La Voce 73 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXV - marzo 2023

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Lettera alla redazione

Campagna di solidarietà con Alfredo Cospito, contro il 41 bis e il carcere ostativo

Vi scrivo per riportare un’esperienza fatta a Napoli nell’ambito delle mobilitazioni per l’abolizione del 41 bis e del carcere ostativo in solidarietà all’anarchico Alfredo Cospito, il cui caso sta diventando un problema di ordine pubblico (cioè politico) per il governo Meloni e le altre autorità della Repubblica Pontificia, nonostante il tentativo da un lato di usarlo come monito verso tutto il movimento di resistenza popolare (“lo Stato non si piega ai ricatti di una minoranza di violenti”) e per avallare come “lotta alla mafia” il regolamento di conti tra fazioni della classe dominante e dall’altro di ridurlo a un singolo “caso umano”. Su spinta delle prime manifestazioni promosse dal movimento anarchico la solidarietà è cresciuta e si è allargata. Via via si sono schierati ex magistrati, esponenti politici, intellettuali, artisti ma anche organizzazioni politiche, sindacali e singole persone. Il 41 bis e la solidarietà con Alfredo Cospito sono diventati un tema ricorrente non solo sui media di regime ma anche nelle manifestazioni e assemblee convocate su altre tematiche. Con lo sciopero della fame Alfredo Cospito ha scoperchiato la fogna del 41 bis e dell’ergastolo ostativo nascosta dietro la retorica della “lotta alla mafia”. La sua resistenza ha mostrato che in ogni condizione, anche quelle più difficili, ci sono appigli e possibilità per promuovere la lotta.

La campagna di solidarietà con Cospito di fatto ha spontaneamente praticato la linea che la Carovana del (n)PCI ha messo a punto e sperimentato nella lotta contro la trentennale persecuzione verso la nostra area politica, una linea che ha ripreso e sviluppato quanto di avanzato il movimento comunista ha fatto nel campo della lotta alla repressione durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, anche nelle condizioni di dittatura terroristica della borghesia. L’esempio più noto è quello di Georgi Dimitrov, che nel 1933 a Lipsia rovesciò contro i nazisti le accuse che questi muovevano ai comunisti, tanto che i nazisti furono costretti ad assolverlo per insufficienza di prove e a lasciarlo uscire dalla Germania. Non è l’unico caso in cui una mobilitazione non promossa né diretta da noi si sviluppa seguendo più o meno compiutamente una linea particolare che la Carovana del (n)PCI ha elaborato e propagandato: non è ancora indicativo dell’influenza da noi esercitata, ma mostra che la Carovana del (n)PCI traduce in linea (che quindi può essere consapevolmente usata) le esperienze sparse del movimento di resistenza popolare e che applica e sviluppa le lezioni del bilancio che ha tirato del movimento comunista del secolo scorso.

Nel caso della mobilitazione in solidarietà con Cospito, abbiamo sostenuto la campagna, rilanciato le parole d’ordine e partecipato alle iniziative di protesta. Ci siamo però domandati come intervenire per non limitare il nostro ruolo a quello di “sostenitori” di una pur giusta campagna, ma alimentarne la parte avanzata, estenderne la portata e soprattutto inquadrare anche questo tipo di mobilitazioni nella lotta per imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate e far così avanzare la rivoluzione socialista.

Siamo partiti innanzitutto dalla linea della Carovana del (n)PCI per fare fronte alla repressione, che il P.CARC nelle tesi del III Congresso ha sintetizzato in cinque punti:

1. “lotta su due gambe”: organizzazione e mobilitazione delle masse popolari (principale) e intervento nei contrasti e nelle contraddizioni dei gruppi borghesi;

2. “processo di rottura”: non sottostare a regole e prassi della borghesia e delle sue istituzioni, non collaborare alla messinscena della giustizia neutrale e uguale per tutti, ma trasformarsi da accusati in accusatori delle autorità che violano le loro stesse leggi, che violano lo spirito e spesso persino la lettera della Costituzione, che vanno contro gli interessi delle masse popolari;

 3. sviluppo della più ampia e articolata solidarietà politica, economica e morale con i compagni colpiti dalla repressione: solidarietà di classe a prescindere dalle divergenze ideologiche e politiche, no alla divisione tra “buoni e cattivi”;

4. promozione della denuncia degli infiltrati e delle spie al soldo delle forze dell’ordine, degli agenti in borghese che schedano, controllano e montano provocazioni, mobilitazione contro il controllo esercitato dalle forze dell’ordine sulle comunicazioni (internet, telefonate, corrispondenza, ecc.), contro la sorveglianza di massa (telecamere, Green Pass, ecc.);

5. formazione alla concezione comunista nel campo della lotta alla repressione e dello sviluppo della solidarietà proletaria.

In questo modo le cose da fare ci sono state più chiare.

Per legare maggiormente questa lotta alla formazione alla concezione comunista del mondo, il 28 dicembre 2022 abbiamo convocato un dibattito, dal titolo “Resistenza, lotta e solidarietà contro la repressione”, in cui abbiamo esposto la nostra linea rispetto alla lotta alla repressione e l’abbiamo legata alla necessità di ribaltare lo stato di cose presente attraverso la rivoluzione socialista. L’iniziativa è stata molto partecipata, vi hanno preso parte organismi popolari come il Comitato di lotta per la salute mentale, GalleRi Art, la Consulta Popolare salute e sanità, il Partito della Rifondazione Comunista, il Partito Marxista-Leninista Italiano, lavoratori del carcere di Poggioreale e altri. I partecipanti hanno sottoscritto un appello alla solidarietà e alla mobilitazione delle varie organizzazioni popolari, sindacali e politiche, oltre che esponenti del mondo istituzionale (come la parlamentare Ilaria Cucchi). In questo appello c’è un richiamo alla solidarietà a Pietro Ioia, uomo che della lotta per il miglioramento delle condizioni dei detenuti è stato bandiera, tanto da essere a sua volta incarcerato: è importante e necessario per lanciare un messaggio di lotta e mobilitazione dentro e fuori le carceri. Durante l’iniziativa abbiamo più volte messo in luce un insegnamento che emerge dalla lotta di Alfredo Cospito: la lotta di classe non si arresta neanche quando si è nelle mani del nemico!

Dopo avere partecipato a varie iniziative di piazza, ci siamo resi conto che, per come erano organizzate, rischiavano di restare chiuse ai “militanti” ed estranee alle masse popolari. Abbiamo quindi deciso di partecipare usando bandiere e cartelli e con un volantino dal contenuto più “popolare”, che denunciava cioè varie forme e casi di repressione (dai prigionieri politici a Pietro Ioia, dalle multe ad altre forme subdole di repressione), incitava a farvi fronte e indicava come. Questo ci ha permesso di avvicinare sia persone che erano in piazza per capire di cosa si trattava sia vari giornalisti (a cui gli altri partecipanti alla manifestazione non rivolgevano la parola o che guardavano in cagnesco come nemici) che poi hanno dato ulteriore visibilità alle nostre posizioni.

È un’esperienza, piccola ma significativa, che i comunisti non devono limitarsi ad “appoggiare le lotte”, ma usare la propria concezione e linea per mettere un pezzo in più. E pezzo in più non è un’azione di lotta geniale o una parola d’ordine particolarmente accattivante. È promuovere lo spirito di riscossa delle masse popolari, alimentarne l’organizzazione e l’azione da autorità che contendono il potere a quelle borghesi, far conoscere al massimo delle nostre capacità il portato rivoluzionario della nostra concezione, analisi e linea agli elementi migliori del proletariato, rendere ogni lotta, iniziativa e aggregazione delle masse popolari una scuola di comunismo.

Un compagno del P.CARC