La Voce 71 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - luglio 2022

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Costituire il Governo di Blocco Popolare

Ci sono imprese che non affrontiamo perché ci sembrano impossibili, ma in realtà ci sembrano impossibili solo perché non osiamo affrontarle!


La guerra in cui il governo Draghi ha coinvolto il nostro paese approfondisce la crisi politica della Repubblica Pontificia. Lo mettono in luce i contrasti crescenti tra organi stessi dello Stato e loro esponenti (governo, polizia, magistratura, forze armate, pubblica amministrazione). Lo mostrano sia il rifiuto di tanta parte delle masse popolari di partecipare alle elezioni sia il successo (più o meno effimero) dei poli elettorali che, per una combinazione o l’altra di circostanze e relazioni, nel processo elettorale impersonano il rifiuto dell’esistente sistema di relazioni sociali, ieri il M5S e oggi Fratelli d’Italia. Il malcontento e l’indignazione delle masse popolari sono grandi e crescono. L’opposizione alla guerra e all’economia di guerra è condivisa, anche se con motivazioni diverse, da larga parte della popolazione italiana: non solo le masse popolari (compresa la “classe media”, quella che ne I fatti e la testa abbiamo chiamato “aristocrazia proletaria”), ma anche gruppi ed esponenti della classe dominante (nell’ambito delle contraddizioni tra gruppi imperialisti europei e gruppi imperialisti USA) e perfino una parte delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine. La mobilitazione contro la partecipazione del nostro paese alla guerra USA-NATO in Ucraina e quella contro il carovita sono due fronti della resistenza popolare che si aggiungono e combinano con i fronti di lotta già aperti: contro lo smantellamento dell’apparato produttivo, contro la devastazione ambientale, contro la gestione criminale della pandemia, contro la privatizzazione dei servizi pubblici.


In questo contesto è avanzato il movimento che va verso la costituzione del Governo di Blocco Popolare. Sul terreno pratico, i principali passi in questa direzione sono

- la mobilitazione messa in moto dal Collettivo di Fabbrica della GKN, che sta mostrando a centinaia di operai la strada per insorgere (mobilitarsi e organizzarsi in ogni azienda capitalista e pubblica per la salvaguardia dell’apparato produttivo nazionale, contro le delocalizzazioni, ecc.) e convergere (unirsi ad altre vertenze territoriali come la lotta alla devastazione ambientale, all’inquinamento dell’atmosfera, dei mari e della terra e al riscaldamento climatico, per la sanità e l’istruzione pubbliche, gratuite e universali, per il trasporto ecosostenibile, ecc.) e ha lanciato la parola d’ordine di “diventare nuova classe dirigente”;

- la maggiore unità d’azione e iniziativa sul terreno politico da parte dei sindacati alternativi e di base, che raccolgono già migliaia di operai e dipendenti pubblici (cioè della parte decisiva delle masse popolari ai fini del cambiamento del paese), hanno una vasta rete di legami, dispongono di mezzi di propaganda e mobilitazione: lo sciopero “contro la guerra, l’economia di guerra e il governo della guerra” indetto il 20 maggio dal tutti i sindacati alternativi e di base, l’obiettivo di “cacciare il governo Draghi” apertamente indicato dall’USB, gli incontri periodici tra dirigenti dei principali sindacati conflittuali ne sono le manifestazioni più evidenti;

- il maggiore coordinamento tra partiti, organismi, gruppi, sindacati, associazioni e singoli esponenti democratici schierati contro il sistema delle Larghe Intese, che hanno una qualche influenza tra le masse popolari e sono in qualche misura legati alle masse popolari: contro la guerra (come il Coordinamento Nazionale Comunista), per sostenere e rafforzare la resistenza popolare e per una “alternativa di governo” (come Unità Popolare), per creare coalizioni elettorali in vista delle prossime elezioni politiche (come Unione Popolare).

In questo campo il compito dei comunisti nei prossimi mesi consiste 1. nell’allargare e “far salire di tono” le iniziative di lotta, protesta e opposizione, 2. nel promuovere la più ampia unità nella mobilitazione delle masse popolari contro il governo Draghi, 3. nel coagularla intorno all’obiettivo di costituire un governo d’emergenza formato per iniziativa delle organizzazioni operaie e popolari, composto da persone di loro fiducia, che opera grazie al sostegno delle organizzazioni operaie e popolari e ha il compito di far fronte agli effetti più gravi della crisi con misure di emergenza, con misure che danno forza e forma di legge ai provvedimenti caso per caso da esse indicati come necessari.


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Le sette misure generali di rinnovamento del paese sono:

1. assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa),

2. distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi,

3. assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato),

4. eliminare attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti,

5. avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione,

6. stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi,

7. epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano l’azione del GBP, conformare le Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria), le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 (in particolare a quanto indicato negli articoli 11 e 52) e ripristinare la partecipazione universale più larga possibile dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico.

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La questione del governo del paese sta diventando più pratica e all’ordine del giorno anche sul terreno della coscienza, degli obiettivi, delle parole d’ordine. Una manifestazione di questo sono le domande e le obiezioni alla linea del Governo di Blocco Popolare (GBP) che ci vengono poste da parte di persone e organismi che prima la ignoravano, la consideravano come una fissa, un “ritornello” oppure un “marchio distintivo” del (n)PCI e del nostro partito fratello, il P.CARC. Quello che prima “entrava da un orecchio e usciva dall’altro”, adesso inizia ad essere oggetto di ragionamento, confronto, discussione.


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Per quanto riguarda la moltiplicazione delle OO e OP di azienda, recentemente il P.CARC l’ha tradotta in indicazioni più di dettaglio:

1. trova altri due o tre colleghi decisi a darsi da fare: usa ogni occasione e non partire dalla tessera sindacale,

2. vedetevi (almeno all’inizio) fuori dall’azienda, lontano dall’occhio del padrone,

3. studiate insieme la situazione: lo stato dell’azienda, i problemi più pressanti dei lavoratori, i punti di forza su cui fare leva, ecc.,

4. decidete le iniziative da prendere, anche piccole, per raccogliere altri colleghi, difendersi con maggiore efficacia e costruire passo dopo passo rapporti di forza favorevoli,

5. collegatevi con lavoratori, singoli e gruppi, di altre aziende, con altri comitati e movimenti popolari della zona.

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Esaminiamo le principali di queste domande e obiezioni.

Un governo come dite voi ci vorrebbe, ma non ce ne sono le condizioni”. Proprio per questo, insieme all’obiettivo della costituzione del GBP abbiamo fin dall’inizio indicato anche le tre condizioni da creare per arrivarci: 1. moltiplicare il numero di organizzazioni operaie e popolari (OO e OP) di azienda, territoriali, tematiche e rafforzarle, 2. promuovere il loro coordinamento a livello di zona, provincia, regione e dell’intero paese, 3. propagandare l’obiettivo del GBP e mostrare che la sua costituzione è lo strumento per realizzare le particolari aspirazioni e rivendicazioni di ogni organizzazione operaia e popolare e invertire la china rovinosa che il paese sta seguendo.

Sono attività che ogni persona di buona volontà può iniziare da subito a svolgere nell’azienda dove lavora, nella scuola che frequenta, nella zona in cui vive, negli ambienti che frequenta. E, per quanto riguarda la creazione di organizzazioni operaie e popolari e il loro coordinamento, non abbiamo fatto che tradurre in una linea d’azione perseguita in modo consapevole e inquadrare in un piano per far avanzare la rivoluzione socialista quello che già fanno spontaneamente migliaia di lavoratori e di altri esponenti delle masse popolari, spinti dalla necessità di difendersi, resistere, opporsi e far fronte all’eliminazione di diritti e conquiste, ai nuovi mali che la borghesia imperialista infligge, agli effetti della crisi, alle misure antipopolari del governo, agli attacchi del padrone, all’incuria delle autorità borghesi, ecc.


È giocoforza constatare che se ci ponessimo solo gli obiettivi per la cui realizzazione esistono già le condizioni, non faremmo niente o quasi. Creare le condizioni per realizzarli è necessario sia per gli obiettivi più semplici e piccoli sia per quelli più difficili e grossi: quello che cambia sono l’impegno, le forze e il tempo da impiegare per crearle al livello necessario. Senza scomodare la storia passata, anche solo crescere un figlio, affittare una casa, fare un viaggio e altre attività della vita corrente richiedono di creare alcune condizioni; anche opporsi alla chiusura di una fabbrica o alla costruzione di una grande opera speculativa, organizzare una manifestazione o un’assemblea, fare una raccolta firme, pubblicare un giornale, ecc. implica avere riunito o riunire le condizioni preliminari. Tutte cose che chi muove questa obiezioni spesso sa per esperienza diretta. Quindi dicendo che “non ce ne sono le condizioni”, in realtà sta dicendo (anche se non chiaramente) che è per una linea d’azione diversa da quella noi indichiamo. Allora è di queste diverse linee d’azione che bisogna discutere, tanto più che ci sono tutti gli elementi per tirarne un bilancio.

Le linee alternative a quella della costituzione del GBP che vanno per la maggiore hanno in comune l’obiettivo: condizionare in senso favorevole alle masse popolari l’azione dei governi e delle altre autorità borghesi. Si differenziano sulla via per raggiungerlo:

- con le buone: mandando portavoce delle rivendicazioni popolari nelle istituzioni (linea della sponda politica delle masse popolari) oppure convincendo i caporioni della classe dominante e delle sue istituzioni che stanno sbagliando, stanno facendo del danno alle masse e al paese, si stanno tirando la zappa sui piedi (la linea dei “consiglieri del principe”),

- con le cattive: organizzando mobilitazioni, scioperi, proteste sempre più ampie e combattive (linea del riformismo conflittuale).

Con le buone o con le cattive, in ogni caso si tratterebbe di imporre le questioni del lavoro e dei diritti ad esso connessi, dell’ambiente, della pace, della giustizia, ecc. al centro dell’agenda del governo Draghi o di un normale governo delle Larghe Intese, dei loro mandanti (i vertici della Repubblica Pontificia e la Comunità Internazionale degli imperialisti europei, USA e sionisti) e dei loro fiancheggiatori (i partiti e gruppi del teatrino politico e i sindacati di regime).

Ma non è chiaro che questi sono quelli che impongono l’attuale corso della cose, sono i responsabili e autori del massacro sociale, i titolari dell’occupazione militare della Val di Susa e della repressione, i servi degli imperialisti USA che hanno coperto il nostro paese di basi militari e i complici degli imperialisti europei che hanno eliminato o sconvolto il settore pubblico dell’economia, dato in pasto aziende e interi comparti produttivi a grandi capitalisti e fondi finanziari che li hanno spolpati e hanno cosparso il nostro paese di fabbriche abbandonate?

Non è dell’agenda dei nemici delle masse popolari che dobbiamo occuparci, ma di rendere impossibile a loro di governare il paese. Essi né vogliono, né possono occuparsi della rinascita del nostro paese. Dobbiamo solo cacciarli. Sono i complici della Comunità Internazionale degli imperialisti europei, USA e sionisti e gli esecutori dei suoi ordini, incaricati di spremere denaro alle masse popolari per pagare gli interessi e le rate dei crediti che le istituzioni e i caporioni della Comunità Internazionale vantano nei confronti del nostro paese. Non dobbiamo presentare rivendicazioni ai vertici della Repubblica Pontificia e al suo governo, non dobbiamo cercare di mettere i nostri diritti al centro della loro agenda, compagni! Questo è un vecchio vizio che ci trasciniamo dietro da decenni, il vizio dell’economicismo contro cui il movimento comunista ha combattuto lungo tutta la sua storia: solo nei periodi e nei paesi in cui è venuto a capo di questo vizio è riuscito a vincere o almeno ad avanzare.


Come si costituisce il GBP?”. Non è una domanda nuova. Ad essa abbiamo risposto: rendendo il paese ingovernabile ai vertici della Repubblica Pontificia. E abbiamo indicato le vie per farlo.

Rendere ingovernabile il paese significa in primo luogo mobilitare, indipendentemente dalle tessere sindacali e politiche, i lavoratori avanzati e combattivi a costituire in ogni azienda capitalista e pubblica organismi che prendono in mano le aziende, escono dalle aziende, prendono via via la testa di tutti i lavoratori, compresi i precari, le partite IVA e i lavoratori autonomi (molti dei quali sono già in mobilitazione: vedi i taxisti contro Uber o i pescatori contro il caro-carburanti) sostenendo le loro iniziative di disobbedienza alle autorità statali e locali, di sciopero fiscale e altre: per dirla in sintesi, agiscono da nuove autorità pubbliche. È possibile? L’iniziativa del Collettivo di Fabbrica GKN è lì a dimostrarlo (tanto più che si tratta di un gruppo di operai che opera senza il supporto delle organizzazioni sindacali di regime e nonostante l’indifferenza se non l’ostilità della FIOM e della CGIL). Così come, a un livello diverso, l’iniziativa del CALP di Genova.


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Rendere il paese ingovernabile significa imparare dall’esperienza a praticare e combinare sistematicamente e su larga scala le seguenti otto vie:

1. la diffusione della disobbedienza e dell’insubordinazione alle autorità;

2. lo sviluppo diffuso di attività del “terzo settore”: le attività di produzione e distribuzione di beni e servizi organizzate su base solidaristica locale e nazionale;

3. l’appropriazione organizzata di beni e servizi (espropri, “io non pago”, riduzione delle bollette, ecc.) che assicura a tutta la popolazione i beni e servizi a cui la crisi blocca l’accesso;

4. gli scioperi e gli scioperi alla rovescia, principalmente nelle fabbriche e nelle scuole;

5. le occupazioni di fabbriche, di scuole, di stabili, di uffici pubblici, di banche, di piazze, ecc.;

6. le manifestazioni di protesta e il boicottaggio dell’attività delle pubbliche autorità;

7. il rifiuto organizzato di pagare imposte, ticket e mutui;

8. lo sviluppo di azioni autonome dal governo centrale e dal sistema di potere delle Larghe Intese da parte delle Amministrazioni Locali d’Emergenza (ALE) sottoposte alla pressione e sostenute dalla mobilitazione delle masse. Ogni ALE è un centro di riferimento e di mobilitazione delle masse, dispone di impiegati e di esperienza, di locali, di soldi e di strumenti: tutte armi importanti per mobilitare le masse in uno sforzo unitario per far fronte agli effetti della crisi, in primo luogo per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” e “condizioni di vita dignitose per le masse popolari”.

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Nel nostro paese basterebbero un centinaio o anche meno di organismi aziendali come il Collettivo di Fabbrica della GKN che fanno delle aziende minacciate di delocalizzazione, chiusura, ristrutturazione dei centri promotori della lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo del paese e come il CALP di Genova che bloccano i porti italiani al traffico di armi, di organismi territoriali come i NOTAV della Val di Susa che impediscono o boicottano la realizzazione di grandi opere speculative di devastazione del territorio, di organismi tematici come Friday For Future ed Extinction Rebellion, come i Comitati per l’Acqua Pubblica, i comitati per la casa e altri, coordinati tra loro e orientati a costituire un governo d’emergenza di loro fiducia, per rendere ingovernabile il paese dai vertici della Repubblica Pontificia e costringerli a ingoiare (provvisoriamente nei loro propositi) un governo d’emergenza.

La domanda “come si costituisce il GBP” spesso sottintende l’idea che per formare un governo bisogna passare per le elezioni, vincerle e poi, se si riesce a ottenere più del 50% dei voti, allora è possibile formare un “governo doc” altrimenti bisogna adattarsi a fare un governo di coalizione con altre forze, cioè bisogna seguire la trafila secondo cui formalmente si costituiscono i governi nel nostro paese.

Questa idea è frutto di un elettoralismo e un legalitarismo fuori tempo e luogo. Nel nostro paese le elezioni si svolgono secondo leggi che i loro stessi estensori definiscono “una porcata” e che a distanza di anni vengono persino dichiarate anticostituzionali dalla Consulta. I protagonisti delle elezioni sono partiti che si presentano in campagna elettorale con un programma che è sistematicamente il contrario di quello che attuano quando vanno al governo. Sono diventate prassi corrente condotte che fanno a pugni con qualsiasi legalità costituzionale: dalle liste bloccate alle soglie di sbarramento, dalla compravendita di voti all’aggiramento dell’esito dei referendum, fino ai colpi di mano del presidente della repubblica. C’è stato più di un governo messo su senza passare attraverso le elezioni. L’installazione di Draghi ha ridotto non solo il Parlamento a un ufficio di registrazione dei decreti del governo, ma il governo stesso a un insieme di uffici recalcitranti agli ordini del Commissario dell’UE e della NATO: i testi dei decreti legge arrivano in Consiglio dei Ministri all’ultimo momento, in molti casi vengono approvati senza neanche essere letti e poi vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale stravolti (vedasi la lettera con cui Giuseppe Conte pudicamente si lamenta con Draghi che “è inaccettabile che il Consiglio dei Ministri sia relegato al ruolo di mero consesso certificatore di decisioni già prese, con provvedimenti normativi anche complessi che vengono portati direttamente in Consiglio o, quando va bene, con un anticipo minimo, comunque inidoneo a consentirne un’analisi adeguata”). In una situazione come questa e a fronte delle sofferenze crescenti del nostro popolo, della devastazione del nostro paese, della guerra che dilaga, noi dovremmo farci legare le mani e seguire la trafila prescritta da regolamenti che persino chi li ha scritti non rispetta?

Qualcuno obietterà certamente: “ma se non riusciamo a opporci efficacemente, con che forza possiamo cacciare Draghi e compagnia?”. Con la forza che viene dal lottare per un obiettivo difficile, ma di prospettiva: difendersi per prendere tutto è ben diverso dal difendersi per non perdere tutto. Con la forza che viene dal lottare per un obiettivo difficile, ma realistico: mobilitare i pastori per convincere il lupo a non mangiargli le pecore è ben diverso dal mobilitarli per far fuori il lupo che gli mangia le pecore!

Concretamente, immaginiamo due strade possibili.

1. Pensiamo alle “accampate” promosse negli anni passate dai promotori del No Debito, Eurostop, No Monti Day e simili, ora però organizzate in un contesto in cui 1) un certo numero di organismi operai e popolari agiscono da nuove autorità pubbliche e 2) i personaggi di loro fiducia (alla De Magistris, Cremaschi e simili) si sono costituiti in un organismo (in passato lo abbiamo chiamato comitato di salvezza nazionale o di liberazione nazionale, ma quello che conta è la sostanza, non il nome) che nega ogni legittimità del governo in carica e il suo diritto a governare, che lotta per affermarsi come governo legittimo del paese in nome degli interessi delle masse popolari che assume di rappresentare e che sono calpestati dal governo in carica: quindi un organismo costituto non per contrattare e rivendicare al governo Draghi o chi per esso, ma con l’obiettivo di cacciare il governo Draghi e di mobilitare le masse popolari a sviluppare su scala crescente tutte le iniziative di cui sono capaci fino alla vittoria. In una situazione del genere, se proprio serve, possiamo anche indurre un Parlamento che è ridotto come una prostituta in vendita al miglior offerente ad avallare un governo composto da persone designate dalle organizzazioni operaie e popolari, di loro fiducia.

2. Un’altra strada è quella che hanno fatto il M5S da noi e Syriza in Grecia nel 2015: stante l’avanzare della crisi del sistema politico, una coalizione anti Larghe Intese si afferma alle elezioni e riesce ad andare al governo. Se ha a che fare con organismi come il Collettivo di Fabbrica della GKN, organizzati e con iniziativa, difficilmente potrà prescindere da essi, dalle loro rivendicazioni, dai decreti anti-delocalizzazione e dai piani per la mobilità sostenibile che presentano. Anziché calare le braghe come hanno fatto sia il M5S sia Syriza, dovrà avanzare e da cosa nasce cosa. Vuol dire che al GBP si arriva attraverso le elezioni? No, perché quello che fa la differenza non è la vittoria alle elezioni, ma l’esistenza di un certo numero di organizzazioni operaie e popolari, il loro coordinamento e il loro orientamento a costituire un proprio governo d’emergenza.

Ma il GBP non è un governo dei comunisti”. Il GBP non è il governo dei comunisti nel senso che non è la dittatura del proletariato. È il governo dei comunisti solo nel senso che la sua costituzione è parte del piano d’azione con cui oggi i comunisti orientano verso un obiettivo politico (di potere) le masse popolari nella situazione concreta del nostro paese, una situazione in cui

- le sofferenze prodotte dalla guerra e dal riarmo si aggiungono a quelle della pandemia e della seconda crisi generale del capitalismo generata dalla sovrapproduzione assoluta di capitale con il connesso smantellamento dell’apparato produttivo del nostro paese e l’eliminazione delle conquiste di civiltà e benessere che le masse popolari del nostro paese, come quelle degli altri paesi imperialisti, hanno strappato alla borghesia negli anni in cui nel mondo il movimento comunista cosciente e organizzato era forte,

- il movimento comunista cosciente e organizzato è ancora debole, non si è ancora ripreso dal declino conseguente all’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria,

- le masse popolari non seguono noi comunisti, i “capi” delle masse popolari non siamo noi comunisti, ma gli esponenti della sinistra borghese (cioè individui e gruppi convinti che è possibile cambiare il corso delle cose senza instaurare il socialismo, prima fase della società comunista).

È un piano d’azione che tiene conto di come stanno le cose anziché sognare che siano diverse e dannarsi perché non lo sono. Noi comunisti siamo pochi, pochi sono i lavoratori combattivi e gli individui avanzati che si arruolano nelle nostre file, pochi quelli che hanno fiducia in noi. Cosa ovvia stante le sconfitte che il movimento comunista ha subito nonostante il grande seguito e la fiducia di cui godevamo tra le masse popolari: sconfitte che abbiamo subito non perché la borghesia era forte, ma a causa di nostri errori e limiti nella comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe che pure avevamo promosso e di cui eravamo alla testa. Oggi gli esponenti delle masse popolari non affluiscono a migliaia e a milioni nelle nostre file, ma a milioni sono malcontenti e insofferenti del corso delle cose che i vertici della Repubblica Pontificia impongono loro. Molti sono e ancora più saranno gli organismi e gli individui che daranno il loro contributo per porre fine alla guerra, alle sofferenze prodotte dalla crisi generale del capitalismo e agli altri effetti del capitalismo. Noi comunisti dobbiamo sostenere tutte le forme di resistenza delle masse popolari, mobilitare e rafforziamo ogni suo protagonista e valorizzare il contributo che dà.

Quindi è un piano d’azione per far avanzare la rivoluzione socialista (interesse storico delle masse, insegna il marxismo-leninismo-maoismo) ponendo rimedio sia pure temporaneo e precario agli effetti più gravi della crisi che colpiscono le masse (quindi risponde agli interessi immediati di queste ultime e facilita la loro mobilitazione e organizzazione) e mettendo a contribuzione e alla prova gli attuali “capi” delle masse popolari (“dividere l’uno in due”).

I piani d’azione alternativi alla costituzione del GBP quali sono? Moltiplicare le lotte rivendicative e partecipare alle elezioni e alle istituzioni della “democrazia borghese”, cioè persistere nelle due deviazioni dell’elettoralismo e dell’economicismo che nel secolo scorso (da quando sono maturate le condizioni della rivoluzione proletaria, di cui il movimento politico della classe operaia era l’aspetto soggettivo, il passaggio del capitalismo nella sua fase imperialista quello oggettivo) hanno inquinato il movimento comunista e impedito ai partiti comunisti dei paesi imperialisti di adempiere al loro compito storico. Oppure organizzare azioni armate, cioè persistere o ricadere nel militarismo. Nel migliore dei casi, contando che prima o poi “la rivoluzione scoppierà”... come non è mai successo in nessun paese! Da quando siamo nella fase imperialista della società borghese, le rivoluzioni ci sono state e hanno vinto solo dove c’erano partiti comunisti che le hanno costruite e si sono dotati di una strategia e di un’organizzazione adeguate per farlo.

Alcuni compagni sostengono che prima bisogna creare un partito comunista grande e forte e che solo a quel punto avrà senso occuparsi del governo del paese. Ma come diventa grande e forte un partito comunista? Guardiamo alla storia che abbiamo alle spalle! Guardiamo al partito bolscevico: mica è nato grande e forte! È diventato grande e forte perché le masse popolari hanno sperimentato che seguendo la sua linea riuscivano ad avere ragione dello zarismo e a conquistare “pane, terra e pace”. Il PCI non è che si è messo alla testa della Resistenza contro il nazifascismo quando è stato grande e forte! È diventato grande e forte proprio perché ha saputo passo dopo passo guidare le masse popolari a battersi in modo efficace contro il nazifascismo. Attenzione a non dimenticare per strada pezzi importanti della nostra storia!


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L’esperienza dei governi Conte conferma le lezioni del governo Tsipras e di Syriza in Grecia nel 2015 e del governo Sanchez-Iglesias (2020) in Spagna, ma anche del governo Prodi (2006-2008) o della presidenza Mitterrand (periodo 1981-1986) in Francia:

- non è possibile porre rimedio agli effetti della crisi cercando di trovare un qualche ragionevole accordo con le istituzioni della borghesia imperialista (UE, BCE, NATO, FMI, Confindustria, ecc.), seguendo prassi e regole dettate da quelli che hanno portato alla situazione attuale. Senza “darsi i mezzi della propria politica” anche le migliori promesse sono un imbroglio o un’illusione;

- non basta raccogliere voti, avere eletti in Parlamento e neanche andare al governo, se i voti, i seggi in parlamento e il governo non vengono usati anche e soprattutto per coalizzare, mobilitare, rafforzare e dare fiducia a chi (le masse popolari) ha l’interesse e, se organizzato, ha la forza di cambiare il paese contro i signori della finanza internazionale e i loro agenti e complici locali, responsabili dello stato in cui versa il paese;

- solo facendo affidamento su una rete di organismi popolari un “governo del cambiamento” può cambiare effettivamente il paese e far fronte al sabotaggio e all’ostruzionismo della Comunità Internazionale, delle “manine”, dei capitalisti, del clero e delle istituzioni civili e militari del vecchio Stato. Senza di questo, anche se si riesce a prendere in mano il governo, il potere resta nelle mani dei potentati economici e finanziari (che sono anche i referenti locali e i complici della Comunità Internazionale): quindi il governo è un governo impotente.

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La costituzione del GBP non equivale all’instaurazione del socialismo né è un’alternativa o un altro nome dell’instaurazione del socialismo. Non è una via pacifica al socialismo. Siamo coscienti che una volta che le OO e le OP avranno costituito il GBP, la guerra civile diventerà concretamente un percorso a cui far fronte: o prevenirlo o uscirne vincitori. Anche per questo già oggi il (n)PCI svolge un’azione specifica negli organismi politici e sociali e nelle istituzioni della classe dominante (Stato, Chiesa, organizzazioni professionali e altre) e della destra borghese finalizzata a 1. reclutare soggetti scontenti, disgustati e preoccupati di come vanno le cose e costituire Comitati di Partito clandestini, 2. raccogliere informazioni sull’attività e le manovre della classe dominante, 3. condurre operazioni specifiche che indeboliscono il campo nemico e rafforzano quello delle masse popolari.


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Una differenza decisiva tra il GBP e sia i governi del periodo 1943-1947 sia i due governi Conte del M5S consiste nel fatto che il GBP abolirà la proprietà capitalista e la gestione privatistica (di mercato) delle aziende in ogni caso in cui favoriscono lo smantellamento del settore produttivo italiano o comunque contrastano con gli interessi delle masse popolari.

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I gruppi più criminali della borghesia e del clero cercheranno di raggruppare in misura decisiva la borghesia e il clero attorno a loro e sulla loro linea, man mano che diventerà evidente che il GBP si consolida e che un nuovo sistema di relazioni sociali va affermandosi. Infatti i provvedimenti d’emergenza presi dal GBP, moltiplicandosi spingeranno per forza stessa delle cose a ordinare l’insieme delle relazioni sociali che essi producono in un sistema di relazioni sempre meglio combinate e congruenti. La trasformazione dell’emergenza in “ordinaria amministrazione”, la stabilizzazione dei provvedimenti d’emergenza e la correzione degli scompensi e inconvenienti cui ognuno di essi darà luogo, l’adattamento di una situazione all’altra, l’adozione universale delle procedure che si dimostreranno più efficaci e fruttuose, la repressione sempre più efficace di ogni attività di boicottaggio e di sabotaggio, di ogni percorso di elusione ed evasione, la riduzione dei diritti dei capitalisti e delle loro proprietà, l’eliminazione crescente di ogni ostacolo all’universalizzazione delle relazioni sociali che la pratica dimostrerà più adatte e superiori, la moltiplicazione e il rafforzamento qualitativo delle OO e delle OP, comporteranno l’instaurazione del socialismo: cioè l’instaurazione di un nuovo sistema politico (costituito dalle organizzazioni territoriali e aziendali degli operai e delle masse popolari e dagli organismi superiori formati dai loro delegati), di una nuova legalità e di un nuovo sistema di relazioni sociali. A questo corso delle cose i gruppi più criminali della borghesia e del clero cercheranno di opporsi con la guerra civile. Allora o riusciremo a prevenirli e neutralizzarli prima che passino all’azione o dovremo combattere e vincere.

Nel contesto creato dalla costituzione del GBP e dall’azione delle OO e delle OP con il GBP, si svilupperanno la rinascita del movimento comunista, la fiducia delle masse in se stesse e la loro capacità di governare. Si creeranno quindi condizioni più favorevoli anche per dissuadere le borghesia e il clero dal ricorrere alla guerra civile, isolare e togliere proprietà, potere e libertà d’azione ai gruppi più criminali fautori della guerra civile oppure per vincerla se nonostante tutto vi ricorreranno.

La costituzione del Governo di Blocco Popolare è solo il primo pezzo della strada che, stante le condizioni che ereditiamo dalla storia che abbiamo alle spalle, il nostro paese deve percorrere per uscire dalla crisi generale del capitalismo, dal marasma economico, politico, culturale, sociale, intellettuale, morale e ambientale in cui la borghesia imperialista ha cacciato tutta l’umanità e ogni giorno più la affonda. Il tratto successivo e conclusivo di quella strada sarà l’instaurazione del socialismo, la cui espressione politica sarà la dittatura del proletariato.

Anna M.



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Che relazione c’è tra la costituzione del GBP e il nostro obiettivo che è instaurare il socialismo?

La relazione tra i due è la nostra strategia. Costituire il GBP è la linea tattica con cui nella fase attuale, la fase acuta e terminale della crisi generale del capitalismo, attuiamo la nostra strategia. Ci siamo proposti di raggiungere la cima di questa montagna. Abbiamo definito il cammino che percorreremo per arrivarci (da quale versante, ecc.): la linea generale che seguiremo, la nostra strategia. Il primo tratto del cammino è quello che facciamo in questi anni: la nostra tattica di questo periodo. Il periodo successivo inizierà quando le OO e le OP avranno costituito il GBP oppure sarà prevalsa la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. In entrambi i casi si aprirà una nuova fase del nostro cammino. La linea, la tattica della nuova fase, dipenderà dal risultato della fase attuale.

Una volta definito l’obiettivo della rivoluzione, il Partito deve tracciare la strada per raggiungerlo. Deve essere una strada tale che il Partito possa indurre le masse popolari e in primo luogo la classe operaia, che è la loro classe dirigente, la classe che trascina le altre classi delle masse popolari, a percorrerla, anche se il grosso di esse non ha coscienza dell’obiettivo finale della rivoluzione socialista né quindi la volontà di raggiungerlo. Coscienza e volontà si formeranno tappa dopo tappa. Le masse formano la propria coscienza principalmente per esperienza diretta. Anche questo principio tuttavia va visto concretamente: si applica diversamente da paese a paese, a seguito della sua storia e dell’evoluzione che il singolo paese ha alle spalle. In particolare è diverso tra i paesi imperialisti e i paesi oppressi. La coscienza si forma gradualmente. La coscienza e la sua formazione dipendono in parte da ogni individuo, sono un percorso individuale; in parte dipendono dalla collettività di cui l’individuo fa parte, dall’ambiente in cui è formato e in cui vive. La prima ondata della rivoluzione proletaria e le sue vicende hanno prodotto una profonda trasformazione nella coscienza umana, nelle idee e nei sentimenti, che riguarda gran parte dell’umanità. Noi dobbiamo valorizzare tutti i livelli di coscienza che concretamente esistono tra le masse che vogliamo mobilitare: in particolare i livelli più elevati. Ma dobbiamo tener conto anche dei livelli più arretrati.

Se il Partito propone direttamente e immediatamente alle masse popolari e alla classe operaia di lottare per l’obiettivo finale, il Partito non mobiliterà le masse, dato che l’obiettivo della lotta che propone è al di là delle aspirazioni e della coscienza che il grosso di queste classi già possiede, in cui ravvisa la soluzione dei propri problemi, su cui guida le sue azioni. Così facendo il Partito non diventerebbe lo Stato Maggiore della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari, la direzione della loro attività pratica.

Se il Partito abbandona l’obiettivo finale, se trascura nella formazione dei suoi membri e nella sua propaganda l’obiettivo finale, se questo non resta costantemente il punto di riferimento e il metro di misura del cammino che nell’immediato il Partito fa compiere alla classe operaia e al resto delle masse popolari, il Partito si perderà per strada, diventerà un partito opportunista, prima o poi si troverà in un vicolo cieco.

L’obiettivo finale è la meta da raggiungere, la cima della montagna che vogliamo raggiungere. Una volta definita la meta e in termini generale il cammino (da quale versante, con quali mezzi), il percorso da compiere deve essere definito tappa per tappa, passo per passo. Bisogna tradurre il generale nei particolari relativi giorno dopo giorno al cammino che concretamente bisogna compiere.

È perché operiamo in questa maniera che noi possiamo e dobbiamo valorizzare e valorizziamo anche le azioni che i fautori di riforme promuovono unilateralmente. Ogni giorno, per il tratto di strada che dobbiamo compiere quel giorno, le loro iniziative coincidono con quello che noi dobbiamo fare, con una parte di quello che noi dobbiamo fare, con una parte di quello che noi dobbiamo dirigere le masse a fare. Le masse che essi mobilitano alimentano il nostro cammino di quel giorno. Proprio l’esperienza del cammino che compiono quel giorno combinata con la propaganda e l’azione organizzativa del Partito, renderà quelle stesse masse (e con ogni probabilità persino gran parte dei fautori delle riforme), capaci di concepire e di compiere anche il cammino del giorno successivo” (da L’obiettivo finale e il cammino per raggiungerlo, in VO 36 - novembre 2010).

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