La Voce 67 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - marzo 2021

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Alla Delegazione del (n)PCI

Accrescere la partecipazione dei lavoratori alla gestione e all’organizzazione della società

Cari compagni della Delegazione,

siamo compagni della sezione Napoli Est del P.CARC e spesso utilizziamo gli articoli di VO per l’orientamento della nostra attività.

Nel n. 66, in particolare con l’articolo di pag. 3 I quattro sviluppi più importanti per far avanzare la rivoluzione socialista, avete trattato anche di come l’emergenza sanitaria ha fatto vedere a operai e lavoratori che il socialismo è la soluzione, lo sbocco positivo della crisi e affermato che loro stessi possono esserne protagonisti e artefici. A tal proposito un compagno della sezione ha riportato l’esperienza, in parte spontanea, vissuta nella sua azienda, una società partecipata della Regione Campania. Questo ci ha dato modo di elaborarla e usarla per migliorare anche il nostro lavoro politico, permettendoci di toccare con mano l’esperienza fatta da questi lavoratori (e che in parte stanno ancora facendo) come esempio di scuola di comunismo e di campo di intervento per i comunisti. La riportiamo perché conferma e rafforza quanto trattato da voi nell’articolo succitato e perché possa essere un esempio per altri.

Cosa è successo in azienda? Con l’inizio della pandemia, i dirigenti dell’azienda hanno “abbandonato la nave” e, come il tristemente famoso capitano della Costa Concordia, si sono messi per primi in salvo, utilizzando lo smart working a salario pieno e lasciando gli altri lavoratori nel dilemma salute/salario: pensare alla salute restando a casa ma perdendo pezzi consistenti di salario accessorio, oppure andare a lavorare e rischiare la salute?

In questo modo i dirigenti hanno anche abbandonato la continuazione delle attività di pubblica utilità svolte dall’azienda, l’hanno lasciata alla buona volontà dei lavoratori, in particolare di quelli con ruoli e incarichi di una qualche responsabilità (coordinatori di servizi, capisquadra, ecc.). Alcuni servizi, purtroppo, si sono interrotti e non sono ancora ripresi da circa un anno (es. il carotaggio e l’analisi dei terreni). Altri servizi, principalmente dove sono presenti i compagni del SLL (Sindacato Lavoratori in Lotta) e in particolare il compagno della sezione (controllo del territorio 24h/24 anti-roghi ed anti-discarica e trasporto campioni da analizzare) hanno continuato a funzionare, grazie alle misure che i lavoratori stessi si sono dati e hanno imposto, mettendo così in campo una forma di autorganizzazione e autogestione.

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La parte principale e decisiva del nostro lavoro esterno

Il lavoro sulle organizzazioni operaie e popolari (OO-OP) è il principale lavoro esterno di tutta la Carovana del (n)PCI, è la sintesi di tutto il nostro lavoro esterno e la verifica della sua qualità. Il lavoro interno è premessa del lavoro esterno e funzionale ad esso: i risultati nel lavoro esterno sono la verifica anche della sua qualità. Compito principale dei Comitati di Partito è individuare gli embrioni di OO-OP, rafforzarli e portarli ad agire, tappa dopo tappa, da nuove autorità pubbliche. Le OO-OP sono le fondamenta del nuovo potere, il potere delle masse popolari organizzate. È svolgendo questa attività che i CdP “imparano a combattere combattendo” e si trasformano in Stato Maggiore, per la loro zona di competenza, della rivoluzione socialista in corso e reclutano nuovi compagni

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In cosa è consistita? Deciso che non si doveva perdere il salario, ma anche difendere la propria salute, i lavoratori si sono organizzati per garantire la loro sicurezza attraverso i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) e la sanificazione degli ambienti. Una prima fornitura di mascherine è stata, addirittura, autoprodotta da uno di loro con la moglie, qualche altro ha fornito il materiale (lenzuola) da cui sono state ricavate le mascherine, ecc.

Poi hanno imposto agli amministratori dell’azienda una fornitura regolare di mascherine e disinfettante.

La direzione aziendale ammoniva i lavoratori a osservare le misure anti-Covid (no assembramenti, distanziamenti, ecc.) come se quasi li esortasse a non andare a lavorare. I lavoratori, però, hanno preteso di continuare a lavorare sia per non perdere pezzi del salario accessorio (che diventa fondamentale nelle famiglie proletarie per arrivare a far quadrare le spese), sia per evitare che si potesse procedere a una chiusura totale delle attività di pubblica utilità e, quindi, per non dare il pretesto all’azienda di metterli in Cassa Integrazione o anche peggio: procedere al licenziamento.

Hanno così mantenuto attivi i loro servizi istituzionali, con una presa di responsabilità di tutti i lavoratori.

Hanno imposto anche la loro organizzazione, prevedendo dei miglioramenti normativi ed economici: come la modifica dei turni, prima riducendo il numero delle ore (da 8 a 6 ore) e poi, nella fase più esplosiva della pandemia, eliminando il turno di notte (2 turni di 6 ore), facendo restare inalterata la paga mensile oltre alle indennità accessorie (compreso il ticket mensa) con l’aggiunta di una indennità giornaliera di rischio Covid per ogni presenza in servizio.

Tutti i lavoratori sono stati impegnati nella realizzazione dei servizi e, anzi, anche altri lavoratori di altre attività si sono proposti per dare il loro contributo nei servizi che erano rimasti attivi.

Quale insegnamento? In questa situazione poteva essere facile che i lavoratori, per paura della pandemia o per individualismo, si disgregassero, restassero a casa (come alcuni stanno effettivamente ancora facendo).

In genere i lavoratori, presi singolarmente, hanno un senso di sottomissione verso la classe politica e dirigenziale borghese, perché investita del potere di decidere delle loro sorti.

Quando i lavoratori si organizzano, invece, si pongono su un piano di contesa del potere decisionale. In genere questa contesa è di tipo difensivo (per resistere alle imposizioni dei padroni) e si ferma alla rivendicazione di migliori condizioni di vita e di lavoro.

Con questa esperienza, benché comunque mossi dall’esigenza di non arretrare nelle condizioni materiali della propria esistenza, i lavoratori organizzati sono andati oltre, hanno in un certo senso invertito i ruoli. Hanno preso il posto dei dirigenti nell’organizzazione del lavoro, hanno deciso di tenere aperta le loro attività di pubblica utilità, hanno definito quali misure adottare e come svolgere il lavoro, soprattutto non lasciando nessuno di loro fuori, ma aprendo al contributo di altri. Hanno così elevato il loro ruolo sociale, hanno fatto esperienza di “classe dirigente”, pur non avendo ancora né il potere politico né il “portafoglio”.

All’amministratore delegato è rimasto solo “il potere” di mettere in atto quello che i lavoratori organizzati decidevano che era utile fare.

Questa esperienza mostra che l’instaurazione del socialismo, inteso come partecipazione crescente e attiva delle masse all’organizzazione e alla gestione della società (a partire dai luoghi di lavoro) è una tendenza già almeno in parte realizzabile oggi e che è semplice da attuare, soprattutto se sappiamo cogliere gli appigli e i segnali positivi.

Due compagni della sezione Napoli Est del P.CARC