La Voce 64 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII  marzo 2020

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Sulla relazione tra guerra di sterminio non dichiarata, crisi generale del capitalismo e guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata

- Siamo in guerra... è un’affermazione che spesso ascoltiamo da esponenti e portavoce della borghesia imperialista. Lo proclamava a gran voce Sergio Marchionne quando nel 2008-2018 smantellava la FIAT e più diffusamente lo sentiamo ripetere oggi da quando è il governo Conte 2 ha dato il via all’operazione di controrivoluzione preventiva che fa leva sulla pandemia da coronavirus Covid-19. Nel periodo di crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale in cui siamo immersi “la lotta per la sopravvivenza del suo ordinamento sociale spinge la borghesia imperialista ad allargare e a rendere più spietata la guerra di sterminio non dichiarata che essa conduce contro le masse popolari. Milioni di uomini e donne, bambini e anziani, di ogni età, razza e paese, vengono ogni anno uccisi dalle guerre, dalle privazioni e da malattie curabili. Una parte dell’umanità è relegata a vivere in condizioni di miseria, di emarginazione sociale, di ignoranza, di abbrutimento intellettuale e morale, di precarietà”.(1) Attualmente quello che la borghesia imperialista sta imponendo è diventato intollerabile per parti crescenti delle masse popolari stanti le conquiste di civiltà e benessere realizzate nei primi paesi socialisti e quelle strappate nel mondo grazie alla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale (1917-1976), in particolare nei paesi imperialisti con le lotte nel periodo del capitalismo dal volto umano (1945- 1975). Ciò genera nelle masse popolari una resistenza sempre più diffusa e accanita e nel periodo in corso la direzione di questa resistenza è l’oggetto del contendere tra le varie forze politiche borghesi: cosa che rende la “democrazia borghese” di oggi una cosa molto diversa dalla democrazia borghese del periodo precedente alla fase imperialista del capitalismo (non dimentichiamo che Lenin spiega apertamente le ragioni per cui nel suo opuscolo L’imperialismo, fase suprema del capitalismo non ha trattato delle sue caratteristiche politiche). Ma se ci fermassimo a constatare questo stato di cose presenti alimenteremmo disfattismo e attendismo. Noi comunisti non siamo spettatori né commentatori delle mosse che fa la borghesia.

 

1. Manifesto Programma del (n)PCI, pag. 79.

 

Anche noi comunisti diciamo che siamo in guerra ma non perché la subiamo, al contrario! Noi conduciamo la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (GPR). Siamo dirigenti della guerra con cui le masse popolari vanno verso l’instaurazione del socialismo, studiamo il terreno in cui operiamo per decidere le campagne, le battaglie e le operazioni tattiche con cui facciamo montare la maionese della lotta di classe e avanzare la rivoluzione socialista, sperimentando impariamo a essere pratici nella direzione e miglioriamo il nostro metodo di lavoro. È chiaro che noi comunisti “viviamo in questo mondo” e non solo non siamo risparmiati dalla guerra di sterminio condotta dalla borghesia imperialista contro le masse popolari, ma ci educhiamo, organizziamo e mobilitiamo per ritorcerla contro il nostro nemico, prendere noi la direzione della resistenza delle masse popolari ed elevarla a rivoluzione socialista. E possiamo farlo perché ci diamo i mezzi (a partire dalla conoscenza, assimilazione e uso della scienza marxista) per condurre la nostra guerra contro il nemico. L’unico modo per porre fine alla guerra di sterminio condotta dalla borghesia è condurre e vincere la guerra popolare rivoluzionaria (GPR).
- Ma attenzione! La GPR dei comunisti prescinde dalla guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia conduce contro le masse popolari. La GPR è la strategia universale per fare la rivoluzione socialista. Questa verità fu enunciata da F. Engels nella Introduzione del 1895 alla prima ristampa degli scritti di Marx Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850.(2) Essa fu ignorata e nascosta dai dirigenti della II Internazione: l’Introduzione di Engels venne pubblicata mutilata e deformata. Nonostante la dimostrazione pratica che ne diedero Lenin e Stalin, questa verità non venne fatta propria dai partiti comunisti dei paesi imperialisti nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917- 1976). È sulla base della concezione di Engels, Lenin, Stalin e Mao della rivoluzione socialista che noi definiamo la nostra linea di guerra e che sfidiamo tutti quelli che si dicono comunisti a criticarla e a indicarne una alternativa.(3)

- La guerra di sterminio non dichiarata è implicita nel modo di produzione capitalista? No!

 

2. Della verità enunciata da F. Engels nel 1895 nell’Introduzione, abbiamo trattato per esteso nell’opuscolo Federico Engels - 10, 100, 1000 CARC per la ricostruzione del partito comunista pubblicato dalle Edizioni Rapporti Sociali nel 1995, in occasione del primo centenario della sua morte.

 

3. A tal proposito vedi il Manifesto Programma del (n)PCI, paragrafo 3.3.

 

A differenza delle classi dominanti che l’avevano preceduta, la borghesia, per sua natura, usò sistematicamente sia il patrimonio culturale e scientifico sia la ricchezza delle società europee per elevare la produttività del lavoro degli operai. Qui sta la superiorità della società capitalista sulle società che l’hanno preceduta e il motivo per cui le ha soppiantate. È solo comprendendo questo che è possibile capire perché la borghesia europea è riuscita a estendere la sua direzione in tutto il mondo. Nella storia dell’umanità il modo di produzione capitalista (e la classe che lo impersona, la borghesia) ha avuto un ruolo positivo fino alla prima metà del XIX secolo: è stato motore dello sviluppo della produzione, delle forze produttive e della civiltà. “La ricerca del profitto ha spinto la borghesia ad ampliare la produzione, a perfezionare i macchinari e a migliorare la tecnologia nell’industria, nell’agricoltura, nei trasporti, nei servizi: in ogni campo. L’ha portata a creare grandi infrastrutture, a sviluppare la scienza e la ricerca scientifica in ogni ambito fino a fare della ricerca e dell’applicazione dei suoi risultati nella produzione un settore produttivo a sé stante, a trasformare l’ambiente, a non arretrare di fronte a nessuna impresa, a modificare la conformazione di tutto il pianeta”.(4)

Dalla seconda metà del XIX secolo il modo di produzione capitalista è entrato nella sua fase imperialista e ha assunto un ruolo negativo.(5) Esso non era più principalmente il motore dello sviluppo della produzione, delle forze produttive e della civiltà ma è diventato principalmente il suo contrario: un freno, un ostacolo dello sviluppo. È da questo periodo in poi che una delle espressioni del carattere negativo del modo di produzione capitalista (e della borghesia) è la guerra di sterminio contro le masse popolari. La guerra di sterminio che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari può essere aperta (guerre mondiali, sterminio delle popolazioni nei paesi oppressi o coloniali, sterminio di etnie, ecc.) e/o non dichiarata. Quando il capitalismo entra nella sua seconda crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale (negli anni ’70 del secolo scorso), la borghesia rende più spietata la guerra di sterminio contro le masse popolari.

Tonia N.

 

4. Manifesto Programma del (n)PCI, pag. 15.

 

5. Noi usiamo il termine imperialismo nel significato che Lenin illustra nell’opuscolo L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (1917), non nel significato di “politica estera aggressiva” che esso ha nel linguaggio corrente usato anche da esponenti della sinistra borghese che si spacciano per marxisti. Nel significato datogli da Lenin, l’imperialismo è il modo di produzione capitalista caratterizzato da 5 tratti: il monopolio predomina sulla libera concorrenza, il capitale finanziario predomina sul capitale produttivo di merci (beni e servizi), l’esportazione di capitali predomina sull’esportazione di merci, il mondo è già completamente diviso tra pochi Stati capitalisti, alcuni settori produttivi sono a livello mondiale divisi tra pochi grandi monopoli.