La Voce 69 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - novembre 2021

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI

 

La Riforma Intellettuale e Morale è un’arma nelle mani dei comunisti: usiamola!

Cari compagni della redazione,

lo studio di Il ruolo dell’individuo nella storia di Plekhanov e delle Note di Samuel W. su di esso pubblicate in VO 68 (1) mi ha fatto riflettere più a fondo sulla Riforma Intellettuale e Morale (RIM) che noi comunisti dobbiamo compiere per renderci adeguati ai compiti della fase, in particolare sulla concezione e sull’approccio che un dirigente deve avere rispetto alla RIM.


1. Note su “Il ruolo dell’individuo nella storia” e la libertà di pensare e agire, VO 68, pag. 83.


Le riflessioni e la volontà di approfondimento sono legati al mio ruolo di quadro comunista: riguardano l’attività e i compiti miei, di compagni che dirigo direttamente, di compagni che non dirigo ma con cui ho a che fare nell’ambito della mia attività rivoluzionaria. Quindi quello che scrivo vuole essere anche un contributo per loro.

La nostra opera sta entrando in una fase più avanzata e questo per forza di cose mette alla prova ognuno di noi. Da una parte ci pone di fronte a compiti nuovi (richiede che impariamo a fare cose che non facevamo o che facevamo in maniera saltuaria) e dall’altra ci pone con più forza di fronte a vecchi limiti, nodi, tendenze: se prima era in qualche modo possibile conviverci in maniera più o meno tranquilla, adesso contrastano con le esigenze della nostra lotta e rappresentano un ostacolo all’adempimento dei nostri compiti. È necessario che ogni compagno avanzi nella sua RIM o, detto in altri termini, definisca più praticamente i passi avanti che ritiene di dover e poter fare. Più praticamente, quindi non cose astratte (tipo: combattere l’idealismo, assimilare il materialismo dialettico, ecc.) né elenchi dei costumi del “buon comunista”, ma la semplice e chiara indicazione dei passi in avanti che ritiene di poter fare e che migliorerebbero l’attività che svolge (tipo: gestire entrate e uscite personali e svolgere lavoro in campo finanziario, aumentare il tempo dedicato all’esercizio fisico, rendere meno prolissi i rapporti inviati ai dirigenti, fare piani di lavoro settimanali, fissare il tempo e il tema dello studio e altri passi analoghi). Questo vale tanto più quanto più un compagno ha ruoli di direzione, poiché quello che fa (e come lo fa) o non fa influisce maggiormente sullo sviluppo della nostra opera.

A corollario di questa premessa, e del ragionamento che svilupperò, c’è il concetto che Plekhanov fissa nella sua opera, un concetto che precorre il sesto apporto del maoismo (“i comunisti non sono solo soggetto della rivoluzione ma anche oggetto”: bisogna trasformarsi per trasformare il mondo) e quello Antonio Gramsci indicherà nelle sue riflessioni, in particolare in Che cosa è l’uomo? [in Quaderni del carcere, Quaderno 10, Nota 54].(2) La questione, presa da un punto di vista molto generale, attiene a quello che probabilmente è stato il più grande interrogativo della filosofia: “L’uomo può dominare il proprio destino? Può crearsi una vita? Che importanza ha l’uomo e la sua volontà nel creare se stesso e la vita che vive?”. Il materialismo dialettico dà una risposta a questa domanda indicando la relazione tra due aspetti della realtà: tra condizioni oggettive e condizioni soggettive. Il materialismo dialettico ci insegna che sono le masse popolari a fare la storia. La marcia degli uomini e delle donne che attraversa i millenni della nostra storia, di una storia che è dunque collettiva, ci dice chiaramente che lo sviluppo delle società è il frutto della lotta che l’umanità stessa ha condotto per emanciparsi dal bisogno.


2. In proposito si rimanda a Sulla filosofia e i suoi argomenti, Edizioni Rapporti Sociali, pag. 5.


In questa lotta sono nate le classi, si sono affermati determinati rapporti sociali e le loro corrispondenti istituzioni.

In questa lotta, giunti a un certo sviluppo della società, si sono formati anche i presupposti oggettivi per il superamento dei rapporti sociali vigenti, i rapporti di produzione capitalisti. Questi hanno determinato un avanzamento della specie umana, ma oggi sono catene che impediscono un ulteriore progresso e anzi mettono a repentaglio la sua stessa sopravvivenza.

Siamo giunti a una fase in cui la contraddizione endemica della società borghese, ossia quella tra il carattere sempre più collettivo delle forze produttive e i rapporti di produzione marchiati dalla proprietà privata, può essere superata solo con il passaggio alla società comunista. Il comunismo è il movimento reale di trasformazione dello stato delle cose presenti.

Questo è il perimetro oggettivo entro cui il proletariato si muove da circa 150 anni ed è, al contempo, il terreno oggettivo della nascita del movimento comunista cosciente e organizzato.


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Sostenere, allargare, coordinare e sviluppare le mobilitazioni di cui la classe operaia, il proletariato e le masse popolari sono protagonisti è il compito di tutti coloro che non vogliono limitarsi al lamento, alla critica o alla declamazione contro l’opera dei capitalisti e delle loro autorità, ma intendono contribuire al cambiamento. Tutte queste mobilitazioni sono oggi oggettivamente accomunate dall’obiettivo di abbattere il governo Draghi, attuatore e continuatore del programma comune dei padroni, dei banchieri e della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti. Tutte queste mobilitazioni devono concorrere alla costituzione di un governo di emergenza delle masse popolari organizzate che noi abbiamo chiamato Governo di Blocco Popolare! (…) Ma contribuire a estendere e a rafforzare le lotte delle masse popolari non basta. In questo contesto favorevole all’avanzamento della rivoluzione socialista dobbiamo mettere la massima cura ad evitare che in Italia succeda ancora una volta quello che è già successo più volte: nel Biennio Rosso 1919-1920, nel periodo 1943-1948 e negli anni ’70. La mobilitazione delle masse cresce ma non trova un partito comunista in grado, grazie alla comprensione più avanzata delle condizioni, delle forma e dei risultati della lotta di classe che gli è propria e al legame che esso ha con le masse, di dirigerla a compiere uno dopo l’altro i passi necessari fino ad arrivare alla vittoria. Sono allora forze apertamente reazionarie (un clamoroso esempio lo ha dato recentemente negli USA il gruppo raccolto attorno a Donald Trump che si è giovato degli operai che, delocalizzando, i capitalisti avevano cacciato dalle fabbriche) o l’ala destra del movimento socialista/comunista che prendono la direzione delle masse popolari e rendono sterile la loro mobilitazione. Nei paesi imperialisti la borghesia ha creato condizioni favorevoli a questa operazione: la vastità dell’aristocrazia proletaria si combina con l’ideologia egualitaria che trascura il ruolo che l’individuo svolge nella storia umana. Assistiamo al paradosso di un movimento comunista che da una parte è caratterizzato dal ruolo determinante che alcuni individui hanno svolto nei movimenti nazionali e nel movimento internazionale (Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao, Kim Il Sung, Ho Chi Minh, Fidel Castro e altri) e che dall’altra non favorisce l’emergere e la formazione di capi ed esalta un’eguaglianza (“fare come le masse popolari”, “siamo tutti eguali”) che non è compatibile con l’oppressione borghese e clericale che le masse popolari subiscono. L’eguaglianza è un obiettivo, non la realtà. Noi comunisti condurremo l’umanità a costruire una società senza divisione in classi e dove ogni individuo sarà formato e spinto a sviluppare al massimo la sua capacità di partecipare alle attività specificamente umane. Proprio per questo dobbiamo prendere atto che oggi non c’è eguaglianza: l’eguaglianza è il risultato della rivoluzione socialista, non il punto di partenza” (dal Comunicato CC 29/2021 del 2 ottobre 2021).

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In questo perimetro, “l’attività del singolo è o no un anello decisivo della catena degli eventi che compongono lo sviluppo dell’umanità?” si chiedeva Samuel W. nelle sue Note pubblicate in VO 68.

Ecco, qui vengo al succo delle riflessioni e lo faccio citando direttamente Plekhanov: “I rapporti sociali hanno una loro logica: gli uomini, fino a che si troveranno in rapporti determinati, sentiranno, penseranno e agiranno in un dato modo e non altrimenti (…). Ma se io so in che senso cambiano i rapporti sociali in virtù di determinati mutamenti nel processo sociale ed economico, so pure in che senso cambierà la psicologia sociale, di conseguenza ho la possibilità di influire su di essa. Influire sulla psicologia sociale vuol dire influire sugli avvenimenti storici. Quindi in un certo senso posso fare la storia e non devo aspettare che essa sia fatta”.(3)


3. Il ruolo dell’individuo nella storia, Edizioni Rapporti Sociali, pag. 54.


Questo passaggio è molto pertinente con i nostri compiti e illuminante rispetto alla concezione che noi quadri comunisti dobbiamo avere della RIM e dei processi di Critica-Autocritica-Trasformazione (CAT).

Non nascondo che nell’ambito della mia militanza nella Carovana del (nuovo)PCI ho talvolta vissuto con una certa insofferenza l’approccio alla RIM e alla CAT da parte di alcuni dirigenti e che molto probabilmente perpetuavo io stessa nella mia pratica e verso i compagni che dirigo. Parlo di un approccio idealista e dogmatico, che consiste nel concepire e presentare la RIM e la CAT (che per noi comunisti sono strumenti di adeguamento ai compiti della lotta di classe propri della fase) come processi di auto-perfezionamento dell’uomo in generale, facendo conseguentemente intendere che l’uomo nuovo corrisponde a una sorta di super-uomo, con tutte le frustrazioni che un approccio simile genera nei compagni, e che la RIM e la CAT è un martirio, un sacrificio, un’impresa inarrivabile - direi quasi ascetica - anziché un’opportunità per adempiere ai compiti della fase e allo stesso tempo uno strumento di emancipazione, di liberazione anche individuale.


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Noi oggi abbiamo posizioni di principio relativamente chiare e ferme, ma scarsa esperienza. Quindi a un quadro chiediamo di contribuire con la sua esperienza e riflessione ad arricchire la nostra scienza e di non abbandonarsi a rivendicazioni e divagazioni. A un quadro diciamo: studia l’esperienza delle relazioni che hai avuto nel contesto in cui sei cresciuto e tirane insegnamenti su come condurre meglio la lotta di classe e come avanzare nella tua RIM, condividili con il Partito e applichiamoli. Noi non pretendiamo di essere onniscienti e infallibili. Cerchiamo di individuare e correggere i nostri errori e di superare i nostri limiti: impariamo a guidare le masse popolari italiane a instaurare il socialismo e a contribuire alla rinascita del movimento comunista nel mondo.

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Cosa vuol dire per un comunista emanciparsi, liberare se stesso praticando la RIM e la CAT?

Significa, parafrasando Gramsci, diventare attivo, cioè capace di modificare l’ambiente circostante, coerentemente con le leggi che governano il processo di trasformazione dell’ambiente stesso.

Il compito di noi comunisti, la nostra causa, è fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Modificare se stessi, trasformarsi e conquistare la propria libertà, significa comprendere il senso profondo di questa causa: una causa collettiva, una causa che ci unisce come componenti singoli di una classe e che ci deve vedere organizzati come componenti singoli di una struttura collettiva che è il partito, il partito comunista.

È nel partito che gli elementi più avanzati del proletariato, in primis della classe operaia, hanno l’opportunità di darsi i mezzi di questa trasformazione e di darsi un piano per combattere questa guerra.

La conoscenza (della realtà) è potere: potere di emanciparsi, potere di liberarsi dal bisogno e dalla condizione di oppressione.

Nel passaggio sopra citato Plekhanov spiega bene la dialettica tra il livello della nostra coscienza (di noi comunisti) e le condizioni concrete in cui agiamo (dato che viviamo ancora in una società borghese).

Infatti, vale anche per noi comunisti (in una certa misura) che il modo in cui agiamo e sentiamo è sagomato dall’ambiente da cui proveniamo, in cui viviamo e in cui operiamo. La soluzione non è rifiutare quell’ambiente, ma conoscere come questo stesso ambiente può essere trasformato, cioè come e in che senso i vigenti rapporti sociali devono essere sconvolti, trasformati e sostituiti.

Questa conoscenza della società futura (che facciamo nascere sviluppando i presupposti di essa esistenti nel presente) ci permette di comprendere quali sono gli strumenti intellettuali, morali, psicologici, sentimentali di cui abbiamo bisogno per combattere questa guerra fino alla vittoria.

Ci permette di conquistarli in un percorso che non è certamente semplice, né tanto meno definito e perimetrato a tavolino, ma che è tanto più necessario quanto più la crisi precipita, il movimento di resistenza spontaneo delle masse popolari si sviluppa, necessita e chiede una direzione, la direzione dei comunisti.

Quindi è comprendendo e assimilando i compiti della fase che comprendiamo perché e come dobbiamo evolverci e trasformarci: cosa dobbiamo diventare!


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Ci sono compagni che per la loro formazione sono particolarmente sensibili agli stati d’animo (propri, delle persone che sono loro care e anche delle persone che li circondano).

Per adempiere al ruolo di promotori e dirigenti della guerra delle masse popolari contro la borghesia e il clero, ognuno di noi deve arrivare a non lasciarsi dominare dagli stati d’animo ed evitare di impostare la propria attività su di essi. Ci possono essere situazioni ed eventi dolorosi e anche atroci nella nostra vita, passati e presenti, vicini e lontani. Quello che è successo non siamo in grado di impedire che sia esistito ed è sbagliato piangerci sopra. Bisogna imparare dall’esperienza il massimo che siamo capaci di imparare (ed emergono di momento in momento nuovi insegnamenti). Quello che ognuno di noi ha vissuto, altri lo hanno vissuto e altri lo vivono ancora oggi, perché siamo ancora nella stessa epoca. Ognuno di noi deve far tesoro per gli altri, per il presente e per il futuro, delle lezioni che ne tira. Nessuno di noi è in grado di rimediare al passato e, nel presente, a situazioni che ci sono state e che ci sono. Ognuno di noi è invece in grado di contribuire a costruire una storia più felice, di contribuire a mobilitare chi oggi è in grado di combattere. I morti dobbiamo seppellirli con l’onore e con il rispetto che meritano. Ogni ammalato avrà le cure di cui ha bisogno se indirizziamo la società nella direzione giusta. Se invece dedichiamo personalmente la nostra vita a lui, contribuiamo a perpetuare lo stato delle cose per cui gli ammalati poveri sono per nulla o poco e male curati (come chi fa l’elemosina, la suora di carità e altri ruoli analoghi esistenti in ogni società di oppressori e oppressi). Ovviamente se in una circostanza e in un momento concreto puoi alleviare la sofferenza di qualcuno senza venir meno ai tuoi compiti e al tuo ruolo nella lotta in corso, lo fai. Non sono i sentimenti che mancano, ma abbiamo imparato e impariamo a mettere in primo piano il ruolo e i compiti propri della lotta per instaurare il socialismo, per porre fine all’oppressione della borghesia e del clero e alla divisione in classi.

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In sintesi diventare capi comunisti praticando la RIM e la CAT significa, parafrasando Plekhanov, dotarci di quegli strumenti che fanno di noi (e che faranno degli altri che si uniranno a noi) individui più capaci di servire le grandi necessità sociali della nostra epoca.

Questa è un’impresa e una scelta al contempo individuale e collettiva. Le due cose sono in rapporto dialettico nella misura in cui la volontà individuale, che è essenziale affinché ognuno faccia la propria parte, si combina con la consapevolezza che non si tratta di fare una “rivoluzione delle coscienze”, ma dei rapporti di produzione, di creare adeguati rapporti di forza in tutti i campi, in ogni terreno dello scontro di classe: politico, economico, sociale, culturale, militare. In questo senso, e per questi motivi, è un’impresa anche e soprattutto collettiva, cioè che chiama la classe, i figli migliori della nostra classe a unirsi nel partito e al partito, al partito comunista che della nostra classe, delle sue esigenze e delle sue aspirazioni è l’espressione più alta, cosciente e organizzata, compiuta.

L’uomo sociale è l’unico fattore di cambiamento storico: per realizzare il cambiamento che occorre, per fare la rivoluzione socialista, quest’uomo deve adoperarsi per la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato e parteciparvi nella maniera più attiva di cui è capace e con la disponibilità a imparare e diventare più attivo e capace.

A questo compito ciascuno di noi è chiamato. La RIM e la CAT sono le armi che ci occorrono per diventare migliori promotori e dirigenti di questa storica impresa.

Vera Z.