizioni di vita e
di lavoro che la borghesia tedesca può permettere ai propri proletari e alla
prosperità complessiva delle vane classi della popolazione tedesca. Quanti
affermano che le attuali contraddizioni economiche tra gruppi imperialisti non
possono trasformarsi in contraddizioni politiche tra Stati dovrebbero quindi
prendersi la briga di dimostrare che la soggezione gerarchica dello Stato
tedesco allo Stato USA garantisce gli affari della borghesia tedesca meglio che
non l'indipendenza e la contrapposizione dello Stato tedesco allo Stato USA.
La differenza che corre tra un capitalista del Massachusetts e
uno della California non è minore di quella tra un capitalista del Massachusetts
e un capitalista della Germania Occidentale e anzi i contrasti tra i primi due
sono probabilmente più acuti e più diretti, ma sicuramente il capitalista del
Massachusetts ha più possibilità di usare lo Stato USA contro il capitalista
tedesco di quanto ne abbia di usare lo Stato del Massachusetts contro il
capitalista della California, anche se non è detto che ricorrendo certe
circostanze non cerchi di farlo, ossia, in altre parole, che non si sviluppino
all'interno dei confini degli Stati guerre civili, con acutizzazione dei
contrasti già in atto tra regioni. Alcuni affermano che le contraddizioni
interimperialiste non possono più svilupparsi in contraddizioni tra Stati solo
perché non vedono il rapporto pratico, reale, materiale tra borghesia e Stato e
fanno di tutto ciò una descrizione mitica. Essi negano la democrazia borghese
(cioè che gli interessi economici dei capitalisti si esprimono e realizzano
nell'attività dello Stato) e hanno una concezione ultraterrena dello Stato.
Posto con i piedi per terra, il problema da teologico diventa
storico-sperimentale e la risposta ad esso può essere derivata dalla
comprensione del movimento economico e politico delle società imperialiste. La
tranquilla sicurezza che le contraddizioni tra frazioni di capitale non possono
più trasformarsi in contraddizioni politiche tra Stati si mostra per quello che
è: frutto di conservatorismo, dell'essere abbagliati dalla potenza dello Stato
USA, del considerare solo le cose che sono e non il loro divenire, le tendenze,
le contraddizioni, i processi di trasformazione in corso.
È infatti giocoforza perlomeno riconoscere che vari aspetti
dell'attuale movimento economico e politico mostrano che la lotta dello Stato
USA per la difesa dell'ordine internazionale si presenta come lotta per
difendere gli interessi dei capitalisti USA e le condizioni della stabilità
politica negli USA, cioè del dominio di classe sulla popolazione USA anche a
scapito degli affari della borghesia di altri paesi, diventando quindi un
fattore d'instabilità politica di altri paesi (dalla questione del commercio
CEE/URSS agli interventi in Medio Oriente e in Africa, dalle manovre sul dollaro
al protezionismo commerciale).
Né i capitalisti operanti in altri paesi possono concorrere a
determinare la volontà dello Stato USA al pari dei loro concorrenti americani,
- benché vi sia una discreta ressa di esponenti della
borghesia imperialista specie di paesi minori a installarsi negli USA, a
inserirsi nel mondo politico USA: dai defunti Onassis e Sindona, ai viventi
Cefis e Duina in avanti, molti grandi capitalisti d'altri paesi hanno “messo su
casa” negli USA;
- benché molti gruppi capitalisti di altri paesi organizzino
correntemente gruppi di pressione (lobbies) per orientare l'attività dello Stato
federale USA e partecipino di fatto attivamente a determinarne l'orientamento.
Esiste quindi anche un'altra possibilità da considerare: che,
man mano che aumentano le difficoltà dell'accumulazione del capitale, una
frazione della borghesia imperialista mondiale riesca ad imporre un'unica
disciplina a tutta la borghesia imperialista costruendo attorno allo Stato USA
il proprio nuovo Stato “sovranazionale”: quest'ultimo assorbirebbe più
strettamente in sé gli altri Stati limitandone ulteriormente l'autonomia.
Negli anni trascorsi dopo la Seconda Guerra Mondiale si è
formato un vasto strato di borghesia imperialista internazionale, legata alle
multinazionali, con uno strato di personale dirigente cresciuto al suo servizio.
Già sono stati collaudati numerosi organismi (monetari,
finanziari, commerciali) sovrastatali - le forme antitetiche dell'unità sociale
a livello mondiale - nei quali quello strato di borghesia internazionale
esercita una vasta egemonia.
Parimenti si è formato un personale politico, militare e
culturale borghese internazionale. Di conseguenza il disegno della fusione dei
maggiori Stati imperialisti in un unico Stato ha oggi maggiori basi materiali di
quanto ne avessero gli analoghi disegni perseguiti nella prima metà di questo
secolo, nel corso della prima grande crisi generale per sovrapproduzione
assoluta di capitale, dalla borghesia anglo-francese (Società delle Nazioni),
dalla borghesia tedesca (Nuovo Ordine Europeo), dalla borghesia giapponese (Zona
di Coprosperità). Ma la realizzazione di un processo del genere, nel mentre
avanza la crisi economica, difficilmente si realizzerebbe in maniera pacifica,
senza che gli interessi borghesi lesi dal processo si facciano forti di tutte le
rivendicazioni e i pregiudizi nazionali e locali.
Il contrasto tra gruppi capitalisti si esprimerebbe quasi
inevitabilmente in guerre civili. Già oggi entro i confini degli attuali Stati
emergono conflitti d'interessi borghesi che si nutrono di motivazioni regionali,
etniche, linguistiche, religiose, ecc.
Ci basta per ora aver posto il problema sulle solide basi del
rapporto tra il movimento economico e il ruolo politico della borghesia,
sgombrando il campo dalle estrapolazioni dal passato in una situazione mutata e
dalla pigrizia mentale che permette di pensare solo ciò che già è pienamente
dispiegato e palese.
La soluzione del problema non può venirci che da una
comprensione maggiore del movimento economico e politico delle attuali società
imperialiste.