La Voce 71 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - luglio 2022

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Mobilitare e organizzare contro la guerra

Lettera alla redazione

I comunisti sono in grado di intervenire nelle Forze Armate

A proposito della Folgore

Nella lettera che pubblichiamo qui di seguito, un compagno racconta la sua esperienza di addestramento, come militare di leva, in uno dei reparti d’élite delle FFAA italiane e una sintesi dei cambiamenti intervenuti nelle tecniche di addestramento dopo l’abolizione del servizio di leva e la trasformazione delle FFAA in corpi professionali. La sua lettera conferma che noi comunisti possiamo raccogliere forze anche in campo nemico e mette in luce alcune delle contraddizioni su cui a questo fine fare leva, compresa l’insofferenza per la subordinazione agli imperialisti USA-NATO che serpeggia anche nelle FFAA e che la partecipazione alla guerra contro la Federazione Russa rafforza.


Cari compagni,

sono un compagno che legge La Voce e che nel corso della sua vita ha fatto esperienza in campo militare all’interno di alcuni reparti delle Forze Armate del nostro paese, tra cui la Brigata paracadutisti Folgore che è nota come uno dei reparti d’élite dell’Esercito Italiano nonché storica roccaforte della parte più reazionaria degli alti graduati. Ho deciso di scrivervi dopo aver letto gli articoli di La Voce 69 sulle Forze Armate.(1) Sono d’accordo con lo spirito delle indicazioni contenute in quegli articoli. Finalmente leggo di un partito comunista che ha e pratica una linea d’intervento nelle FFAA:

- tra la massa di proletari o comunque figli delle classi popolari che per sfuggire a un futuro di precarietà e miseria sono stati indotti a diventare truppa del regime al potere nel nostro paese,

- tra gli ufficiali e gli alti graduati che mettono in discussione il ruolo di vendi-patria che il regime sempre più assegna alle FFAA (basta guardare il coinvolgimento dell’Italia nella guerra contro la Federazione Russa).


1. Si riferisce agli articoli Avere fiducia in noi stessi e nelle masse popolari e Usare appigli e fessure esistenti nelle Forze Armate italiane ai fini della rivoluzione socialista pubblicati su VO 69 - novembre 2021.

Sull’intervento nelle Forze dell’Ordine, nelle Forze Armate e nei Servizi d’Informazione, cioè nei corpi statali addetti alla repressione, alla guerra e al controllo (che rientrano nel quarto campo del lavoro esterno del (n)PCI, il lavoro in campo nemico) vedasi anche

- Criteri di classe per il lavoro in campo nemico, VO 70 - marzo 2022,

- Nel quarto campo del lavoro esterno del Partito e Il programma statale della rivoluzione socialista in corso e una lettera, VO 59 - luglio 2018

- Lavoro esterno nel campo delle masse popolari e lavoro esterno nel campo del nemico, VO 58 - marzo 2018,

- schede su Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri, scaricabili dal sito www.nuovopci.it.


Durante la mia esperienza in campo militare non ho mai intrapreso alcuna iniziativa di tipo politico, cosa d’altro canto impossibile (o comunque difficile) senza un’organizzazione politica alle spalle e un orientamento ideologico che guidi il singolo in un contesto, quello militare, che è blindato per definizione. La sinistra e i comunisti, che io sappia, hanno sempre espresso una certa avversione per la categoria e d’altronde come biasimare chi rifiuta il militarismo, lo sciovinismo e la morale retrograda e reazionaria che viene inculcata nelle FFAA: chi scrive ne sa qualcosa… Ma la mia esperienza mi ha convinto e La Voce mi ha aiutato a comprendere meglio che, proprio perché le cose stanno così, serve che i comunisti si interessino dei militari, facciano inchiesta sulla loro condizione materiale e spirituale, si occupino di organizzarli e mobilitarli nella lotta di classe in forme specifiche e adatte al contesto. Ad esempio la possibilità che voi date di fare denunce e rendere pubbliche informazioni in forma anonima attraverso la vostra rivista e altri vostri mezzi è il genere di strumenti di cui abbisogna chi dal campo militare vuole iniziare a fare la sua parte.

Per esperienze di vita conosco dal di dentro alcuni dei reparti d’élite dell’Esercito Italiano, sia quando c’era il servizio di leva sia dopo la sua eliminazione e la trasformazione delle FFAA in corpi professionali.(2)


2. L’abolizione del servizio di leva obbligatoria e la trasformazione delle FFAA in corpo professionale sono opera dei governi delle Larghe Intese tra polo PD e polo Berlusconi: avviate nel 1999 dal governo D’Alema (1998-2000) che nello stesso anno mandava l’esercito italiano a combattere nella guerra USA-NATO contro la Jugoslavia, vengono portate a conclusione dal secondo governo Berlusconi (2001-2005) con la legge n. 226 del 23 agosto 2004, detta anche legge Martino. Il servizio di leva obbligatoria è diventato inattivo dall’1 gennaio 2005.



In primo luogo voglio dire che la mia esperienza diretta e le altre che conosco smontano decisamente l’idea che chi entra nelle FFAA, anche in brigate come la Folgore, siano soggetti già predisposti alle idee reazionarie. Certo gli esaltati di questo tipo esistono e siccome si informano sanno che in certi reparti più che in altri troveranno pane per i loro denti. Ma almeno ai miei tempi erano altri i principali tratti comuni a quanti sceglievano di entrare nella Folgore. Li distinguo in tre tipi:

1. giovani con la passione per l’altezza, il paracadutismo, la cultura dell’addestramento fisico e del superamento dei propri limiti fisici,

2. giovani che cercavano di sottrarsi al degrado sociale delle loro zone d’origine (soprattutto meridionali e delle isole),

3. giovani talvolta raccomandati che decidevano di fare il periodo di leva nella Folgore perché abitavano in zona o già conoscevano persone dell’ambiente (le FFAA sono un ricettacolo di persone di questo tipo, di “imboscati”).

Per il resto eravamo tutti, per lo più, persone di estrazione proletaria o comunque popolare ed era assolutamente raro trovare gente che veniva dalla borghesia. Mai conosciute. Anzi, come detto erano numerosi i casi di persone che si arruolavano per sfuggire a situazioni di povertà e difficoltà estrema. D’altronde ai tempi della leva obbligatoria era relativamente facile trovare collocazione fissa anche in un reparto come la Folgore: bastava avere determinati requisiti fisici (nel caso della Folgore più elevati che per altri reparti), caratteristiche psicologiche adeguate e la determinazione a superare un percorso di alcuni anni di formazione. A queste condizioni la ferma volontaria si poteva trasformare in un inquadramento professionale a tutti gli effetti. Che bastassero queste caratteristiche non sta a significare che fosse facile entrare a farne parte: occorreva una grande capacità di sopportare lo stress fisico e mentale e spesso capitava che qualcuno non reggesse la situazione.


Con l’eliminazione della leva obbligatoria le cose sono molto cambiate. Oggi nella Folgore si entra tramite concorso, dopo tre periodi da Volontario a Ferma Prolungata e passando per una serie di selezioni più stringenti rispetto ai requisiti fisici e psicologici. Oltre alla selezione all’ingresso, sono cambiate anche le modalità di addestramento, argomento su cui torno in seguito.

Questi cambiamenti hanno mutato anche la tipologia di persone che si arruolano. La ricerca del posto fisso è la base comune, ma per quanto riguarda le motivazioni troviamo soggetti di due tipi:

- appassionati della vita militare,

- figli, nipoti, parenti di soggetti che hanno fatto parte o fanno ancora parte dei reparti e tramandano il loro mestiere (appoggiandosi alle reti clientelari che esistono nell’esercito).


Dicevo prima che è sbagliato presumere che chiunque si arruoli in reparti come la Folgore sia un reazionario. Piuttosto è l’addestramento che è concepito in modo tale da conseguire questo risultato. Ai miei tempi l’addestramento consisteva in:

1. addestramento fisico: per infondere spirito di disciplina, con sveglia alle 5 tutte le mattine, poi 5 km di corsa, esercizi di corpo libero e preparazione per gli addestramenti successivi;

2. addestramento militare: per educare all’uso delle armi da fuoco, alle tecniche di combattimento militare e alla simulazione di situazioni di guerra;

3. addestramento specifico: per apprendere, nel caso della Folgore, la pratica del paracadutismo;

4. addestramento ideologico: questo ai miei tempi passava essenzialmente per l’obbligo di eseguire i canti tradizionali del reparto, che erano numerosi e tutti analoghi nei contenuti nazionalisti, sciovinisti, militaristi; da qui passava la nostra istruzione ideologica che plasmava le idee della truppa;

5. addestramento morale: attraverso i rituali del saluto alla bandiera (simbolo a cui sottomettersi e sottomettendosi al quale si accettavano i valori spacciati attraverso i canti e le varie manifestazioni esteriori di nazionalismo, sciovinismo, militarismo) e del nonnismo.

Un passaggio a parte lo merita il nonnismo, che era particolarmente diffuso nella Folgore. Ai miei tempi era ufficialmente punito. Quindi il militare che veniva beccato a compiere atti di nonnismo subiva punizioni che solitamente consistevano nella perdita dei giorni di congedo. In realtà il nonnismo era promosso dagli stessi ufficiali della caserma. Era una vera e propria istituzione. Erano gli ufficiali per primi a promuoverlo. Ad esempio capitava che al mattino, quando in 3.000 eravamo disposti nel piazzale della caserma per fare il rituale saluto alla bandiera, l’ufficiale più vecchio iniziava a fare flessioni e tutti quanti, pena punizione, dovevamo seguirlo (anche se non era il più alto in grado e non eravamo suoi diretti sottoposti) e fare flessioni fino a che non decideva di fermarsi. Questo costume, a scendere, comportava che l’anziano della camerata si sentisse in diritto di esercitare sopraffazioni sui nuovi arrivati, più o meno sadiche a seconda delle preferenze e degli orientamenti del “nonno”: si andava dall’obbligo per il nuovo arrivato di fare da attendente e spiccia-servizi (questa era la base di partenza) alle prove fisiche cui il “nonno” sottoponeva il nuovo arrivato come fare flessioni a comando oppure venire imbragati e appesi a testa in giù nel capannone dedicato all’asciugatura dei paracaduti e altre pratiche, dove la messa alla prova della prestanza fisica e della sottomissione si mischia all’esercizio del sadismo. Oggi si chiamerebbe bullismo ed è il genere di pratiche che costò la vita nel 1999 ad Emanuele Scieri: una morte anomala, avvenuta in una zona della caserma di Pisa (3) e in un orario dove era impedito il passaggio a chiunque. D’altro canto, dietro e oltre l’apparente rigidità del regime della Folgore, esisteva un sottobosco di pratiche che rompevano con la legalità formale della vita di caserma. Ad esempio c’era un uso diffuso di droghe e un circuito di spaccio interno, per lo più gestito da gente del posto.


3. Emanuele Scieri, allievo parà di 26 anni, venne trovato morto il 16 agosto 1999 nella caserma Gamerra del Centro di Addestramento Paracadutisti. Il processo per sua morte è ancora in corso!


La pratica del nonnismo è uno dei rituali tradizionali con cui gli appartenenti alle FFAA vengono amalgamati ed educati alla soggezione morale nei confronti dell’anziano e ai valori che incarna e trasmette. È uno dei metodi con cui la Folgore nel corso della sua storia ha protratto la sua impronta di reparto coacervo degli elementi più reazionari delle FFAA (che, ripeto, non arrivano alla Folgore così ma in gran parte lo diventano se non hanno gli strumenti culturali per reagire a ciò che viene loro inculcato).


Con la trasformazione dell’Esercito Italiano in esercito professionale questa base di addestramento è rimasta, ma con i seguenti cambiamenti:

1. integrazione dell’addestramento ideologico e morale: la vecchia maniera dei canti, del nonnismo e dell’esaltazione della bandiera è stata integrata da una formazione ideologica vera e propria; tra i materiali di studio dei concorsi ha grande rilievo lo studio della storia militare italiana e internazionale (tutta condita in salsa anti-comunista: la storia della prima ondata delle rivoluzioni proletarie non esiste nei manuali di studio forniti);

2. l’addestramento militare vecchia maniera è stato superato da un tipo di addestramento più intenso, integrato da

- più teoria: è stato ampliato il numero di armi e tecniche di combattimento che ogni recluta deve padroneggiare, quindi è molto aumentato il tempo dedicato alla spiegazione di ciascun arma e tecnica di combattimento;

- più simulazioni di guerra, organizzate spesso in condizioni di clandestinità, in cui due eserciti si affrontano ciascuno con propri specifici obiettivi; vengono insegnate le tecniche di tortura, come praticarle e come resistervi;

- più addestramento a funzioni di ordine pubblico, in preparazione di situazioni in cui sia richiesto l’intervento dell’Esercito per incapacità delle Forze dell’Ordine di mantenere l’ordine pubblico.

L’intensificazione dell’addestramento ha in parte ridimensionato la pratica del nonnismo. C’è meno tempo per “darsi alla goliardia” come i “nonni” assassini di Scieri chiamavano le loro pratiche. L’esaltazione della forza fisica, del combattimento e soprattutto dello spirito di sopraffazione (che è la base del nonnismo) è oggi incanalata in molteplici attività di formazione che in una certa misura valorizzano queste tendenze. Basti pensare alla trasformazione in senso realistico delle simulazioni di guerra, in cui oggi ci si spara addosso con proiettili di plastica e non con la vernice, si apprendono i metodi di tortura, ci si esercita spesso in teatri di guerra veri e propri.


Insomma con la trasformazione dell’Esercito in corpo professionale, le brigate d’élite come la Folgore si sono più compiutamente trasformate in reparti pronti alla guerra e questo si spiega con il grosso aumento dell’impiego delle FFAA nelle varie missioni d’occupazione militare degli USA e della NATO in giro per il mondo. In questo senso oggi più che ieri questi reparti sono concepiti per formare uomini pronti a fare quello che ai miei tempi ci veniva inculcato con i canti (cioè assassini per conto della patria) e che oggi viene inculcato con tecniche più avanzate.


Nell’aggiornamento delle linee guida della formazione delle reclute hanno indubbiamente avuto un ruolo anche la NATO e gli USA. Le tecniche di tortura insegnate sono le stesse in uso nelle forze armate USA (il water boarding o annegamento simulato, divenuto famoso con le guerre in Iraq e in Afghanistan) e gli USA mettono a disposizione delle FFAA italiane le loro zone d’occupazione militare per le missioni speciali d’addestramento. L’Afghanistan è stato per anni utilizzato anche a questi fini.


Insomma i padroni hanno perfezionato il regime interno alle FFAA rendendolo più funzionale ai loro scopi. Con l’eliminazione della leva obbligatoria la difesa del paese è finita nel soffitto, sostituita dalla creazione di FFAA capaci di prestare servizio ed essere utili al sistema NATO di cui le nostre FFAA sono sempre più diventate un’articolazione. Certo non mancano le contraddizioni. Nella truppa delle FFAA italiane ci sono figli delle classi proletarie e popolari. Da esse provengono e con esse condividono i problemi. Ciò accade ad ogni livello. Per fare un esempio, esiste un diffuso problema di precariato nelle FFAA, con moltissimi militari che una volta fatto il concorso e terminati i periodi di Ferma Volontaria Obbligatoria, anziché essere presi in carico e ottenere l’agognato posto fisso vengono mantenuti a regime di contratti di lavoro a tempo determinato, con stipendi simili a quelli di qualsiasi altro lavoratore. Esiste un diffuso sistema di clientele e di “santi in paradiso” cui votarsi per provare a sottrarsi a questo precariato di Stato. Dunque anche nelle irreggimentate FFAA le contraddizioni di classe e le ingiustizie del paese esistono in maniera dispiegata. I fiumi di denaro spesi per comprare gli aerei F35 di fabbricazione USA è certo che sono in odio anche a una parte consistente delle reclute delle FFAA professionalizzate.


La lotta di classe si sviluppa anche nelle FFAA, con forme sue proprie. Nella Folgore non è ammessa la possibilità di dissentire rispetto al regime interno e alla sottomissione agli anziani prima e agli alti in grado poi. Molte e varie sono le motivazioni con cui un proletario si arruola in reparti di questo tipo, ma una volta entrato se vuole continuare a farne parte deve accettare il regime interno che è un regime di destra e funzionale a inculcare una mentalità di destra.

Anche in una situazione di questo tipo è possibile organizzarsi e alimentare lotta di classe, ma non in modo pubblico: chi sfida e mette in discussione in modo aperto il regime vigente viene semplicemente fatto fuori. Per chi è seriamente intenzionato ad agire politicamente nelle FFAA organizzarsi in modo clandestino è d’obbligo.

un lettore di La Voce