La Voce 07 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno III - marzo 2001

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Sul terreno delle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista

Legare i lavoratori avanzati al lavoro di ricostruzione del partito comunista o limitare il loro impegno agli interessi immediati dei lavoratori? Fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo o occuparsi degli interessi immediati della classe operaia per distoglierla dal comunismo e dalla ricostruzione del partito?

 

La ricostruzione del partito comunista è oggi il centro della lotta tra la classe operaia e la borghesia imperialista. Bisogna guardare e valutare ogni iniziativa delle FSRS e della borghesia imperialista e ogni avvenimento dal punto di vista della ricostruzione del partito comunista.

La resistenza delle masse popolari al procedere della crisi del capitalismo è anzitutto, alla sua larga base, un movimento spontaneo ed elementare, un terreno per così dire ancora neutro. Su di esso da un lato agisce la borghesia imperialista per smorzare, dividere, distogliere, raccogliere forze per la mobilitazione reazionaria delle masse, dall’altro agiscono i comunisti.

Gli elementi delle masse che nella resistenza cominciano ad acquistare influenza sociale, a fare piani e prendere iniziative si trasformano in lavoratori avanzati e FSRS, a secondo del loro orientamento e del livello della loro attività. Nell’azione delle vecchie e delle nuove FSRS bisogna distinguere ciò che è utile alla ricostruzione del partito e ciò che è di ostacolo o sottrae energie alla ricostruzione del partito. Nella lotta con le FSRS che ne consegue, non bisogna porre in primo piano il fatto che molte iniziative di massa delle FSRS antipartito hanno comunque anche un aspetto positivo perché per una parte delle masse sono occasione di mobilitazione e di aggregazione e un’esperienza di lotta. Nel lavoro di massa occorre trarre vantaggio da questo lato positivo, ma nel lavoro con le FSRS occorre considerare principale il ruolo che ognuna di esse svolge ai fini della ricostruzione del partito. Si profila una fase di ripresa delle lotte rivendicative e di difesa dei lavoratori, in particolare dei lavoratori delle grandi aziende: gli scioperi alla FIAT ne sono l’emblema. La borghesia attacca e attaccherà su larga scala nei prossimi mesi, quale che sia il governo in carica, proprio i lavoratori delle grandi e medie aziende, quelli ancora con CCNL e Statuto dei lavoratori: Fazio è l’animatore dell’attacco e il Vaticano il suo centro dirigente. È positivo che gli operai costituiscano comitati e coordinamenti e tengano riunioni e dobbiamo appoggiare la loro iniziativa. Ma svolgono un ruolo sinistro le FSRS che usano comitati, coordinamenti e riunioni per restare estranee al lavoro di ricostruzione del partito comunista e per evitare che gli operai avanzati si leghino a questo lavoro. Non usare la prossima campagna elettorale per raccogliere forze per la ricostruzione del partito smaschera le FSRS antipartito.

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Accantonare le divergenze?

O portare a fondo la lotta tra le due linee e condurre con forza la lotta ideologica?

 

 “Farla finita con le lotte su ciò che ci divide, perché sono lotte sterili, residuati del passato”: è diventato un appello di moda. Il sottinteso è “uniamoci per i nostri interessi immediati, uniamoci sulle disgrazie che ci accomunano, uniamoci contro il capitalismo, lasciamo perdere il patrimonio di esperienza e di teoria del movimento comunista, lasciamo perdere l’obiettivo della lotta”; “è già tanto se gli operai arrivano a schierarsi contro il capitalismo, figurarsi se si schierano per il comunismo”.

Siccome per i proletari l’unità fa la forza (e questo ognuno lo capisce), allora sedicenti comunisti van predicando che per unirsi basta un po’ di buona volontà, un convegno, un coordinamento (nazionale o internazionale) convocato con l’esortazione a unirsi. Se finora non ci si è uniti, è perché mancava la buona volontà o perché nessuno ci aveva pensato. E così si scarta l’esperienza e si ricomincia ... a rifare i vecchi errori.

Gli avvenimenti di questi giorni danno una buona lezione agli ingenui e a quelli che vogliono ridurre tutto alle azioni e iniziative immediate, “pratiche” (agli empiristi). I compagni del Revolutionärer Aufbau di Zurigo hanno recentemente smascherato Manfred Schlickenrieder del Gruppe 2 di Monaco di Baviera che lavorava per conto dei Servizi di spionaggio della Germania (Bundesnachrichtendienst (BND) e Bundesverfassungsamt (BfV)) e di una società privata inglese di spie, Hakluyt, che offriva i suoi remunerati servizi a vari organi della controrivoluzione preventiva (tra cui il SISDE) e a grandi gruppi imperialisti (tra cui Royal Dutch Shell).(1)

 

1. La documentazione dettagliata delle attività di Manfred Schlickenrieder è disponibile (Originaldokumente) sul sito Internet del Revolutionärer Aufbau http://www.aufbau.org.

 

Lo spione ha svolto la sua attività per circa 20 anni contro il movimento rivoluzionario in Germania, Svizzera, Italia, Belgio, Francia e Spagna. I compagni svizzeri hanno fatto il bilancio dell’esperienza. Le loro conclusioni? I compagni avevano notato che MS non esprimeva mai un’opinione politica ben definita, restava sempre sul vago, non approfondiva mai le sue posizioni ed evitava legami organizzativi stretti. Ma essi giustificavano questa attitudine come una questione di carattere e non avevano spinto la discussione con lui più in là di tanto, perché il loro interesse si limitava alla rete di distribuzione della propaganda che MS metteva a loro disposizione in Germania. Erano pronti a chiudere un occhio sulle carenze ideologiche del tipo, dato che faceva una distribuzione tecnicamente buona. Insomma “davano la priorità a quello che li univa” ed “evitavano lotte su ciò che li divideva”. Giustamente i compagni ora concludono che “non si criticherà mai abbastanza un tale atteggiamento”.

 In La Voce n. 3 (pag. 23) indicavamo che “la concezione comunista del mondo è la prima delle nostre armi nella lotta contro infiltrazioni, provocazioni e tradimenti. È impossibile per un borghese e per un poliziotto nascondere per un lungo periodo e nelle varie situazioni della nostra attività la sua reale concezione del mondo”. Anche il tradimento in generale non incomincia con atti concreti, ma dalla concezione e dai sentimenti, con un’erosione della fiducia e della convinzione verso la causa, che non viene percepita e curata in tempo affrontando le questioni che la generano. Questa è la posizione che i comunisti devono adottare. Anzitutto bisogna individuare in modo giusto, fase per fase, qual è la questione principale. In secondo luogo bisogna tener conto di ciò che unisce e di ciò che divide, delle questioni principali e delle questioni secondarie, delle posizioni e azioni passate e di quelle presenti, della concezione del mondo e non solo delle azioni concrete. Ogni poliziotto che si infiltra nelle nostre fila osserverà accuratamente la disciplina e lo statuto. È sbagliato voler limitare l’ambito di interesse dell’organizzazione e la sua unità “ai fatti, ai risultati pratici, all’adempimento dei compiti affidati”. In un’organizzazione che è un organo di combattimento per una causa complessa e difficile come quella di porre fine non solo al capitalismo ma anche a millenni di oppressione di classe, dobbiamo affrontare la furibonda e illimitata resistenza di tutti gli sfruttatori, i ricchi, i parassiti e i corrotti. Ogni compagno deve sapere quanto può contare sul compagno che gli è vicino. Per questo la cellula di partito è la nostra unità di base in questa lotta. La compartimentazione nell’attività clandestina ha i suoi diritti, ma non elimina questa unità, aumenta l’importanza dell’unità ideologica e politica, proprio perché alcuni “fatti” invece non sono noti. Le questioni secondarie non vanno accantonate, vanno trattate come loro si addice. Accantonarle non è un rimedio al trattarle malamente. Costruire il partito, trasformarsi per diventare adeguati ad essere membri del partito vuol dire anche adottare un atteggiamento di piena apertura verso i propri compagni, essere aperti alla critica e al controllo, in modo che ogni nostro compagno impari dall’altro quello che c’è da imparare e critichi quello che c’è da criticare. Non possono esistere nel partito “regni separati”, “questioni private”, autonomie. Ogni compagno deve rispettare le particolarità e le diversità dell’altro, non perché non le conosce o le condivide, ma perché comprende che sono parte di un processo e di un insieme multiforme che è l’umanità che marcia verso il comunismo. 

 

 

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Lettera della SN dei CARC alle altre FSRS

I CARC raccolgono l’Appello della CP

 

Cari compagni,

 

la SN dei CARC propone al confronto e al dibattito delle FSRS e delle organizzazioni di massa l'Appello-Piattaforma "Costituiamo il Fronte popolare per la ricostruzione del partito comunista che partecipi alle elezioni politiche" allegato alla presente.

 La proposta di "costituire il Fronte per la ricostruzione del partito comunista che partecipi alle elezioni del 2001" è stata lanciata alle FSRS dalla Commissione Preparatoria (CP) del congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano (vedi La Voce n. 6, novembre 2000). La SN dei CARC ha valutato positivamente la proposta e ha deciso di raccogliere l'appello e di avviare un confronto per verificare le possibilità concrete di sviluppo di un'iniziativa unitaria tra le diverse forze che oggi si pongono nel campo della lotta per la ricostruzione del partito comunista e per il socialismo.

Nell'Appello-Piattaforma vengono illustrate l'analisi e le ragioni che guidano quest'iniziativa di massa unitaria e gli obiettivi che i comunisti oggi si pongono con la partecipazione alla prossima campagna elettorale: raccogliere consensi, forze e risorse per la costituzione del partito.

I CARC ritengono che la partecipazione a questo lavoro favorirà sotto diversi aspetti lo sviluppo della lotta per la ricostruzione del pc:

- rafforzerà la lotta per il partito condotta dalla sinistra delle attuali FSRS (costituita da chi si pone consapevolmente come compito principale della fase la ricostruzione del pc), dai lavoratori avanzati e dagli elementi avanzati delle masse popolari;

- contribuirà a far superare i limiti e la frantumazione delle attuali FSRS e delle altre organizzazioni delle masse, favorendo il percorso per la costruzione di una base ideologica e politica comune e giusta, necessaria per avanzare nella costruzione del pc;

- contribuirà alla lotta in corso contro l'influenza del revisionismo, del riformismo e della cultura borghese di sinistra nelle FSRS, nei lavoratori avanzati e nelle masse popolari. Lotta che oggi concretamente si traduce nella lotta contro il movimentismo (il movimento è tutto il fine è nulla, non serve il partito bisogna sviluppare il movimento, ecc.), il dogmatismo (riproporre teorie e pratiche che non tengono conto del bilancio dell'esperienza del movimento comunista e dell'analisi materialistica e dialettica della realtà) e il settarismo (concepire la lotta per il socialismo come lotta da piccola setta di "puri" staccati dalle masse e dal contesto della lotta di classe);

- contribuirà a ridare fiducia nella causa del socialismo alle FSRS stesse, ai lavoratori e alle masse popolari e a rafforzare il movimento di resistenza all'eliminazione delle conquiste.

La partecipazione alla campagna elettorale è sicuramente un lavoro parziale che si inserisce nella più generale lotta in corso per la costruzione del pc, rappresenta un'occasione per un nostro intervento in un'iniziativa che oggi è diretta e gestita quasi esclusivamente dalla borghesia imperialista sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari. I lavoratori e le masse popolari, in assenza di un partito che rappresenta realmente i loro interessi immediati e strategici, diventano massa di manovra al carro di questo o quel gruppo della borghesia. L'intervento dei comunisti, di quelli che vogliono ricostruire il partito comunista, in queste condizioni rappresenta un piccolo, ma significativo, segnale della reale e concreta loro autonomia non solo dalla borghesia ma anche da tutti i riformisti (senza riforme) vecchi e nuovi.

I CARC invitano le FSRS e le organizzazioni di massa destinatarie della presente a partecipare a questa iniziativa, anche con l'invio delle loro riflessioni, suggerimenti, critiche e osservazioni e sono disponibili a organizzare incontri di chiarimento e approfondimento della proposta.

Per contatti rivolgersi presso i CARC locali o scrivere alla SN c/o Edizioni Rapporti Sociali, via Tanaro, 7 - 20128 Milano, tel/fax 02 26 30 64 54, e-mail: carc@riseup.net

 

Milano, 24.11.00

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 Iniziativa Comunista

La politica di un accordo tecnico

 

Norberto Natali, segretario di Iniziativa Comunista, candidato nel Collegio uninominale di Crotone alla Camera dei Deputati. Rifondazione Comunista a Crotone appoggerà IC, IC a Roma e Milano appoggerà il PRC. Questa sembra la logica della decisione di IC.

Riflettiamo. IC fa un accordo tecnico con il PRC, il PRC a sua volta fa un accordo tecnico con il Centro-Sinistra, il C-S a sua volta fa la stessa politica anticomunista, antioperaia e antipopolare della destra, collabora con la destra nello stesso tempo in cui litigano tra loro per distrarre l’attenzione dalla comune rapina ai danni delle masse. Questo è il quadro della situazione.

Perché non un “accordo tecnico” con le altre FSRS? Questo, pur con i suoi limiti, avrebbe portato più lavoratori avanzati a legarsi al lavoro della ricostruzione del partito e avrebbe creato un terreno più favorevole alla ricostruzione. L’accordo tecnico con il PRC dove può portare? Supponiamo per assurdo che Natali sia eletto deputato. Nel migliore dei casi, se è molto bravo e non continua sulla strada degli accordi tecnici, potrà fare un po’ meglio di Mara Malavenda. Ma di sicuro IC a Roma, che è l’unico posto dove ha una certa influenza, sarà più invischiata nel suo rapporto di amore-odio con il PRC e i legami con le altre FSRS di sinistra saranno più allentati (più frantumazione). Un bel risultato!

Meglio cento lavoratori avanzati in più legati al lavoro di ricostruzione del nuovo partito comunista che 10.000 o 100.000 voti ottenuti aggregandosi in qualche modo al carro del PRC che è aggregato al carro ecc. ecc.

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Laboratorio Marxista

Perché è più facile scivolare a destra che andare a sinistra?

 

I compagni di Laboratorio Marxista e del Circolo Iskra hanno dato, con l’opuscolo Seminare per raccogliere, un buon contributo alla causa della ricostruzione del partito comunista. Chiamati a darne un altro, con la campagna elettorale, si sono bloccati: non siamo pronti, non sappiamo, abbiamo delle divergenze. Il caso merita che tutti, non solo i diretti interessati, ci si rifletta.

 Certamente ci sono divergenze tra le FSRS di sinistra. Ma avevate divergenze anche con le varie componenti della CCA, avete divergenze anche con La contraddizione: eppure vi è stato più facile fare causa comune con loro di quanto vi sia oggi fare causa comune con la sinistra delle FSRS. A noi pare evidente che l’apparente assurdità del comportamento ha una spiegazione semplice. La costruzione del partito comunista, la trasformazione in comunisti è per sua natura rottura con l’influenza della borghesia, sia pure di sinistra e l’assunzione di un ruolo maggiore, più difficile e di maggiore responsabilità nel proprio campo. Si tratta di liberarsi da concezioni, abitudini e frequentazioni in cui si concretizzava la sottomissione alla borghesia, di rompere con l’inerzia, l’incertezza e l’inconcludenza che erano lo stato d’animo adeguato a quella sottomissione, di rompere con la catena di mediazioni che “di amico in amico” porta alla borghesia imperialista che tira l’intera catena. La destra è il vecchio da cui venite e a cui vi è “normale” ritornare ogni volta che smettete di avanzare; la sinistra è il nuovo verso cui con baldanza ci pare che vi siate mossi. Ogni volta che misurerete le nuove iniziative con il vecchio metro a cui eravate abituati (ad esempio misurerete i risultati di una campagna elettorale del Fronte Popolare col metro in uso nel PRC e nelle liste sostitutive come quelle che si sono presentate alle regionali in Campania e in Emilia), troverete che i conti non tornano. Man mano che avanzerete nel nuovo, esso vi apparirà però meno nebuloso, perché vedrete le stesse cose con occhi nuovi, quelli che Gianfranco Pala non vuole. Auguri!

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Linearossa

 

Questioni di fondo e concezione del mondo

 

Linearossa ha declinato l’invito dei CARC a costituire il FP-rpc e condurre campagna nelle prossime elezioni.

“(...) i compagni e le compagne espulsi/e dai CARC nel ‘97 sono gli stessi e le stesse che hanno costituito l’Organizzazione Linearossa e in mancanza di una sincera e profonda autocritica da parte vostra sui metodi borghesi usati a suo tempo nella discussione interna ai CARC, siamo costretti a declinare l’invito. Allora e in seguito, avete detto e scritto falsità, calunnie e accuse prive di fondamento nei nostri confronti. (...)”

(Linearossa n. 19 - 17.11.00).

Questa sarebbe una “questione di fondo”: su essa infatti LR non può transigere. Nello specifico ha risposto la SN dei CARC destinataria del rifiuto (Rapporti Sociali n. 26/27 pag. 29). Ma è sbagliato svilire le lotte ideologiche attraverso cui veniamo costruendo il partito comunista. È frutto di una concezione che riduce il movimento della società e le lotte delle sue classi alle gesta degli individui (individualismo). Che coerenza e serietà c’è in chi da una parte proclama (visto che è dottrina generale del movimento comunista) che per ricostruire il partito comunista è indispensabile la lotta ideologica e poi dall’altra, ad ogni concreto episodio di lotta, isola gli inevitabili aspetti folcloristici e personali della lotta e dei suoi protagonisti, ignora e occulta gli aspetti sostanziali dello scontro e dà rilievo solo o principalmente ai primi e quindi riduce la lotta ideologica ad essi?

 Gli attuali dirigenti di LR hanno rotto nel 1997 con la disciplina dei CARC per importanti divergenze ideologiche e politiche che gli sviluppi successivi hanno confermato. Esse sono analoghe a quelle che hanno portato nel 1999 alla scissione del gruppo Rivoluzione (a parte il comportamento banditesco di Claudio Latino e di altri 3 individui del gruppo Rivoluzione e la tolleranza dell’intero gruppo nei loro confronti che denota che l’intero gruppo manca anche di vigilanza rivoluzionaria e di etica comunista):

1. Rifiuto di mettere al centro della propria attività l’elaborazione del Manifesto Programma (il lavoro che portò al Progetto di Manifesto Programma pubblicato nel 1998) e la creazione delle condizioni per la ricostruzione del partito.

2. Rifiuto di sostenere il lavoro della Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (n)PCI.“(...) non siamo disposti a raccogliere appelli lanciati da chi non conosciamo (“commissione preparatoria del congresso di fondazione del nuovo partito comunista), da parte di chi non possiamo, in qualche modo, controllare e verificare. Non intendiamo dipendere da nessuno, tanto meno da chi non sappiamo chi realmente sia. L’ignoranza favorisce i giochetti del primo furbo che passa, dell’intrigante di turno, del più scalcinato avventurista” (Linearossa n. 19 - 17.11.00).

Ben detto. Più chiaro di così non si può! Da confrontare con la Dichiarazione della Segreteria Nazionale dei CARC a proposito del lavoro della CP, pubblicata su Resistenza n. 6 - 1999.

Ad ogni passo nel lavoro corrente delle FSRS si esprimono importanti divergenze. Le riassumiamo.

1. Orientamento: oscillazioni dovute alla mancanza di una consapevole adesione a una organica concezione del mondo. La nostra concezione comunista è espressa nel Progetto di Manifesto Programma, che non sorge dal nulla ma dal lavoro di assimilazione del patrimonio del movimento comunista e di analisi della realtà attuale condotta a partire dal 1984 con la rivista Rapporti Sociali e dalla verifica nella pratica della lotta di classe condotta dai CARC a partire dal 1992. Essa viene via via precisata e verificata dal lavoro sul PMP che condurrà al Manifesto Programma che sarà approvato dal congresso di fondazione del partito.

2. Organizzazione: confusione diseducativa tra organismi di partito e organismi di massa, tra lavoro di partito e lavoro sindacale, tra raccolta delle forze rivoluzionarie e sostegno alle lotte rivendicative, sovrapposizione di compiti e funzioni senza definizione di priorità. Ciò rende impossibile raccogliere, formare e accumulare forze rivoluzionarie e diventa un lavoro antipartito.

3. Propaganda: esplicita o implicita propaganda di posizioni non organicamente inserite in una definita concezione (Manifesto Programma), quindi spesso a rimorchio della borghesia imperialista che predomina nella cultura corrente e nei pregiudizi.

4. Lavoro di massa: sostegno alle lotte di difesa delle conquiste e alle lotte rivendicative senza fare di ognuna di esse una scuola di comunismo (quindi comportamenti dettati, a seconda dei casi, da concezioni economiciste, movimentiste, codiste, anarchiche, ecc.). Oggettivamente un lavoro di diversione dei lavoratori dalla ricostruzione del partito comunista.

 “Presentare una lista per le elezioni della primavera del 2001 (...) comporterebbe un’Organizzazione all’altezza dell’impegno, un accordo comune tra organizzazioni, organismi, gruppi, uno sforzo organizzativo specifico e un radicamento reale e adeguato nella classe. (...) È infatti evidente, per noi, che tra le forze soggettive della rivoluzione socialista non vi siano, oggi, anche se queste riuscissero a coalizzarsi (?!), le condizioni per presentare una lista tanto credibile e autorevole da non farla incorrere in un clamoroso fiasco” (Linearossa n. 21 – 29.12.00). Questa la motivazione “di sostanza” con cui LR rifiuta di partecipare alla prossima campagna elettorale nel Fronte Popolare per la ricostruzione del Partito Comunista. Al contrario noi riteniamo che si debba partecipare alla campagna elettorale presentando una lista ovunque si raccolgono le firme necessarie e altrove usando il voto per propagandare e rafforzare la ricostruzione del partito, proprio perché non siamo ancora “radicati nella classe”. La campagna elettorale è uno dei modi per “radicarci nella classe”. Quando avremo raggiunto un “radicamento reale e adeguato nella classe” non avremo più bisogno di partecipare alle campagne elettorali, o vi parteciperemo in altro modo e con altri obiettivi. Se con la campagna elettorale riusciremo (e se lavoriamo bene ci riusciremo) a legare al processo di ricostruzione del partito comunista alcune nuove decine o centinaia di lavoratori avanzati, a stabilire un qualche legame di partito con essi e avremo creato un terreno più favorevole alla ricostruzione del partito (questo risultato è connesso al primo, ma non identico), noi riterremo di aver ricavato dalle prossime elezioni quanto è possibile ricavare, in barba alla borghesia imperialista che indice e dirige le elezioni per i suoi interessi briganteschi e criminali. Non siamo né degli illusi (di raccogliere centinaia di migliaia di voti) né dei parlamentaristi (per i quali se non ottieni deputati non vale la pena presentarsi alle elezioni).

E vi ostinerete ancora a dire che nel ‘97 avete rotto con i CARC solo per il cattivo carattere e la sete di potere dell’allora segretario! È la vostra concezione individualista dei rapporti sociali che vi acceca.

“La nostra proposta del “Fronte della ricostruzione del partito comunista”, rivolta a chi intende dare priorità a ciò che ci unisce anziché a ciò che ci divide, se quanto ci divide non riguarda questioni di fondo, è il passo concreto da compiere oggi per la ricostruzione del partito” (Linearossa n. 21 - 29.12.00)

Sarebbe quindi opportuno che LR e IC indicassero i “motivi di fondo” per cui nel 2000 hanno rotto il “Fronte della ricostruzione del partito comunista” che avevano costituito nel 1999. Le scissioni conseguenti a lotte ideologiche o politiche serie, su “questioni di fondo”, sono salutari per le FSRS (“epurandosi il partito si rafforza”) ed educative per i lavoratori avanzati e rafforzano il prestigio dei comunisti tra le masse popolari. Invece le scissioni fatte con superficialità, senza scontro aperto su “questioni di fondo” o avvolte nel mistero e nel segreto (“i cui motivi sono noti alla polizia politica ma nascosti alle masse”) come la scissione tra LR e IC o quella della primavera del 2000 nel MPA, spargono demoralizzazione nelle nostre fila e offrono spazi di manovra alla borghesia imperialista.

È probabile che LR sia semplicemete contraria al carattere clandestino del partito, ma che non osi dichiararlo apertamente e spiegarne i motivi. Non sarebbe un buon segnale: è l’opportunismo che di regola non si presenta apertamente, di regola gli opportunisti evitano una spiegazione organica e sistematica delle loro posizioni.

LR da una parte riduce la storia a gesta di individui e negli avvenimenti vede solo o principalmente le gesta virtuose o scomposte degli individui, dall’altra pretende di risolvere i problemi reali del movimento pratico accantonando le divergenze, facendo appello alla buona volontà degli individui. Come se si trattasse di mettere d’accordo due tipi rissosi e scontrosi a imbarcarsi insieme, mentre si tratta di trovare e di aprire la strada su cui si incanaleranno milioni e milioni di individui.

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Concezioni anarchiche

 

Quando parliamo di concezioni anarchiche, non intendiamo lanciare un insulto: indichiamo una concezione secondo cui gli operai non devono occuparsi di politica, cioè non devono perseguire la conquista del potere. A caratterizzare l’anarchismo, come concezione e come corrente politica, valga l’articolo 7 che l’Associazione Internazionale degli Operai (Prima Internazionale) al Congresso generale dell’Associazione svoltosi all’Aja dal 2 a 7 settembre 1872 aggiunse al proprio Statuto a sancire la conclusione della lotta contro gli anarchici: “Nella sua lotta contro il potere collettivo delle classi possidenti, il proletariato può agire come classe solo se si costituisce in partito politico distinto e opposto a tutti i vecchi partiti formati dalle classi possidenti [quindi se non si costituisce in partito, non può lottare in quanto classe, ma lotta solo come singoli individui o come gruppi particolari - corporativi, come categorie]. La costituzione del proletariato in partito politico è indispensabile allo scopo di assicurare la vittoria della rivoluzione sociale [cioè del sovvertimento degli attuali rapporti sociali, di produzione ed altri, e delle concezioni ad essi connesse] e il raggiungimento del suo fine ultimo: la soppressione delle classi. L’unione delle forze della classe operaia già raggiunta grazie alle lotte economiche [e oggi non c’è neanche questo, perché la borghesia imperialista compie un collaudato lavoro in campo sindacale e divide i lavoratori], deve anche servire di leva nella lotta di questa classe contro il potere politico dei suoi sfruttatori [cioè la lotta sindacale deve servire a sviluppare la lotta politica]. I padroni della terra e i padroni del capitale utilizzeranno sempre il loro predominio politico per difendere e perpetuare i loro monopoli economici [la loro proprietà esclusiva sulla terra e sul capitale] e per mantenere asserviti i lavoratori. La conquista del potere politico è dunque il grande compito del proletariato” (Marx-Engels, Opere vol. 44 pag. 518).

 

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Rossoperaio

Un brutto inizio

 

Impedire la formazione del nuovo partito comunista è oggi un obiettivo fondamentale per la borghesia imperialista. La lotta attorno alla costruzione del partito, da una parte per realizzarla e dall’altra per impedirla, è attualmente la sintesi della lotta tra la classe operaia e la borghesia imperialista, indipendentemente da quanto le classi e i loro rispettivi gruppi e portavoce ne siano consapevoli. La lotta contro la costruzione del nuovo partito nel nostro paese assume tre aspetti, che si traducono in iniziative alcune pianificate e consapevoli, altre per così dire spontanee. Alcuni sono condotti direttamente dalla borghesia imperialista, altri provengono dall’influenza della borghesia nelle file delle masse popolari, dalla arretratezza del nostro campo o dalla lotta che si svolge nelle nostre file tra il nuovo e il vecchio e tra il vero e il falso.

1. La repressione: l’incriminazione degli 88 membri dei CARC e di altre FSRS (Operazione 19 Ottobre) per associazione sovversiva (nuovo) Partito comunista italiano appartiene a questo aspetto.

2. La diversione dei lavoratori dal lavoro per la ricostruzione (il contrario della terza condizione posta dai CARC: legare i lavoratori avanzati al processo di ricostruzione del partito), costituendo, nei momenti e nelle situazioni di maggiore slancio dei lavoratori, effimeri coordinamenti e unioni “operaie” del genere “qui non ci occupiamo di comunismo ma di cose concrete”.

 3. La messa in campo di parodie del processo di costruzione del partito, sabotare la ricostruzione con pagliacciate, montature e manovre che discreditano il lavoro di ricostruzione del partito presso i lavoratori avanzati e le masse e rendono più difficile la loro mobilitazione. Gettare discredito sul lavoro di ricostruzione è particolarmente grave nella situazione attuale, dato che tra la classe operaia e le masse popolari è ancora forte la sfiducia nella propria forza e nel comunismo. Alcuni compagni hanno difficoltà a distinguere le parodie dalla realtà. Ci scrive un compagno prigioniero: “Ci sono già troppi pc, di partiti comunisti in Italia ce ne sono anche troppi, da ultimo il Partito Comunista maoista”. In effetti per chi non è in grado o non compie lo sforzo di distinguere in base all’attività pratica e alla concezione del mondo (al programma, alla linea, al metodo di lavoro), tutto si riduce al nome. Quando uno va al mercato, di certo però segue un altro criterio. Ma ciò non attenua la responsabilità dei falsari e dei truffatori, che, se non lo sono essi stessi, aprono oltretutto la via anche ad agenti consapevoli della borghesia.

A questo terzo genere di cose appartiene la costituzione del Partito Comunista maoista annunciata d’improvviso e con clamore da Rossoperaio, in Italia come cosa in accelerata preparazione e all’estero (nell’ambito del MRI) come cosa già fatta. In alcuni proclami diffusi all’estero il PCm ha addirittura dichiarato di praticare già la lotta armata. Anche questa trovata non è nuova, sviluppa quella già praticata dal Collettivo Comunista Agit/Prop a partire dagli anni ‘80: fare proclami di solidarietà con le forze combattenti in paesi lontani e dichiarare provocazioni della polizia gli attacchi armati condotti dalle OCC in Italia.

La direzione di RO il 1° maggio 2000 ha annunciato all’estero (in particolare al Comitato del MRI) la fondazione di un PCm. Alla stessa data in Italia la direzione di RO ha annunciato (edizione speciale 1° maggio rosso di Rossoperaio) solo “l’avanzamento del processo di costruzione del Partito Comunista maoista”, annuncio già dato in settembre del ‘99 (Rossoperaio n. 13/1999). Dopo i comunicati inviati all’estero in occasione del 1° maggio 2000, il Comitato del MRI e altri partiti aderenti al MRI hanno inviato a RO messaggi in cui salutavano la fondazione del PCm. La direzione di RO non poteva pubblicarli integralmente in Italia senza smascherarsi. D’altra parte la loro pubblicazione in Italia era di grande utilità per le manovre della direzione di RO. Allora essa li ha pubblicati con grande rilievo, ma ha alterato nella traduzione il testo: dove i mittenti parlavano di “fondazione del PCm”, essa ha sostituito espressioni che indicano l’avanzamento nella costruzione del partito. In questa maniera fa credere all’estero che in Italia esista un PCm e imbroglia i lavoratori avanzati italiani facendo credere di avere sostegni internazionali per le sue manovre contro la ricostruzione del partito. Per altri dettagli e la documentazione della truffa rimandiamo alla lettera aperta che la CP ha inviato alla rivista canadese Socialisme Maintenant! La lettera è stata diffusa via e.mail in novembre ed è reperibile sulla pagina web della CP.

Assieme alla costituzione (avvenuta per l’estero o da fare per l’interno) del PCm, la direzione di Rossoperaio ha annunciato anche (Rossoperaio numero speciale del 1° maggio 2000) la pubblicazione delle Tesi programmatiche del PCm, già annunciata come imminente nel settembre del 1999 (Rossoperaio n. 13/1999, Una grande decisione) e che ha nuovamente annunciato in giugno 2000 (Rossoperaio n. 0/1/2000). Queste tesi a tutt’oggi non sono state pubblicate e comunque, anche copiando qua e là e parafrasando, sarà duro tirare fuori dal cappello un programma, una linea e un’analisi di classe che in qualche modo riflettano la specifica situazione italiana e insieme l’istantanea approvazione di essi: un dibattito segreto?

 L’unico documento programmatico comparso è la ristampa (gennaio 2000) di un Documento Base già pubblicato nel 1984. Questo testo (che indichiamo di seguito con la sigla DB1984) è la parafrasi di un documento del MRI. Esso richiama giustamente molti principi del marxismo-leninismo. Quanto alla situazione italiana esso contiene ben poco di specifico: poco male nel 1984, poteva essere un buon programma del lavoro da compiere negli anni successivi. Infatti il DB1984 nel lontano 1984 sosteneva:

“Per queste ragioni la battaglia per la costruzione del partito è il compito urgente e centrale per chiunque si definisca comunista rivoluzionario oggi. L’elemento chiave per la costruzione del partito è lo sviluppo di una linea e di un programma, tanto rispetto alle particolarità dei paesi in cui si opera, quanto rispetto alla situazione mondiale. Questa linea e questo programma sono il frutto dialettico di due elementi chiave: 1. la lotta contro le tendenze antimarxiste-leniniste che influenzano largamente le avanguardie proletarie e la gioventù rivoluzionaria, da condurre con una lotta ideologica e politica fondata sull’analisi di classe; 2. il lavoro rivoluzionario tra le masse proletarie sulla base di una politica rispondente ai problemi della lotta di classe in questa fase, basata sul lavoro di direzione ideologica, politica e organizzativa degli elementi avanzati, lavoro che può aprire processi di trasformazione e conquista di questi elementi più avanzati dei movimenti al processo di costruzione del partito”.

IL MRI vi aveva dato una giusta indicazione, compagni! Soprattutto detta nel 1984, era cosa da apprezzare. Ma a più di 15 anni di distanza, quale programma avete elaborato? Quali passi avanti avete fatto compiere nei 15 anni trascorsi all’elaborazione di un programma e di una linea, “elemento chiave per la costruzione del partito”? Su quale analisi di classe avete condotto la lotta ideologica e politica? Il giusto programma di lavoro indicato dal MRI nel 1984 è un giudice severo del lavoro che avete compiuto negli anni successivi.

Questa è la questione chiave di fronte al DB1984. L’improvvisazione della costituzione (avvenuta o di immediata e accelerata fattura) del PCm, il suo carattere di trovata dell’ultimo momento, basta a qualificare gli autori come commercianti internazionali in fondazione di partiti e chiarisce a tutti quelli che non si aspettano ancora miracoli, cosa ci si può attendere dal partito neonato (o nascituro), anche se a giorni salteranno fuori dal cappello altre tesi programmatiche.

In merito al Documento Base 1984, esso, oltre a cose pregevoli frutto del patrimonio comunista cui il MRI si ispira, trascura alcuni avvenimenti e aspetti che è indispensabile considerare e propone (e la Premessa di RO del gennaio 2000 ripropone) alcuni gravi errori già più volte denunciati nel movimento comunista. Ecco di seguito i principali.

1. Il DB1984 ingigantisce gli “errori di Stalin” fino ad attribuire alla sua direzione la nascita del revisionismo moderno. Secondo il DB1984 la destra aveva già vinto la sua battaglia sotto la direzione di Stalin (la sua autocritica del 1952 con Problemi economici del socialismo in URSS oramai “è inutile”) e nel ‘56 la restaurazione del capitalismo in URSS “arrivò a compimento”. In realtà nel ‘56 la destra si impadronì del potere ed iniziò la sua opera di corrosione e di corruzione del socialismo che culminerà alla fine degli anni ‘80. Aspettiamo di sapere da Rossoperaio cosa è successo negli anni 1989-1991 e cosa sta succedendo ora in URSS e nell’Europa Orientale, se già dal 1956 questi paesi erano compiutamente capitalisti.

 2. Il DB1984 non riconosce le grandi vittorie raggiunte dal movimento comunista fino all’inizio degli anni ‘50 e in particolare denigra l’opera compiuta dai comunisti nelle democrazie popolari dell’Europa occidentale. Di conseguenza non riconosce che la linea che il movimento comunista aveva seguito fino allora era sostanzialmente giusta. Queste vittorie avevano portato i partiti comunisti a dirigere circa un terzo dell’umanità, a dirigere gran parte del movimento antimperialista di liberazione nazionale delle colonie e semicolonie e ad essere una forza dirigente tra le masse popolari dei paesi imperialisti. Queste vittorie d’altra parte avevano posto fine all’isolamento dell’URSS e cambiato la situazione mondiale, quindi esse richiedevano una nuova strategia da parte del movimento comunista: per conquistare il potere nei paesi imperialisti, per condurre alla vittoria le rivoluzioni di nuova democrazia nei paesi coloniali e semicoloniali, per portare avanti, nella nuova situazione, la transizione verso il comunismo nei paesi socialisti. Fu l’incapacità della sinistra del movimento comunista a elaborare questa strategia che lasciò campo libero alla destra e determinò la vittoria del revisionismo moderno a livello mondiale nel movimento comunista, non “gli errori di Stalin”.

3. Il DB1984 nasconde che alla fine della Seconda Guerra Mondiale il movimento comunista aveva una visione sbagliata del movimento economico della società borghese: tutti i partiti comunisti si attendevano che ricominciasse la crisi economica del capitalismo cui la guerra aveva invece posto fine.

4. Il DB1984 nasconde che il movimento comunista non comprese sufficientemente che la borghesia nei paesi imperialisti era passata dalla democrazia borghese alla controrivoluzione preventiva e persiste a ignorare questa categoria.

5. Il DB1984 ignora l’insegnamento principale della Rivoluzione Culturale Proletaria: la nuova borghesia nei paesi socialisti è costituita dai dirigenti del partito, dello Stato, delle organizzazioni di massa, delle istituzioni sociali e degli organismi produttivi che seguono la via del capitalismo. Questa a sua volta consiste nel mantenere i lavoratori estranei dalla gestione dei mezzi di produzione, nel conservare la divisione sociale del lavoro (divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, tra donne e uomini, tra campagna e città, tra nazioni e razze, tra zone arretrate e zone progredite, ecc.), nel mantenere rapporti di distribuzione basati sulla proprietà o sul lavoro.

6. Il DB1984 ignora la linea di massa come metodo principale di lavoro e di direzione del partito comunista e la categoria marxista delle Forme Antitetiche dell’Unità Sociale (FAUS) che testimoniano la trasformazione dello stato presente delle cose (il comunismo).

7. Il DB1984 ignora la categoria di situazione rivoluzionaria in sviluppo e la categoria di crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale.

Al di là della prassi truffaldina dei dirigenti di RO, un programma che fosse elaborato sulla base delle posizioni espresse dal MRI nel 1984 non potrà quindi essere di grande utilità nella lotta oggi in corso.

 

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Sui costruttori di “coordinamenti operai”

È possibile unire la classe operaia solo sugli interessi immediati, escludendo la lotta per il comunismo?

 

 La società borghese, con i suoi meccanismi pratici in cui le masse popolari sono per forza di cose coinvolte e prima ancora che con le manovre intenzionalmente fatte dalla borghesia, contrappone un operaio, quanto ai suoi interessi immediati, oltre che al padrone, anche all’altro operaio. Quanto meno favorevoli agli operai sono i rapporti di forza contrattuali (quindi oggi), tanto più essi per unirsi devono far leva sul comunismo. È ovvio che unire gli operai e le masse popolari sul comunismo, non vuol però dire andare ad un funerale o ad una messa e gridare W il comunismo, suscitando il sacro furore dei fedeli contro l’inesperto agitatore. Non vuol dire neanche fare in ogni riunione e occasione un intervento sul comunismo o sulla ricostruzione del partito. Significa da parte delle FSRS porre in primo piano, nel proprio lavoro, la ricostruzione del partito e in secondo luogo, nel lavoro di massa, fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo e legare il più possibile al lavoro di ricostruzione del partito quegli operai avanzati che ne sono già capaci, stabilire con essi un qualche legame di partito.

“Gli operai si devono occupare solo dei loro interessi economici immediati, capiscono solo il loro interessi immediati e si mobilitano solo per essi. Il comunismo è una cosa per élite: agli operai il salario e le condizioni di lavoro, agli eletti la politica e il comunismo”, questa è invece la concezione di alcuni promotori di coordinamenti e di sindacati “operai”. Ma questo concepire gli operai solo come venditori di forza-lavoro, come agenti e componenti della società borghese, è una concezione che non esce dall’orizzonte della società borghese, è cioè una concezione borghese. Il borghese non accetta che gli operai sono esseri pensanti e sociali, oltre che costretti a vendere la loro forza-lavoro.

È vero che a ogni lavoratore e a ogni casalinga è difficile sfuggire alla condizione di abbrutimento e di ignoranza in cui la società borghese cerca di relegarli. Tuttavia la realtà ha più volte mostrato nei 150 anni di storia del movimento comunista che gli operai e le masse popolari si sono mobilitati su grande scala e hanno compiuto imprese eroiche e grandiose. La Resistenza è un monumento. Non è dando meno e chiedendo meno che si viene a capo delle difficoltà che in questa fase gli operai incontrano nel mobilitarsi ed organizzarsi. Non è che dando e chiedendo meno si raccolgono, si uniscono, si aggregano gli operai più arretrati. Questi si raccolgono solo o attorno agli elementi reazionari che hanno il prestigio e la solidità del luogo comune e del pregiudizio e il sostegno di strati più o meno vasti della classe dominante o attorno agli operai avanzati. E gli operai avanzati si uniscono più sul comunismo che sugli interessi immediati.

La maggiore difficoltà che oggi ostacola la mobilitazione degli operai è la mancanza di un vero partito comunista. Questo non vuol dire che basta costituire un partito comunista quale che sia. Né che il partito comunista si costituisce solo perché lo vogliamo. Se lo vogliamo, bisogna fare i passi concreti che la costituzione di un vero partito comunista richiede. Se si vuole un figlio, per quanto fortemente lo si voglia, il figlio non compare d’incanto: bisogna seguire un percorso definito e tutt’altro che arbitrario.

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Inchiesta Operaia

Un’organizzazione degli operai indipendente dalla lotta per il comunismo?

 

“Uniti possiamo essere solo se organizzati! Solo così possiamo e dobbiamo divenire quella potenza tra le potenze della società capitalista di cui parlava Carlo Marx. Possiamo costruire l'organizzazione indipendente della nostra classe, con cui lottare per la liberazione dallo sfruttamento, per la società senza classi.

 Liberarci dallo sfruttamento però è un'illusione se riguarda solo alcuni di noi, ma è una prospettiva concreta solo se sapremo superare rassegnazione, sfiducia e diffidenza nelle nostre forze. Dobbiamo abbandonare illusioni e fiducia in falsi maestri e salvatori del mondo. Dobbiamo cercare in noi la forza per organizzarci, facendola finita con le sterili lotte su ciò che ci divide, frutto di una storia ormai passata, da cui dobbiamo trarre insegnamenti ma non farci paralizzare e valorizzando invece ciò che ci unisce (...)

Il quadro che si presenta non è certamente quello di una massa che si muove per la difesa radicale dei propri interessi e tuttavia è cominciato un processo che può portare alla presa di coscienza del fatto che occorre cambiare strada; dobbiamo superare rassegnazione e sfiducia nelle nostre forze; dobbiamo abbandonare illusioni e fiducia in falsi maestri e salvatori del mondo e liberarci dal controllo dell'opportunismo burocratico sindacale e politico; dobbiamo cercare in noi la forza per organizzarci (...)

Tutti quei compagni che in questi anni hanno in prima persona lavorato per far emergere ed organizzare una reale alternativa al sindacalismo confederale e alla frammentazione del movimento operaio sono necessariamente chiamati a fare uno sforzo per favorire il processo di formazione di un reale processo di unità, facendola finita con sterili lotte su ciò che ci divide, frutto di una storia ormai passata da cui dobbiamo trarre insegnamenti ma non farci paralizzare. Per questo motivo, pur partendo da esperienze e momenti organizzativi diversi, i compagni proletari che sentono la necessità di cominciare a discutere, comunicare, confrontarsi sulla necessità di divenire quella potenza tra le potenze della società capitalista di cui parlava Carlo Marx si sono posti questo obiettivo: costruire la nostra organizzazione indipendente, con cui lottare per la nostra liberazione dallo sfruttamento e per la società senza classi. A tale scopo ci siamo dati appuntamento il 2 e 3 dicembre a Torino per un'assemblea”.

(Inchiesta Operaia, n. 4, nov.-dic. 2000)

 

 Ognuno converrà che è un’assurdità l’idea di una unità da costruire senza idea unificante. Che si tratti di una unità da costruire, è indubbio. In caso contrario sarebbe inutile predicarla, propagandarla e proporla come obiettivo: cosa a cui invece sono espressamente dedicate, al di là delle loro reali diversità, riviste come Inchiesta Operaia, Assalto al cielo e Operai Contro e organismi come ASLO, Associazione dell’Inchiesta Operaia e i “Coordinamenti operai” ciclicamente creati dai redattori di Assalto al cielo e di Il Futuro. Nessuna persona sana di mente crea un’associazione per promuovere la respirazione! Ma costruire un’unità senza idea unificatrice è rifiutare la coscienza di ciò che unisce, di ciò che fonda l’unità oggettiva che esiste indipendentemente dalla predicazione dei promotori e che i promotori vogliono tradurre in unità cosciente per un’azione comune, cioè in qualcosa che non esiste ancora. L’assurdità sta in una unità che si vuole costruire senza scopo dell’unità, un’idea che si vuole non-idea, un’idea senza idea. Personificata, sarebbe un predicatore che vuole fare una predica senza oggetto. Ma l’assurdità dei nostri coordinatori è solo apparente. Vediamo allora qual è la non dichiarata idea unificatrice. Quale è infatti l’idea unificatrice degli operai, quella su cui gli operai creano la loro unità consapevole finalizzata all’azione comune, la loro organizzazione indipendente dalla borghesia imperialista? Noi diciamo che questa idea è il comunismo, cioè la nuova società da costruire, i nuovi rapporti di produzione resi necessari dal carattere collettivo già raggiunto dalle forze produttive e dall’attività umana per la produzione dei mezzi necessari alla vita, quelli che il movimento comunista ha con diversa fortuna cercato di avviare a realizzazione in varie parti del mondo nei suoi 150 anni di esistenza. Gli ideatori dell’ASLO, del MPA, dell’Assemblea dell’Inchiesta Operaia invece tacciono sul comunismo, si dissociano da questa acquisizione già raggiunta o forse tacciono sul comunismo pensando di riuscire così ad accalappiare qualche operaio sprovveduto; sostengono che ciò che unisce gli operai sono i loro interessi immediati e la difesa di essi contro i capitalisti: questa è secondo loro l’idea dell’unità da costruire. “Qui non ci si occupa di comunismo, ma solo di cose concrete!”. Ma è palesemente falso che gli interessi immediati uniscano tutti gli operai tra loro e li contrappongano ai padroni: chi lo sostiene liquida i passi avanti storicamente già compiuti dal movimento operaio e chiude gli occhi alla realtà. Non è un caso che gli ideatori di tale ipotetica base di unità devono riportarsi al 1864 e ignorare sia quanto è avvenuto dopo sia il contesto del 1864. Appena gli anarchici, allora apertamente dichiarati, contestarono la partecipazione degli operai alla lotta politica, la stessa Associazione Internazionale degli Operai aggiunse al suo Statuto un nuovo articolo: “Nella sua lotta contro il potere collettivo delle classi possidenti, il proletariato può agire come classe solo se si costituisce in partito politico distinto e opposto a tutti i vecchi partiti formati dalle classi possidenti. La costituzione del proletariato in partito politico è indispensabile allo scopo di assicurare la vittoria della rivoluzione sociale e il raggiungimento del suo fine ultimo: la soppressione delle classi” (art. 7 dello Statuto, approvato dal Congresso generale dell’Associazione svoltosi all’Aja dal 2 al 7 settembre 1872).

 La falsità dell’assunto che gli interessi immediati uniscono tutti gli operai risalta non appena si consideri che ogni giorno sotto i nostri occhi si presentano contrasti di interessi immediati tra operai: tra gli operai dei trasporti in sciopero e quelli che devono andare al lavoro, tra gli operai di una fabbrica inquinante e gli operai che abitano nel territorio circostante e mille altri. D’altro canto, accanto a contrasti di interessi immediati tra operai e il loro padrone, si presentano universalmente casi di collusione di interessi tra alcuni operai e il loro padrone contro altri operai e i rispettivi padroni (considerare il caso attuale dell’Italsider di padron Riva a Genova). Ogni politica corporativa e ogni tentativo di mobilitazione reazionaria delle masse fatti dalla borghesia si basano su contrasti di interessi immediati tra le masse popolari. Essendo i casi di mobilitazione reazionaria reali quant’altri mai, solo degli idealisti pensano che siano basati solo sull’inganno e sulla volontà di ingannare, che non si appiglino a elementi reali. Gli ideatori di una unificazione degli operai non basata sul comunismo ma sugli interessi immediati, in forza della loro concezione sono anche indotti a negare che esistano “contraddizioni in seno al popolo”, quindi a non trattarle anziché trattarle come contraddizioni reali ma di regola secondarie rispetto alla contraddizione tra operai e capitalisti. Donde la ricorrente invocazione ad accantonare le contraddizioni che continuamente emergono tra di noi, come se fossero contraddizioni sterili e unicamente residuati di vicende passate. Al contrario, alcune di queste contraddizioni sono attualissime, reali e feconde di effetti reali. Il problema è trattarle nel modo giusto. Il marxismo si è affermato lottando contro altre tendenze e posizioni, arretrate, unilaterali, borghesi, feudali in seno al movimento degli operai e delle masse popolari: basta leggere il Manifesto del partito comunista (1848). È possibile che la classe operaia trovi la sua unità nella lotta per gli interessi immediati se non trova unità nella lotta per il comunismo? Anche questa, come si vede, è una divergenza attuale da quando sono sorti nuovamente ideatori della unità su interessi immediati senza unità nella lotta per il comunismo. Accantonare le divergenze e trascurare le contraddizioni porta a non trattare adeguatamente le contraddizioni e ciò impedisce anche che gli operai si uniscano contro i capitalisti, una unità che può realizzarsi solo nella lotta per il comunismo e tramite il partito comunista. Rimozione del comunismo e negazione delle contraddizioni in seno al popolo sono elementi costitutivi, intrinsecamente legati, di una stessa concezione primitiva, da socialismo utopistico. Gli operai possono unirsi, storicamente si sono uniti e si uniranno sul comunismo (e non si uniranno che sul comunismo, costituendosi in partito comunista), perché non possono unirsi sui loro interessi immediati che, nella società borghese, uniscono, e solo transitoriamente, un operaio ora ad alcuni ora ad altri operai, ma anche ora ad alcuni borghesi ora ad altri. L’unità sugli interessi immediati, dove non resta una dichiarazione senza seguito e diventa un fatto reale, o divide la classe operaia in categorie (le categorie sindacali) o è un’unità parziale (su questo o quell’obiettivo) e transitoria, come i vari “coordinamenti operai” sorti e tramontati in questi anni. È inoltre chiaro che l’unità degli operai nella lotta per il comunismo va a braccetto con il riconoscimento che le masse popolari sono composte da varie classi e con la direzione della classe operaia sul resto delle masse popolari perché essa emancipando se stessa emancipa anche il resto delle masse popolari (infatti “la sottomissione economica degli operai ai proprietari dei mezzi di lavoro è la causa prima di ogni forma di schiavitù” esistente nella società attuale). Al contrario la predicazione della “unità degli operai sui loro interessi immediati” (senza comunismo) deve accompagnarsi o con la negazione della varietà delle classi che compongono le masse popolari o con la predicazione della contrapposizione degli operai alle altre classi delle masse popolari (indicate ancora oggi come “una unica massa reazionaria”, come diceva Ferdinando Lassalle 140 anni fa) o con entrambe.

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Assalto al cielo

Nulla di nuovo, se non si impara dall’esperienza

  

(...) Nulla di nuovo quindi sul fronte padronale ma novità di rilievo si stanno presentando fra le nostre fila:

Le forme di resistenza messe in atto dai lavoratori fino ad oggi avevano il limite di essere disorganizzate o, nel peggiore dei casi, erano organizzate e gestite dalle vecchie organizzazioni sindacali ormai dichiaratamente filo-padronali.

Il dato positivo è che oggi diversi gruppi di operai e di lavoratori in generale stanno ricominciando ad organizzarsi in maniera indipendente formando circoli, collettivi, comitati di lotta e diversi altri tipi di ambiti collettivi all'interno dei quali si tenta di rendere più organizzata e incisiva la resistenza che, soprattutto a partire dai propri posti di lavoro, si sviluppa.

L'altro dato importantissimo è che questi gruppi di lavoratori cominciano a sentire l'esigenza di collegarsi, di discutere insieme ad altri, di superare le divisioni e il frazionamento che si è prodotto negli ultimi 20 anni nella classe proletaria.

Un esempio tra questi tentativi di ricomposizione del tessuto proletario è la riunione che si è tenuta il 9 settembre a Torino, alla quale hanno partecipato operai e lavoratori di diverse realtà produttive: metalmeccanici, edili, lavoratori delle telecomunicazioni, della scuola e della sanità si sono seduti allo stesso tavolo per discutere dei problemi che vive oggi il proletariato nel nostro paese e per ricercare insieme gli strumenti e i percorsi per la ricostruzione di una classe proletaria forte e capace di contendere il potere agli sfruttatori capitalisti.

Assalto al cielo vuole essere uno strumento capace di dare un contributo quanto più grosso possibile a questo processo ricompositivo che sta muovendo i suoi primi passi.

(Assalto al cielo n. 77, ottobre 2000)

Molto bene per quello che AaC dice sul nuovo processo che si sta determinando tra gli operai. È positivo che AaC abbia smesso di denigrare le lotte dei lavoratori dei paesi imperialisti e abbia ripreso ad esaltarne l’importanza. “È cominciato un processo che può portare alla presa di coscienza” ... di cosa? Quale ruolo hanno i comunisti in questo processo? Questo è il “che fare?” dei comunisti. Finché constatiamo quello che sta avvenendo tra gli operai e i lavoratori in generale e applaudiamo, non siamo ancora comunisti. siamo osservatori amici degli operai, seguaci e ammiratori del movimento spontaneo degli operai. Gli operai fanno: bene, cosa si propongono di fare, quanto a loro, i redattori di Assalto al cielo? Un nuovo effimero coordinamento nazionale “operaio” senza comunismo, senza alcun legame di partito. Cosa c’è di diverso da quello che avevate proposto nel ‘92? Sarebbe utile un bilancio di quell’esperienza. Allora forse si delineerebbe una tendenza ideologica, anziché semplicemente il tentativo di tenere anche questa volta alcuni “operai e lavoratori in generale” lontano dal comunismo e dal lavoro per la ricostruzione del partito comunista. Cosa e chi volete radicare tra gli operai? Attorno a cosa e a chi volete “ricomporre la classe operaia”? La classe operaia può trovare unità stabile solo tramite il suo partito comunista, può ricomporsi solo attorno al partito comunista, alla sua avanguardia organizzata.

Operai Contro

Un movimento politico indipendente degli operai... senza comunismo?

 

Risoluzione approvata il 4. 11. 2000 a Torino da operai delle seguenti fabbriche:

FIAT Mirafiori (TO), FIAT Rivalta (TO), FIAT New Holland (MO), Terim (MO), Meta spa (MO), Siemens - Cassina de Pecchi (MI), Demag Innse (MI), Manzoni Presse (MI), Marelli ex Borletti (MI), Ex Falck - Sesto San Giovanni (MI), Ex Riva Calzoni (MI), Olcese filati (NO), Radici Chimica (NO)

Invitiamo gli operai che condividono la risoluzione a comunicarlo.

Considerando

 Che l’emancipazione della classe operaia dev’essere opera degli operai stessi e che la sottomissione economica degli operai nei confronti dei detentori dei mezzi di lavoro è la causa prima della schiavitù in tutte le sue forme.

Che l’emancipazione economica della classe operaia è di conseguenza il grande scopo al quale ogni movimento politico proprio degli operai deve essere finalizzato.

Che l’emancipazione della classe operaia essendo un problema sociale abbraccia tutti i paesi nei quali esiste la società moderna, e che la possibilità della sua realizzazione si fonda sull’unione fraterna fra gli operai dei diversi paesi.

Che su questi presupposti gli operai iniziarono a costituirsi come forza sociale indipendente, a darsi un’organizzazione internazionale, a muovere i primi passi di un movimento politico indipendente.

Questi presupposti sono veramente superati o potrebbero oggi, in questo preciso momento storico diventare per gli operai una base programmatica per ricominciare da capo un nuovo proprio movimento politico?

La domanda è rivolta a coloro che hanno scelto ancora gli operai come soggetto centrale della loro azione; se la risposta fosse corretta perché non incontrarsi, perché non sviluppare un lavoro comune, perché non invertire la tendenza alla disgregazione unendo le diverse forze in nome di un interesse comune: l’emancipazione degli operai dalla schiavitù del lavoro salariato?

(Operai Contro, 21 gennaio 2001)

 

Compagni, condividiamo pienamente la risoluzione, perché siamo comunisti, anche se non siamo tutti operai. Proponiamo però di aggiungere ai punti indicati da Marx negli Statuti Provvisori dell’Associazione Internazionale degli Operai (1864), anche alcuni insegnamenti essenziali dei successivi 140 anni di grandi battaglie condotte dal movimento comunista: in particolare sulla natura del partito comunista nell’epoca imperialista e sulla direzione che gli operai, per vincere la borghesia imperialista, devono esercitare, tramite il loro partito comunista, sul resto delle masse popolari basandosi sul fatto che “la sottomissione economica degli operai nei confronti dei detentori dei mezzi di lavoro è la causa prima di tutte le forme della schiavitù” che la borghesia imperialista fa gravare sulle varie classi delle masse popolari. Siamo ancora alle prese col capitalismo, ma dal 1864 un po’ di acqua sotto i ponti è passata (ad esempio non esistono più paesi nei quali non “esiste la società moderna”) e il movimento comunista ne ha macinata di strada: nel 1950 era arrivato a governare un terzo del mondo e teneva in subbuglio gli altri due terzi. Nel 1864 la comune azione degli operai, anche solo in campo sindacale, aveva un ruolo storico perché era una tappa della formazione di una classe che ancora non si era costituita come tale in nessuna parte del mondo. Ma è impossibile ripartire da zero. Con auguri di buon lavoro.

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Contropiano

Il lavoro sindacale ai lavoratori, il comunismo ai professori

 

“Il terzo incontro affronterà invece questioni teoriche connesse all’attività dei comunisti tra i lavoratori e dunque il nodo del sindacato. È evidente che ad una modifica dell’apparato produttivo e della composizione di classe corrisponde anche una modifica dell’organizzazione della classe lavoratrice. Dunque individuare le eventuali nuove forme organizzative del sindacato e, soprattutto, quale ruolo devono svolgere i comunisti nel sindacato, oggi sono le domande alle quali siamo chiamati a dare una risposta” .

(Contropiano, anno 8 n. 4 - novembre 2000).

 È la concezione degli autori “della prima proposta per iniziare il lavoro del Coordinamento Comunista” costituito da Rete dei Comunisti, Movimento per la Confederazione dei Comunisti, Su la testa-Altra Lombardia, Coordinamento Comunista Napoletano, Associazione Culturale “Il Lavoratore” (La Spezia). L’aggettivo “comunista” si spreca, ma cosa c’è del patrimonio teorico proprio del movimento comunista nella concezione degli autori della “prima proposta”? Speriamo per la seconda!

Secondo questi, le attività dei comunisti tra i lavoratori sono le attività sindacali. Dunque l’organizzazione della classe lavoratrice è il sindacato! Mantenere i lavoratori confinati alle lotte rivendicative, anche se l’esperienza ha dimostrato che oggi è impossibile sviluppare un forte e duraturo movimento rivendicativo senza partito comunista!