La Voce 71 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - luglio 2022

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Mobilitare e organizzare contro la guerra

Sul ruolo dei sionisti in Italia

Il ruolo svolto in Italia da organi dello Stato d’Israele e dai gruppi sionisti è meno noto di quello svolto da altri Stati e gruppi imperialisti. La lotta contro gruppi e organi sionisti in Italia è lotta per sostenere la resistenza del popolo palestinese, delle masse popolari ebree e di altre nazionalità residenti in Palestina e dei movimenti e organismi antimperialisti del Medio Oriente. Allo tempo stesso è lotta per liberare il nostro paese dalle forze imperialiste che lo occupano. È importante distinguere chiaramente la lotta contro i gruppi imperialisti sionisti, il loro Stato, Israele, e i gruppi sionisti italiani che li sostengono, dalle attività di movimenti antisemiti che da due millenni imperversano in Europa e nei paesi derivati da colonie di popolamento europee: sistematicamente i sionisti cercano in mille modi di far passare chi lotta contro il sionismo come antisemita.


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Non pochi sono stati nella Resistenza europea i Partigiani provenienti da circoli sionisti. Celebri tra tutti i Partigiani francesi della Main d’Oeuvre Immigrée (MOI), formazione dei Franc-Tireurs et Partisans, il cui capo fu Missak Manouchian.

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Lo Stato d’Israele è stato proclamato il 14 maggio 1948. Era il risultato della colonizzazione di popolamento della Palestina promossa da uno dei tanti movimenti e organismi della popolazione ebrea d’Europa e del Nord America. Fondatore fu Theodor Herzl (Ungheria 1860 - Austria 1904) che datò nel 1896 la fondazione del movimento e promosse il Fondo Nazionale Ebreo per l’acquisto di terre in Palestina. Il movimento divenne forte anche per l’appoggio di gruppi bancari ebrei. Grazie ad essi ricevette un forte impulso dal governo britannico durante la I Guerra Mondiale (Dichiarazione di Balfour 1917). La colonizzazione si avvalse, oltre che della persecuzione antisemita che imperversava in Russia e in Europa, anche dell’arretratezza dei gruppi feudali arabi proprietari della terra in Palestina nell’ambito dell’Impero Ottomano, della sua dissoluzione nel corso della I Guerra Mondiale e del mandato successivamente affidato dalla Società della Nazioni alla Gran Bretagna. Nella promozione della colonizzazione e nella creazione dello Stato d’Israele si intrecciano componenti di classe, culturali, religiose e politiche varie e anche contrapposte che fanno parte della storia europea. Qui di seguito ci occupiamo solamente dello Stato d’Israele che dal 1956 (nazionalizzazione del canale di Suez e guerra anglo-franco-israeliana contro l’Egitto bloccata da USA, URSS e ONU) è diventato stabilmente lo Stato dei gruppi imperialisti sionisti, parte importante dei gruppi imperialisti USA e uno dei loro strumenti di intervento nel Medio Oriente e nel mondo. In questa veste Israele è anche diventato di fatto membro della NATO e ha assunto in Italia il ruolo che di seguito illustriamo.

I sionisti di Israele utilizzano il nostro paese principalmente per

- consolidare, da un punto di vista politico e diplomatico, la propria presenza in Palestina e l’oppressione verso il popolo palestinese e in generale legittimare la propria presenza in Medio Oriente;

- effettuare manovre di “intelligence” (raccolta di informazioni e altre attività clandestine, in particolare omicidi, rapimenti di oppositori politici e rappresaglie);

- sviluppare la propria tecnologia militare tramite accordi tra aziende private e università, e sfruttando i poligoni militari NATO in Italia: Israele formalmente non è un membro della NATO, ma pagando un tot all’ora può affittare i poligoni NATO in Sardegna per testare le proprie armi senza alcun obbligo di “ripulire” quando va via;

- sviluppare accordi commerciali con aziende italiane utili a continuare la propria penetrazione nel territorio palestinese, proseguire lo sterminio e l’espulsione degli arabi palestinesi e permettere l’insediamento dei coloni ebrei provenienti da USA, Gran Bretagna ed Europa.


1. Consolidamento politico e diplomatico

In Italia esistono 21 comunità sioniste mascherate da comunità ebraiche. Esse contano circa 32.000 membri, molto meno dei residenti in Italia in qualche modo ebrei. Nonostante il numero ridotto, il peso politico in Italia di queste comunità sioniste è notevole. Sono raggruppate nella UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) che ufficialmente ha il ruolo di promuovere la cultura e la storia degli ebrei. A capo della UCEI vi è dal 2016 Noemi Di Segni, ex militare dell’esercito israeliano probabilmente legata ai servizi segreti israeliani (Mossad), da oltre 25 anni in Italia e sempre a capo di numerose associazioni ebraiche attive in Italia. L’UCEI è tutelata a livello nazionale da una legge approvata dal governo Craxi l’8 marzo 1989 e poi modificata e rafforzata dal governo Prodi il 6 novembre 1996. L’UCEI oltre a rappresentare le 21 comunità ebraiche in Italia, dirige una serie di altri enti ad essa collegati tra cui i più importanti sono:

a) la Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia;

b) la Fondazione Museo della Shoah;

c) il CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), che grazie ad un’apposita legge del 2009 del governo Berlusconi riceve dallo Stato 300.000 euro/anno per la sua attività.

A dirigere fondazioni, enti e organismi legati all’UCEI vi sono illustri uomini e donne ben inseriti nelle istituzioni italiane, nel tessuto politico ed economico del paese. Tra questi indico solo tre casi esemplari.

- Giorgio Sacerdoti, professore della Bocconi di Milano dal 1986 e membro della comunità ebraica milanese;

- Rony Hamaui, economista professore dell’Università Cattolica di Milano e presidente di Intesa Sanpaolo ForValue;

- Micaela Goren Monti, presidente di Municipio di Zona 1 a Milano dal 2007 al 2011, a capo di una fondazione a suo nome che si occupa di favorire le relazioni commerciali e finanziarie tra grandi aziende e istituti finanziari, che ha sede in Svizzera e Liechtenstein.

Lo sviluppo e l’attività di associazioni, enti e fondazioni “ebraiche” sono uno strumento di propaganda anti-palestinese e politico per garantire ai sionisti di Israele l’appoggio di cui necessitano e relazioni di una certa solidità in numerosi ambienti per portare avanti i propri progetti e programmi.


2. L’Italia come retroterra delle manovre sporche dei sionisti per consolidare il proprio ruolo in Medio Oriente

Alcune delle vecchie esemplari operazioni sporche promosse dal Mossad, i servizi segreti israeliani, su suolo italiano:

1948: nel porto mercantile di Molfetta viene affondato un peschereccio diretto in Siria con a bordo armi destinate alla resistenza palestinese contro la formazione dello Stato sionista di Israele;

1964: 17 novembre a Fiumicino grazie alla collaborazione dei servizi segreti italiani viene sequestrato Mordechai Luk, ebreo-marocchino cittadino israeliano accusato dalle autorità di Tel Aviv di essere una spia egiziana;

1972: 16 ottobre, Wael Zuaiter, politico palestinese rappresentante di al-Fatah e portavoce dell’OLP in Italia, viene assassinato nell’operazione “Ira di Dio”, organizzata dal Mossad in risposta alla “strage di Monaco”;

1973: 23 novembre, a Porto Marghera agenti segreti israeliani fanno precipitare Argo 16, velivolo dell’Aeronautica Militare italiana, a vendetta delle trattative tra l’OLP diretta da Arafat e il governo italiano per la liberazione di alcuni prigionieri palestinesi in Italia (il cosiddetto Lodo Moro): sulle indagini relative all’accaduto vige ancora il segreto di Stato;

1980: 27 giugno, strage di Ustica: in essa probabilmente sono implicati anche agenti sionisti ma anche su di essa vige ancora il segreto di Stato;

1981: 8 ottobre, grazie alla collaborazione del Sismi viene fatta saltare in aria una stanza dell’Hotel Flora a Roma che ospita Abu Shahar, membro del comitato centrale dell’OLP;

1986: 5 ottobre, a Fiumicino viene rapito Mordechai Vanunu, tecnico israeliano accusato di aver rivelato alla stampa britannica il programma nucleare di Tel Aviv: viene imbarcato a La Spezia e condotto a Tel Aviv dove ha trascorso 12 anni in isolamento carcerario.


3. Investimenti e sviluppo della tecnologia militare

Sintesi ed estratti liberamente tratti da Embargo Militare contro Israele, dossier a cura di BDS Italia – novembre 2020.

BDS Italia (Boicotta, Disinvesti, Sanziona) conduce un ampio lavoro di denuncia della collaborazione delle aziende e istituzioni italiane con le autorità israeliane deputate a perseguitare il popolo palestinese.

Israele, da lungo tempo beneficiario di aiuti finanziari, di segreti militari e di servizi di intelligence USA, è diventato un importante-esportatore di tecnologie di sicurezza e tattiche di “guerra al terrorismo”.

L’esperienza decennale israeliana nel reprimere il popolo palestinese è diventata una merce estremamente preziosa che Israele vende in vari paesi del mondo (in particolare in America Latina, Africa e Asia) come “leader del settore” dell’intelligence e della sicurezza.

L’esercito israeliano opera largamente come agente di ricerca e sviluppo per le industrie militari USA e riceve più della metà di tutti i finanziamenti militari USA per l’estero. Dal 1949 al 2020 Israele ha ricevuto circa 121 miliardi di dollari di aiuti militari USA. Nel 2016, l’amministrazione Obama ha firmato un accordo che concede a Israele 38 miliardi di dollari di aiuti militari in dieci anni: il Dipartimento di Stato USA lo ha descritto come “il più grande impegno di assistenza militare bilaterale nella storia degli Stati Uniti”. Per quanto riguarda gli Stati europei, Israele è un importante partner militare della maggior parte degli Stati membri dell’UE, commerciando in particolare con la Germania, Francia, Italia, Spagna e Finlandia.

Nel 2008 la Commissione Europea ha emesso una comunicazione che prevedeva, a proposito della gestione delle frontiere marittime meridionali, di finalizzare le attività di ricerca e sviluppo al miglioramento delle prestazioni degli strumenti di sorveglianza (satelliti e UAV, cioè velivoli a pilotaggio remoto). Per la realizzazione è stato coinvolto Horizon 2020, un programma europeo nato nel 2014 che ha unificato in un unico strumento finanziario tre programmi precedenti (2007-2013). Fra i suoi obiettivi vi è lo sviluppo di progetti per la modernizzazione di settori della sicurezza nazionale. Tra questi spicca AW-Drones: progetto finalizzato all’identificazione di standard tecnici e operativi in grado di garantire la sicurezza nell’uso dei droni in tutti i paesi membri della UE. Il programma, partecipato da 13 partner provenienti da otto paesi UE più Israele (con Israel Aerospace Industries - IAI), è guidato dall’italiana Deep Blue. Nel 2018 la società Leonardo si è aggiudicata il bando di gara europeo nel settore difesa sulle tecnologie per la sicurezza marittima e per rispondere alle sfide della sorveglianza in mare con il supporto di sistemi a pilotaggio remoto. Al team, che comprende 42 partner provenienti da 15 paesi, partecipa Israele con IAI.

Nel 2000 Italia e Israele siglano l’Accordo di Cooperazione Industriale Scientifica e Tecnologica. Firmato a Bologna e ratificato con la legge n. 154 dell’11 luglio 2002, tale accordo prevede progetti congiunti di ricerca e sviluppo tra imprese, università e centri di ricerca italiani e israeliani. L’articolo 2 incoraggia, in particolare, la cooperazione nei settori di medicina, sanità pubblica e organizzazione ospedaliera, biotecnologie, agricoltura e scienze dell’alimentazione, nuove fonti di energia e sfruttamento delle risorse naturali, applicazione dell’informatica nella formazione e nella ricerca scientifica, ambiente, comunicazioni, innovazione nei processi produttivi, spazio, tecnologie dell’informazione, comunicazione di dati, software e qualunque altro settore di reciproco interesse. Ogni anno una commissione mista Italia - Israele stabilisce i progetti vincitori del bando scientifico in corso, il tema di quello futuro e valuta le attività svolte dai laboratori congiunti rilevandone l’efficacia. A fine 2020 erano attivi 10 laboratori congiunti e più di 200 progetti comuni di ricerca accademica e industriale con Israele. In essi sono coinvolti il CNR, diverse università italiane e aziende private, per lo più volte alla ricerca di nuove scoperte e applicazioni in campo militare.

Il complesso militare-industriale israeliano è sicuramente uno dei più affidabili partner strategici del settore industriale militare italiano. Negli anni 2000 - 2020 la cooperazione industriale e l’import-export di sistemi di guerra sono cresciuti notevolmente. Il 16 giugno 2003 è stato stipulato il “patto d’acciaio” Roma-Tel Aviv con la firma del “memorandum” d’intesa in materia di cooperazione militare. Esso regola la reciproca collaborazione nel settore difesa, con particolare attenzione all’interscambio di materiale di armamento, all’organizzazione delle forze armate, alla formazione e all’addestramento del personale e alla ricerca e sviluppo in campo industriale. L’accordo prevede inoltre la realizzazione di “scambi di esperienze tra esperti delle due parti” e la “partecipazione di osservatori a esercitazioni militari”. Infine, l’Israeli Air Force (IAF), a seguito di accordi di collaborazione con il governo italiano (in particolare con il ministro Martino durante il secondo governo Berlusconi) ha partecipato, congiuntamente a forze italiane e di altri Stati membri della NATO, a esercitazioni militari in Sardegna, tra cui:

- 2003-2008 Operazione Spring Flag a Decimomannu: simulazioni di battaglie aeree tra F15 israeliani e MIG29 tedeschi. Dopo Spring Flag 2006 la presenza dei velivoli da guerra israeliani in Sardegna è divenuta costante e massiccia;

- 2008-2009 Starex, la più importante esercitazione aerea internazionale, svoltasi a Decimomannu e in cui si sono addestrati gli F15 e gli F16 israeliani. In quegli anni, l’aviazione israeliana si è resa responsabile dell’operazione “Piombo Fuso” ai danni della popolazione della Striscia di Gaza, massacro che portò alla morte di circa 1.500 palestinesi, di cui 400 bambini, provocando oltre 5.000 feriti e riducendo Gaza a un cumulo di macerie.


4. Ruolo di aziende italiane nell’occupazione sionista della Palestina

Oltre all’evidente ruolo giocato dall’industria militare italiana nel sostegno agli interessi sionisti in Palestina e nel mondo, c’è anche il ruolo giocato da altre aziende italiane che collaborano con aziende israeliane direttamente o indirettamente. Alcuni casi.

Intesa Sanpaolo

È tra le banche che hanno più interessi in Israele: grazie ad una serie di programmi di investimento, e grazie anche al forte rapporto tra Italia e Israele in termini di ricerca (aerospazio, intelligenza artificiale, sistemi di videosorveglianza, nanotecnologie, ecc.), Intesa Sanpaolo sostiene un ampio numero di start up (imprese in fase di sviluppo con progetti innovativi) di origine israeliana che vengono lanciate sia nel mercato interno che in quello italiano ed europeo. Allo scopo Intesa Sanpaolo ha due importanti rapporti di collaborazioni in Israele con Bank Leumi e con la Camera di Commercio Israele-Italia. Così facendo, si pone come il principale mediatore di accordi commerciali tra i due paesi e come principale finanziatore dei progetti più redditizi.

Acea Spa

Società la cui maggioranza appartiene al Comune di Roma e deputata alla distribuzione dell’acqua pubblica e alla gestione delle acque reflue nel Lazio, nel 2013 ha siglato un accordo con l’israeliana Mekorot per una collaborazione nel settore. L’accordo prevedeva lo sfruttamento dell’acqua nei territori palestinesi. Svuotare le falde acquifere e privatizzare l’acqua nella Palestina occupata dallo stato di Israele è uno degli strumenti più utilizzati dai governi sionisti per costringere allo sfollamento interi villaggi che ovviamente senza acqua potabile non possono vivere: i villaggi vengono successivamente ripopolati dai coloni di origine ebrea.

Pizzarotti & Co.

La Pizzarotti, azienda edile italiana, ha in Israele una sua sede e un bacino di interessi milionario: si occupa di costruire le infrastrutture e ricostruire le abitazioni nelle zone da cui sono stati espulsi i palestinesi.

Alberto F.