La Voce 53

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVIII - luglio 2016

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Sono gli uomini che fanno la loro storia!
Sono le masse popolari, non i capitalisti che fanno la storia!

Viviamo in un’epoca di grande marasma. “Grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente” direbbe Mao Tse-tung. I governi dei grandi gruppi imperialisti, gli USA e la NATO invadono e sovvertono interi continenti, dall’Asia all’Africa all’America Latina, ma non riescono a creare nel mondo un ordine che gli vada bene. I signori del mondo fanno grandi opere ma non riescono a venire a capo del riscaldamento climatico che anche loro a gran voce deplorano. Il governo di Roma, la sede del Papato, uno dei pilastri del sistema imperialista mondiale (a tanto è ridotta la borghesia un tempo ferocemente anticlericale) non riesce a tenere pulita e in ordine la città. E ogni nostro lettore può continuare questa triste litania.

Non riescono perché non vogliono, diranno alcuni nostri lettori. E di esempi di cattiva volontà, di governanti, grandi finanzieri e capitalisti che si dedicano ad altro, dai parassiti che ostentano lusso agli imprenditori di grandi opere, chiunque segue gli avvenimenti del paese e del mondo ne può fare un lungo elenco.

Vero, ma perché i caporioni, gli “eroi” della borghesia si dedicano a cose diverse da quelle di cui tutti dicono che c’è bisogno?

Che sono gli uomini che fanno la loro storia, oggi tutti quelli che si dichiarano comunisti lo proclamano. Sono lontani molti secoli i tempi in cui gli uomini di cultura o erano preti o comunque ripetevano la loro predica che la storia era quello che dio voleva, che il mondo esisteva perché dio lo aveva creato, che gli avvenimenti si svolgevano secondo “gli imperscrutabili disegni della divina provvidenza”. Gli scritti e i discorsi dei grandi borghesi e dei loro uomini di cultura fino a duecento anni fa a quanti li ascoltavano parlavano dei grandi destini degli uomini, del futuro di progresso che attendeva l’umanità e che gli uomini dovevano creare: denunciavano il presente e spiegavano cosa fare e perché, si appellavano ai sentimenti e alle idee migliori. “Tutti gli uomini nascono eguali e hanno diritto a essere felici”, recitavano le costituzioni con cui infiammavano le masse a rovesciare principi e cardinali - oggi baciano i piedi al re dell’Arabia Saudita, vanno a pregare i signori del petrolio di comperare armi e grandi opere! Le azioni dei capitalisti erano elitarie e implicitamente intrise di disprezzo per le masse che sfruttavano, ma le loro parole e il loro uomini di cultura promettevano meraviglie e progresso per tutti e spronavano a sognare il paradiso in terra. La borghesia era protesa a sbarazzare il mondo dalla nobiltà, dal clero, dagli usi e costumi feudali e dalle idee che a questi corrispondevano.

Poi è venuta l’alleanza della borghesia con la nobiltà, il clero, il Vaticano e le altre chiese e con le classi arretrate delle colonie che collaboravano con i colonizzatori. Da quando la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale si è esaurita, anche le parole, le idee, i sentimenti, i suoni e le immagini che veicolano alle masse corrispondono apertamente e pienamente al loro ruolo reazionario. Che la borghesia non mobiliti più le masse a fare la storia è facile constatarlo. Basta guardarsi attorno. Persino i loro mezzi di informazione, sui quali possono dire quello che vogliono, inventare i fatti e propagandare quello che vogliono, diffondono tristi messaggi. Quando esortano a fare, è a comperare questo o quello: “propaganda positiva”!

Chi da duecento anni a questa parte ha acceso nel mondo la fiducia che gli uomini possono creare un mondo nuovo e porre fine alla miseria e all’ignoranza, all’abbrutimento e allo sfruttamento e li ha mobilitati a costruire “il paradiso in terra” siamo stati noi comunisti. La fiaccola accesa nel 1848 dal Manifesto del partito comunista è diventata un grande incendio che ha illuminato il mondo intero. Per alcuni decenni le prime organizzazioni del movimento operaio hanno costituito “un fuoco che covava sotto la cenere”. Il fuoco è divampato quasi un secolo fa con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 guidata da Lenin e per alcuni decenni ha mobilitato da un capo all’altro della terra, dai paesi più avanzati  d’Europa e d’America al più misero dei paesi coloniali dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, milioni e milioni di “dannati della terra” che hanno sovvertito e rovesciato l’ordine dei grandi gruppi capitalisti, delle grandi potenze imperialiste e dei loro servi e agenti locali. La Storia del Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS è diventata il manuale dei promotori e dirigenti di ogni movimento rivoluzionario, degli ispiratori di ogni movimento progressista, della prima ondata della rivoluzione proletaria che ha cambiato il mondo. Papi e capi di governo prima hanno inutilmente cercato di reprimere e soffocare quest’incendio con guerre mondiali, col fascismo e col nazismo, poi si sono dovuti mettere alla rincorsa del movimento comunista, nel disperato sforzo di dimostrare che con loro gli uomini potevano fare meglio che con i comunisti quello che i comunisti indicavano, cioè che potevano avere “pane, pace e libertà”, potevano migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro, partecipare a pieno titolo alla vita politica, costruire una società in cui ogni persona disponesse dei mezzi necessari per un’esistenza normale e per il sostentamento e l’educazione delle persone a suo carico, avesse nella vita produttiva un ruolo confacente con le sue caratteristiche, avesse la sicurezza in caso di malattia, invalidità, vecchia, ecc. (facendo leva, in questo, sulle concezioni economiciste radicate nel movimento comunista dei paesi imperialisti, concezioni che confondevano il movimento del proletariato per il miglioramento delle proprie condizioni con il movimento per emanciparsi dalla borghesia e instaurare il socialismo). È la storia di Giovanni XXIII e dell’aggiornamento della Chiesa proclamato dal suo Concilio Vaticano II (1962) e del presidente USA Franklin Delano Roosevelt e del suo New Deal (1932), delle “costituzioni sovietiche” dei paesi europei oggi denunciate dai banchieri della Stanley Morgan, da Berlusconi e da Renzi, della creazione nei paesi imperialisti del “capitalismo dal volto umano” che oggi i capi politici della borghesia, da Schröder a Merkel, da Prodi a Renzi, da Blair a Hollande a gara demoliscono.

L’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale nella seconda parte del secolo scorso (dopo che con la scomparsa di Stalin e di Mao Tse-tung la linea patrocinata da Kruscev e poi quella patrocinata da Teng Hsiao-ping diventarono la linea del PCUS a partire dal 1956 e del PCC dalla fine degli anni ’70) ha ridato respiro alla borghesia imperialista. Essa si è precipitata a proclamare che il suo regno era “la fine della storia”, era “il Reich eterno” che Hitler aveva proclamato prematuramente e nel posto sbagliato. Le tristi figure di Papa Woityla (1978), di Margareth Thatcher (1979), di Ronald Reagan (1980) sono la personificazione del corso delle cose che ha portato l’umanità nel marasma attuale.

Ma la storia non è finita.

Travisano la realtà quelli che al modo dei capi di Rete dei Comunisti proclamano (vedi Seminario Nazionale La ragione e la forza - I comunisti tra passato e futuro del 18 giugno 2016 a Roma) che “la situazione è del tutto diversa”: in realtà sono essi che nella loro mente cancellano il passato e nelle loro parole riecheggiano al modo della sinistra borghese la canzone “la storia è finita” intonata dalla borghesia imperialista nel 1991.

Non riconoscono la realtà quelli che al modo di Mauro Alboresi (neosegretario del PCI ricostituito a Bologna il 24-26 giugno dall’Assemblea Costituente) o di Marco Rizzo proclamano di voler e poter riprendere come se niente fosse successo (solo una “malaugurata digressione” di alcuni anni) e non traggono insegnamento dalla storia della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e del suo esaurimento.

In realtà la storia non è finita, ha continuato il suo corso. La prima ondata della rivoluzione proletaria si è esaurita a causa dei limiti dei comunisti nella comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe in corso nel mondo. Sono i nostri limiti la causa principale dell’esaurimento della prima ondata. Sono i limiti illustrati nell’opuscolo I quattro grandi temi da discutere nel Movimento Comunista Internazionale oltre che nel nostro Manifesto Programma. Quindi possiamo e dobbiamo superarli, per sollevare nel nostro paese e nel mondo la seconda ondata della rivoluzione proletaria. Ogni grande impresa l’umanità l’ha compiuta imparando dai propri errori: provando, correggendosi e riprovando.

 L’esperienza degli ultimi cento anni ha dimostrato che per avanzare l’umanità, le classi oppresse e la classe operaia che è la classe che già oggi concentra in sé più germi del futuro, hanno bisogno di persone che assimilano ed elaborano al massimo livello la “scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia”, cosa che è possibile solo sperimentando, cioè facendo. In conclusione abbiamo bisogno di persone che si coalizzano nel compito di elaborare e applicare la “scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia”, cioè del partito comunista come il leninismo ci ha insegnato e l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha confermato nella pratica che deve essere. È una concezione molto diversa della concezione del partito comunista come è stata sviluppata nei paesi borghesi nel secolo XIX (II Internazionale e partiti socialisti) e sostanzialmente mantenuta dai partiti comunisti dei paesi imperialisti nati a seguito della Rivoluzione d’Ottobre, nell’ambito dell’Internazionale Comunista. Alla base di questi partiti vi era l’emancipazione del proletariato tramite la sua crescente partecipazione alle pratiche e alle istituzioni rappresentative della democrazia borghese e tramite le rivendicazioni di miglioramenti e di diritti, quelli che la borghesia aveva proclamato universali ma che di fatto valevano solo per i capitalisti, per i dirigenti delle loro mille istituzioni e per i professionisti delle attività non direttamente produttive che la società borghese ha sviluppato su larga scala (un numero crescente, ma che in nessun paese è andato oltre il 10% della popolazione). Questa strada e l’organizzazione che ne deriva non hanno portato e non possono portare al socialismo e al comunismo. La massima partecipazione alle istituzioni della democrazia borghese le masse popolari l’hanno raggiunta nei paesi imperialisti nel periodo del “capitalismo dal volto umano”, il periodo in cui sono stati massimi anche i risultati delle loro lotte rivendicative. E gli eventi dagli anni ’70 del secolo scorso in qua hanno mostrato e confermato che erano solo il risultato e l’alternativa della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale: quello che le masse popolari capeggiate dai revisionisti moderni strappavano e la borghesia concedeva in cambio della rinuncia alla rivoluzione socialista: sono cancellati da quando nel mondo la prima ondata si è esaurita e la nuova crisi generale per sovraccumulazione di capitale ha fatto valere le sue leggi.

La struttura e il funzionamento dei sistemi politici dei paesi imperialisti sono basati sulla democrazia borghese e le sue derivazioni a cui lo sviluppo stesso del capitalismo e la lotta di classe hanno costretto la borghesia. Ma anche in questi paesi il partito comunista deve essere più simile (per dirla chiaramente) al corpo ufficiali di un esercito,(1) a un’associazione massonica del periodo di sviluppo della borghesia, a un ordine monastico di quelli che nei quattro secoli dopo l’anno mille cercarono di salvaguardare e rigenerare la chiesa cristiana. Più simile a questo tipo di organizzazione che al gruppo parlamentare di un partito socialista e al corpo dei militanti organizzati che promuovono il consenso e raccolgono i voti con cui i deputati entrano nei Parlamenti. Istruttivo quello che succede in questi giorni nel Partito Laburista (Labour) inglese impelagato nel contrasto tra il corpo dei militanti organizzati con Jeremy Corbyn alla testa e il suo gruppo parlamentare ancora infeudato a Tony Blair.

 

1. Però beninteso sono fuori strada quelli che confondono questo “corpo ufficiali di un esercito” con l’esercito stesso, considerano di essere loro l’esercito. Sbagliano cioè i fautori della “sostituzione provvisoria dei comunisti alle masse che non combattono”, quelli che sognano (coltivano l’idea) o tentano di continuare l’esperienza delle Brigate Rosse. Con le loro idee abbiamo “regolato i conti” già anni fa (nel 1999) con l’opuscolo Martin Lutero. Le Brigate Rosse non sono state sconfitte per la forza e la ferocia dalla combinazione della borghesia imperialista e dei revisionisti moderni. Sono state sconfitte perché per loro limiti non hanno approfittato delle loro vittorie per fare quello che queste avevano reso possibile fare. La riproposizione dell’opuscolo Cristoforo Colombo del 1983 (vedasi Avviso ai naviganti 62-16 giugno 2016 e Avviso ai naviganti 61-5 aprile 2016) aiuterà chi ne ha la volontà a fare il bilancio di quell’esperienza e a tirarne gli insegnamenti preziosi per la rivoluzione socialista che promuoviamo oggi.

 

La differenza fondamentale del partito comunista rispetto al corpo ufficiali, alla setta massonica e agli ordini monastici è che la trasformazione della società che simile partito comunista promuove consiste nella promozione delle mille forme di organizzazione delle masse popolari e della loro attività (che include la guerra popolare rivoluzionaria che di strugge lo Stato borghese ed elimina la borghesia come classe). L’opera di simile partito comunista si conclude con la trasformazione della società intera in quell’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti annunciata nella conclusione del capitolo II del Manifesto del 1848. Con questa trasformazione si estingue non solo lo Stato come struttura distinta dal resto della società (struttura che ha il monopolio della violenza e della repressione), ma anche il partito comunista, perché la società intera è assurta al livello di comprensione e di azione a cui il partito comunista è arrivato (e deve arrivare) prima della massa della popolazione. Il partito comunista si distingue dalla massa per condurre la massa a trasformarsi fino ad assurgere al livello del partito comunista e rendere inutile il partito comunista stesso. In questo sta la sostanza prima della rivoluzione socialista in corso oggi e che giungerà fino all’instaurazione del socialismo e poi della transizione che passo dopo passo cancellerà i residui e le tracce della divisione dell’umanità in classi sociali di oppressi e di oppressori e sfocerà infine nel comunismo.

Tale partito comunista oggi deve distinguersi dal resto delle masse popolari e contemporaneamente unirsi strettamente con esse. Non mantenersi lontano dalla “contaminazione” con quelli che ne sanno meno e si impegnano di meno nella rivoluzione socialista, ma fino a un certo punto fondersi con loro. Sia perché fare la rivoluzione socialista implica che chi sa insegna, quindi frequenta e dialoga con chi ne sa meno. Sia perché anche chi meno sa e pensa, tuttavia pratica le attività di cui ci occupiamo e quindi trasmette (a chi più sa, ha più strumenti per capire e si è creato le condizioni necessarie per sapere e capire) esperienza ed elementi su cui lo scienziato costruisce la sua scienza. Quindi, dato che pratica (fa), anche chi meno sa e pensa “insegna” allo scienziato. Sia infine perché la sostanza dell’opera delle persone che sanno di più, nella nostra impresa consiste nel valorizzare (far funzionare come forza di trasformazione e di emancipazione sociale) l’attività di persone che sanno di meno e anche di quelle che ancora non sanno. È il successo in quest’opera che conferma la bontà del loro sapere: in definitiva è il successo nella pratica che conferma che le idee sono giuste.

La contraddizione che l’umanità deve risolvere è che la rivoluzione socialista per sua natura può essere fatta solo dalla massa della popolazione; che la rivoluzione socialista per sua natura richiede per compierla un alto livello di coscienza dell’opera che si sta compiendo; che la borghesia per prolungare l’esistenza del suo sistema di relazioni sociali esclude, deve escludere e fa di tutto (regime di controrivoluzione preventiva, creazione di un mondo virtuale, repressione) per escludere la massa della popolazione dalla comprensione dell’opera che la massa della popolazione deve compiere, deve distogliere il più che le riesce la massa della popolazione dal pensare, deve impedire che impari a pensare. Contraddizione insolubile quindi? In termini di logica formale sì, ma la logica della realtà è la dialettica. La soluzione è il partito comunista e la gradazione di organizzazioni di massa che ad esso fanno capo e che con esso e anche grazie ad esso si sviluppano nel corso della rivoluzione socialista a partire dalla massa della popolazione nella condizione in cui è oggi.

Nel campo di cui parliamo l’esperienza della prima ondata ha mostrato che le cose vanno e devono andare così e quindi così bisogna che le pensiamo.

Il partito comunista deve essere un organismo che suscita al suo seguito e connesse ad esso mille forme di organizzazione delle masse popolari, a diversi livelli quanto a comprensione della lotta in corso, a forza dei legami organizzativi e a iniziativa nella conduzione della lotta, giù giù fino al livello a cui la società borghese di per sé (e sempre più anche con azioni pianificate e condotte con scienza ed arte) relega la massa della popolazione. Il partito comunista deve essere simile agli esempi storici citati a riferimento per quanto riguarda selezione e formazione dei suoi membri e distinzione di essi dalla massa della popolazione. Essenzialmente diverso invece da essi per il regime interno e per il rapporto con la massa della popolazione oltre che per il ruolo storico. Ma esso non nasce dalla partecipazione del proletariato alla lotta politica borghese né dalle lotte rivendicative, anche se se ne giova e le promuove nella misura in cui servono alla mobilitazione e organizzazione degli operai e degli altri lavoratori e del resto delle masse popolari perché instaurino il so cialismo. Usa le leggi borghesi quando usarle serve per compiere la sua opera, ma non è legalitario e tanto meno predica e insegna alle masse popolari il legalitarismo. Il partito comunista recluta i suoi candidati tramite la propaganda e i legami che intesse nelle lotte e nei movimenti a cui partecipa. Li forma e seleziona attraverso un percorso intellettuale e pratico e la riforma intellettuale e morale in cui ognuno di essi volontariamente ma disciplinatamente si impegna. La strategia di simile movimento non è la partecipazione alla democrazia borghese e la rivendicazione, ma la guerra popolare rivoluzionaria (sviluppare organismi di massa superiori da organismi di massa inferiori) che fa crescere un nuovo potere e un nuovo ordinamento sociale. Per capirci: una lotta rivendicativa che si chiude solo con una conquista contrattuale è assolutamente diversa, ai fini dello sviluppo del nuovo potere, da una lotta rivendicativa che si chiude con la formazione di un organismo stabile di alcuni dei lavoratori che vi hanno preso parte, un organismo che svilupperà una sua attività nell’azienda e all’esterno e una formazione dei suoi membri e si rinnoverà diventando nuova autorità pubblica locale, si collegherà ad altri diventando nodo di una rete che copre l’intero paese e si rafforza fino a ribaltare i rapporti di forza rispetto alla borghesia e al clero e alle loro istituzioni, le rovescia e costituisce il nuovo governo del paese.

Questa è la lezione che abbiamo ricavato dall’esperienza della prima ondata delle rivoluzione proletaria mondiale e nel nostro paese, che è sintetizzata nel Manifesto Programma del (nuovo) PCI e che applichiamo promuovendo la creazione delle condizioni per costituire il Governo di Blocco Popolare e sviluppare la rinascita del movimento comunista fino a instaurare il socialismo.

Costruire il Partito comunista (rafforzarne la direzione e radicare in ogni ambito la rete dei Comitati di Partito clandestini, creare le condizioni per condurre con successo a un livello superiore la lotta dopo la costituzione del Governo di Blocco Popolare o per condurre per altra via la rivoluzione socialista nel caso in cui dovesse invece prevalere la mobilitazione reazionaria), sostenere lo sviluppo del Partito dei CARC (Comitati di Appoggio alla Resistenza che le masse popolari oppongono al procedere della crisi generale del capitalismo - per il Comunismo) e la sua attività tesa a far costituire il Governo di Blocco Popolare, propagandare il comunismo e l’instaurazione del socialismo: questi sono i capisaldi della nostra attività.

L’umanità sta salendo (e deve salire) su una montagna, questa è la sua storia, di essa l’umanità ne ha percorso un pezzo. La borghesia imperialista devia l’umanità e la porta verso un burrone. Bando a quelli che si spacciano per comunisti e si dedicano a studiare la strada su cui la borghesia ci sta conducendo. Noi comunisti dobbiamo guidare l’umanità, conosciamo sia pure a grandi linee la strada e abbiamo gli strumenti per orientarci. Sono le masse popolari che fanno la storia e noi comunisti siamo la loro guida.

Anna M.