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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - luglio 2022

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Fare delle organizzazioni operaie e popolari la base del sistema di potere che soppianterà quello dei capitalisti

Commentando il Comunicato CC 13 del 27 maggio 2022 - Le due lezioni dello sciopero del 20 maggio, un compagno ci ha scritto: “(…) Voi dite che i comunisti devono fare delle organizzazioni operaie e popolari la base del nuovo potere, ma cosa significa? Concretamente cosa fa un partito comunista che le considera come base della dittatura del proletariato, cioè di qualcosa che non c’è ancora e, visto lo stato dei comunisti italiani, purtroppo mi sa che è di là da venire…?”.


Il nuovo potere non è ancora la dittatura del proletariato: diventa dittatura del proletariato quando, arrivato a un certo grado di sviluppo, ha la forza di annientare il sistema di potere della borghesia e imporsi come direzione di tutto il paese. Il nuovo potere è il potere degli operai e delle altre masse popolari organizzate contrapposto a quello della borghesia imperialista: per quanto riguarda il nostro paese, al sistema di potere capeggiato dalla Corte Pontificia e sostenuto dai gruppi imperialisti USA e sionisti. Inizia ad esistere con la formazione di un partito comunista che promuove la guerra popolare rivoluzionaria.(1)


1. Se pensiamo alla Russia del secolo scorso, il nuovo potere

- ha iniziato a esistere nel 1903 con la fondazione del partito di Lenin,

- si è rafforzato con la formazione dei soviet operai, contadini e soldati nel corso della rivolta del 1905 e la loro aggregazione intorno al partito bolscevico,

- è arrivato a imporsi come direzione del paese con l’insurrezione dell’Ottobre 1917, che ha instaurato la dittatura del proletariato di cui i soviet erano la struttura di base.



Nella prima fase di questa guerra (quella della difensiva strategica: è la fase in cui si trova attualmente la guerra popolare nel nostro paese), il nuovo potere è costituito dal partito comunista e dalle forze organizzate della classe operaie e delle masse popolari che il partito via via raccoglie intorno a sé. Nella fase successiva (quella dell’equilibrio strategico, in cui la lotta di classe diventa guerra civile), il nuovo potere comprende anche proprie forze armate, che il partito comunista costituisce inquadrando militarmente una parte delle masse (milizie popolari) e tramite il passaggio alla rivoluzione di una parte delle forze armate nemiche. Quando arriva ad imporsi come direzione di tutto il paese (fase dell’offensiva strategica della guerra popolare), il nuovo potere diventa anche Stato, lo Stato della dittatura del proletariato, e si articola in una serie di organismi e istituzioni anche statali.

Per tutto un periodo, quindi, il nuovo potere esiste solo dove il partito comunista è già abbastanza radicato, a macchia di leopardo e in punti territorialmente isolati (ma che operano secondo una linea e un piano comuni). Oggi le sue istituzioni sono

1. in primo luogo il partito comunista che si è costituito e opera come Stato Maggiore della guerra popolare contro i vertici della Repubblica Pontifica, contro la NATO, contro la UE e le altre istituzioni della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti,

2. le forze aggregate intorno al partito comunista, cioè che seguono le sue indicazioni e parole d’ordine o sono in una qualche misura orientate da esso,

3. le forze che si propongono e operano per mettere fine al catastrofico corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista e sono per il socialismo,

4. le forze che sono o operano per mettere fine al rovinoso corso delle cose ma non aspirano al socialismo: è un campo ampio, che va dai sindacati conflittuali fino agli aggregati promossi dagli esponenti non anticomunisti della sinistra borghese;

5. le organizzazioni operaie e popolari di azienda, territoriali e tematiche con cui le masse popolari si difendono e fanno fronte agli effetti della crisi generale del capitalismo.

Sono cinque livelli molto diversi uno dall’altro e con differenze importanti anche all’interno di ogni livello (il partito comunista e le forze aggregate intorno ad esso sono consapevolmente istituzioni del nuovo potere, mentre quelle degli altri tre livelli lo sono di fatto), ma queste sono le istituzioni del nuovo potere per come esiste oggi. Fare la rivoluzione socialista consiste nel rafforzare questo sistema di potere a scapito di quello dei capitalisti fino a rovesciarlo. E rafforzarlo richiede che il partito comunista svolga un’azione sistematica tenendo conto delle attuali caratteristiche, numero e ruolo delle istituzioni del nuovo potere ma avendo occhio a quello che possono diventare. L’instaurazione del socialismo e la dittatura del proletariato diventeranno un obiettivo immediato, un obiettivo praticamente all’ordine del giorno quando le attuali istituzioni saranno cresciute di numero e forza, saranno capaci di un’azione comune e convergente perché aggregate intorno a un centro e questo centro sarà il partito comunista: sarà il partito comunista a orientarne la coscienza e a dirigerne l’azione.

Oggi il nuovo potere è sicuramente ancora poca cosa, ma c’è una prateria da cui farlo nascere e sviluppare: la resistenza delle masse popolari al potere dei capitalisti, che è ovunque e inesauribile perché, qualunque cosa faccia, la borghesia non fa che alimentarla.


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Stato e masse nei paesi socialisti

Lungo tutta la fase socialista - intesa come fase inferiore del comunismo, come fase in cui la nuova società porta ancora forti tracce della società borghese da cui proviene - esisterà lo Stato (il governo, la polizia, la magistratura, le forze armate, la pubblica amministrazione e tutte le altre istituzioni del potere), come istituzione distinta dal resto della società, con il monopolio dell’uso della violenza e specificamente dedicata alla repressione. Lo Stato si estinguerà man mano che 1. saranno le organizzazioni in cui a ogni livello (unità produttiva, abitazione, ecc.) sono associate le masse popolari a far fronte ai comportamenti asociali di singoli senza più bisogno di un apparato nazionale appositamente dedicato a questo scopo, 2. il socialismo sarà instaurato in tutti o almeno in gran parte dei paesi e, di conseguenza, le contraddizioni tra paesi e nazioni si saranno estinte perché avremo creato un sistema internazionale di collaborazione.

Finché sarà necessario che lo Stato esista, esso deve essere nelle mani della parte più avanzata e organizzata dei lavoratori che creerà istituzioni e procedure adeguate a reprimere i tentativi di rivincita della borghesia imperialista e del clero, a garantire il funzionamento collettivo della società, a promuovere su scala sempre più larga la partecipazione delle masse popolari alle attività da cui le classi dominanti le hanno da sempre escluse e che quindi oggi esse non sono già in massa capaci di esercitare. Questo è la democrazia proletaria, un ordinamento che supera la democrazia borghese ed è uno scandalo per quelli che credono nella democrazia borghese. Infatti la democrazia borghese è la finzione che il voto renda uguali il padrone e l’operaio: è la finzione dell’eguaglianza di diritti politici per tutti i cittadini senza tener conto delle differenze tra di essi in campo economico (per quanto riguarda la proprietà dei mezzi di produzione, la partecipazione alla distribuzione del prodotto, i rapporti nel processo lavorativo), cioè delle differenze di classe che invece sussistono. Queste rendono le classi diseguali anche per quanto riguarda l’esercizio dei diritti politici e la partecipazione dei singoli individui alla gestione delle attività statali. Il proposito proclamato dalla Costituzione Italiana del 1948 di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3) è rimasto e non poteva che rimanere lettera morta proprio perché quegli ostacoli sono connaturati al sistema capitalista e la loro rimozione quindi comporta che si elimini il capitalismo” (dal Comunicato CC 15 del 26 agosto 2016 - Appello alla rivoluzione socialista).

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Attenzione alle concezioni riduttive e dogmatiche del potere. Il potere non coincide con lo Stato, con il monopolio della violenza. Lo Stato borghese è la violenza organizzata della classe dominante per reprimere e tenere a bada le classi sfruttate e oppresse, ma guardiamoci intorno: un lavoratore va tutte le mattine in fabbrica, paga le tasse, manda i figli in una scuola di merda, va a votare e fa mille altre cose non perché ha un poliziotto che gli tiene una pistola costantemente puntata addosso. Nella società moderna il potere consiste in ultima analisi nella direzione dell’attività pratica delle masse popolari. Quando i Consigli di Fabbrica negli anni ’70 contro il carovita lanciavano l’autoriduzione delle bollette e un certo numero di persone seguivano l’indicazione, quando il comitato NO TAV chiama a boicottare i cantiere del TAV e un certo numero di persone vanno a tagliare le reti, quando il Collettivo di Fabbrica della GKN chiama a occupare la fabbrica o ad andare in presidio sotto la Regione e gli operai lo fanno, questo è potere. Se questo avviene in tutti o in gran parte dei terreni della vita sociale, un’organizzazione operaia o popolare ha potere, comanda, dirige, è il nuovo potere. A quel punto le istituzioni del vecchio potere, anche se non sono ancora sciolte, sono tuttavia impotenti: parlano ma nessuno le ascolta, fanno leggi ma esse cadono nel vuoto, non vengono rispettate.

Neanche in Unione Sovietica il potere coincideva con lo Stato sovietico: il Consiglio dei Commissari del Popolo, l’Armata Rossa, la Ceka, ecc. Il sistema di direzione del paese era costituito prima e soprattutto dal partito comunista con le sue organizzazioni di massa (sindacati, organizzazioni dei giovani, delle donne, di categoria e ceti) e dai collettivi di lavoro con le loro assemblee e i loro organi esecutivi (i soviet), dalle assemblee di caseggiato, villaggio, quartiere, ecc. con i loro consigli di delegati revocabili e i rispettivi organi esecutivi. Il partito e i soviet erano la struttura portante della dittatura del proletariato, una struttura che era strettamente connessa con le istituzioni più propriamente statali, le permeava e orientava e contemporaneamente permetteva alle masse popolari di imparare a dirigere se stesse e la loro vita associata fino a non avere più bisogno di istituzioni statali.


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L’essenza del potere sovietico sta nel fatto che l’intero potere statale, l’intero apparato statale ha come fondamento unico e permanente l’organizzazione di massa proprio di quelle classi che sono state finora oppresse dal capitalismo, cioè degli operai e dei semiproletari (contadini che non sfruttano il lavoro altrui e che vendono costantemente anche solo una parte della loro forza-lavoro). Proprio queste masse, che persino nelle repubbliche borghesi più democratiche, pur avendo uguali diritti dinanzi alla legge, sono di fatto escluse in mille modi e con mille sotterfugi dalla vita politica e dall’esercizio delle libertà e dei diritti democratici, vengono ora associate in modo permanente e necessario, ma soprattutto in modo decisivo alla gestione democratica dello Stato” (Lenin, Primo Congresso dell'Internazionale Comunista - capitolo Tesi e Rapporto sulla democrazia borghese e sulla dittatura del proletariato, 4 marzo 1919, in Opere, Editori Riuniti, vol. 28).

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Fatta questa lunga ma necessaria premessa, cosa significa qui e ora per un partito comunista fare delle organizzazioni operaie e popolari la base del sistema di potere che soppianterà quello dei capitalisti è sintetizzato nella linea generale del Governo di Blocco Popolare e nelle linee particolari in cui si articola: creazione delle tre condizioni necessarie alla sua costituzione, orientamento degli organismi di lavoratori a “occuparsi e uscire dalle aziende”, mobilitazione di questi organismi ad agire come nuove autorità pubbliche fino a rendere ingovernabile il paese al governo e alle altre autorità della Repubblica Pontificia, le mille iniziative di base per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” e le quattro vie (autogestione, ampliamento dell’attività di un’azienda pubblica o partecipata a livello locale, subentro di un nuovo capitalista, nazionalizzazione) per tenere aperte o rimettere in funzione le aziende, ecc. Abbiamo illustrato questa linea generale e le linee particolari in cui si articola in vari numeri di La Voce, ad essi rimando. Qui metto in luce le linee principali che si scontrano su questo terreno.

Promuovere la formazione di organizzazioni operaie e popolari sia dove ci sono lotte in corso o iniziando con la promozione di una lotta sia dove non ci sono lotte in corso, in modo sistematico e usando ogni occasione e appiglio, dedicando propri uomini, sperimentando, ricavando criteri e insegnamenti per estendere oppure aspettare che si formino da sé. È vero che i soviet in Russia si sono formati spontaneamente e lo stesso vale per i CdF degli anni ’70 in Italia, ma volenti o nolenti noi oggi dobbiamo fare i conti con l’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria e gli effetti che ha avuto sugli operai e il resto delle masse popolari.

Fare in modo che da ogni lotta e protesta che appoggiamo o promuoviamo (quale che sia il risultato pratico immediato) sorga un’organizzazione operaia o popolare formata da uno, due, tre o più persone che opera con continuità, che continua a esistere anche quando la lotta è finita oppure promuovere organismi che nascono e finiscono con la lotta o cercare di prolungare l’organismo di lotta tal quale anche dopo la conclusione della lotta.

Mobilitare gli organismi operai e popolari in mille iniziative di base per prendere nelle proprie mani l’attuazione della parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” oppure mobilitarli a chiedere al governo Draghi o chi per esso di fare “scelte coraggiose per salvare il paese”, di “fare piani industriali”, di “usare i soldi del PNRR per nuovi investimenti che creino lavoro” o “per dare risorse ai lavoratori”.

Se la lotta si conclude con una vittoria, orientare l’organismo a fare il bilancio e rilanciare di propria iniziativa con una lotta di livello superiore (per obiettivi, forze mobilitate, raggio d’azione) oppure arrestarsi fino al prossimo attacco e nel frattempo cercare di raccogliere quanti più voti o iscritti possibili; se invece si conclude con una sconfitta, aiutarlo a riorganizzare le forze e rilanciare oppure abbandonarlo al suo destino e passare a un’altra lotta.

Orientare gli organismi di lavoratori a occuparsi anche della gestione dell’azienda, cioè di che cosa produce, per chi, chi sono i clienti e i fornitori, quali i piani produttivi e commerciali oppure mantenerli sul terreno strettamente sindacale: occuparsi solo delle condizioni e dei diritti dei lavoratori.

Portare gli organismi di lavoratori a occuparsi di quello che succede e a intervenire fuori dalle aziende oppure mantenere il loro raggio d’azione circoscritto all’azienda.

Educare al criterio che “è legittimo tutto quello che è conforme agli interessi delle masse popolari anche se è vietato dalle leggi dei padroni” (educare alla lotta contro il legalitarismo per linee interne: guidare i tentativi di percorrere le vie legali per portare all’occorrenza a percorrere le vie di rottura, partire da iniziative di rottura percepite come giuste anche nel senso comune, ecc.) oppure alimentare la soggezione alle leggi e alle regole dei padroni.

Quando un organismo di lavoratori, avvalendosi di tecnici, docenti, esperti, ecc., elabora progetti e piani che riguardano l’azienda, la zona o il settore, mobilitarlo a creare alleanze con altri lavoratori e settori di masse popolari, fare forzature, ecc. per attuarli oppure concentrare la sua azione sul convincere le autorità della bontà dei piani elaborati.


Il collettivo di lavoratori che, quando avremo issato la bandiera rossa su Palazzo Chigi, assume la direzione di una unità produttiva non salta fuori dal cilindro bell’e pronto.(2) Nasce come organismo di due o tre lavoratori decisi a darsi da fare (quelli che in gergo chiamiamo “embrioni di organizzazioni operaie e popolari”) che si mettono insieme oggi, spontaneamente o per l’intervento di noi comunisti. Cresce nell’organizzazione operaia che “si occupa ed esce dall’azienda” per attuare, a livello locale e su scala conforme alle sue forze, misure atte a rimediare (per forza di cose in modo parziale e precario) agli effetti della crisi generale del capitalismo che colpiscono le masse popolari. Si rafforza nella lotta con cui costituisce un proprio governo di emergenza per attuare quelle misure che per loro natura possono essere attuate solo su scala nazionale (nazionalizzare una grande azienda, calmierare i prezzi, ecc.). Fa il suo “apprendistato di governo” indicando al GBP le misure a cui esso deve dare forma e forza di legge a livello locale o nazionale, verificando che gli organi locali dello Stato applichino lealmente le decisioni del GBP e indicando, isolando e neutralizzando i funzionari e gli organismi civili e militari che vanno epurati, mobilitando le masse popolari ad attuare direttamente le decisioni del GBP, prendendo le misure (economiche, culturali e militari) necessarie a tutelare il GBP e il paese dall’attacco economico, commerciale, finanziario e militare e dalle operazioni sovversive della Comunità Internazionale e della borghesia imperialista, del clero e degli apparati statali che tradiscono, tramano, sabotano.

Il filo rosso che collega questi diversi stadi è il partito comunista, che dirige fase per fase l’organismo a salire uno dopo l’altro i gradini della scala che porta alla dittatura del proletariato e all’instaurazione del socialismo: lo dirige non perché riesce a convincerlo in blocco che il comunismo è il suo futuro, ma facendogli sperimentare per esperienza diretta che solo così riesce a risolvere i suoi problemi e a sconfiggere la borghesia.(3)


2. “La direzione dell’unità produttiva comprende

- la gestione dell’attività produttiva, il coordinamento produttivo (acquisizione delle forniture e consegna dei prodotti) con le altre unità produttive sulla base del Piano Economico Nazionale che sarà elaborato dal Consiglio dell’Economia Nazionale che fa parte del governo centrale del paese, la collaborazione su ogni piano e in ogni campo con le altre unità produttive, il censimento delle risorse e la contabilità;

- la gestione dell’attività politica, culturale, ricreativa, organizzativa, ecc. dei lavoratori e della loro azione sul territorio: iniziative aperte alle masse popolari del territorio o svolte sul territorio come mense, asili, scuole, spettacoli, ecc.;

- la riorganizzazione della vita e dell’attività dei lavoratori e delle rispettive famiglie, sulla base della partecipazione di tutti gli adulti abili al lavoro (in particolare delle donne) nella misura delle loro forze e capacità: partecipazione dei lavoratori alla direzione e all’organizzazione dell’unità produttiva, attività cultuale, formazione politica, partecipazione all’attività politica interna ed esterna all’unità produttiva, partecipazione alle attività territoriali e nazionali, rapporti con le altre unità produttive e con le altre istituzioni”

(Un futuro possibile, M. Martinengo ed E. Mensi, Edizioni Rapporti Sociali - 2011).


3. Il metodo di direzione del partito è la linea di massa: vedi Manifesto Programma, pag. 296, nota 119.



Perché dai soviet è venuto fuori un governo socialista, mentre dai Consigli di Fabbrica degli anni ’70 no, anche se all’inizio entrambi erano organizzazioni di lotta che combinavano rivendicazioni, denunce, proteste e rivolte? Perché l’insurrezione vittoriosa dell’Ottobre 1917 ha portato all’instaurazione del socialismo, mentre un’insurrezione altrettanto vittoriosa come quella del 25 aprile 1945 invece no? Quello che ha fatto la differenza è stata l’esistenza e l’azione di un partito comunista con una linea e un piano per fare delle organizzazioni operaie e popolari la nuova struttura del potere politico attraverso cui il proletariato esercita la sua dittatura.

Ernesto V.