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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - luglio 2021

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Sullo stabilimento FCA-Stellantis di Cassino

1. Ripartizione dei dipendenti dello stabilimento

Uno schema sintetico di come è ripartita la produzione dello stabilimento FCA Stellantis di Piedimonte SG - Cassino (FR) e il suo relativo indotto mostra bene che la “morte lenta” degli stabilimenti viene realizzata nel tempo con

- la creazione di un sistema di appalti ad aziende altre che si occupano di servizi accessori alla produzione di veicoli che prima erano svolti dalla FIAT stessa,

- il conferimento ad una fitta rete di aziende di indotto (tendenzialmente piccole e numerose) di parte del processo produttivo che prima veniva interamente svolto nello stabilimento di Cassino.

1. Personale FCA-Stellantis impiegato nella produzione di veicoli all’interno dello stabilimento: circa 3.200 dipendenti diretti dell’azienda (di cui circa 2.800 operai e 400 quadri, capi e impiegati).

2. Personale dipendente di aziende di servizi autonome da FCA-Stellantis che lavorano in appalto all’interno dello stabilimento: circa 300 (suddivisi tra un centinaio impiegati per FCA Security che cura guardiania e vigilanza, una cinquantina impiegati dalla De Vizia che si occupa della raccolta rifiuti interni allo stabilimento e altri 150 tra lavoratori delle pulizie industriali (ISCOT) e delle mense (Service Key).

3. Personale dipendente di aziende cosiddette “terziarizzate”, autonome da FCA che lavorano in appalto all’interno dello stabilimento svolgendo mansioni direttamente collegate al processo produttivo: circa 600 (suddivisi in numerosi appalti: i trasporti interni (a Cassino appaltati alle ditte Mancini Rossi e Mattarella), l’assistenza impianti (appaltata a Comau, che è di proprietà del gruppo Agnelli-Elkann), l’affidabilità, la qualità, ecc.

4. Personale delle aziende dell’indotto: dallo stabilimento di Cassino dipende un indotto che conta almeno altri 3.000 operai. A grandi linee è suddiviso in due parti:

- un indotto composto da aziende autonome dal gruppo Agnelli-Elkann o la cui proprietà è mista, che produce solo per lo stabilimento di Cassino ed è da esso dipendente: ne fanno parte aziende come la LEAR (300 operai, che produce i sedili auto), la ITCA (100 operai, si occupa di lastroferrature), la Tiberina (si occupa di particolari in lamiera). L’elenco sarebbe lungo, queste nominate sono le più significative ma secondo dati dei sindacati di regime sono circa 150 le aziende, spesso molto piccole (cioè con poche decine di operai), disseminate tra la provincia di Frosinone, l’Abruzzo e il Molise, che lavorano per lo stabilimento di Cassino;

- un indotto composto da aziende per lo più autonome dal gruppo Agnelli-Elkann e che producono per tutti (il loro mercato non è limitato alle richieste di FIAT): ne fanno parte nel caso dello stabilimento di Piedimonte SG aziende come la SKF (multinazionale che ha sede in varie parti d’Italia oltre che a Cassino e che produce componentistica: candele auto, ecc.), la ACS di Pignataro Interamna (che produce le imbottiture dei sedili e degli interni delle auto) e altre numerose.


2. “Morte lenta” e ristrutturazione dello stabilimento di Cassino

La ristrutturazione dello stabilimento di Piedimonte SG è iniziata più di 20 anni fa, quando lo stabilimento contava ancora circa 9.000 dipendenti, con l’introduzione dell’organizzazione della produzione detta “just in time” così caratterizzata:

1. organizzare la produzione e i suoi volumi in modo da adattarli al massimo e tempestivamente ai volumi della domanda,

2. limitare gli accumuli di veicoli e componenti e ridurre al massimo i depositi di scorte.

L’altro pilastro della ristrutturazione è stata l’introduzione dell’organizzazione del lavoro WCM (World Class Manifacturing) e del sistema ergonomico detto Ergouas.

In generale le evoluzioni dell’organizzazione della produzione e del lavoro sono state finalizzate a massimizzare il tempo di lavoro di ogni singolo operaio. Ad esempio con l’introduzione del WCM e dell’Ergouas l’azienda è riuscita a tenere in catena di montaggio operai della categoria RCL (Ridotte Capacità Lavorative) con la scusa che l’Ergouas consentiva di lavorare con posture ergonomiche dunque non affaticanti. Ma come è vero che è migliorata l’ergonomia così è anche vero che sono aumentati enormemente i carichi di lavoro per singolo operaio.

Dai circa 9.000 operai di 20 anni fa l’azienda è passata all’attuale organico di 3.200 dipendenti principalmente attraverso una politica sistematica di mancato ricambio degli operai che maturavano i contributi per la pensione, con gli incentivi alla fuoriuscita anticipata e con periodiche campagne di licenziamenti mirati (prendendo spunto dalla frequenza di assenze, malattie e altro).

Allo stato attuale l’azienda sta cercando di liberarsi su larga scala degli RCL. Con accordo sottoscritto da CGIL-CISL-UIL il 27 maggio è stata varata una tabella di incentivi per indurre alla pensione anticipata gli operai ultra-cinquantenni a cui mancano 4 anni di contributi alla maturazione della pensione. Lo scopo è rivedere la pianta organica: far fuori gli operai scomodi (avanguardie di lotta, sindacalizzati, ecc.) e quelli RCL più spremuti per sostituirli con operai giovani, contrattualizzati con il jobs act (quindi meno garantiti) e senza esperienza sindacale o di lotta. L’obiettivo è la fabbrica “snella” e massimamente deregolamentata che va ben oltre la “flessibilità” di cui pure si fa gran parlare. Infatti la flessibilità, per come è stata introdotta dal pacchetto Treu passando per la legge Biagi, ecc. prevede delle regole (a favore del padrone ma pur sempre con limiti). Inoltre la flessibilità entro certi termini può essere necessaria: è normale che un’azienda abbia bisogno di impiegare l’operaio ora in una mansione ora in un’altra a seconda dei volumi produttivi che cambiano. Lo scenario che si prepara va ben oltre: l’azienda deve disporre dell’operaio come e quando vuole, in un sistema produttivo ultra-deregolamentato che le consenta qualunque cosa. È esemplificativa la vicenda dello stabilimento FCA americano di Sterling Heights, in Michigan, dove sono stati introdotti turni lavorativi di 12 ore.

A Cassino la “morte lenta” della produzione automobilistica passa:

1. dalla riduzione del personale dagli attuali 3.200 dipendenti ad un’azienda di poco più di 1.000 operai ultra-deregolamentati,

2. dall’eliminazione delle produzioni per il mercato di massa e dalla destinazione degli impianti alla sola produzione di auto di lusso (Maserati),

3. dall’aumento dei carichi di lavoro tale che un operaio fa quello che normalmente dovrebbero fare 3 operai; è il modello che sta sperimentando da alcuni mesi a questa parte: l’azienda ha mandato in cassa integrazione quasi la metà del personale mantenendo quasi invariati i volumi produttivi.

Oltre che gli incentivi ad andarsene per gli ultra-cinquantenni, un altro “segno dei tempi” è l’attacco che l’azienda sta sferrando ai capi-squadra. La fabbrica “snella” e “deregolamentata” non avrà bisogno soltanto di meno operai ma anche di meno capi. Tra questi si contano nell’ordine del centinaio gli esuberi che per ora sono tamponati dall’accordo del 27 maggio, con la possibilità di trasferta in altri stabilimenti.

Solo nell’80 c’era stato un attacco di portata così generalizzata che tocca dall’operaio ai capi.

I primi passi concreti di questo attacco sono consistiti nella riduzione dei costi di produzione delle aziende di servizi: tagli al lavaggio dei bagni, alle mense, ecc. e nel frattempo il passaggio da due turni lavorativi ad uno solo per i dipendenti diretti FCA-Stellantis e una consistente messa in cassa integrazione.

I segnali da parte operaia sono buoni. Sono molti gli operai ultra-cinquantenni che potrebbero andare via ma non accettano la buonuscita. Gli operai delle aziende di servizi ISCOT e Service Key sono in mobilitazione contro i tagli. Una parte di questi, organizzati dai sindacati di base, hanno preso l’iniziativa preventiva per impedire che CGIL-CISL-UIL firmino un accordo con l’azienda per il loro licenziamento. Lo hanno fatto depositando una diffida collettiva a CGIL-CISL-UIL dal fare accordi di conciliazione in loro nome. Infatti questa è una formula che se fosse adottata vieterebbe agli operai di avanzare pretese nei confronti dell’azienda.

Compagni di Cassino (FR)