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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - luglio 2022

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI

Lettera alla redazione

Imparare a vedere i risultati della nostra azione

La nostra opera è entrata in una fase più avanzata. Questo richiede da parte nostra un salto nella comprensione del corso delle cose, nella traduzione della nostra linea, nella progettazione delle nostre operazioni, nel valutare i risultati della nostra azione: imparare a fare il bilancio dell’esperienza, a tirare conclusioni e tracciare linee di sviluppo sulla base ai risultati che otteniamo e alle posizioni che conquistiamo.

Essere adeguati all’impresa che stiamo compiendo implica necessariamente fare un passo avanti nel vedere i risultati della nostra azione, del nostro intervento e questo vale in particolar modo per i quadri.

A questo proposito nelle nostro file ci sono due tendenze sbagliate: o ingigantire i risultati della nostra azione o minimizzarli fino a non vederli, non prenderli in considerazione. Entrambe queste tendenze rendono impossibile tracciare linee di sviluppo in concatenazione con quanto fatto in precedenza e in sinergia con altri aspetti della nostra attività, ci impediscono di valorizzare le posizioni conquistate e di procedere per tappe (accumuli e salti), ci portano a saltare da una cosa all’altra e a rincorrere la realtà.

La seconda tendenza in particolare (non vedere né valorizzare i risultati della nostra azione) è particolarmente dannosa perché genera non solo stanchezza fisica e morale, ma anche demoralizzazione tra le nostre file, alimenta la sfiducia e un atteggiamento rinunciatario.

Cosa vuol dire non cogliere i risultati della nostra azione? In molti casi significa fermarsi ai fatti e quindi riconoscere che una cosa è possibile solo dal fatto che si è realizzata e dopo che si è già realizzata. Ma questo vuol dire stare alla coda degli eventi: per quanto ci proclamiamo avanguardia, se pensiamo e agiamo così siamo codisti. Questo modo di ragionare fa capo a una concezione empirista della realtà: se una cosa funziona il risultato è immediato, se non funziona non può funzionare né adesso né mai. Tutto sembra molto “materialista” e semplice.

In realtà il metodo di noi comunisti, depositari e fautori del marxismo-leninismo-maoismo, non è constatare i fatti, ma ricercare la verità nei fatti. Ricercare la verità nei fatti implica che il fatto non è ancora la verità. Quindi la valutazione della positività o meno di un nostro intervento non può fermarsi alla manifestazione immediata di un fatto.

Quante volte ci è capitato di intervenire a un’assemblea avanzando proposte che non sono state né riprese, né commentate o in alcuni casi sono state apertamente osteggiate, concludere di non aver ottenuto nulla e poi renderci conto (in un secondo momento) che in realtà le conclusioni di quella stessa assemblea, le tendenze, le linee di sviluppo indicate dai relatori, pur non riprendendo quanto avevamo proposto noi, andavano nella direzione da noi indicata? “Ma questa è manipolazione della realtà”, potrebbe obiettare qualcuno. Certo! Il bilancio dell’esperienza è una manipolazione, un’elaborazione della realtà, ma fatta secondo le leggi della realtà stessa: connettendo un fenomeno con un altro secondo i rapporti “genetici” esistenti tra di essi, cioè tenendo conto della genesi di quel singolo fatto e del processo entro cui si è sviluppato e manifestato. Quindi, tornando alla nostra assemblea, significa che le conclusioni tirate dai relatori e che vanno nella direzione da noi indicata anche senza un chiaro riconoscimento nei nostri confronti (“avete ragiono”, “sono d’accordo con voi”), sono il frutto e trovano la loro genesi in un processo in cui anche la nostra azione ha inciso: quanto e come ha inciso, lo comprendiamo andando più a fondo nel bilancio.

La realtà si compone di più parti e in questo senso è complessa, non nel senso che è inconoscibile, come viene inteso e dato a intendere dalla sinistra borghese per scoraggiare il tentativo di capirla e trasformarla. Questo significa che possiamo trovare fenomeni sostanzialmente opposti che confermano la stessa tesi: un palloncino che si alza in volo è un fenomeno opposto a un sasso che cade verso terra, ma entrambi confermano la legge della gravità.

Saper vedere i risultati della nostra azione è principalmente una questione di scienza. Del resto, se ogni cosa si desse apertamente e immediatamente a conoscere, non ci sarebbe bisogno di teoria, di scienza e di ricerca.

Quindi bisogna sempre collocare il fatto, il dato immediato nel processo di cui è parte: questo è il modo per poter vedere i risultati della nostra azione, dove e come possiamo incidere e, se già incidiamo, come sviluppare.

I fatti, i dati immediati, ci servono a comprendere i processi e nei processi la nostra azione soggettiva come comunisti. Un fatto decontestualizzato può portarci a conclusioni opposte dal significato che invece assume analizzandolo e collocandolo nel suo processo reale. Pensiamo a quanto sta accadendo in Ucraina: che ci sia in corso una guerra è un fatto, ma se ci fermassimo a un’analisi empirica potremmo dare ragione a quanti sostengono l’invio delle armi, a quanti sostengono che siamo di fronte a uno scontro tra due blocchi imperialisti, a quanti sostengono che la guerra è scoppiata a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio.

La guerra è guerra ma i comunisti devono 1. analizzare questo fatto, come qualsiasi altro, individuarne le ragioni, la genesi, i possibili sviluppi e 2. sulla base di questo prendere posizione e agire: questo ci insegna il materialismo dialettico.

Saper cogliere e raccogliere i risultati della nostra azione, in definitiva, ci permette di essere indipendenti ideologicamente dal nemico: questo è uno dei principi fondamentali della politica rivoluzionaria.

È usando il materialismo dialettico che il partito comunista costruisce la sua indipendenza ideologica dal nemico.

Chiaramente i risultati della nostra azione vanno messi in relazione con la quantità e la qualità delle nostre forze. Le nostre forze sono ancora esigue, esigue a confronto di quello che dobbiamo diventare. Tenere conto delle nostre forze serve a definire realisticamente i nostri obiettivi e a verificarli. Oggi noi siamo in grado di influenzare solo in una certa misura l’attività pratica e lo stato d’animo della classe operaia poiché essi evolvono ancora e principalmente in modo spontaneo, cioè sono determinati da fattori diversi dalla coscienza che il Partito ha della via che per la classe operaia è più vantaggioso seguire. Questa consapevolezza ci premunisce da attese miracolistiche e da delusioni disfattiste.

Elevare la qualità delle nostre forze implica, praticamente, sviluppare la capacità di orientarci, di comprendere le condizioni, le prospettive e i risultati della lotta di classe e di tracciare in ogni circostanza una linea giusta. Questa capacità proviene dallo studio della concezione comunista del mondo e dall’applicazione delle sue linee generali all’esperienza particolare che compiamo. Il modo per studiare proficuamente è applicare e verificare nella nostra esperienza quanto è fissato in termini generali dalla scienza comunista: rischiarare con la luce della nostra scienza una pratica che altrimenti rimarrebbe cieca, per quanto volonterosa.

una compagna del P.CARC