La Voce 55 - del (nuovo)Partito comunista italiano - anno XIX - marzo 2017

Il contesto della nostra lotta nei prossimi mesi

La situazione rivoluzionaria e la rivoluzione socialista

 

Questo articolo riporta le Tesi sulla situazione politica del nostro paese e i compiti dei comunisti diffuse il 9 aprile dalla Direzione Nazionale del P.CARC, con alcune importanti integrazioni.

 

Negli ultimi mesi si sono verificate alcune importanti trasformazioni nel contesto in cui noi comunisti conduciamo il nostro lavoro di massa volto a promuovere la guerra popolare rivoluzionaria (intesa nel senso indicato nel nostro Manifesto Programma - cap. 3.3). La crisi del sistema politico del nostro paese è strettamente intrecciata con la crisi del sistema di relazioni internazionali dominato dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti (CI) e con la crisi della Unione Europea (UE). Oltre che valorizzare ciascuno il suo capitale con scorrerie in ogni angolo del mondo, i gruppi imperialisti devono mantenere il loro potere ciascuno nel paese dove si concentrano i suoi affari mentre in ogni paese imperialista cresce il malcontento e l’insofferenza delle masse popolari.(1) Da qui vengono, oltre alle guerre che dilagano nei paesi saccheggiati e oppressi principalmente dalla CI e che con crescente intensità rimbalzano nei paesi imperialisti (il sistema di intossicazione della popolazione dei paesi imperialisti chiama “interventi umanitari” i primi e “terrorismo” i secondi), anche i contrasti crescenti tra gli stessi Stati imperialisti. Questi contrasti si intrecciano in ogni paese con i fattori interni di crisi politica. Il passo falso compiuto da Cameron con il Referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’UE (23 giugno 2016), l’elezione di Trump negli USA (8 novembre 2016), la crescita dei promotori dichiarati della mobilitazione reazionaria nelle elezioni del 15 marzo 2017 in Olanda e con ogni probabilità le elezioni in Francia del prossimo 23 aprile (con ballottaggio il 7 maggio) e quelle tedesche del prossimo 24 settembre sono tappe della crisi del sistema politico dei singoli paesi e delle difficoltà crescenti che i gruppi imperialisti incontrano a governarli come li hanno fin qui governati: contrasti tra i gruppi imperialisti e contrasti tra essi e le masse popolari si intrecciano. La cosa si presenta in tutti paesi in ognuno dei quali per tradizione e costituzione legale l’oligarchia dominante sottopone alla massa della popolazione i suoi campioni perché essa scelga chi guiderà il governo del paese. Per quanto i processi elettorali siano ingessati e in tutti i paesi imperialisti la partecipazione attiva delle masse popolari alla lotta politica borghese abbia perso la qualità e la forza raggiunte quando la prima ondata della rivoluzione proletaria era in espansione, in ogni paese l’oligarchia dominante ha difficoltà crescenti a proporre per dirigere la macchina statale campioni sui quali raccogliere una maggioranza di votanti a favore dei campioni che essa propone. L’Unione Europea, l’insieme delle istituzioni che per conto dei gruppi imperialisti europei gestiscono le attività dei singoli Stati europei (la chiamano “governance” e in caso di “avaria” del governo funziona con il “pilota automatico”), è diventata in ogni paese un bersaglio nel teatrino della lotta politica borghese.

 

1. In proposito vedasi lo scritto Gli Stati e i “gruppi capitalisti” statali in Rapporti Sociali n. 4 (luglio 1989), in parte (Le contraddizioni tra gli Stati imperialisti nel futuro) riprodotto in La Voce n. 45 (novembre 2013): il tutto è reperibile sul sito www.nuovopci.it.

 

 

Per quanto riguarda il sistema politico borghese del nostro paese (la Repubblica Pontificia), i fenomeni più rilevanti  sono il ruolo crescente che papa Bergoglio viene svolgendo direttamente e il tonfo di Matteo Renzi al Referendum del 4 dicembre 2016 che lui stesso aveva indetto, ricattando i suoi complici e avversari: o fate come dico io o vi lascio.

Con Bergoglio, la Corte Pontificia e la sua Chiesa Cattolica stanno assumendo in Italia e a livello internazionale, sotto la regia dei Gesuiti, il ruolo di assistente e consigliere dei carnefici a cui predica la misericordia verso le vittime oltre che di consolatrice delle vittime. In Italia, in altri paesi e a livello internazionale il suo intervento nelle relazioni politiche diviene più diretto, aperto e intenso di quanto è mai stato nel secolo scorso. In Italia e altrove la Chiesa Cattolica si espone più di quanto si è mai esposta, il suo potere politico diviene meno occulto e quindi risponderà degli effetti. Noi dobbiamo prendere atto del cambiamento in corso (la quantità fa qualità, ma per noi non è una sorpresa: è lo sviluppo imposto dalla crisi di quanto affermano le nostre tesi sulla Repubblica Pontificia). Dobbiamo approfittare della denuncia papale e ribadire che il ruolo svolto da Bergoglio con la sua Chiesa non ha niente a che fare con il ruolo di noi comunisti. Noi mobilitiamo le vittime a lottare e a prendere il potere, mobilitiamo le masse popolari a creare un nuovo mondo, il comunismo. Bergoglio oggi riesce a mettere in campo un grande seguito di masse popolari ma si guarda bene dal farne una forza che crei un mondo all’insegna dei valori che predica: proprio questo fa della sua predicazione una diversione dalla lotta di classe e un aiuto alla borghesia imperialista. La sua predicazione ribadisce e alimenta l’ingenua fiducia delle vittime nei confronti dei loro carnefici, fiducia che è tanto maggiore quanto più il movimento comunista è debole. Al contrario di noi la sinistra borghese trova consonanza tra le sue illusioni su un capitalismo dal volto umano e la predicazione e le opere pie di Bergoglio. Essa ignora o nasconde che il “capitalismo dal volto umano” dei paesi imperialisti nei trenta anni successivi alla seconda guerra mondiale era l’insieme di concessioni che la borghesia imperialista doveva fare per avvalorare il ruolo dei revisionisti moderni e tagliare l’erba sotto i piedi all’ala sinistra dei partiti comunisti: era una componente della controrivoluzione preventiva.

Renzi non ha corrisposto alle aspettative che le fazioni prevalenti dei vertici della Repubblica Pontificia avevano riposto in lui. Il tentativo di fare piazza pulita delle conquiste di civiltà e di benessere che le masse popolari hanno strappato sulla scia della prima ondata della rivoluzione proletaria (cioè di attuare in Italia il programma che negli USA è stato messo in cantiere da Ronald Reagan negli anni 1981-1988, che in Europa è stato messo in cantiere prima in Gran Bretagna da Margareth Thatcher a partire dal 1979 e poi in Germania da Gerhard Schröder a partire dal 1998, che Hollande ha cercato con pochi risultati di attuare in Francia durante il suo quinquennato 2012-2017) e di sottomettere a un unico centro decisionale le molte istituzioni centrali e locali della Repubblica Pontificia, è naufragato nei meccanismi che Renzi aveva predisposto per vincere, nell’opposizione dei suoi concorrenti e nell’indignazione di una vasta parte delle masse popolari mobilitate principalmente dalla sinistra borghese.(2)

 

2. Quelli che indicano la Germania o come paese oppressore degli altri paesi europei (gli antieuropeisti di destra e una parte degli antieuropeisti di sinistra) o come modello a cui ispirarsi (ad es. Maurizio Landini), nasconde che con le riforme di Gerhard Schröder (1998-2005), socialdemocratico, la borghesia imperialista tedesca ha ridotto una parte importante dei lavoratori tedeschi a vivere di lavori precari (minijobs) e di ammortizzatori sociali e ha creato un sistema di relazioni economiche internazionali in cui il sistema produttivo tedesco dipende dalle esportazioni.

Sia gli uni che gli altri educano alla guerra tra gruppi imperialisti e tra paesi, in alternativa alla lotta di classe.

 

Renzi e la sua cricca

- nelle elezioni amministrative del 2016 non sono riusciti a cacciare De Magistris da Napoli, le Larghe Intese hanno perso le amministrazioni comunali di Roma e Torino e solo per un soffio hanno tenuto Milano e Bologna, la resistenza e l’insofferenza delle Amministrazioni Locali crescono;

- non sono riusciti a portare in porto la riforma costituzionale, nonostante l’appoggio sottobanco che gli hanno dato FIOM e CGIL (con la firma dell’ipotesi di CCNL metalmeccanici da parte della FIOM il 26 novembre e dell’Accordo  quadro per il Pubblico Impiego il 30 novembre da parte delle CGIL) in nome dell’unità con CISL e UIL, da sempre filorenziani.

Renzi si è provvisoriamente dimesso, ma resta il programma che Renzi si era impegnato ad attuare e che i vertici della Repubblica Pontificia l’avevano incaricato di attuare: i vertici della Repubblica Pontificia non ne hanno un altro [è il “programma comune della borghesia imperialista”] e con il governo Gentiloni stanno procedendo in regime di “pilota automatico” [Mario Draghi]. Renzi stesso non ha rinunciato e può riprendersi andando più a fondo con le Larghe Intese (tramite gli aggregati raccolti attorno a Angelino Alfano, rappresentante della Mafia, a Maurizio Lupi, rappresentante del Vaticano e a Denis Verdini, capofila di una rete di “capitani coraggiosi” del sottobosco bancario, fino a Forza Italia di Berlusconi). Per i tempi e i modi resta da vedere anche come procederà la divisione delle reti locali economiche e di influenza culturale che costituivano il punto forte del PCI (in mano ai revisionisti moderni: Togliatti e poi Berlinguer) e che il PD ha ereditato condividendole in una certa misura con il PRC: già Errani e Rossi sono usciti dal PD perché hanno visto che con la direzione impressa da Renzi al PD si sgretola il loro tessuto di potere locale. La scissione del PD con la formazione del Movimento Democrazia e Progresso di Maurizio Bersani & C non ha esaurito il sommovimento del PD. Per i tempi e i modi della crisi della Repubblica Pontificia resta da vedere anche come procederanno le cose nel tessuto delle cooperative bianche, delle casse mutue, dei circoli ACLI, ecc. affine come ruolo sociale a quello del tessuto delle cooperative rosse, dei circoli ARCI, delle case del popolo, ecc. Esso si incrocia con lo sforzo che i Gesuiti stanno compiendo con Bergoglio per ridare lustro al potere della Chiesa Cattolica.

Per quanto riguarda i vertici della Repubblica Pontificia queste sono le questioni politiche principali.

 

Nel campo delle masse popolari ci si sono stati vari movimenti.

La mobilitazione e l’organizzazione della classe operaia in autonomia dai sindacati di regime e dai partiti borghesi sia pure lentamente stanno avanzando, spinte anche dalla resa della direzione FIOM alle imposizioni padronali e dal suo ulteriore allineamento ai sindacati collaborazionisti. Le manifestazioni più evidenti sono

- le iniziative con cui alcuni gruppi di operai avanzati - in particolare il Coordinamento FCA centro-sud e il Comitato No Cassino di Pomigliano - hanno preso nelle loro mani la lotta contro il sistema Marchionne dopo che, a partire dal 2011, la FIOM si è progressivamente ritirata,

- la mobilitazione contro l’infame CCNL dei metalmeccanici sottoscritto dalla direzione di FIOM, FIM e UILM e contro il Testo Unico sulla Rappresentanza (TUR) sindacale firmato dai sindacati di regime il 10 gennaio 2014 e via via ratificato da altri sindacati minori, anche alternativi e di base (Confederazione Cobas, USB).

La lotta in corso alla Rational di Massa è un piccolo (24 operai) ma proprio anche per questo molto significativo esempio di cosa un gruppo di operai può produrre tra le masse popolari.

Le organizzazioni operaie e popolari (OO e OP) che si vengono formando non hanno ancora un centro di aggregazione. La FIOM e Landini hanno fatto un passo indietro, però a fine 2017 inizieranno i lavori per il XVIII Congresso della CGIL. L’USB è ancora più tesa alla “campagna acquisti” di individui dalla CGIL e a costituire un sindacato più a sinistra della FIOM che a esercitare egemonia sui lavoratori ancora iscritti ai sindacati di regime e su quelli non iscritti a nessun sindacato, ma il 9,10 e 11 giugno terrà il suo II Congresso nazionale. Importante è anche il ruolo che SI Cobas e CUB-SGB possono assumere nel sommovimento politico e sindacale dei prossimi mesi.

Infatti nei prossimi mesi

1. - gli operai metalmeccanici saranno protagonisti delle mobilitazioni contro l’applicazione del CCNL e contro i peggioramenti che esso comporta. Le nostre parole d’ordine in questo campo sono “fare del CCNL firmato da Landini, Bentivogli e Palombella lo spunto per mobilitare forze e formare organismi operai in ogni azienda e portare fuori dalle aziende l’influenza degli operai organizzati” e “10, 100, 1000 iniziative per mobilitare gli operai che hanno votato NO  (e anche quelli che hanno votato SÌ, ma con la morte nel cuore) per organizzarsi in azienda e fuori e continuare la lotta con tutti quelli che vogliono porre fine al catastrofico corso delle cose, in primo luogo con chi dopo la vittoria nel Referendum del 4 dicembre è mobilitato per attuare le parti progressiste della Costituzione del 1948!”;

2. - i dipendenti pubblici saranno protagonisti delle mobilitazioni contro l’Accordo quadro per il Pubblico Impiego sottoscritto il 30 novembre (che lascia molti aspetti normativi e salariali in sospeso, da definire) e la riforma Madia della Pubblica Amministrazione a cui la campagna contro i cosiddetti “furbetti del cartellino” prepara il terreno;

3. - le masse popolari saranno protagoniste di mille lotte (proteste, rivendicazioni e iniziative autonome) contro gli effetti immediati della crisi e delle misure che attuano il “programma comune della borghesia imperialista”. Una parte crescente delle masse popolari si trova a far fronte a condizioni di reddito, di occupazione, di abitazione, di igiene pubblica, a relazioni sociali, a condizioni ambientali difficilmente sostenibili e alla liquidazione dell’istruzione pubblica, del sistema sanitario, dei trasporti pubblici e in generale alla privatizzazione dei servizi pubblici. Dobbiamo e possiamo mobilitare e organizzare le masse popolari a far fronte con propri mezzi a queste condizioni, sia pure nei limiti proprio di movimenti locali che si coordinano ma non hanno ancora il governo del paese, ma che proprio per questo il corso delle cose spinge a costituirlo. Noi dobbiamo far leva su questa spinta e portare le masse popolari organizzate a realizzarlo.

Questi sono nei prossimi mesi i campi principali del lavoro di massa dei comunisti, i campi di battaglia in cui noi comunisti operiamo direttamente con gli operai e il resto delle masse popolari, con l’obiettivo di promuovere la costituzione di nuove organizzazioni operaie e popolari e di orientarle tutte, grazie a quello che la nostra scienza comunista ci permette di vedere,(3) quelle già esistenti e le nuove, a coordinarsi tra loro, a prendere iniziative come nuove autorità pubbliche e a perseguire tutte, come principale e comune, l’obiettivo di costituire un loro governo d’emergenza. In altri campi invece dobbiamo operare tramite la sinistra borghese e le forze soggettive della rivoluzione socialista (FSRS).

 

3. Assimilare la concezione comunista del mondo rende noi comunisti capaci di

- individuare per ogni organizzazione operaia e popolare le iniziative che - stanti le forze e le risorse intellettuali, morali e pratiche (uomini, conoscenze, relazioni, risorse finanziarie e mezzi di mobilitazione, convinzione e costrizione) di cui già dispone - è in grado di prendere e che accresceranno le sue forze e risorse e allargheranno e rafforzeranno la sua influenza e autorità; le persone che è in grado di reclutare; le relazioni che è in grado di sviluppare; gli appigli che il contesto presenta su cui è in grado di far leva e di cui è in grado di giovarsi; le brecce che il campo nemico presenta in cui è in grado di infiltrarsi e attraverso cui è in grado di irrompere e grazie alle quali è in grado di acuire le contraddizioni dei nemici,

- mobilitare la sinistra dell’organismo ad agire, a sfruttare le possibilità d’azione che abbiamo individuato e via via educarla a individuarle essa stessa,

- reclutare gli elementi migliori di ogni organismo operaio e popolare e fornire a ognuno le conoscenze e i mezzi per crescere intellettualmente e moralmente e diventare comunisti. (da Comunicato CC 15/2016)

 

 

Nel campo della sinistra borghese con il successo del Referendum del 4 dicembre si sono delineati quattro aggregati che hanno potenzialità per concorrere alla formazione di un Comitato di Salvezza Nazionale che si ponga al servizio delle masse popolari per la costituzione del Governo di Blocco Popolare:

1. i comitati per il NO alla riforma costituzionale riunitisi a Roma il 21 gennaio,

2. l’aggregato Attuare la Costituzione promosso da Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte Costituzionale, riunitosi a Roma il 22 gennaio e che ha tenuto un’assemblea a Milano il 18 marzo e ne terrà una seconda a Napoli con De Magistris il prossimo 14 maggio),

3. i promotori del NO sociale alla riforma costituzionale riunitisi a Roma il 22 gennaio (la base principale di questo aggregato sono i movimenti di lotta per la casa e il movimento NO TAV): sono confluiti solo in parte nella manifestazione del 25 marzo con Piattaforma Sociale Eurostop e hanno annunciato una mobilitazione in occasione del G7 a Taormina il 26-27 maggio,

 4. la Piattaforma Sociale Eurostop (NO EURO, NO UE, NO NATO) capeggiata da Rete dei Comunisti che ha promosso la mobilitazione contro la UE che si è svolta a Roma il 25 marzo e che sta tenendo una serie di assemblee per costituirsi come organizzazione nazionale (“nuovo soggetto politico”: timido, esitante preludio alla prossima campagna elettorale con il resto della sinistra borghese).

Questi quattro aggregati della sinistra borghese si aggiungono ai due che già esistevano:

1. l’area attorno a De Magistris (Democrazia e Autonomia - DEMA) e all’amministrazione di Napoli,

2. il M5S di Beppe Grillo e Davide Casaleggio che già amministra importanti città come Roma e Torino.

Per il momento, ognuno di questi sei aggregati opera in modo separato dagli altri, si fanno concorrenza tra di loro nonostante i proclami di “unità”. Ma di fatto ognuno dei sei (compresi quindi l’aggregato De Magistris e il M5S) ha di fronte solo due vie: combinarsi e collaborare tra loro agendo da Comitato di Salvezza Nazionale che si mette al servizio delle masse popolari per l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione del 1948, contribuendo così da subito a creare le condizioni della costituzione di un governo d’emergenza che noi abbiamo chiamato (vedi opuscolo SAP del P.CARC e Avviso ai naviganti 7 del (n)PCI reperibili in www.nuovopci.it) Governo di Blocco Popolare oppure sviluppare la concorrenza reciproca e, per i gruppi che provengono dalla vecchia sinistra borghese, la combinazione (a vario titolo) con la lista elettorale che si formerà alla sinistra delle Larghe Intese Renzi-Berlusconi, per il M5S e l’aggregato De Magistris l’assorbimento nella prassi vigente nella Repubblica Pontificia (assunzione di amici degli amici a 15-20 mila euro al mese, affare Stadio a Roma, affidarsi a esponenti politici del regime o a tecnici che si vendono al miglior acquirente, rispetto del Patto di Stabilità, ecc.).

Quest’ultima è la strada che imboccherà ognuno dei sei aggregati in cui prevarranno le resistenze a legarsi senza riserve alla mobilitazione delle organizzazioni operaie e popolari o, fra gli aggregati che sono più legati al movimento popolare, la convinzione che il salto da compiere riguarda principalmente la quantità e non la qualità della mobilitazione. Questa è la linea che si affermerà se prevarrà il senso comune corrente e nelle componenti più avanzate di ognuno degli aggregati (quelle che fanno dichiarazioni più rivoluzionarie, quasi comuniste) il disfattismo, l’attendismo e lo scetticismo.

Ma le tendenze negative possono in ognuno dei sei aggregati essere soppiantate dalle tendenze positive: l’enunciazione della unità dalla unità nell’attività da Comitato di Salvezza Nazionale; la tendenza a esaurirsi in “grandi assemblee” per preparare “grandi manifestazioni” dalla convergenza sulle misure pratiche per fare fronte da subito alla crisi: i sei aggregati possono favorirle rafforzando l’azione delle organizzazioni operaie e popolari; la concezione di fare la sponda politica dei movimenti popolari nelle istituzioni della Repubblica Pontificia dalla promozione della nuova governabilità dal basso del paese.

Nei prossimi mesi la sinistra borghese sarà messa alla prova anche in altri tre campi.

1. - le mobilitazioni NO EURO, NO UE, NO NATO e per l’attuazione della Costituzione del 1948 (o almeno perché il Referendum di dicembre 2016 che l’ha confermata non abbia la sorte di quello dell’acqua pubblica del 12 giugno 2011). La linea guida del nostro intervento in queste mobilitazioni è “attuare direttamente e da subito su scala più ampia possibile le parti progressiste della Costituzione del 1948 e creare così le condizioni per costituire un governo d’emergenza popolare che le traduce in misure pratiche in tutto il paese”. Per quanto riguarda la Piattaforma Sociale Eurostop (NO EURO, NO UE, NO NATO) noi comunisti dobbiamo partecipare all’agitazione di massa, ma dobbiamo portarvi l’indicazione di costituire un governo che abbia la volontà e la forza per realizzare questi obiettivi e quindi che prescinda dal consenso dei vertici della RP. Fermarsi a denuncia e agitazione alla lunga porterebbe demoralizzazione tra le masse popolari e lascerebbe campo libero alla mobilitazione reazionaria: bisogna costruire nel paese una forza in modo da poterli realizzare nonostante l’ostilità dei vertici della RP, quindi bisogna creare OO e OP che agiscono da nuove autorità pubbliche.

In particolare dobbiamo portare gli aggregati NO EURO, NO UE, NO NATO e per l’attuazione della Costituzione a  mobilitarsi a sostegno delle iniziative degli operai metalmeccanici contro l’infame CCNL imposto da FIOM, FIM e UILM, facendo leva sul fatto che esso

- viola tutto quanto prevede la Costituzione del 1948 in termini di diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro e di reddito dignitosi: è un passo avanti nella liquidazione del contratto collettivo nazionale in direzione della contrattazione aziendale, cioè verso l’arbitrio padronale imposto con il ricatto della competitività dell’azienda;

- viola anche l’art. 11 della Costituzione: questo articolo infatti tutela la sovranità nazionale, mentre il nuovo CCNL la viola tanto quanto la viola la NATO. Infatti esso è un passo avanti nella rottura dell’unità nazionale dei lavoratori (ancora più di prima i lavoratori della singola azienda dipendono dal padrone dell’azienda dove lavorano e meno dalla solidarietà degli altri lavoratori a livello nazionale) e rafforza come unica classe dirigente nazionale la borghesia, ma anche questa nell’ambito di una gerarchia internazionale dei gruppi imperialisti dove la sovranità italiana non esiste. Il nuovo CCNL infatti fa fare un passo avanti alla globalizzazione: ogni azienda è protagonista in proprio nel mercato mondiale e i lavoratori sono sue risorse, esistono per rafforzare la competitività dell’azienda. Il CCNL firmato da Landini e complici attua la linea di Marchionne (“siamo in guerra!”), corrode e allenta il tessuto nazionale e fa un po’ più di ogni azienda una nave che naviga nel mare mondiale e dei lavoratori un equipaggio che ha diritto a vivere solo finché serve al capitano a vincere la guerra;

2. - la campagna delle elezioni amministrative, che si svolgeranno il prossimo 11 giugno e coinvolgono circa mille (997 ad oggi) comuni, tra cui Genova, Palermo, Parma (Pizzarotti, ex M5S) e Verona (Tosi, Lega Nord);

3. - i congressi dell’USB e della CGIL. Il nostro intervento nella sinistra dei sindacati di regime (FIOM, SAC) e nei sindacati alternativi e di base (USB, SI COBAS, SGB, CUB, ecc.) ha come parola d’ordine “porsi come sindacato di classe, cioè attore (con propri compiti specifici) della lotta dei lavoratori per la propria emancipazione dai padroni e dalle loro autorità, quindi con un “piano di guerra” contro i padroni e le loro autorità e come sindacato che funziona da scuola di organizzazione, di solidarietà, coscienza e lotta di classe”.

Nel frattempo bisogna denunciare la CGIL e la FIOM per la questione dei CCNL, per aver fatto finta di volere il referendum sull’art. 18 (giusta causa) dello Statuto dei Lavoratori e accettato soluzioni truffaldine a proposito dei voucher (lavoro precario) e della responsabilità negli appalti, per aver fatto l’accordo sul CCNL del Pubblico Impiego con la ministro Madia.

 

Un discorso particolare dobbiamo fare sugli immigrati. Questi sono un campo di lavoro particolare. Essi attualmente sono il terreno principale su cui viene promossa la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. I vertici della Repubblica Pontificia e la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti saccheggiano e devastano i paesi oppressi, distruggono le condizioni di vita esistenti (miniere, piantagioni, industrie delocalizzate, ecc.), rendono la vita impossibile e alimentano di conseguenza guerre a non finire, il tutto nel tentativo di far fronte alla crisi in corso del loro sistema capitalista e utilizzano e abusano degli immigrati come lavoratori nei paesi imperialisti, li costringono a condizioni di degrado, ultimi di una scala di degrado che comunque già coinvolge anche i lavoratori “autoctoni” dei paesi imperialisti.

In questo campo la sinistra borghese promuove principalmente la denuncia e le “manifestazioni antifasciste e antirazziste” (restringendo il campo dei nemici da contrastare agli “scimmiottatori del fascismo del XX secolo” che altro non sono che marionette della borghesia imperialista) oppure opere assistenziali. Ciò lascia campo libero alle manovre della borghesia imperialista e ai suoi tentativi di trasformare la contraddizione antagonista tra sé e le masse popolari, in contraddizioni antagoniste in seno alle masse (“guerra tra poveri”).

I comunisti devono invece giocare d’anticipo e spingere principalmente sulla lotta contro la borghesia e le autorità della Repubblica Pontificia e contro il degrado generale di cui gli immigrati sono vittime e agenti. Nei paesi imperialisti  bisogna prevenire la mobilitazione reazionaria con una efficace e vasta campagna di denuncia e di lotte contro il degrado generale delle condizioni di vita e di lavoro della popolazione tutta (autoctona e immigrata): una situazione nella quale gli immigrati occupano i gradini inferiori in percentuali che sono di gran lunga superiori a quelle degli autoctoni e servono ad alimentare il degrado generale. Lavoro utile e dignitoso per tutti e un reddito conseguente per tutti quelli che lavorano devono essere al centro dell’agitazione per rompere con Euro, UE e NATO.

In questa campagna di denuncia e lotte dobbiamo sostenere e alimentare l'organizzazione e la mobilitazione degli immigrati, innanzitutto di quelli che lavorano nelle aziende capitaliste (in questo il SI Cobas costituisce un esempio da seguire e in ciò risiede la ragione politica dell'attacco repressivo di cui è oggetto) e creare un fronte comune con gli operai e i proletari autoctoni. Già oggi non è vero che non c'è lavoro per tutti! Se solo prendiamo la ricostruzione delle zone terremotate, la messa in sicurezza delle infrastrutture, la bonifica dei territori e l'assistenza agli anziani e ai disabili, vediamo che il nostro paese ha bisogno di migliaia e migliaia di persone per essere rimesso in sesto. Non sono gli immigrati il problema, ma il processo di accumulazione e valorizzazione del capitale, il dominio della borghesia imperialista. È a causa di questo che questi lavori non si fanno “perché non ci sono i soldi” che invece ci sono e senza limiti 1. per rimborsare alle banche depredate da signori e monsignori (coperti dall’anonimato come trent'anni fa lo furono i cinquecento della lista Sindona), 2. per il riarmo, per la NATO e per la guerra, 3. per le grandi opere della speculazione. Bisogna attaccare anche su questo punto (“di soldi ce ne sono quanti le autorità vogliono”), facendo leva sul senso comune per cui per fare le cose ci vogliono i soldi.

Il governo popolare di emergenza una volta insediato, di per sé con la sua sola esistenza sconvolgerà il processo di ricolonizzazione che la Comunità Internazionale ha in corso e darà forza alle forze rivoluzionarie e progressiste dei paesi oppressi e d’altra parte accoglierà gli immigrati, li metterà tutti al lavoro come metterà al lavoro tutti i lavoratori autoctoni (questa è la lotta al degrado e alla delinquenza) e armerà quelli disposti a ritornare a fare la rivoluzione nel loro paese d’origine. Inoltre instaurerà con tutti i paesi che si libereranno dal giogo dell'imperialismo relazioni di sostegno e solidarietà.

 

Per quanto riguarda noi comunisti (e in questa espressione unisco P.CARC e (n)PCI),

- si sono rafforzati ed estesi il legame e l’influenza della Carovana del (n)PCI con alcuni centri locali di organizzazione, orientamento e mobilitazione della classe operaia;

- il fallimento del tentativo Renzi e l’allargamento della rottura del cordone sanitario intorno alla Carovana del (n)PCI hanno creato condizioni più favorevoli alla formazione del Comitato di Salvezza Nazionale;

- la collaborazione tra (n)PCI e P.CARC ha reso più aperta e diretta la battaglia nei partiti e delle organizzazioni che si proclamano comuniste contro le posizioni disfattiste (rappresentate in primis da Rete dei Comunisti, con cui dobbiamo però sviluppare l’unità d’azione politica in Piattaforma Sociale Eurostop e in altri ambiti) e attendiste (i principali rappresentanti sono il PC di Marco Rizzo, il PCI di Mauro Alboresi, il Fronte Popolare di Alessio Arena e gli altri gruppi comunisti fautori dell’instaurazione del socialismo ma che attendono che la rivoluzione socialista scoppi, non riconoscono che la rivoluzione socialista ha la forma di una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata), in un contesto in cui l’avanzare della crisi della Repubblica Pontificia e i passi avanti fatti dalla mobilitazione reazionaria determinano la disgregazione della sinistra borghese e dei residui gruppi revisionisti e un loro rinnovato attivismo per sopravvivere.

 

Per valorizzare i risultati della nostra azione e sfruttare gli appigli che la situazione presenta in modo da far avanzare la nostra opera di “mobilitare le masse popolari e in primo luogo gli operai a costituire un proprio governo d’emergenza, a farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia (il Vaticano, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali,  le Organizzazioni Criminali, le agenzie dei gruppi imperialisti americani, sionisti ed europei operanti nel nostro paese) e a orientarne, sostenerne e difenderne l’opera dall’opposizione, dal sabotaggio, dalle pressioni e dai ricatti dei vertici della Repubblica Pontificia e della comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, dobbiamo rafforzare l’unità di indirizzo nelle nostre fila su alcune questioni di orientamento generale.

1. Per capire le vicende politiche in corso e le vie possibili per l’umanità e quindi realisticamente perseguibili dai condottieri politici delle due classi fondamentali in lotta (borghesia imperialista e classe operaia), bisogna tenere presente che nella crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale in corso, la borghesia imperialista con il corso che per sua natura è costretta a imprimere alle cose generali, inevitabilmente crea condizioni favorevoli alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari ed essa in definitiva andrà in cerca e si metterà nelle mani dell’“autore” più promettente di essa, tra quelli che sono o saranno sulla piazza. La mobilitazione reazionaria delle masse popolari comunque è anche sovversione (salto, rottura) nel sistema politico della borghesia imperialista: il suo “autore” non è già oggi alla testa del sistema politico della borghesia imperialista, anzi è “contro il sistema” che la mobilitazione reazionaria si afferma (salvo che la rivoluzione socialista sia già molto sviluppata: in questo caso quanto più la rivoluzione socialista è sviluppata, tanto più facile sarà la confluenza tra sistema politico vigente e mobilitazione reazionaria, confluenza che comunque sarà sempre in una certa misura traumatica). La sola via alternativa alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari, la via che può addirittura prevenire (precedere e impedire) la mobilitazione reazionaria, è la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, cioè la rivoluzione socialista (la guerra popolare rivoluzionaria). La mobilitazione rivoluzionaria o previene la mobilitazione reazionaria e quindi la soffoca quando questa è ancora sul nascere o, se questa (temporaneamente) prevale, la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari trionfa combattendo la mobilitazione reazionaria che è divenuta sistema della borghesia imperialista.

La borghesia imperialista per prolungare la vita del suo sistema va verso la mobilitazione reazionaria, cioè fa manovre diverse e anche contrastanti tra loro che mettono le masse popolari in condizioni di maggiore precarietà e degrado (cercando di mantenere una certa unità nel suo campo, quindi violando sì regole e procedure, ma con l’accordo entusiasta o rassegnato dei vertici della Repubblica Pontificia). Questo crea le condizioni sia per la mobilitazione rivoluzionaria sia per la mobilitazione reazionaria. La borghesia imperialista non riuscirebbe a mettere gli esponenti attuali del suo sistema politico alla testa delle masse popolari, usa quindi demagoghi marginali ad esso che agiscono in maniera diretta e non attraverso le istituzioni e le procedure dello Stato (polizia, magistratura, ecc.), che incanalano una parte importante della popolazione a farsi giustizia da sé e che non sono colpiti da magistratura e polizia (hanno le spalle coperte) e per molti aspetti sono protetti (il prete comunista viene spretato, quello fascista no; i comunisti sono stati scomunicati, i fascisti no). Governi come quello Monti, Letta e Renzi hanno violato di fatto regole e procedure mantenendo una parvenza di legalità, con l’accordo o il consenso dei vertici della RP, per fare quello che è programma comune di tutta la borghesia imperialista; il fascismo è stato la rottura della legalità e di alcune istituzioni promossa da una parte della borghesia imperialista che l’ha imposta al resto della borghesia.

La mobilitazione reazionaria ha fatto dei passi avanti in Italia e negli altri paesi imperialisti sotto forma di 1. persecuzione degli immigrati, 2. guerre per ricolonizzare i paesi oppressi e per sovvertire gli Stati che non si piegano alle pretese della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti alle quali si aggiunge l’azione di accerchiamento della Comunità Internazionale - in particolare degli imperialisti USA - contro la Russia e la Cina; 3. scontri tra gruppi imperialisti che stanno diventando guerre commerciali e finanziarie tra Stati e sistemi monetari. Oggi è sostenuta dalla Brexit, dal gruppo di Visegrad, da Trump.

2. Il corso delle cose pone la sinistra borghese tra l’incudine e il martello (classe operaia vs borghesia imperialista), quindi la costringe e la costringerà a dividersi in due: una parte che va verso la classe operaia (partecipare alla  rivoluzione socialista) e una parte che va verso la borghesia imperialista, che a sua volta va verso la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Nella nostra azione, dobbiamo tenere conto che

- tatticamente abbiamo il vantaggio che la sinistra borghese ha ancora molto da perdere (il suo ruolo sociale, la sua esistenza come gruppo sociale, le sue proprietà e i suoi privilegi), a differenza del proletariato (la parte decisiva delle masse popolari) che ha già perso gran parte delle conquiste che aveva strappato. Quindi possiamo trascinare i Cremaschi, i De Magistris e compagnia, costringerli a marciare con noi nella campagna per l’attuazione della parte progressista della Costituzione (che è la campagna per la costituzione del GBP) forti del fatto che ne va della loro esistenza;

- strategicamente la sinistra borghese occupa nella società uno spazio che sarà distrutto o dalla mobilitazione reazionaria o dalla dittatura del proletariato. La rottamazione della Costituzione è un passo sulla via della mobilitazione reazionaria.

3. Per quanto riguarda le masse popolari, 1. è sbagliato attribuire alle masse popolari che abbiamo attorno a noi una coscienza unificata (una coscienza comune, come se le masse popolari italiane fossero già oggi un assieme unificato anche dal punto di vista ideologico) e una coscienza avanzata dal punto di vista della rivoluzione socialista in corso. Il Manifesto Programma cap. 2.2. dice che “masse popolari” è una categoria sociale: un aggregato di classi che il concreto movimento storico della società (le condizioni concrete della lotta tra le classi) in una data fase contrappone per i loro interessi alle classi dominanti. In nessun senso “masse popolari” oggi indica già una unità di pensiero, di orientamento, di coscienza, neanche di condotta effettiva. C’è anche nelle nostre file un continuo sbandare tra dire che le masse popolari sono rivoluzionarie (per l’azione secondo alcuni, per la coscienza secondo altri, per entrambe le cose secondo terzi) e dire che le masse popolari sono arretrate (per la mancanza di combattività e la soggezione politica e ideologica alla borghesia e al clero, ai promotori della mobilitazione reazionaria); 2. le masse elevano la loro coscienza man mano che le portiamo a partecipare alla rivoluzione socialista e facciamo di ogni iniziativa una scuola di comunismo (non è che partecipano alla rivoluzione socialista man mano che eleviamo la loro coscienza); 3. le masse popolari diventano via via più combattive man mano che si rendono conto per esperienza diretta di avere un centro che le mobilita con una linea che le porta a vincere; 4. saccenti professori e politicanti falliti vanno dicendo che oggi la classe operaia delle fabbriche non esiste più, che esistono solo lavoratori dispersi e precari, che la borghesia ha raggiunto il “controllo sociale totale”, che il modo di lavorare è cambiato perché invece delle macchine utensili si usano le stampanti tridimensionali, per mille altre ragioni che prendono spunto da elementi della realtà interpretati però unilateralmente fino a stravolgerla. In realtà oggi nonostante delocalizzazioni e ristrutturazioni, nelle aziende capitaliste italiane ci sono ancora più operai di quanti ce n’erano alla fine della Resistenza, sia in numero assoluto sia come percentuale della popolazione. Per instaurare il socialismo gli operai devono egemonizzare non più come negli anni ’40 e ’50 contadini dispersi nelle campagne e vittime degli agrari, dei curati e dei carabinieri, ma lavoratori dispersi e precari in gran parte riuniti nelle città. Il fattore chiave, determinante per fare con successo la rivoluzione socialista è, oggi come lo era ieri, un partito comunista che padroneggia e applica con creatività e abnegazione, senza riserve né intellettuali né morali, il marxismo-leninismo-maoismo tradotto nella formazione economica-sociale italiana.

Questo è a grandi linee il materiale (il cantiere) con cui forgeremo il nostro futuro, che è l’instaurazione del socialismo e la transizione al comunismo.

 

Nel movimento comunista dei paesi imperialisti è finora prevalsa una concezione sulla relazione tra i comunisti e le masse popolari, sul ruolo dei comunisti e sul ruolo delle masse popolari che è modellata sulla società borghese, è applicazione della concezione borghese del mondo alla lotta degli operai, tentativo di far accedere anche gli operai alle relazioni proprie del borghese (benessere, democrazia borghese, individui eguali, benestanti e liberi nel contesto del sistema di relazioni sociali della società borghese, della società che nel campo economico è ancora divisa in classi).

 Noi abbiamo elaborato le categorie del regime della controrivoluzione preventiva e delle tre trappole, della RIM e dei processi CAT, delle due tare (economicismo e parlamentarismo). Ma non abbiamo ancora tradotto pienamente tutto questo nel nostro lavoro, né per quanto riguarda il partito (il lavoro interno), né per quanto riguarda il lavoro di massa del partito. Le rivendicazioni di migliori condizioni di vita e di lavoro, le proteste e la partecipazione alla lotta politica borghese giovandosi della democrazia borghese, sono mezzi per mobilitare e organizzare le masse popolari, ma il vero fondamentale compito dei comunisti consiste nel mobilitare le masse popolari a conquistare il potere (dittatura del proletariato) e su questa base fondare un nuovo sistema di relazioni sociali la cui caratteristica fondamentale non è il livello di vita (scontato, stante che la potenza delle attuali forze produttive non pone altri limiti che quelli dettati dalla conservazione dell’ambiente), ma la partecipazione di ogni individuo alla vita della società nazionale e mondiale in tutte le espressioni che questa vita ha - cosa che implica ovviamente la capacità intellettuale e morale dei singoli individui di parteciparvi, quindi in particolare la formazione a questo di ogni individuo fin dall’infanzia.

Nell’ambito del modo di produzione capitalista l’umanità sta passando da una economia familiare e di vicinato (ogni individuo ha il suo ruolo nella famiglia o nel gruppo di famiglie e riceve di che vivere nell’ambito della famiglia o al massimo della comunità locale) a una condizione in cui la quantità e qualità dei beni e dei servizi che concorrono alla vita di ogni individuo sono enormemente aumentati e sta oramai alla società decidere fin dove devono aumentare e questi beni e servizi sono prodotti e distribuiti a livello nazionale e mondiale (se applicata universalmente e per un lungo periodo la “economia a km 0” comporterebbe una regressione enorme e condannerebbe alla morte una parte dell’attuale umanità).

Grazie al modo di produzione capitalista nel giro di alcuni secoli l’umanità ha fatto un cambiamento di portata storica.

Ancora solo alcuni secoli fa l’umanità viveva grazie a lavoratori ognuno dei quali produceva di che vivere e proteggersi dalle intemperie e quanto altro gli era chiesto o imposto, lavorando, per conto suo con le sue mani o al massimo con un attrezzo manuale, quello che si trovava in natura. Oggi la produzione dei beni e servizi che l’umanità impiega è affidata a un sistema produttivo la cui produttività (cosa produce e quanto in termini di beni e servizi) è potenzialmente illimitata e dipende principalmente dall’applicazione (alla produzione) del patrimonio conoscitivo generale dell’umanità; questo sistema però funziona grazie all’opera, combinata secondo regole ben definite, di molti individui che fanno ognuno la sua parte e tutti possono fare la loro parte solo se ogni individuo fa la sua. È la situazione che Marx aveva previsto nel capitolo Capitale fisso e sviluppo delle forze produttive della società dei suoi Lineamenti fondamentali (Grundrisse) della critica dell’economia politica scritti nel 1858 (in Marx-Engels, Opere Complete vol. 30 pagg. 79-100, Editori Riuniti 1986).

Siamo quindi giunti, nel campo della produzione, a quella “associazione in cui il libero sviluppo di ogni individuo è la condizione indispensabile del libero sviluppo di tutti” che Marx ed Engels annunciano al termine del cap. 2 del Manifesto del partito comunista del 1848. Questo risultato raggiunto dall’umanità con il modo di produzione capitalista solo nel campo della produzione di beni e servizi, bisogna ora “tradurlo” nel campo del sistema dei rapporti di produzione e degli altri rapporti sociali e farlo valere universalmente: un “traduzione” incompatibile con il modo di produzione capitalista. Ma questa “traduzione” è indispensabile non solo per ogni ulteriore progresso, ma anche per la sopravvivenza dell’umanità e dell’ambiente dove vive.

Il nuovo mondo richiede che l’attività di ogni individuo sia coordinata a livello nazionale e mondiale alle attività multiformi che la società complessivamente deve svolgere; richiede che siano poste in atto le condizioni materiali perché ogni individuo sia educato intellettualmente e moralmente a svolgere le prestazioni di cui la società ha bisogno: il lavoro è sempre meno fatto dall’uomo con l’aiuto di un utensile manuale o motorizzato, e sempre più il ruolo dell’individuo consiste nel controllare un processo lavorativo che viene svolto da un impianto e anche il controllo è sempre più svolto da robot. Il lavoro necessario alla produzione dei beni e servizi che entrano e devono entrare nella  vita evoluta degli individui e della loro società si riduce a progettare e mettere a punto impianti e robot. Aumenta il tempo che ogni individuo può dedicare ed effettivamente dedica alle attività specificamente umane (Manifesto Programma nota 2) e ogni individuo deve essere formato dall’infanzia a svolgere una varietà di attività e soprattutto a conoscere e a pensare, per cui nel corso della sua vita può aver luogo un processo di formazione continua.

Proprio da queste caratteristiche fondamentali (fondanti) della società futura è spiegato e confermato il ruolo speciale della classe operaia (formata nell’azienda capitalista) come forza di massa dirigente nella rivoluzione socialista e nella costruzione del socialismo (transizione al comunismo). La classe operaia per la formazione che riceve già nell’azienda capitalista è tra tutte le classi sfruttate e oppresse della società borghese quella più preparata sia ad assimilare la concezione comunista del mondo sia a realizzare le relazioni proprie della società comunista. Lo dico con le parole di Gramsci (L’operaio di fabbrica, in L’Ordine Nuovo 21 febbraio 1919 [Einaudi 1975, pagg. 324-327]):

“La classe operaia si è identificata con la fabbrica, si è identificata con la produzione: il proletario non può vivere senza lavorare, e senza lavorare metodicamente e ordinatamente. La divisione del lavoro ha creato l’unità psicologica della classe proletaria, ha creato nel mondo proletario quel corpo di sentimenti, di istinti, di pensieri, di costumi, di abitudini, di affetti che si riassumono nell’espressione: solidarietà di classe. Nella fabbrica ogni proletario è condotto a concepire sé stesso come inseparabile dai suoi compagni di lavoro: potrebbe la materia informe accatastata nei magazzini circolare nel mondo come oggetto utile alla vita degli uomini in società, se un solo anello mancasse al sistema di lavoro nella produzione industriale? Quanto più il proletario si specializza in un gesto professionale, tanto più sente l'indispensabilità dei compagni, tanto più sente di essere la cellula di un corpo organizzato, di un corpo intimamente unificato e coeso; tanto più sente la necessità dell'ordine, del metodo, della precisione, tanto più sente la necessità che tutto il mondo sia come una sola immensa fabbrica, organizzata con la stessa precisione, lo stesso metodo, lo stesso ordine che egli verifica essere vitali nella fabbrica dove lavora; tanto più sente la necessità che l’ordine, la precisione, il metodo che vivificano la fabbrica siano proiettati nel sistema di rapporti che lega una fabbrica a un’altra, una città a un’altra, una nazione a un’altra nazione.

Per questa sua originale psicologia, per questa sua particolare concezione del mondo l'operaio di fabbrica, il proletario della grande industria urbana, è il campione del comunismo, è la forza rivoluzionaria che incarna la missione di rigenerare la società degli uomini, è un fondatore di nuovi Stati. In questo senso (e non in quello balordissimamente contraffatto dagli scrittori della Stampa) abbiamo affermato che Torino è la fucina della rivoluzione comunista: perché la classe lavoratrice dì Torino è in maggioranza costituita di proletari, di operai di fabbrica, di rivoluzionari del tipo previsto da Carlo Marx, non di rivoluzionari piccolo-borghesi, quarantottardi, del tipo caro ai democratici e agli arruffoni dell’anarchismo.”

 

Tutto questo richiede una accurata selezione e formazione dei membri del partito, un vasto e accurato lavoro interno del partito che dobbiamo imparare a fare, che è una innovazione nel movimento comunista dei paesi imperialisti ed è una condizione indispensabile della nostra vittoria. L’esperienza dei partiti comunisti dei paesi imperialisti nel secolo scorso, con l’eroismo e l’incapacità rivoluzionaria che mostrarono durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, è per noi fonte di grandi insegnamenti. L’opera di Lenin e di Stalin ci danno in questo campo innumerevoli lezioni.

Umberto C.