La Voce  57 - anno XIX, novembre 2017 - in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

del (nuovo)Partito comunista italiano

consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano 

La propaganda murale - Esperienze

Lettera alla redazione di La Voce

 

Cari compagni,

sono un compagno che svolge sia un'attività pubblica nelle istanze del Partito dei CARC che un'attività clandestina da membro del (n)PCI. Scrivo alla redazione di VO per condividere gli insegnamenti tratti dall'attività di affissione degli adesivi prodotti dal (n)PCI. L'esperienza che ho fatto può essere utile anche ad altri compagni che come me praticano la doppia militanza, in particolare per quanto riguarda la valorizzazione del loro lavoro pubblico da membri del P.CARC ai fini dello sviluppo del lavoro clandestino di membro del (n)PCI.

Sulla base della mia esperienza di doppia militanza è facile incorrere in due tipi di errori, che entrambi finiscono col negare importanza e il senso dell'attività clandestina.

Il primo errore consiste nel ridurre l’attività da membro del (n)PCI all’attività che facevo da membro del P.CARC. Questo errore ha reso nullo il mio apporto al consolidamento e rafforzamento del (n)PCI. Non ho sviluppato l'attività e la struttura clandestina e non ho messo a frutto il mio legame con il (n)PCI per favorire lo sviluppo del P.CARC secondo la sua linea e le sue caratteristiche organizzative. Nei fatti ho finito con l'adoperarmi per far agire il P.CARC alla maniera del (n)PCI (senza che lo fosse) e ho promosso una deviazione nell'agire del P.CARC: da partito fratello del (n)PCI e che contribuisce alla sua opera assumendo compiti specifici nella lotta per l'instaurazione del GBP, a partito che è imitazione pubblica del (nuovo)PCI.

Un secondo errore consiste nell’avere chiara la distinzione dell'attività clandestina del (n)PCI dall’attività pubblica del P.CARC, ma senza pormi nell'ottica di valorizzare il lavoro pubblico per sviluppare il lavoro e la struttura clandestina.

A causa del primo errore mi consideravo membro dello Stato Maggiore della rivoluzione socialista in Italia nei confronti delle organizzazioni pubbliche di cui ero parte e cercavo di promuovere nel P.CARC l'orientamento e le attività del (nuovo)PCI), ma finivo con lo sciogliermi nel lavoro pubblico e non fare l'attività clandestina.

A causa del secondo errore dimenticavo il mio ruolo di membro dello Stato Maggiore. Non conferivo al Centro del Partito gli insegnamenti dell'esperienza di lavoro pubblico e non facevo valere nel lavoro pubblico la superiore capacità di applicazione della concezione comunista del mondo che il rapporto con il Centro del (n)PCI mi avrebbe permesso di possedere. La mia attività clandestina si riduceva a una corrispondenza altalenante e povera di contenuto con il Centro del (n)PCI e sull'inanellare azioni di propaganda del (n)PCI una tantum, più o meno tirando colpi a caso e senza mettere in sinergia queste attività con il mio lavoro pubblico.

Il risultato era che la mia attività clandestina risultava così infruttuosa che dopo un po’ si riduceva a zero.

Questi errori e le corrispondenti deviazioni in cui sono incappato sono una manifestazione dei miei limiti di assimilazione del materialismo dialettico e più nello specifico della dialettica esistente tra P.CARC e (n)PCI.

 

La campagna promossa dal (n)PCI di affissione degli adesivi è stata per me l'occasione per iniziare a padroneggiare a un livello più avanzato, nell'ambito nella mia doppia militanza, la giusta dialettica che deve intercorrere tra la mia attivi tà pubblica di membro del P.CARC e la mia attività clandestina di membro del (n)PCI. In particolare penso di aver iniziato concretamente a valorizzare la mia attività pubblica ai fini dello sviluppo dell'attività clandestina.

Nel passato mi sarei approcciato ad una campagna come quella dell'affissione degli adesivi finendo col commettere uno dei due errori di cui sopra. Avrei diretto l'affissione degli adesivi:

- come un pezzo del mio lavoro pubblico seminando nel P.CARC confusione sulla distinzione tra questo e il (n)PCI, promuovendo uno snaturamento dell'attività del P.CARC e iniettando dosi massicce di legalitarismo e ingenuità nelle istanze del P.CARC;

- oppure come un'attività completamente avulsa dal lavoro pubblico e dalle possibilità di sviluppo del lavoro clandestino che emergono nel lavoro pubblico, usando gli adesivi senza criterio, tirando colpi a caso, in definitiva per auto-compiacermi di svolgere una qualche attività clandestina.

Poco importa se avessi preso l’una o l’altra strada: sarei comunque finito col trarre la conclusione che era impossibile combinare lavoro pubblico e lavoro clandestino, magari mascherando la conclusione per paura di affrontare un dibattito franco e aperto con il Centro del (nuovo)PCI. Non dico di non correre più il rischio di ripetere quegli errori, credo anzi di poter fare ancora meglio, ma con l'affissione degli adesivi ho fatto alcune esperienze che dimostrano:

1. che posso sviluppare il lavoro clandestino dietro la copertura del lavoro pubblico, con buoni risultati e giovamento per ambedue i livelli della mia doppia militanza;

2. che l'aspetto decisivo del successo delle iniziative di propaganda del (n)PCI consiste nel concepirle come operazioni di guerra con cui mirare ad accrescere le nostre forze e indebolire quelle dei nostri nemici.

Per ovvie ragioni di compartimentazione non posso qui esporre le circostanze in cui sono avvenute le mie positive sperimentazioni. Mi limito a indicare alcuni aspetti generali dell'esperienza fatta sul campo intervenendo su singoli e organismi della base rossa di una grande metropoli e sugli operai di una grande azienda capitalista.

Con gli uni e con gli altri, nell'ambito del mio lavoro pubblico ho avviato un intervento sistematico adoperando gli strumenti in uso al P.CARC. Nel corso di questa attività ho raccolto a più riprese domande, valutazioni, ecc. che concernevano non solo la linea del P.CARC ma riguardavano più in generale la Carovana del (n)PCI.

Nella campagna per l'affissione degli adesivi, mentre davo continuità alla mia attività pubblica di relazione e intervento sugli organismi dei due tipi prima indicati, mi sono occupato di far nascere e sviluppare la curiosità dei miei interlocutori per ciò che riguardava il (n)PCI mettendo in campo apposite operazioni clandestine:

- facendo un'affissione mirata degli adesivi nei pressi dei luoghi di vita sociale dei miei interlocutori (abitazione, posto di lavoro, attività politica), in condizioni protette, quindi assicurandomi di svolgere l'affissione in modo tale da non essere colto in flagrante da potenziali spioni, telecamere, forze dell'ordine;

- utilizzando l'attività pubblica per sondare le loro reazioni agli adesivi;

- valorizzando la curiosità per il (n)PCI nata o cresciuta in essi dopo aver visto in circolazione gli adesivi del (n)PCI per illustrare, dietro la maschera di membro del P.CARC, alcuni aspetti di concezione e linea del (n)PCI, specificando di essere ben informato sulla teoria del (n)PCI pur non essendone membro.

Procedere in questo modo ha avuto effetti molto positivi. Nelle file dei miei interlocutori sono via via emersi alcuni compagni che mostravano molta curiosità per il (n)PCI. È stata una scoperta piacevole e dimostra che dalla mia posizione di doppia militanza posso promuovere uno sviluppo positivo sia del (n)PCI che del P.CARC, mettendo in sinergia questi due livelli di attività, senza che l'uno danneggi l'altro ma anzi in modo che un livello rafforzi l'altro.

Adesso il passo successivo che mi propongo è trasformare la curiosità per il (n)PCI in collaborazione con esso, con l'obiettivo di seminare per arrivare a costituire un CdP nella zona in cui opero. In realtà procedo lentamente nel fare  questo nuovo passo: sopravvivono gli errori e le deviazioni della mia “vecchia” doppia militanza ma l'esperienza positiva fatta e il rapporto con il Centro del (n)PCI mi permetteranno di non fare passi indietro e di avanzare.

 

Voglio approfittare della mia lettera anche per esortare i membri del (n)PCI e tutti quelli che collaborano alle attività di propaganda murale del (n)PCI a praticare le regole e procedure della clandestinità anche per l'affissione degli adesivi. Affiggere un adesivo del (n)PCI è un'attività molto facile e rapida e comporta uno sforzo organizzativo inferiore rispetto all’affissione di manifesti e locandine e rispetto alle scritte murali. In secondo luogo le città sono tempestate di adesivi di ogni tipo (politici, pubblicitari, ecc.). Noi dobbiamo avvantaggiarci di questi due aspetti e svolgere il più gran numero di affissioni di adesivi conducendole però come operazioni di guerra.

I due aspetti non devono produrre in noi rilassamento perché l'affissione di adesivi costituisce reato di “affissione abusiva” ed è un'attività illegale (decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507). In più il contenuto dei nostri adesivi non è tollerato dalle Autorità e dalle sue forze dell'ordine (anche se non esiste una legge che vieta l'esistenza del (n)PCI è nota l'attenzione particolare che i nostri nemici dedicano a chi simpatizza per il (n)PCI). Quindi affiggere gli adesivi consapevoli di compiere un'operazione di guerra significa anche agire al riparo da potenziali spioni, telecamere, forze dell'ordine, ecc. e agire al contempo con tranquillità e prudenza, senza mai cedere alla rilassatezza. Nella mia esperienza di affissione degli adesivi ho teso ad agire sempre in questo modo ma ci sono stati anche casi in cui ho ceduto alla rilassatezza. In uno di questi sono stato colto in flagrante da una volante della polizia. Nello specifico mentre affiggevo l'adesivo su un segnale stradale all'interno di un parcheggio, senza che me ne accorgessi è arrivata una volante che ha puntato i suoi fari verso di me e mi ha chiesto spiegazioni su quel che stavo facendo. Ho approfittato del fatto che la volante era a distanza di circa 5 metri e me la sono cavata disimpegnandomi e filando via tra le persone presenti nel parcheggio (a passo veloce ma senza dare troppo nell'occhio). A distanza di sicurezza ho poi visto che la polizia era scesa dall'auto e staccava l'adesivo. Solo per un caso fortunato la rilassatezza con cui ho agito non ha comportato conseguenze peggiori (ero di spalle quando la polizia mi ha puntato e con il cappuccio della felpa sulla testa: quindi non mi hanno fotografato in volto). Diffondendo questa mia esperienza esorto quindi i compagni a condurre fino in fondo queste attività come operazioni di guerra e ad adottare un atteggiamento responsabile e prudente nell'affissione degli adesivi.

Saluti comunisti.

Graziano G.