La Voce 11

La lotta contro la banda Berlusconi

domenica 28 luglio 2002.
 

Al compimento del suo primo anno di governo, la banda di mafiosi, razzisti, clericali, fascisti, speculatori e avventurieri raccolta da Berlusconi è ancora alle prese con il compito di consolidare il suo potere.

Per Berlusconi (grande finanziere della Mafia infeudato a gruppi di potere americani) si tratta di portare a compimento il disegno con cui è sceso in campo alla fine del ’93, quando il crollo del regime DC lo ha messo di fronte all’alternativa: o prendere in mano il governo del paese e creare un suo regime di potere personale o essere travolto in un vortice di debiti e di condanne e perdere, lui e i suoi complici, la posizione sociale e le ricchezze che aveva raggiunto in anni di attività criminali, di speculazioni e di corruzione. Nella combinazione di forze che lo ha portato al potere (Mafia, USA, Vaticano, Confindustria), il punto più debole per Berlusconi nell’immediato è l’appoggio della borghesia imperialista italiana. Quanto alla solidità della banda, Berlusconi deve soddisfare specifiche esigenze di Bossi e Fini (capi dei due gruppi della banda con una certa autonomia); ma non ha grandi difficoltà a soddisfarle e comunque essi diventerebbero pericolosi solo nell’ambito di una più ampia manovra ostile da parte della borghesia imperialista italiana (in questo caso però anche Casini e altri lo diventerebbero). Quanto ai gruppi imperialisti USA, per il momento sono più che soddisfatti dei problemi che Berlusconi crea nella UE resistendo a una maggiore unificazione politica e sostenendo un rapido e illimitato allargamento economico (mercato comune) che nella situazione concreta mina il rafforzamento politico. Problemi potrebbero sorgere nel futuro solo dal fatto che le loro pretese sono destinate ad aumentare e la loro arroganza a crescere.(1) Il Vaticano ha esigenze specifiche perché vuole rafforzare la sua influenza morale sulla popolazione, base principale della sua forza politica ed economica (ciò riguarda soprattutto i settori della Scuola, della Sanità, delle Fondazioni bancarie e dell’assistenza) ed esige dal governo italiano servizi in tema di politica estera (lo si era visto nella questione di Timor Orientale e lo si è rivisto nella questione della Basilica di Betlemme).

Quanto alla borghesia imperialista italiana, in definitiva essa è disposta a correre i rischi connessi a un regime di potere personale di Berlusconi alla condizione che in cambio la banda Berlusconi le procuri, in tempi rapidi, maggiore libertà nello sfruttamento degli operai, degli altri proletari e dei lavoratori autonomi (per questo l’attacco all’articolo 18 - giusta causa è emblematico) e una maggiore partecipazione al saccheggio dei paesi semicoloniali e dei paesi già socialisti (da qui l’importanza della politica estera e delle missioni militari nel piano di lavoro del governo). Affidando il governo del paese alla banda Berlusconi la borghesia imperialista italiana ha contemporaneamente fatto fronte ad uno stato di necessità (la "concertazione" era oramai arrivata ad un punto morto e il centro-sinistra aveva esaurito le sue possibilità) e ha lanciato un attacco più a fondo contro le masse popolari per eliminare più celermente le loro residue conquiste di civiltà e di benessere. Essa manterrà il mandato a governare rilasciato alla banda Berlusconi solo se questa riesce a fare quello che ha promesso. Nell’immediato è su questo fronte che si gioca la sopravvivenza del governo Berlusconi. Instaurando un suo regime di potere personale, Berlusconi confida di riuscire anche a soddisfare le pretese dei suoi mandanti e complici. Quindi ogni progetto di addomesticare Berlusconi (che D’Alema e altri hanno coltivato e che ancora coltivano) è un’illusione. Come lo fu negli anni ’20 il progetto di Giolitti di addomesticare Mussolini e le sue bande. La banda Berlusconi è condannata a vincere la resistenza delle masse popolari e costituire un regime di potere personale o a cadere.

Le misure legislative e amministrative prese o messe in cantiere dal governo della banda Berlusconi nell’anno trascorso sono coerenti con uno o più di uno dei seguenti obiettivi. Dare alla borghesia maggiore libertà contro le masse popolari del nostro paese e ampliare la sua partecipazione al saccheggio internazionale; instaurare il regime di potere personale di Berlusconi; soddisfare le aspirazioni e i particolari interessi, economici o elettorali, di personaggi e gruppi della banda. Tre obiettivi che si condizionano a vicenda.

In questo quadro rientrano le nomine alla testa delle imprese pubbliche e degli enti di Stato, il controllo delle Fondazioni bancarie, delle telecomunicazioni e della pubblicità, la presa in mano dell’apparato della pubblica amministrazione (Riforma della dirigenza statale, con circa 6.000 alti dirigenti sotto esame), la conquista del sostegno delle forze della repressione e delle forze armate (con oltre 1 miliardo di euro di aumenti salariali, pingui missioni di guerra, licenza di delinquere, impunità, riarmo, prestigio sociale), i favori alla Mafia e alla malavita organizzata (processi mandati a monte, scarcerazioni, ripresa degli appalti, via libera ai racket, convivenza con la malavita organizzata e tolleranza zero verso la malavita artigianale, rilancio degli appalti delle opere pubbliche), le misure sulle rogatorie internazionali, il falso in bilancio, la bancarotta fraudolenta, l’esenzione fiscale degli utili "reinvestiti", il riciclaggio di danaro sporco e l’economia sommersa, la partecipazione alla guerra contro i popoli arabi, la manipolazione pubblicitaria della politica estera, la riabilitazione del fascismo e l’"orgoglio nazionale". Le deleghe sul mercato del lavoro, sul fisco, sulle pensioni, sul Mezzogiorno, sul sommerso e sulla giustizia configurano le misure che la banda deve ancora realizzare. La persecuzione contro gli immigrati risponde alle promesse che la Lega Nord ha fatto ai suoi seguaci e contemporaneamente incrementa un esercito di lavoratori più ricattabili che preme sulla massa dei lavoratori. La spinta alla privatizzazione della scuola (Riforma Moratti) dà soddisfazione al Vaticano e rafforza la tendenza a trasformare ogni prestazione in una merce e ogni attività in un’impresa che deve dare profitti.

L’impianto dell’attività di governo è chiaro e l’attivismo per realizzarlo notevole. La borghesia sostanzialmente ha fiducia di vedere soddisfatte le sue aspirazioni. La debolezza dei vari fronti dell’opposizione borghese alla banda Berlusconi (questi fronti ci sono e ce ne saranno sempre) non è dovuta principalmente alla mancanza di carattere, di intelligenza o di mezzi degli individui e dei gruppi che li compongono. È dovuta agli interessi della classe a cui appartengono. Dal momento che questa nel suo complesso ha accettato di servirsi della banda Berlusconi, essa deve accettare anche gli aspetti della banda che contrariano l’uno o l’altro dei suoi gruppi. I borghesi che si oppongono alla banda Berlusconi non incarnano lo spirito che al momento prevale nella classe cui appartengono: per questo sono deboli e incerti. La manifestazione più esemplare di ciò è l’opposizione prolungata ma indecisa di una parte della magistratura. Essa è contrariata dalla violazione brutale e plateale di principi di legge al cui rispetto è legata: per abitudine al formalismo legale, perché sono la condizione del suo specifico ruolo sociale o per convinzione personale. Il fascismo superò l’ostacolo creando una magistratura speciale. L’immunità che il governo vuole assicurare ai membri della banda Berlusconi, ai poliziotti che hanno infierito a Napoli (17 marzo ’01) e a Genova (20-22 luglio 01), ai militari che affondano immigrati, ai falsari e ai bancarottieri, ai mafiosi, agli agenti segreti, ecc. spoglia il ruolo della magistratura da quell’alone di sacralità di cui essa è abituata a circondarsi. Essa reagisce e si lamenta, ma si divide sempre più al suo interno perché ogni singolo passo compiuto dalla banda è, preso a sé, di importanza relativa. E in definitiva essa non ha mai sentenziato la galera né per Berlusconi né per alcuno dei suoi complici (Previti, Dell’Utri, ecc.) o agenti. Analogamente "soffrono" e ingoiano i partiti del centro-sinistra. Hanno da ridire su tutto, si stracciano le vesti indignati, ma, a parte che sono loro che hanno aperto la strada per l’investitura di Berlusconi (Commissione Bicamerale, elezione di Ciampi,(2) legge elettorale truffa, "conflitto di interessi", salvataggio finanziario di Mediaset, ecc.), si sono tirati indietro ogni volta che si è presentata l’occasione di mobilitare il paese contro Berlusconi (le Giornate di Genova, l’attuale mobilitazione dei lavoratori sulla giusta causa).

Nell’anno che è trascorso la banda Berlusconi ha compiuto dei passi avanti nel consolidare il suo potere, ma essa è ancora lontano dall’essere ben assestata in sella. Il suo successo non è ancora scontato. La banda Berlusconi non è ancora riuscita e non è detto che riesca a spezzare il baluardo maggiore che incontra a difesa delle conquiste delle masse popolari. Esso è costituito da quattro milioni di lavoratori delle grandi e medie aziende, che mobilitano milioni di altri lavoratori, di giovani, di casalinghe, di disoccupati e di pensionati a difesa delle conquiste di civiltà e di benessere strappate nel passato. La banda Berlusconi ha suscitato un’ampia opposizione da parte delle masse popolari (17 milioni di ore di lavoro scioperate nei primi quattro mesi dell’anno contro 1.5 milioni nello stesso periodo dell’anno scorso), cosa che la borghesia e il Vaticano vedono di malocchio. Proprio l’opposizione delle masse popolari, se crescesse e si prolungasse oltre certi limiti, potrebbe indurre la borghesia imperialista italiana e il Vaticano alla conclusione che il tentativo fatto affidando il potere alla banda Berlusconi presenta troppi rischi. La banda si muove sul filo del rasoio. Se accelera l’attacco contro le masse popolari e suscita troppa conflittualità, crescerà l’insoddisfazione della borghesia. Se non le attacca a sufficienza, il risultato per la borghesia imperialista non vale quanto le costa il governo Berlusconi. Il Vaticano (Conferenza episcopale italiana), la Confindustria (assemblea annuale del 23 maggio) e la Banca d’Italia (Relazione di Antonio Fazio del 31 maggio) hanno già manifestato anche pubblicamente di non essere completamente soddisfatti dell’opera del governo della banda Berlusconi. Lo scandalo fatto esplodere a fine maggio a Potenza probabilmente è un blitz della banda per prevenire manovre destabilizzatrici da parte di Cossiga-Fazio-Mancino. Da qui l’importanza che ha in questo momento per Berlusconi la collaborazione di CISL e UIL.

È evidente l’interesse della classe operaia e del resto delle masse popolari ad eliminare il governo Berlusconi e a battere il progetto di tutta la borghesia imperialista di cui questo governo è frutto e strumento. Come si sta svolgendo la loro resistenza e quali sono le possibilità che escano vittoriose dallo scontro?

Nel nostro paese, come in ogni società capitalista moderna, globalizzata e mondializzata, la classe operaia è oggettivamente potente e costituisce un ostacolo importante per ogni movimento politico cui non partecipa come protagonista. Ma oggi come protagonista autonomo della lotta politica è debolissima, stante l’assenza di un vero partito comunista. La particolare storia del movimento comunista del nostro paese e la specifica collocazione internazionale dei gruppi imperialisti italiani nel rapporto di forza con gli altri gruppi imperialisti rendono pressoché impossibile alla borghesia imperialista italiana mobilitare la classe operaia delle grandi e medie aziende sotto la propria direzione (mobilitazione reazionaria). Non c’è riuscita neanche con le molteplici e creative iniziative demagogiche del fascismo. Essa può al massimo aspirare a paralizzare l’iniziativa politica della classe operaia. Con la repressione e disperdendo le sue organizzazioni di massa, come fece durante il fascismo (ma l’avventura finì male per la borghesia). Con la manipolazione delle sue organizzazioni di massa tramite l’aristocrazia operaia come fece durante il regime DC, dopo che il revisionismo moderno aveva messo fuori combattimento il partito comunista. Ma il gioco della manipolazione è riuscito felicemente solo fin a quando lo sviluppo della nuova crisi generale del capitalismo ha reso impossibili alle masse ulteriori conquiste e ha costretto la borghesia a far di tutto per rimangiarsi anche quelle che la classe operaia e il resto delle masse popolari avevano strappato. Da allora è incominciato anche il declino del maggiore strumento tramite cui la borghesia controllava la classe operaia, il partito revisionista. È incominciato in generale anche il declino della partecipazione delle masse popolari all’attività politica (astensionismo, attivismo nei partiti borghesi, iscritti ai partiti e ai sindacati di regime, ecc.). L’aristocrazia operaia si è trovata sempre più stretta in una tenaglia: quanto più impegna la sua influenza e la sua organizzazione a favore della borghesia tanto più perde credito e quote presso le masse e quindi riduce sia quello che può fare per la borghesia sia la base materiale della sua stessa esistenza. La "concertazione" stipulata sotto il governo Ciampi (Protocollo del 23 luglio ’93) impegnava i grandi sindacati di regime (CGIL, CISL, UIL) - che oggi sono gran parte dell’aristocrazia operaia - a sostenere le misure di politica economica prese dal governo che a sua volta si impegnava a non prendere misure a cui i sindacati non avessero dato il loro assenso preventivo. La natura antipopolare delle misure economiche prese dai governi, lo stato generale della classe operaia, l’opera dei sindacati alternativi e delle FSRS fecero sì che i rapporti tra i sindacati di regime e il proletariato delle grandi e medie aziende si degradarono in misura preoccupante. A peggiorare la situazione si aggiunse la concorrenza tra i vari protagonisti politici e sindacali del regime. Così ebbero fine sia la concertazione sia il centro-sinistra che era la combinazione politica ad essa corrispondente. Il governo della banda Berlusconi ha lasciato perdere la concertazione e ha optato per il "dialogo sociale": discutere con tutti, ma procedere con chi approva le misure che il governo deve prendere per far fronte ai suoi impegni con la borghesia imperialista. CISL e UIL hanno promesso il loro appoggio: per nascita hanno, rispetto alla CGIL, più delle agenzie della controrivoluzione preventiva e meno delle associazioni dell’aristocrazia operaia. La CGIL grida al tentativo del governo di dividere i sindacati. Ma neanche CISL e UIL vogliono suicidarsi, né servirebbe al governo e ai suoi mandanti che lo facessero. Dal ’99, da quando la CGIL si è messa a fare opposizione, il numero degli iscritti ai sindacati ha smesso di scendere e anzi è salito. Finché la CGIL cavalca l’opposizione, CISL e UIL hanno dovuto e dovranno accodarsi alla CGIL se non vogliono perdere terreno. Solo il sabotaggio dell’opposizione da parte della CGIL può creare spazi di manovra a CISL e UIL.

Succede quindi che la classe operaia (e il resto del proletariato e i lavoratori autonomi al suo seguito) si oppone al governo Berlusconi, ma appoggiandosi all’aristocrazia operaia che, di malavoglia e per forza di cose, assume il ruolo di promotore e organizzatore di una lotta che non vuole.

È certamente un grave limite lottare sotto la direzione di generali che non vogliono fare la guerra e tantomeno vincerla, che "comprendono" e condividono le "ragioni" del nemico.(3) Ma finché non si sarà formato un partito comunista abbastanza forte e radicato da essere centro nazionale di mobilitazione e direzione, queste sono le condizioni in cui la classe operaia deve lottare. Dal vecchio movimento comunista e dal movimento degli anni ’70 essa non eredita altre strutture e gruppi dirigenti che le attuali FSRS e i "sindacati alternativi".

Cosa dobbiamo fare noi comunisti e con noi le FSRS e i "sindacati alternativi"?

Il nostro compito storico, il nostro principale compito in questa fase, quello a cui deve essere indirizzata tutta la nostra attività, è la costruzione di un vero partito comunista. Questa però per sua natura è un’impresa che non si realizza nel chiuso di gruppi, complotti e cospirazioni. Infatti consiste nell’elaborare la concezione del mondo (la scienza, l’ideologia) con cui comprendere la situazione e orientare la nostra attività. Consiste nel creare strutture capaci di propagandare tra gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari i nostri obiettivi, la possibilità di instaurare un nuovo e superiore ordinamento della società e la sua natura, le condizioni generali della lotta che le masse conducono (dove va il mondo, quale è la situazione delle varie classi della società, le forme delle loro lotte) e capaci di unire, collegare, orientare, mobilitare, organizzare a sostegno delle lotte che le varie classi delle masse popolari possono sviluppare contro la borghesia imperialista, ognuna per i suoi interessi immediati e diretti.

Quindi la costruzione di un vero partito comunista per sua natura non può prescindere dalla partecipazione attiva alle lotte che oggi la classe operaia e il resto delle masse popolari conducono contro la borghesia imperialista. La lotta delle FSRS per la ricostruzione del partito, la gara tra le FSRS a chi dà il maggiore contributo alla costruzione di un vero partito comunista (la raccolta delle esperienza e la verifica delle loro elaborazioni) avvengono contribuendo con iniziativa alla lotta che la classe operaia sta combattendo contro il governo Berlusconi e che può vincere se si mobilita a fondo, se mobilita il resto del proletariato e i lavoratori autonomi,(4) se sfrutta le contraddizioni della aristocrazia operaia, le contraddizioni tra i partiti borghesi, i contrasti tra i gruppi imperialisti e la diffidenza di una parte di essi nei confronti della banda Berlusconi.

Noi comunisti e con noi tutte le FSRS dobbiamo investire le nostre forze in questa battaglia. Non dobbiamo sottovalutare, al modo dei disfattisti delle varie scuole, la nostra influenza. La resistenza della classe operaia alle misure antipopolari non era scontata, non è un fatto "naturale", meccanico, spontaneo. Ha certo la sua base nella coscienza di classe che il vecchio movimento comunista ha creato, che è sedimentata nella classe operaia e nel resto delle masse popolari e che in qualche misura si trasmette di generazione in generazione. Ha la sua base anche nella reazione istintiva alla degradazione delle condizioni cui i lavoratori del nostro paese sono abituati. Ma nell’attuale resistenza c’è anche l’influenza che le FSRS hanno esercitato ed esercitano con la loro attività organizzata e tramite i propri singoli membri. L’aristocrazia operaia (i sindacati di regime, CGIL-CISL-UIL) ha smesso di appoggiare a spada tratta le misure antipopolari anche per l’effetto che l’influenza delle FSRS produceva nella classe operaia, per il successo che i "sindacati alternativi" riscuotevano in termini di iscritti e soprattutto in termini di partecipazione della massa dei lavoratori alle mobilitazioni che essi indicevano (lo sciopero dei ferrotranvieri di Milano è stato un segnale). Il nostro lavoro ha influito non solo sull’aristocrazia operaia, ma anche sui partiti della sinistra borghese. La borghesia imperialista va inevitabilmente sempre più a destra: è la crisi che la induce a optare per le soluzioni più estreme. In questa fase prevale il borghese più ribaldo, più cinico, più criminale: Berlusconi è un eroe della borghesia del nostro tempo. I residui gruppi e personaggi della borghesia di sinistra (e ve ne saranno sempre) da una parte corrono dietro ai loro soci di destra, si giustificano davanti ad una opinione di classe favorevole a questi, sono indecisi. Ma dall’altra cercano appoggi tra le masse popolari. Appena perdono voti e consensi si spaventano.(5) Dipendono dai voti delle masse popolari più che in altri periodi e sono in concorrenza tra loro per i voti delle masse popolari. È possibile e bisogna costringerli a fare da cassa di risonanza, da sponda parlamentare alle lotte delle masse, dovunque e in qualunque campo non possiamo farlo noi direttamente. Ma non contrattando con loro, non attenuando le nostre posizioni e "pretese". Non "vengono con noi" perché noi siamo "buoni e ragionevoli", ma perché hanno bisogno di noi, vengono loro meno gli altri appoggi. Quindi li costringiamo sviluppando la lotta delle masse e rendendo più radicale e determinato l’orientamento delle masse (si badi bene: non sparando noi parole più grosse, ma rendendo più radicale e determinato l’orientamento delle masse). È possibile e quindi dobbiamo costringerli a iniziative che accentuano i contrasti tra i gruppi della borghesia imperialista e paralizzano le iniziative dei suoi vari gruppi e portavoce.

In questo modo eliminiamo o rendiamo meno efficaci gli strumenti di asservimento (di mediazione, di conciliazione, di adattamento, di intesa) delle masse popolari alla borghesia, gli strumenti con cui la borghesia imbroglia, confonde, fuorvia e "consola" le masse popolari, gli strumenti con cui la borghesia contrappone tra loro le varie classi e i vari settori delle masse popolari. Riduciamo i margini di manovra della borghesia imperialista a quelli che poggiano sui suoi apparati militari e di repressione. Si isterilisce la mediazione politica e si conduce lo scontro ad un livello superiore. Ma ci arriviamo coerentemente con i tempi della ricostruzione del partito e dello sviluppo del movimento organizzato delle masse sotto la direzione del partito comunista della classe operaia. In modo da avere sempre l’iniziativa in mano, anche se apparentemente siamo sulla difensiva: difendiamo le conquiste, difendiamo le condizioni di vita e di lavoro, ecc. Non puntiamo principalmente sul paralizzare il nemico, ma sul costruire gli strumenti di potere della classe operaia. La paralisi del nemico senza strumenti di potere della classe operaia, apre la via alla mobilitazione reazionaria. La paralisi del nemico deve essere un aspetto della costruzione dell’alternativa di potere.

Succede così già oggi che, per sopravvivere, non solo l’aristocrazia operaia ma anche i partiti del centro-sinistra e in particolare il PRC devono cavalcare l’opposizione e giocare a chi è più estremista. Da qui nasce il referendum del PRC per estendere l’efficacia dell’articolo 18 (giusta causa) a tutti i lavoratori dipendenti (anche quelli precari e delle aziende che non superano i 15 dipendenti). Il PRC mette in campo i poteri e le potenzialità di un partito parlamentare qual è per far valere, nei modi tipici di un partito parlamentare e istituzionale, una rivendicazione degli operai. Mette così in difficoltà gli altri partiti del centro-sinistra e i sindacati di regime. Quando hanno l’acqua alla gola, i partiti del centro-sinistra si accorgono di quello a cui "non avevano pensato" quando erano al governo, in cui non impegnano fino in fondo tutte le loro forze! Questo la dice lunga sulla loro natura e sulla natura del loro interessamento. Noi però dobbiamo sfruttare le loro reazioni al vicolo cieco in cui si trovano. Ovviamente l’arma maggiore che la classe operaia ha contro il progetto della borghesia imperialista sono la mobilitazione più larga possibile e la conflittualità più diffusa possibile nelle aziende e nelle piazze, l’estensione di campagne di scioperi, dimostrazioni e proteste. Questo è quello su cui bisogna puntare. Bisogna evitare che il referendum del PRC e altre analoghe iniziative di altri partiti del centro-sinistra attenuino di fatto la mobilitazione nelle piazze e nelle aziende.(6)

 

Da ultimo noi comunisti, noi ricostruttori del partito, nel contesto della lotta contro il governo della banda Berlusconi dobbiamo definire meglio la nostra linea organizzativa in campo sindacale - come già ci chiedeva un lettore nella lettera che pubblicammo nel n. 8 (pag. 31-33) di La Voce .

Ciò che rende il sindacato una scuola di comunismo, al di là di quanto lo è per sua natura ogni organizzazione in cui le masse si ritrovano e organizzandosi imparano a organizzarsi, a comprendere anche solo alcuni loro interessi, a lottare per realizzarli anche solo in parte, è il suo collegamento col partito comunista, è l’essere cinghia di trasmissione (nei due sensi) tra le masse e il partito comunista. Da questo punto di vista, che strategicamente è il principale, i sindacati di regime e i sindacati alternativi si equivalgono. È esperienza accertata ripetutamente che i sindacati alternativi - proprio perché non sono cinghie di trasmissioni del partito comunista che non c’è e di cui la maggior parte dei promotori e dirigenti non vogliono sapere (anche questa è un’eredità degli anni ’70) - appena crescono un po’ si trovano di fronte all’alternativa: o diventare anch’essi sindacati di regime (cinghia di trasmissione delle compatibilità e dell’influenza ideologica della borghesia) o rinunciare a crescere, disperdersi, rinunciare all’attività sindacale. I sindacati alternativi sono nati contro sindacati di regime che non solo collaboravano con la borghesia, ma soffocavano la volontà dei lavoratori loro aderenti (allora avevano paura del "contagio" e non dell’emorragia, l’aristocrazia operaia non si sentiva minacciata dalla borghesia), espellevano chi in qualche misura ostinatamente si faceva portavoce degli interessi dei lavoratori.

È indubbio che il motivo principale per cui l’aristocrazia operaia, spalleggiata dalla borghesia, riusciva a soffocare la lotta di quei lavoratori consiste nel fatto che essi combattevano senza partito comunista, conducevano una lotta che concepivano e conducevano come una lotta solamente o principalmente sindacale. La lotta contro il predominio dell’influenza della borghesia nei sindacati può essere vinta, ma deve essere condotta sotto la direzione del partito comunista.

Anche se finché il partito comunista non sarà costituito non riusciremo a impostare con una linea di lungo respiro il nostro lavoro in campo sindacale, in modo da fare dei sindacati una scuola di comunismo (che in sintesi vuol dire unità dei lavoratori nella democrazia), fin da subito dobbiamo lottare nei sindacati di regime per costringerli a cavalcare l’opposizione al governo Berlusconi e dobbiamo lottare nei sindacati alternativi perché seguano una linea unitaria tesa a costringere i sindacati di regime a cavalcare l’opposizione - sia aderendo alle stesse iniziative di lotta, sia con iniziative autonome quando non si riesce a costringere l’aristocrazia operaia a marciare.

È svolgendo con slancio, con spirito d’iniziativa e a ogni livello a cui possiamo operare la nostra parte nella lotta che la classe operaia conduce contro il governo della banda Berlusconi che oggi raccogliamo forze e risorse per la costruzione del partito comunista.

Rosa L.

NOTE

 

1. Esemplare è la soluzione dell’assedio alla Basilica di Betlemme. Gli USA e il Vaticano concordarono con gli israeliani e i palestinesi che l’Italia avrebbe ospitato 13 militanti palestinesi senza neanche consultare il governo dell’"amico Berlusconi". Questi, messo di fronte al fatto compiuto e alla prospettiva di trovarsi implicato da solo in Italia in una lotta contro il Mossad per tutelare i 13 palestinesi, non trovò altra soluzione che cercare di scaricare sulla UE la questione. A fatica riuscì a coinvolgere qualche altro paese minore, ma i grandi risolutamente rifiutarono di assoggettarsi all’imposizione USA-Vaticano. Poi in Italia Berlusconi e Fini presentarono il tutto come un grande successo del governo di Roma che avrebbe "guidato l’UE ad assumere per la prima volta un ruolo da protagonista nella politica internazionale". Se prendi un calcio, puoi sempre dire che hai fermato il piede di chi ti ha calciato: basta che qualcuno ci creda.

 

2. Azeglio Ciampi è da anni un succube di Berlusconi. Prima come governatore della Banca d’Italia poi come capo del governo e ministro del Tesoro, ha consentito e favorito il salvataggio finanziario di Mediaset (quotazione in Borsa). In una situazione analoga, Ugo La Malfa aveva mandato a picco il predecessore di Berlusconi, Michele Sindona.

 

3. Non interessa qui stabilire se Cofferati o Epifani sono degli imbroglioni nel senso morale e individuale del termine. È un fatto che essi vogliono restare e, nei loro ragionamenti, proposte ed iniziative, restano nell’ambito del modo di produzione capitalista. In questo ambito le ragioni di Berlusconi, D’Amato, ecc. sono "più funzionali" di quelle degli operai e degli immigrati. Non a caso sono i borghesi più ribaldi, sfruttatori e aggressivi quelli che trionfano e dirigono l’orchestra. I gruppi imperialisti USA, e in particolare quelli più oltranzisti, in questa fase galleggiano meglio dei gruppi imperialisti che, tanto o poco, per un motivo o per l’altro, si occupano della solidarietà o della coesione sociale, della conservazione dell’ambiente, ecc. Quanto detto per Cofferati ed Epifani, vale per tutti gli esponenti della borghesia di sinistra.

 

4. La borghesia imperialista sta depredando in vario modo tutti i lavoratori, anche i lavoratori autonomi. Basta pensare alla lotta che in questi giorni i camionisti conducono contro il governo. L’aristocrazia operaia, i sindacati di regime, i partiti della sinistra borghese (compresi il PRC e il PdCI) non hanno interesse a collegare i lavoratori dei vari settori in lotta, non lo fanno, scoraggiano le iniziative in proposito. La borghesia alimenta la divisione e la contrapposizione tra gruppi e settori delle masse popolari. Le FSRS devono prendere iniziative per collegare e unire.

 

5. È esemplare l’allarme che ha pervaso i partiti della borghesia di sinistra in Italia dopo le elezioni del 13 maggio ’01 e in Francia dopo quelle del 21 aprile di quest’anno. Il crollo elettorale è un effetto della loro natura. Finché non arrivò la batosta elettorale, essi stavano a loro agio nei loro panni. Vuol dire che per la loro reale natura sono distanti anni-luce dalle masse popolari. Ora cercano di riacchiappare voti, cioè di trovare un modo per imbrogliare le masse. Ma su questo piano la destra è in una posizione migliore. La mobilitazione reazionaria è una politica di guerra, ma realista. La sinistra borghese invece ha solo sospiri e chiacchiere: dalla mobilitazione rivoluzionaria rifugge, nella mobilitazione reazionaria è a disagio.

 

6. Bisogna tener bene in mente il triste precedente del Decreto di S. Valentino (13 febbraio ’84) emanato dal governo Craxi in combutta con CISL, UIL e una parte della CGIL (Ottaviano Del Turco). Il PCI se la cavò spostando la lotta sul terreno istituzionale del referendum di cui poi sabotò la preparazione in modo da perderlo il 10 giugno ’85 con il 54% di voti favorevoli al taglio della scala mobile.