La Voce n. 22
marzo 2006 - anno VIII

Il lavoro del Partito nel quarto fronte

domenica 26 marzo 2006.
 

Il lavoro del Partito nel quarto fronte

Nel Piano Generale di Lavoro che accompagna la Risoluzione del 3 ottobre 2004 con cui è stato costituito il (n)PCI, come quarto fronte di lotta del Partito è indicata: “La mobilitazione delle masse popolari a costruire gli strumenti e gli organismi autonomi dalla borghesia (case del popolo, centri sociali, cooperative, circoli culturali, casse di mutuo soccorso, associazioni sportive e ricreative, ecc.) utili per soddisfare direttamente, senza dipendere dal mercato della borghesia imperialista e dalla sua amministrazione pubblica, i propri bisogni e ad estendere la propria partecipazione al godimento e allo sviluppo del patrimonio culturale della società. Il principale principio guida del lavoro su questo fronte è ’fare di ogni iniziativa una scuola di comunismo’ ” (La Voce n. 18).

Come le attività degli altri fronti, anche le attività di questo fronte fanno parte delle attività del movimento comunista fin dalla sua nascita. La dottrina più avanzata del movimento comunista, il marxismoleninismomaoismo e in particolare la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata, ci insegna

1. a valorizzare appieno il contributo che ognuna di esse può dare alla rivoluzione socialista e all’instaurazione del socialismo;

2. a evitare le deviazioni che possono svilupparsi a partire da ognuna di esse, deviazioni che in effetti nella storia del movimento comunista si sono prodotte;

3. a svolgerle meglio.

Ognuna delle attività del quarto fronte ha tre aspetti.

1. Soddisfa bisogni pratici o spirituali delle masse popolari. Le cooperative di produzione, le cooperative di consumo, le casse di resistenza, le associazioni di mutuo soccorso, le scuole popolari, le associazioni culturali e ricreative, ecc. soddisfano bisogni economici, pratici, sentimentali, morali o intellettuali che la società borghese non soddisfa o soddisfa solo in misura limitata per gli operai e per i membri delle altre classi delle masse popolari. La costituzione di simili organismi è quindi una parte spontanea della costruzione della classe operaia come classe autonoma dalla borghesia, della sua emancipazione dalla borghesia. La classe operaia prende in mano la propria vita, nella misura in cui ciò è possibile nell’ambito della società borghese, e provvede direttamente, entro questi limiti, a promuovere e organizzare strutture e attività di ogni genere. Ognuna di queste iniziative non solo migliora le condizioni di vita degli operai, ma eleva il livello morale e intellettuale degli operai ed eleva il grado di organizzazione degli operai: con ciò contribuisce a creare e ad accrescere le condizioni soggettive necessarie per instaurare il socialismo (coscienza politica e organizzazione degli operai). Per svolgere queste attività e creare le rispettive strutture ci avvaliamo a nostro vantaggio della libertà di associazione, della libertà di iniziativa privata, della protezione che l’ordinamento sociale borghese accorda alla proprietà privata: quindi sono attività che per la loro natura appartengono ancora alla società borghese. Le possibilità di iniziativa in questo campo sono illimitate. La classe operaia e le masse popolari nel corso del movimento comunista e in particolare durante la prima ondata della rivoluzione proletaria hanno acquisito una grande esperienza in questo campo. Oramai nessuna società borghese, per arretrata e repressiva che sia, riesce o osa vietare e reprimere l’iniziativa in questo campo. Mentre invece, come vedremo, cerca di assumerne il controllo e la direzione e di espandervi la sua influenza organizzativa o almeno ideologica.

2. Ognuna di queste iniziative può costituire un ambito nel quale operai e altri membri delle masse popolari da una parte imparano a organizzarsi e a dirigersi. Dall’altra parte imparano a conoscere i meccanismi commerciali e produttivi della società borghese da vicino e da punti di vista diversi da quello a cui la società borghese costituzionalmente li confina. Ovviamente gli operai imparano a organizzarsi e a dirigersi tanto più, quanto più queste attività sono svolte in autonomia dalla borghesia, senza intervento del clero, della polizia, di associazioni o enti filantropici o caritativi borghesi, senza intervento di ONG (organizzazioni sedicenti non governative) e delle altre strutture che la borghesia ha sviluppato e sviluppa in maniera via via più sistematica e consapevole, programmaticamente, per assorbire, neutralizzare, indirizzare e utilizzare (strumentalizzare) a proprio beneficio, al fine della conservazione del suo ordinamento sociale, l’aspirazione degli individui a fare qualcosa di utile che compensi l’attività inutile o dannosa che la borghesia imperialista li costringe a svolgere per guadagnarsi da vivere .(19)

Proprio il terreno del legame o connessione tra le iniziative di questo fronte e l’attività commerciale e produttiva della società borghese si presta allo sviluppo dell’influenza della borghesia. Essa è in grado spontaneamente e cerca consapevolmente di fare penetrare i suoi criteri e la sua mentalità nelle iniziative del quarto fronte. Se la sua influenza non viene combattuta efficacemente, la borghesia arriva a trasformare queste iniziative in imprese e agenzie borghesi, a farne strumenti di corruzione economica, morale e intellettuale degli operai, a usarle per dividere una parte degli operai dal grosso della classe operaia fino a contrapporli al resto degli operai. Cosa che si è ripetutamente verificata nella storia del movimento comunista. Basta vedere nel nostro paese cosa sono diventate la maggior parte delle “cooperative rosse” man mano che i revisionisti moderni hanno trasformato il vecchio partito comunista in conformità alla loro concezione. Le vicende dei Consorte, dei Sacchetti, del resto dei vertici dell’UNIPOL emerse nella seconda parte dell’anno scorso (2005) parlano chiaro.

Naturalmente il ruolo negativo che le iniziative del quarto fronte hanno svolto nella lotta di classe quando sono cadute nelle mani della borghesia, dei suoi agenti o di persone influenzate dalla borghesia, non cancella il ruolo positivo che hanno svolto e possono svolgere quando sono nelle mani di operai e altri esponenti delle masse popolari e l’influenza della borghesia è efficacemente contrastata e contenuta.

3. Se le iniziative del quarto fronte sono in qualche modo, più o meno direttamente, ufficialmente o meno, ma comunque di fatto collegate con il partito comunista,(20) esse diventano una parte importante della rete di relazioni in cui si concretizza il nuovo potere, delle risorse di cui esso si avvale, dei suoi canali di influenza, orientamento, propaganda e reclutamento: insomma, dei canali che collegano il partito comunista alle masse e le masse al partito comunista.

In queste condizioni, quando esiste un legame tra le iniziative del quarto fronte e il Partito, i legami commerciali e di altro genere che connettono queste iniziative alle aziende capitaliste, e che normalmente veicolano l’influenza della borghesia (l’uso del denaro e delle altre risorse come capitale, come valore che deve essere valorizzato, che deve essere riprodotto e continuamente accresciuto; ogni prestazione deve essere remunerata - salario - e deve arricchire l’azienda, ogni prestito deve essere remunerato - interesse - ecc.), questi stessi legami diventano mezzo di espressione del nuovo potere, fonti di informazioni e di risorse difficilmente reperibili in altro modo, canali per allargare la rete di adesioni e collaborazioni, veicoli per stabilire nuovi contatti.

I tre aspetti fin qui indicati sono differenti tra loro, ma non si escludono. Sta al Partito operare in modo che essi si integrino e si rafforzino reciprocamente in conformità a ogni concreta situazione, in ogni fase dello sviluppo della costruzione del Partito, della costruzione del nuovo potere, dello sviluppo della guerra popolare rivoluzionaria.

Nella storia del movimento comunista le iniziative e le attività del quarto fronte hanno avuto molteplici ruoli positivi per ognuno dei tre aspetti sopra indicati. Esse hanno però anche dato luogo, a causa della debolezza ideologica del movimento o della insufficiente comprensione della natura dello scontro politico concretamente in corso o di semplici errori di valutazione o di metodo, a una delle varie deviazioni prodotte dall’influenza della borghesia sul terreno dell’uno o dell’altro dei tre aspetti positivi sopra indicati. A grandi linee si sono avuti tre generi diversi di deviazioni.

1. Le comunità autonome.

Cercare di creare comunità autosufficienti che vivono in maniera diversa dalla società circostante, che applicano ognuna il suo modello di vita alternativo a quello dominante, senza occuparsi né preoccuparsi di quello che avviene attorno, oppure fiduciosi che l’esempio convincerà anche gli altri a costituire prima o poi analoghe comunità. È la concezione che ispirò alcuni socialisti utopisti dei primi decenni del secolo XIX (Fuorier, Owen, Cabet e altri), benché in essi giocasse un ruolo importante l’idea che prima o poi tutta la società si sarebbe ristrutturata sul loro modello. Per i socialisti utopisti non si trattava principalmente di costituire organismi che soddisfacevano il desiderio di alcuni individui di sottrarsi ai (evadere dai) vincoli e alle relazioni correnti. Si trattava piuttosto di una proposta di riforma complessiva della società, da attuare senza lotta di classe, ignorando l’opposizione delle classi sfruttatrici, per iniziativa di quei lavoratori che aderivano al nuovo credo e trovavano i mezzi necessari per impiantare le loro comunità. Ovviamente questo lato utopista della concezione (ignorare la lotta di classe, pensare di poter costruire società autonome autosufficienti su piccola scala) era ispirato dalle esperienze più varie: dalle comunità monastiche agli insediamenti che i coloni europei venivano proprio in quel periodo impiantando nelle Americhe e in altre regioni poco abitate. Miti del tipo di quello di Robinson Crusoe avevano il loro peso, accanto ai problemi pressanti che poneva la massa di lavoratori disoccupati, senza risorse, poveri che lo sviluppo del capitalismo aveva formato nei paesi e nelle regioni più progredite.

La più recente espressione di questa concezione l’abbiamo vista in alcuni centri sociali che vorrebbero essere centri di “vita alternativa”: club entrando nei quali e per le ore che vi restano i frequentatori si spogliano delle loro abitudini “borghesi”, evadono dai rapporti e costrizioni della vita quotidiana e si immergono nell’atmosfera del club. Insomma un club per poveri cristi che le Autorità controllano e a loro modo gestiscono come zona di sfogo delle insoddisfazioni.

2. Le aziende e agenzie borghesi.

Costituire la propria cooperativa, il proprio spaccio, il proprio bar, ecc. e passo dopo passo farne di fatto un’azienda “come le altre” a vantaggio dei soci. È la degenerazione subita da molte cooperative di produzione, cooperative di consumo, case del popolo, ecc. Un campo di azione e strumento di organizzazione e di influenza sociale degli operai e dei lavoratori benestanti, con mestieri qualificati, con risparmi, che finiscono per adottare una mentalità piccoloborghese, si contrappongono alla massa dei lavoratori, disprezzano gli altri lavoratori perché ignoranti, imprevidenti, poveri, rozzi. Guardano alla borghesia come modello intellettuale e morale. Il massimo che arrivano a sognare è una società composta solo di borghesi: ovviamente dimenticano lo sfruttamento e la soggezione della massa della popolazione che è l’unica base su cui la borghesia può esistere. Prima o poi le loro aziende e agenzie diventano in tutto eguali a quelle borghesi: aspirano a fare i maggiori utili possibili, a rivolgersi quindi alla clientela più ricca, ad adeguarsi ai suoi usi e ai suoi gusti, a valutare ogni iniziativa ed attività in termini di costi, ricavi e utili in denaro.

3. La via graduale e pacifica al socialismo.

I socialdemocratici e i riformisti negli ultimi decenni del XIX secolo e nei primi del XX secolo, i revisionisti moderni poi, hanno concepito e propagandato le iniziative e attività del nostro quarto fronte in una strategia di trasformazione graduale e pacifica della società borghese in società socialista. In sostanza hanno riciclato alcune concezioni dei socialisti utopisti in un progetto che voleva essere realistico perché teneva conto della divisione della società in classi e del carattere necessariamente collettivo della trasformazione della società. I fautori della seconda deviazione trasformavano la singola cooperativa o altro che fosse in una azienda borghese come le altre. I fautori di questa terza deviazione proponevano di estendere a poco a poco le cooperative e le altre analoghe istituzioni in concorrenza con quelle capitaliste fino ad occupare o assorbire l’intera società. È una deviazione che rientra nel quadro della famigerata “via pacifica e democratica al socialismo” di Togliatti, Berlinguer e soci. Già vari socialisti utopisti avevano proposte le lori ideali comunità autosufficienti come strumento di riforma dell’intera società: isole modello che, allargandosi e moltiplicandosi per forza propria o con l’aiuto di autorità illuminate o di ricchi illuminati, avrebbero alla fine “occupato” l’intera società con beneficio per “tutti” (gli utopisti non concepivano la lotta di classe). Teorici, propagandisti e promotori su grande scala di un simile metodo di trasformazione della società borghese, senza lotta di classe e soprattutto senza dittatura del proletariato, furono in seguito Louis Blanc (1811 1882), uno dei protagonisti della rivoluzione del febbraio 1848 in Francia e Ferdinand Lassalle (1825 1864), uno dei fondatori del movimento comunista in Germania.

Nel suo scritto del 1926 “La questione meridionale” Gramsci descrive la proposta che Agnelli e i proprietari delle Officine Reggiane avevano fatto agli operai, nel 1920, di rilevare in cooperativa le rispettive fabbriche. Egli espone le riflessioni con cui i comunisti allora convinsero gli operai a rifiutare l’offerta truffaldina, che aveva lo scopo di neutralizzare gli operai dei principali centri della lotta di classe staccandoli dalla massa dei lavoratori industriali e agricoli e legandoli, per la loro sorte? economica, alla borghesia finanziaria e industriale.

Tentativi analoghi e con maggiore successo la borghesia imperialista li ha fatti in molti paesi. In particolare nei paesi scandinavi ha avuto un certo sviluppo pratico la proposta veicolata dai socialdemocratici di creare “fondi salariali” o “fondi pensionistici”. Gli operai dovevano conferire ai fondi una parte dei loro salari o dei loro aumenti salariali. I fondi comperavano azioni delle aziende e un po’ alla volta sarebbero diventati i proprietari delle aziende stesse. In questo modo gli operai avrebbero estromesso i capitalisti. Naturalmente i risultati pratici sono che un pugno di grandi capitalisti domina tuttora in ognuno dei paesi scandinavi e anche lì è in corso, più lentamente che altrove per ben definite ragioni, l’eliminazione delle conquiste che, più che in altri paesi, le masse popolari hanno strappato alla borghesia nella prima parte del secolo XX, nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria.

Le tre deviazioni sopra indicate sono espressione, ognuna con caratteristiche specifiche sue proprie, dell’influenza della borghesia che cerca di deviare l’iniziativa del proletariato, corromperla e paralizzare i suoi effetti positivi ai fini dell’emancipazione del proletariato, del rafforzamento della classe operaia, della rivoluzione socialista. Conoscere queste deviazioni, le caratteristiche di ognuna e gli elementi su cui la borghesia fa leva per svilupparla è un primo importante passo per contrastare con successo la loro affermazione. Ma anche le stesse deviazioni e lo sforzo che la borghesia dedica al loro sviluppo confermano l’importanza delle iniziative e attività del quarto fronte ai fini della nostra causa.

Come non ci sono limiti predefiniti una volta per tutte alle conquiste salariali e normative della attività sindacale,(21) così non ci sono limiti predefiniti all’estensione delle attività e iniziative del quarto fronte. Quello che è certo e accertato è che non è la loro moltiplicazione ed estensione che dà luogo all’instaurazione del socialismo, al modo in cui uno sviluppo quantitativo giunto ad un certo grado dà luogo a un salto qualitativo.(22)

Marx enuncia e spiega chiaramente questa legge nel libro III de Il capitale: “Le fabbriche cooperative degli stessi operai sono, entro la vecchia forma [cioè nella società borghese, ndr], un primo segno di rottura della vecchia forma, sebbene dappertutto riflettano e debbano riflettere, nella loro organizzazione effettiva, tutti i difetti del sistema vigente. Certo l’antagonismo tra capitale e lavoro è abolito all’interno di esse, anche se dapprima soltanto nel senso che gli operai, come associazione, sono capitalisti di se stessi, cioè impiegano i mezzi di produzione per valorizzare il proprio lavoro”. Infatti i soci di una cooperativa di produzione, finché lavorano nell’ambito della società borghese, non possono fare altro che produrre merci (valori) da scambiare per acquistare altre merci; quindi devono sottostare alle leggi della economia borghese della fase imperialista: ad esempio cercare di vendere al prezzo più alto e acquistare al prezzo più basso, sottostare ai prezzi determinati dal mercato capitalista, dal monopolio, dal saggio medio del profitto, dalla rendita, dall’interesse e dal capitale finanziario, ecc. È la conquista del potere con l’instaurazione della dittatura del proletariato che instaura il socialismo, non la moltiplicazione delle iniziative e attività del quarto fronte. È la crescita della forza del nuovo potere rispetto al potere della borghesia imperialista che, giunto ad un certo grado, determina il salto di qualità, l’instaurazione del socialismo.

In conclusione:

Le attività e le iniziative del quarto fronte sono importanti, indispensabili per lo sviluppo della guerra popolare rivoluzionaria e l’instaurazione del socialismo e per il miglioramento delle condizioni delle masse popolari. Il Partito deve orientare in modo giusto quelle esistenti e promuovere la creazione di nuove.

Il ogni organismo del quarto fronte il Partito deve promuovere, sostenere e difendere l’autogestione, contrastare e limitare l’influenza della borghesia nel suo funzionamento e nei criteri di gestione e fare di ogni organismo una scuola di comunismo per i soci e per le masse. Il movimento comunista e, ad un livello più avanzato, i primi paesi socialisti offrono un grande patrimonio di esperienza a cui possiamo e dobbiamo attingere, da cui partire per innovare e creare.

In terzo luogo dobbiamo rafforzare l’integrazione di ogni singola iniziativa, attività e organismo del quarto fronte nel complesso del movimento comunista del nostro paese e internazionale. A questo fine è indispensabile rafforzare il legame di ogni organismo con il Partito e del Partito con ogni organismo. La linea di massa è il metodo principale di lavoro e di direzione del Partito nel quarto fronte. Ogni organismo del quarto fronte diretto dal Partito svolge il suo ruolo specifico nel sistema del nuovo potere, la cui espansione e rafforzamento porterà all’instaurazione del socialismo.

Claudio G.


Note:

(19) Ovviamente il clero e una serie di altri lestofanti (individualmente più o meno consapevoli del ruolo della loro attività ai fini della lotta di classe: ciò in prima istanza è poco importante) si sono precipitati, fin dall’inizio del movimento comunista e tanto più oggi, a promuovere simili attività e ad attingere alle sottoscrizioni e agli stanziamenti pubblici oramai largamente connessi con simili attività (associazionismo giallo, bianco, ecc.).

(20) Sono noti e celebri in proposito i legami tra il partito comunista russo, clandestino, negli anni precedenti il 1917 con le scuole popolari, con le casse mutue, con le casse di resistenza, con le case editrici popolari, ecc. Altrettanto nota è la sviluppatissima rete di associazioni del quarto fronte di cui si avvalse il partito tedesco nel periodo 1878 1890 in cui era fuorilegge. I due esempi citati, ma molti altri se ne potrebbero citare, valgono anche a chiarire le idee a quanti dubitano che, siccome il (nuovo)PCI è clandestino, non è possibile per il Partito operare nel quarto fronte. Al contrario, proprio perché è clandestino, può arrivare dove altrimenti sarebbe impossibile o comunque molto difficile arrivare. E questo non perché i membri del (nuovo)PCI operano come infiltrati, come agenti segreti o altro del genere. Ma perché per i lavoratori e le masse popolari, e in particolare per gli operai, il comunismo è una cosa semplice e, dove il Partito esercita la sua influenza, arrivano a conformarsi alla linea del partito e ad adottare punti di vista e concezioni comuniste, ben prima di rendersi conto che sono comuniste e che il Partito è al loro fianco. Apparentemente, anche per i suoi compagni di lavoro, un comunista può non distinguersi da un operaio avanzato.

(21) Tutte le tesi su limiti fissi e insuperabili delle conquiste salariali e normative - dalla “legge bronzea dei salari” dell’economista socialisteggiante Karl Rodbertus (1805 1875) e del grande dirigente socialista Ferdinand Lassalle (1825 1864) in pari - sono basate su una interpretazione unilaterale, non materialista dialettica, di alcune leggi particolari (come quella della domanda e dell’offerta, quella della popolazione e dei mezzi di sussistenza, ecc.). Ogni legge, per quanto essa possa essere importante, valida su ampia scala (come la legge della domanda e dell’offerta che agisce ad ogni livello di sviluppo dell’economia mercantile), ecc. è solo una astrazione, coglie e mette in luce un solo aspetto della realtà concreta isolandolo dagli altri e prescindendo dalle relazioni che, nella realtà, lo legano agli altri che quindi lo condizionano. Rappresentarsi il movimento reale tenendo conto dell’azione di una sola delle sue leggi, porta inevitabilmente fuori strada. Neanche la legge della gravitazione universale e nessun’altra legge universale della fisica, della chimica, della biologia, ecc. da sola dà ragione del mondo reale. Benché ognuna di esse contribuisca e sia indispensabile alla comprensione e al dominio del mondo reale che il genere umano ha raggiunto.

(22) La moltiplicazione del numero di alberi dà luogo, giunta ad un certo grado, alla esistenza del bosco e dei fenomeni connessi al bosco, che non sono connessi a nessun albero finché esso esiste isolato o in piccolo numero. La moltiplicazione del numero delle famiglie residenti una accanto all’altra dà luogo, giunta ad un certo grado, all’esistenza di una città e dei fenomeni connessi alla vita cittadina. E così via: la trasformazione della quantità in qualità è una delle leggi più universali che abbiamo rilevato in ogni campo della realtà. Ma è solo un determinato e ben definito elemento che moltiplicandosi dà luogo a un dato salto qualitativo. Prendiamo ad esempio il partito comunista stato maggiore della classe operaia che lotta contro la borghesia imperialista per il potere. Solo un certo tipo di Comitati di Partito (e con “tipo” intendiamo dire capaci di un dato funzionamento interno, di una data relazione con le masse operaie del loro ambito e di una data relazione con gli altri CdP e con il Centro) moltiplicandosi dà luogo, giunti ad un certo grado, al Partito effettivo stato maggiore della classe operaia. Per quanto possa crescere la quantità di erba, non ne verrà mai una mandria: bisogna che l’erba sia mangiata e si trasformi in manzi perché possa venire al mondo una mandria, benché nessuna mandria possa esistere senza erba. Analogamente, per quanto diventi grande il numero dei lavoratori avanzati, delle casalinghe, dei giovani, dei pensionati che si dichiarano comunisti, da questa crescita non viene un partito comunista. Per far esistere un partito comunista occorre che quei comunisti si trasformino e si uniscano a formare comitati di partito sulla base della concezione comunista del mondo: benché non possa esistere partito comunista senza comunisti.