Comunicato del 20 luglio 2006

La costruzione del Partito a partire dalla clandestinità è una delle condizioni necessarie della vittoria del movimento comunista nei paesi imperialisti

sabato 22 luglio 2006.
 

(nuovo)Partito comunista italiano

Commissione Provvisoria del Comitato Centrale

Siti: www.nuovopci.it http://lavoce-npci.samizdat.net

Email: lavocenpci40@yahoo.com

Delegazione: BP3 4, rue Lénine 93451 L’Île St Denis (Francia)


Comunicato 20 luglio 2006


La costruzione del Partito a partire dalla clandestinità è una delle condizioni necessarie della vittoria del movimento comunista nei paesi imperialisti


La costruzione del (nuovo)Partito comunista italiano a partire dalla clandestinità è oramai in corso da quasi sette anni. Quindi è possibile incominciare a individuare le leggi proprie di questo processo e ricavare dall’esperienza fin qui compiuta criteri e misure da adottare consapevolmente nella pratica, per affrontare meglio i vecchi e i nuovi problemi e non ripetere gli stessi errori.

La serietà di un Partito che si dichiara comunista si misura anche da come affronta la sua esperienza. Se ha un atteggiamento positivo ma critico nei propri confronti, se cerca di usare la propria esperienza per imparare a fare meglio, se non pretende di non commettere errori e di non avere nulla da imparare dalla sua stessa pratica e dalla pratica della classe operaia e delle masse popolari. Da come combina i principi che ha ricavato dalla esperienza universale e storica della lotta di classe con la verifica dell’applicazione che esso ne fa nella pratica, l’universale con lo specifico, il generale con il particolare, l’astratto con il concreto. In particolare Lenin ci ha insegnato che la serietà di un Partito si misura anche da come affronta i suoi errori. Un Partito comunista non deve nascondere né a se stesso né alle masse i propri errori e i propri limiti. Individuarli, capirli a fondo, diffonderne la conoscenza tra i propri simpatizzanti, i lavoratori avanzati e le masse, diffondere la conoscenza delle soluzioni adottate, condurre insomma attorno ad essi una discussione franca e pubblica è essenziale per mobilitare il partito e gli elementi avanzati della classe operaia e delle masse popolari a riunire le risorse e compiere gli sforzi necessari per correggere gli errori e superare i limiti. È inevitabile ma secondario che la borghesia cerchi di approfittare dei nostri errori e dei nostri limiti. È inevitabile ma secondario che i nostri avversari gioiscano dei nostri errori e dei nostri limiti, che ne approfittino anch’essi ostentando di esserne scandalizzati, che alcuni di essi si ergano a maestri di un’arte che non hanno mai praticato. È inevitabile ma secondario che la parte più arretrata e più debole dei nostri simpatizzanti sia momentaneamente scandalizzata e scoraggiata dalla notizia dei nostri errori e dei nostri limiti. Il vantaggio che ricaviamo dal dibattito franco e pubblico sui nostri errori e sui nostri limiti è in definitiva immensamente superiore ai danni collaterali del dibattito. Grave è avere commesso errori, grave è avere dei limiti rispetto a quanto necessario per svolgere il nostro ruolo. Ma ciò è inevitabile, fa parte del processo stesso di crescita e di sviluppo. Veramente molto grave e fatale sarebbe cercare di nascondere e ancora più di nascondere a noi stessi i nostri errori e i nostri limiti, cercare di non vederli, abituarsi a non vederli. Ci priveremmo di uno strumento indispensabile per crescere, migliorare, svilupparci. E questo possiamo evitarlo. Avere questo giusto atteggiamento rispetto ai propri errori e ai propri limiti è un costume che dipende solo da noi far diventare abituale, comune, diffuso nelle nostre fila.

Non dobbiamo mai mancare di sottolineare i nostri successi e di ricavarne e generalizzarne gli insegnamenti. Non importa se alcuni gridano che siamo trionfalisti. Ci sono persone che sono abituate solo a lamentarsi, a piangere per le sventure e non hanno mai provato o hanno completamente perso il gusto e la capacità di gioire per la lotta e la vittoria delle classi e dei popoli oppressi, la capacità e l’abitudine a imparare dai successi. La borghesia cerca di nascondere, sminuire e denigrare i nostri successi. Ciò corrisponde ai suoi interessi. È per lei un’arma di lotta, un mezzo per impedire l’entusiasmo, la fiducia e la determinazione delle masse popolari nella lotta. Che alcuni pur essendo nel nostro campo adottino le sue attitudini e siano anche su questo terreno succubi della sua influenza, è inevitabile finché la borghesia è socialmente influente. La pratica però ci insegna che per chi sta imparando un’arte nuova, per chi sta compiendo un’opera difficile, per chi sta lottando e tende al massimo tutte le sue forze fisiche, morali e intellettuali il riconoscimento dei propri successi e l’applauso dei suoi compagni sono sorgenti importanti di forza. Per questo dobbiamo sempre rimarcare e far rimarcare anche i nostri successi nella ricostruzione del Partito a partire dalla clandestinità e, più in generale, abituare noi stessi, i nostri simpatizzanti, i lavoratori avanzati e le masse popolari a riconoscere, applaudire i nostri compagni che ben meritano per la nostra causa, i nostri dirigenti che sanno essere all’altezza della situazione, i nostri eroi che resistono alle condizioni più avverse, che non cedono alle pressioni e alla persecuzione della borghesia. La borghesia impone alle masse popolari di venerare i suoi capi che più hanno contribuito all’oppressione delle masse popolari: da Gianni Agnelli al Papa Woityla. Educa le masse popolari a sbavare ed entusiasmarsi per i divi dello sport e dello spettacolo. Ma denigra e cerca di soffocare, con la scusa della lotta al culto della personalità, la gratitudine e l’ammirazione delle masse popolari per gli eroi della lotta del proletariato e dei popoli oppressi contro il suo barbarico regime. In realtà essa cerca di ridurre il numero di quelli che si dedicano a quella lotta con la stessa dedizione e lo stesso slancio dei migliori esponenti e dei massimi dirigenti del movimento comunista (Stalin è un fulgido esempio), con l’eroismo di quelli che sono arrivati e arrivano fino a sacrificare anche la loro vita per il successo della lotta per porre fine a quel regime barbarico, per liberare l’umanità da esso: la denigrazione dei martiri della Resistenza dei popoli arabi e musulmani (iracheno, palestinese, libanese, ecc.) all’aggressione e alla colonizzazione domina nella propaganda borghese di questi giorni.

Ma altrettanto importante per la mobilitazione delle forze del nostro campo e per il successo della nostra causa è che noi individuiamo con sensibilità, analizziamo con acutezza e critichiamo senza debolezza i nostri errori e i nostri limiti e che impariamo ad affrontare ognuno di essi in termini pratici e costruttivi. L’analisi pubblica dei nostri errori e dei nostri limiti nella costruzione del partito a partire dalla clandestinità è parte essenziale della nostra opera per elevare la coscienza e la morale degli operai avanzati, della massa degli operai, delle masse popolari al livello necessario per compiere la loro opera storica di porre fine al dominio della borghesia, al sistema capitalista e alla società basata sulla divisione in classi e sull’esclusione della massa della popolazione dalla responsabilità di dirigere la società. Nello stesso tempo è uno strumento essenziale per correggere i nostri errori e superare i nostri limiti: perché noi facciamo gli sforzi necessari e perché una parte maggiore della masse popolari si mobiliti a compiere l’opera che noi abbiamo iniziato.

Di fronte a ogni manifestazione di un nostro errore e di un nostro limite immancabilmente alcuni metteranno in discussione la linea di “costruire il partito a partire dalla clandestinità”. Ma si tratta di persone che non fanno che attaccarsi ad ogni appiglio per riproporre la loro opposizione alla nostra linea. Un’opposizione che però non osano mai esporre e sostenere in modo organico, analizzando sistematicamente le motivazioni che il bilancio del movimento comunista, l’andamento attuale della lotta di classe e le prospettive del suo sviluppo offrono alla nostra linea. Non osano perché non possono. Chiunque si mobilita senza riserve per costruire un nuovo mondo e analizza con preveggenza e intelligenza le condizioni per riuscire a compiere questa impresa, arriva prima o poi alla nostra conclusione. Da ogni esame sistematico non è possibile trarre altra conclusione che quella che noi abbiamo tratto. Nessun limite nostro, nessun nostro errore può cambiare questo fatto. Come nessuna caduta di un bambino porta chi gli vuole bene alla conclusione che deve smettere di imparare a camminare. Di fronte a ogni difficoltà, il compito che dobbiamo porci è come superarla, come fare ad evitare gli errori che abbiamo commesso, come fare per fare meglio e con maggiore successo. Abbandonare l’impresa di costruire il partito a partire dalla clandestinità è rinunciare alla lotta, ripiegare su compiti meno impegnativi.

Costruire il Partito a partire dalla clandestinità è una linea non solo coerente ma del tutto conseguente alla concezione che guida la “carovana” del (n)PCI dalla sua costituzione all’inizio degli anni ’80: la concezione della completa indipendenza dalla borghesia in campo politico, ideologico e organizzativo. La velenosa e ostinata ostilità della borghesia nei confronti del (nuovo)Partito comunista e della sua “carovana” conferma la bontà della nostra concezione. Questa ostilità è incominciata ben prima che incominciasse la costruzione della struttura clandestina del Partito, è incominciata con la costituzione stessa della “carovana”. L’ottavo procedimento giudiziario che, nella persona del PM Paolo Giovagnoli e della Procura di Bologna, le Autorità Italiane hanno lanciato contro il (n)PCI e la sua “carovana” è solo l’ultima manifestazione di quella ostilità. A volte ci chiedono: “Perché la borghesia vi perseguita? Perché la borghesia si accanisce proprio contro di voi?”. Ebbene, la risposta è semplice semplice. “Perché noi stiamo costruendo il Partito guidati da una concezione di assoluta indipendenza politica, ideologica e organizzativa dalla borghesia. Tutti quelli che in un modo o nell’altro, in qualche misura fanno parte della carovana del (n)PCI contribuiscono alla nostra opera, ne siano o no consapevoli. Per convenienza sua la borghesia ci addebita azioni che non facciamo e attività che non conduciamo. Ma in realtà quello che non può tollerare è che noi costruiamo un partito indipendente dalla borghesia, portiamo la classe operaia e le masse popolari a schierarsi attorno ad esso, quindi a porsi e ad operare fuori dal controllo della borghesia, in piena indipendenza da essa. Essa evita di dichiararlo espressamente, per evitare di farci propaganda. Ma questo è il punto. Tutti quelli che si dicono comunisti e non sono perseguitati dalla borghesia, dovrebbero loro chiedersi il perché di tanta differenza, per capire meglio le condizioni della lotta di classe e ottenere maggiori successi dalla loro attività”.

Non solo non dobbiamo abbandonare la costruzione del Partito a partire dalla clandestinità, ma dobbiamo propagandarla tra gli operai e tra le masse popolari, dobbiamo senza stancarci spiegare perché è necessario costruire il Partito dalla clandestinità, perché solo se costruito dalla clandestinità il Partito è capace di svolgere il suo ruolo di centro del nuovo potere che si stabilisce e si allarga, perché solo se costruito dalla clandestinità il Partito può essere realmente e in ogni circostanza indipendente dalla borghesia e quindi assicurare l’indipendenza della classe operaia. Dobbiamo illustrare a conferma delle nostre tesi l’esempio glorioso del Partito di Lenin che resistette inflessibilmente alle richieste di far legalizzare il Partito dal regime zarista. Dobbiamo illustrare a conferma delle nostre tesi l’esempio glorioso del vecchio PCI che, messo fuorilegge dai fascisti, si affermò come partito dirigente della classe operaia italiana e la condusse al punto più alto che essa ha mai raggiunto nella sua lotta per il potere (la Resistenza). Dobbiamo illustrare a conferma delle nostre tesi i numerosi esempi di partiti socialisti e comunisti dei paesi imperialisti che, per grandi e potenti che fossero, per quanto diffusa fosse la fiducia delle masse popolari in essi e grande la disponibilità delle masse popolari a battersi, nonostante l’eroismo personale di tanti capi (come Giacinto Menotti Serrati, Rosa Luxemburg, Karl Liebnecht, Jean Jaurès, ecc.), abbandonarono ignominiosamente il loro ruolo quando la scontro con la borghesia raggiunse o minacciò di raggiungere la soglia della guerra civile: proprio perché non si erano costruiti in vista dei compiti che realisticamente li attendevano.

Solo con tale propaganda vasta, multiforme, adeguata alle conoscenze e allo stato d’animo dei nostri interlocutori, solo proseguendo nella nostra impresa e nello stesso tempo propagandando, illustrando e facendo sperimentare praticamente alle masse popolari l’opera del Partito che già esiste nella clandestinità, noi riusciremo, passo dopo passo, a far diventare la nostra linea della costruzione del Partito a partire dalla clandestinità qualcosa che la classe operaia e le masse popolari riconosceranno come cosa propria, la faranno loro e la attueranno: contribuiranno con le loro forze e risorse al successo dell’opera che noi abbiamo iniziato.

In tutti i bilanci fatti nel passato sulle sconfitte che abbiamo subito, sugli arresti di compagni della struttura clandestina del Partito, noi abbiamo dovuto constatare che la causa principale della nostre sconfitte stava nel fatto che le forze della struttura clandestina del Partito sono ancora troppo limitate, nel fatto cioè che oggi anche tra gli elementi avanzati della classe operaia e delle masse popolari vi è ancora una forte resistenza a passare alla clandestinità. Ciò significa che l’eredità nefasta del revisionismo moderno e del riformismo perdura anche se oramai l’epoca delle conquiste e delle riforme è finita e da alcuni decenni siamo nuovamente in piena crisi generale e la classe operaia e le masse popolari subiscono continue controriforme. Ciò significa che la degenerazione e il crollo dei primi paesi socialisti e la corruzione e disintegrazione dei vecchi partiti comunisti hanno profondamente intaccato la fiducia della classe operaia e delle masse popolari in se stesse. Ciò significa che le condizioni create dalla prima ondata della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti sono ancora oggi sfruttate più dalla borghesia a suo vantaggio per ostacolare e indebolire la resistenza delle masse popolari al progredire della crisi che da noi per mobilitare e organizzare la classe operaia e le masse popolari. Ciò significa che l’opera di denigrazione del vecchio movimento comunista, di corruzione e intimidazione dei dirigenti e degli elementi d’avanguardia, di disfacimento morale e intellettuale delle masse popolari, l’opera di evasione, di diversione e di confusione che la borghesia imperialista conduce sistematicamente, con grande oculatezza e con grande dispiego di forze e risorse, prevalgono ancora sulla nostra opera di mobilitazione e di raccolta delle forze, sulla scuola di comunismo che la resistenza al progredire della crisi impartisce giorno dopo giorno alle ampie masse popolari. È una fase della costruzione del Partito che dobbiamo attraversare, che attraverseremo solo se non ci arrendiamo alle difficoltà, se il Partito nel suo complesso fa fronte anche alle debolezze di singoli suoi membri, se sa valorizzare quanto di positivo ognuno di essi dà e far fronte alle difficoltà create dalla debolezza di questo o quel compagno. Se basassimo il successo della nostra costruzione sul fatto di disporre già oggi, dall’inizio di compagni a tutta prova, il nostro sarebbe un costruire castelli in aria. Il Partito lo dobbiamo costruire con i compagni che ci sono oggi. Certo selezionando, formando, valorizzando il positivo ed escludendo il negativo. Facendo leva sugli aspetti positivi di ognuno e cercando di individuare, combattere e neutralizzare i suoi aspetti negativi. Non si tratta di seguire il movimento spontaneo, di adeguarci a quello che c’è, ma di partire da quello che c’è e di dividere l’uno in due, di distinguere e contrapporre nello stato attuale il suo aspetto positivo al suo aspetto negativo, di far fruttare a vantaggio della costruzione del Partito quanto di positivo ogni compagno dà e di neutralizzare meglio possibile gli effetti del lato negativo di ogni compagno, avendo sempre cura di “combattere la malattia per salvare l’ammalato”.

È in questa dialettica che si inquadra il caso della compagna Rosalba Romano, assurta recentemente all’onore delle cronache dopo essere stata per mesi oggetto di caccia silenziosa da parte delle polizie di alcuni paesi. La compagna ha dato al Partito quanto poteva dare e per questo verso ha ben meritato presso quanti sono sensibili agli interessi della classe operaia e delle masse popolari (e per questo aveva “meritato” la persecuzione delle forze della controrivoluzione preventiva). La compagna non ha saputo resistere quanto necessario, non è riuscita a persistere nell’opera che il Partito le aveva affidato, ha nascosto al Partito le difficoltà crescenti che trovava e la sua incapacità di farci fronte e infine ha abbandonato, di sua iniziativa e nel modo che la compagna stessa ha da sola deciso, il posto che il Partito le aveva assegnato, causando con ciò notevoli danni al Partito. È un successo per la controrivoluzione preventiva, è una sconfitta per l’opera di costruzione del Partito. I nostri avversari grideranno allo scandalo o sfogheranno altrimenti la loro gioia maligna: visto che non possono gioire dei propri successi, si riducono a gioire delle nostre sconfitte. Quanto a noi, il Partito farà fronte alle difficoltà create dal cedimento della compagna, continuerà l’opera di costruzione e, per quanto possibile, darà alla compagna l’occasione di riabilitarsi, di far leva sulle qualità che l’avevano condotta ad assumere l’impegno che aveva con generosità assunto, di riscattare il danno fatto e di occupare un posto di lotta meglio adatto alle sue forze attuali. La sua ripresa dipenderà interamente dalla compagna stessa, a conferma del fatto che il movimento comunista non elimina l’individualità, ma si basa sugli aspetti migliori di ogni individuo, chiede a ogni individuo di mobilitarsi, di dare quanto di meglio sa dare e di crescere. Comporta uno sviluppo dell’individuo superiore a quello che esso ha raggiunto nella società borghese, lungo il corso della quale l’individuo si è venuto gradualmente enucleando come entità autonoma dalla sua vecchia comunità naturale. Il comunismo non è un ritorno alla comunità di un tempo, di cui l’individuo è solo un organo o una componente, come le cellule sono le componenti di ogni organismo vivente. Esso al contrario comporta uno sviluppo superiore dell’individualità, la creazione dell’“uomo nuovo”: membro a parte intera dell’associazione internazionale dei lavoratori, responsabile delle sue azioni, delle sue idee, delle sue aspirazioni, dei suoi sentimenti.

Per quanto riguarda il Partito, esso farà certamente fronte alla defezione della compagna, come ha fatto fronte all’arresto di altri compagni, alla resistenza opposta da altri compagni al passaggio alla clandestinità, al mancato mantenimento dell’impegno a passare alla clandestinità da parte di compagni che si erano impegnati a passare, al mancato adempimento dei compiti assegnati da parte di compagni che quei compiti si erano assunti. Il Partito è già oggi abbastanza forte per riuscire a far fronte a questi ricorrenti incidenti di percorso che ostacolano la sua crescita, interrompono l’attuazione dei piani di lavoro, costringono a ristrutturare e a rifare piani e progetti. Siamo orgogliosi di aver raggiunto questo stadio della costruzione e impiegheremo tutti i mezzi a disposizione per far fronte a tutte le difficoltà.

Il procedimento giudiziario a cui le Autorità Italiane avevano nel 2003 indotto le Autorità Francesi sta chiudendosi in questi mesi con un notevole rafforzamento del (n)PCI e della sua opera.

L’ottavo procedimento giudiziario lanciato dalle Autorità Italiane conto il (nuovo)Partito comunista e la sua “carovana” si trasformerà in un boomerang che colpirà la borghesia stessa.

Il circo Prodi farà la fine ignominiosa fatta dalla banda Berlusconi. Esso cercherà di aumentare lo sfruttamento, l’oppressione, le costrizioni e le difficoltà di ogni genere che amareggiano e rendono difficoltosa la vita delle masse popolari e impediscono lo sviluppo gioioso delle loro potenzialità, della collaborazione e della solidarietà. Esso cercherà di far partecipare il nostro popolo all’aggressione imperialista contro i popoli oppressi: le sue “missioni umanitarie” si moltiplicheranno. Il Vaticano dovrà assumere ancora più apertamente il governo del paese e mostrare cosi la sua vera natura di forza reazionaria che esso cerca accuratamente di nascondere governando per interposta persona. L’esempio eroico della gloriosa Resistenza opposta dai popoli arabi e musulmani, in primo luogo dai popoli palestinese, iracheno e libanese, all’aggressione imperialista insegna giorno dopo giorno alle masse popolari e alla classe operaia del nostro paese e richiama alla sua memoria l’esempio glorioso dei suoi eroi e dei suoi martiri, dei promotori degli inizi del movimento comunista, degli antifascisti, dei Partigiani, di quanti lottarono degnamente contro il regime DC, dei protagonisti della rivolta degli anni ’70: un esempio che i revisionisti e la borghesia cercano di far dimenticare, di cancellare e di denigrare. Le lotte rivoluzionarie che si sviluppano in tanti paesi e l’ostilità crescente che circonda gli imperialisti e i loro lacchè confermano che la rinascita del movimento comunista è in corso. La guerra popolare rivoluzionaria che si sviluppa in Nepal, nelle Filippine, in India, in Turchia, in Perù e in altri paesi indica a tutti i popoli oppressi e alle classi sfruttate la via da seguire: gli esponenti più avanzati della classe operaia e delle masse popolari imboccheranno in numero crescente questa via, essi sorgeranno sempre più numerosi dalle fila della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari.

Il (nuovo)Partito comunista italiano occupa e occuperà il suo posto nella nuova ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

La costruzione dalla clandestinità rende possibile la sua completa indipendenza dalla borghesia e gli permette di assolvere al suo ruolo di centro del nuovo potere che si oppone al vecchio potere della borghesia italiana e del Vaticano ancora predominante.

La sua sorte è nelle mani robuste e sperimentate della classe operaia.


Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!


comunicato del 20 luglio 2006

La costruzione del Partito a partire dalla clandestinità è una delle condizioni necessarie della vittoria del movimento comunista nei paesi imperialisti

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