La Voce 49 - Indice

La Voce 49 del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVII marzo 2015

Lettera alla redazione

Cinque insegnamenti sul lavoro di propaganda in funzione della raccolta

Cari compagni,

vi scrivo per condividere con voi alcuni insegnamenti sulla propaganda e sull'organizzazione che, grazie all'esperienza fatta con il Partito e al bilancio di essa con il collettivo, ho potuto trarre da un'iniziativa a cui ho preso parte.

A premessa preciso che sono uno di quei compagni che tende a vedere il “bicchiere mezzo vuoto” nel valutare organismi, iniziative, singoli. Ancora molte (troppe) volte mi concentro (e mi “scorno”) sui punti negativi degli ambiti e dei compagni su cui interveniamo, metto al centro i loro limiti ed errori, quello che non fanno. Alcune esperienze concrete mi stanno facendo però mutare l'ottica; sempre più spesso cerco di vedere, di imparare a vedere (anche questo rientra nell'imparare a pensare!) qual è l'appiglio su cui far leva per avanzare, qual è il tizzone su cui soffiare per incendiare la prateria in cui intervengo. Sto via via capendo, in sintesi, che costruire la rivoluzione è come scalare una parete rocciosa verticale: all'occhio che non sa osservare, sembra che non vi siano appigli, che sia impossibile avanzare. In realtà l'occhio attento (scientifico, guidato dalla giusta concezione e “allenato” attraverso la sperimentazione) coglie che la roccia ha insenature e conche in cui è possibile puntare per fare leva. Questo significa molte cose: innanzitutto passare da spettatori del cattivo presente (comunisti dogmatici) a costruttori, a ideatori e attuatori di campagne, battaglie e operazioni tattiche per avanzare tappa dopo tappa (concatenazione) nella GPRdiLD. È un cambiamento di concezione ma per molti versi anche di mentalità e personalità. È un cambiamento che mi sta molto entusiasmando (dopo il travaglio iniziale, che ancora a volte fa capolino!).

Entrando nel concreto dell'esperienza, ho tratto particolari insegnamenti dalla propaganda fatta durante la presentazione del Manuale di Autodifesa Legale tenuta recentemente dal P.CARC a Casalgrande (RE), iniziativa a cui ho partecipato e da cui è stato tratto anche un articolo di Resistenza di marzo, Riflessioni su un'assemblea.

L'articolo fissa due punti importanti che condivido.

1. Nella relazione con le masse (anche durante un'assemblea) un comunista deve osare portare alle masse quello di cui hanno bisogno: cercare di capire di quale orientamento necessitano (generale e particolare) e cosa cercano, anche se non lo sanno chiaramente, non fermarsi a quello che già chiedono apertamente. I comunisti non devono essere timidi e accodarsi alle masse, ma devono osare far sognare, osare indicare la via da seguire, osare sfidare il senso comune (facendo leva sul positivo degli interlocutori) e ribaltarlo, osare promuovere riflessioni, dubbi, domande, dibattito!

2. Nella relazione con le masse (anche durante un'assemblea) un comunista non deve fermarsi a quello che l'interlocutore dice, ma cercare di capire quello che vuole realmente dire (lo si capisce combinando quello che uno dice con quello che è, capendo in quale contesto vive e l'attività che svolge) e rispondere a questo.

Capire la domanda implicita (e confusa) e dare la risposta esplicita! È il contrario di fermarsi ai limiti di concezione, linea, ecc. dell'interlocutore. È lavorare per linee interne, “entrargli dentro” e spingerlo in avanti.

A questi due punti aggiungo però altri tre aspetti che ritengo di una certa importanza e che possono essere utili a tutti i compagni del Partito che si cimentano nell'azione di propaganda e organizzazione.

1. Durante la conduzione delle iniziative (la conferenza, in questo caso) dobbiamo relazionarci con i nostri referenti non solo al momento del dibattito, ma anche e soprattutto nei ritagli di tempo prima e dopo la conferenza: “attaccare bottone” con chi è già presente prima dell'iniziativa ci permette di raccogliere elementi per comprendere le diverse tendenze e caratteristiche presenti, se non li conosciamo già. Insomma bisogna “annusare l'aria” come i lupi quando sono a caccia, tastare il terreno!

2. Durante il dibattito, per comprendere al meglio le caratteristiche dell'aggregato che abbiamo di fronte e per valorizzare le tendenze positive, dobbiamo spostare, sforzarci di spostare, l’attenzione da noi stessi (cosa devo dire, come devono comportarmi, quali conclusioni dovrò tirare, ecc.) alla platea. Cercare di capirla, studiarla, vedere le dinamiche che si creano nei singoli e nel gruppo, cercar di capire e su questa base coinvolgere e spingere i singoli ad intervenire, anche chiamandoli uno ad uno a prendere la parola (non in modo brusco, ma sereno, disteso, anche scherzoso e facendo leva sulle caratteristiche specifiche di ognuno, nel limite del possibile) su quello che il dibattito in corso gli suscita (da qui l'importanza di “annusare l'aria” prima dell'iniziativa, di capire chi si ha davanti e di fare attenzione alle dinamiche e reazioni nei singoli e nel gruppo durante l’iniziativa). Capire su cosa far leva con ognuno, incoraggiarlo e aiutarlo a rompere con la timidezza, sfruttando a proprio vantaggio anche il “clima” informale e l'effetto a cascata che questo tipo di intervento crea nel gruppo (uno che non interviene subito quando chiamato, magari interviene dopo anche grazie al fatto che chiamandolo gli hai smosso delle cose dentro: la chiamata può essere un seme che germoglia di lì a poco, dopo qualche intervento e non immediatamente).

Dirigere un'assemblea significa guidare il gruppo lungo la strada che si vuol percorrere, lungo il cammino (in termini di riflessione) che si è deciso di intraprendere durante l'iniziativa e in funzione del raggiungimento degli obiettivi stabiliti, facendo leva sugli avanzati. In sintesi, bisogna operare come quando si dirige (non con spirito burocratico e retorico!) una riunione. Da questo punto di vista l'articolo di La Voce 46 sull'utilizzo delle circolari per alimentare la formazione dei compagni, Usare lo studio delle circolari per la formazione ideologica, è molto utile anche per la conduzione delle assemblee, beninteso tenendo conto delle differenze.

Riepilogando: l’attenzione deve essere sulla platea e non su noi stessi, solo così si crea un rapporto dialettico con la platea e la si guida nella direzione voluta, facendo leva sugli elementi avanzati. Il punto centrale da capire è che per dirigere bene un'assemblea dobbiamo adottare la linea di massa, nelle sue due articolazioni: ossia 1. raccogliere le idee sparse tra le masse e riportare alle masse sintesi superiori (anziché accodarsi a quello che dicono) e 2. far leva sulla tendenza positiva (per favorire la partecipazione e l'intervento nel dibattito, quindi per favorire lo sviluppo del legame: il quale, e anche questo è un punto importantissimo, si avvia già durante la riunione [tanto più quanto più “entriamo dentro” ai singoli e li coinvolgiamo e, magari, gli facciamo fare una cosa che per loro non è abituale o che non hanno mai fatto, ma che li “libera”, come appunto prendere la parola] e non solo dopo!). In questa maniera riusciremo a dirigere l'assemblea e renderla una tappa della nostra costruzione della rivoluzione.

3. Concludere le iniziative con una proposta operativa, che rimandi ad un appuntamento, ad un altra iniziativa o ad una mobilitazione, a un momento costruttivo ed in concatenazione. Anche qui non essere timidi! E, soprattutto, riprendere i contatti subito dopo l'iniziativa, utilizzando vari strumenti (un appello, un volantino, un numero di La Voce): ciò ci permette di affondare il colpo con un intervento più specifico, andando a valorizzare quel compagno o quella compagna che già nella fase del dibattito si è contraddistinto/a per essere una sinistra. Battere il ferro finché è caldo!

Tutti questi insegnamenti sono tanto più validi quanto più la platea è composta da esponenti della prima gamba, da elementi avanzati delle masse popolari e da Base Rossa. E, a maggior ragione, se buona parte di essi fanno anche parte della classe operaia. È la seconda gamba (sinistra borghese, autorità, intellettuali presuntuosi, dirigenti sindacali) che spesso non vuol comprendere, è ferma sulle sue posizioni, chiusa, ostile, ecc.: tesa e difendere un ruolo che sta perdendo. Gli elementi avanzati delle masse popolari, invece, si pongono (eccome!) domande e cercano risposte. Impariamo a parlare “al popolo” (anziché avere come punto di riferimento la seconda gamba), a farlo sognare e a legarlo a noi nella lotta per il GBP! Vinceremo!

Compagno Valter