La Voce 19

8 - A chi parliamo

giovedì 1 marzo 2007.
 

 

Avanti, per consolidare e rafforzare il (nuovo)Partito comunista italiano!

A chi parliamo

2 dicembre 2004

(...) La decisione presa dalla riunione allargata della CP in ottobre di dichiarare costituito il (n)PCI pone a ogni membro delle FSRS e a ogni lavoratore avanzato del nostro paese un problema semplice e nello stesso della massima complessità. Che atteggiamento assumere verso il (nuovo)Partito comunista italiano? Che oggi lo voglia o no, lo capisca o meno, alla lunga nessun compagno e nessun lavoratore avanzato potrà eludere questo problema, proprio perché il Partito esiste e svolge il suo lavoro.

Io non parlo dei “compagni” indifferenti a ogni avvenimento, di quelli che nel loro profondo sono convinti che niente cambia e niente può cambiare, che non hanno fiducia nell’efficacia delle proprie e delle altrui azioni, che non sanno vedere gli effetti delle loro e delle altrui attività perché hanno una visione statica della società, non sanno scorgere i piccoli e molteplici cambiamenti che preparano il grande cambiamento, che sono demoralizzati e schiacciati dalla forza della borghesia e della sua società, del suo ordinamento sociale e confusi dalle sue mille manifestazioni. Per questi “compagni” il primo problema è rompere col disfattismo: con l’atteggiamento, lo stato d’animo e la concezione che tutto è inutile, che “la situazione è grave”, che “il problema è complicato”, che “chi vivrà, vedrà”. Tutte “verità” che non aiutano a fare un passo avanti, lasciano nell’impotenza chi le assume come sua “filosofia di vita” e aprono il terreno a qualsiasi comportamento: se nulla è possibile, una cosa vale l’altra, un’attività vale l’altra: canta che ti passa!

Parlo dei compagni che sono serenamente e razionalmente convinti che abbiamo subito una sconfitta, ma che i problemi per cui è sorto il movimento comunista e che il movimento comunista ha iniziato a risolvere sono ancora là nella loro interezza e sono solo diventati più acuti. Ai compagni che sono convinti razionalmente oltre che sentimentalmente che il movimento comunista ha impersonato l’analisi più completa dei problemi creati dall’ordinamento sociale borghese e ha indicato a grandi linee la soluzione da dare ad essi stante i presupposti di cui l’umanità dispone. Ai compagni che sono consapevoli che la sconfitta è un evento in cui può incorrere chiunque compie un’impresa veramente nuova, come porre fine a millenni di divisione dell’umanità in classi di sfruttati e sfruttatori. Si tratta quindi di compagni che la sconfitta non ha scoraggiato e demoralizzato, ma ha indotto a cercare le cause e a riprendere l’impresa forti dell’insegnamento della sconfitta stessa: come fecero i fondatori del movimento comunista dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, dopo la sconfitta della Comune di Parigi nel 1871 e dopo lo scioglimento della I Internazionale. Come fecero i bolscevichi dopo il crollo della Seconda Internazionale nel 1914. Parlo ai compagni che hanno i nervi saldi. Ai compagni che sono convinti che con le loro azioni, con la combinazione delle loro azioni, se fanno scelte giuste e affrontano i problemi per quello che sono, verranno a capo dei limiti del vecchio movimento comunista che la sconfitta ha messo in evidenza e delle difficoltà (il disfacimento delle vecchie organizzazioni, la dispersione dell’esperienza di lotta che esse incarnavano, la confusione anche delle teorie già acquisite, la demoralizzazione degli elementi più deboli) che la sconfitta ci ha creato: difficoltà che ovviamente sono tanto maggiori quanto più avanzato era il risultato a cui eravamo arrivati. Ai compagni che sono convinti dell’importanza della loro azione e delle azioni e decisioni degli altri compagni.

Ognuno di questi compagni deve valutare la decisione presa dalla CP e prendere posizione. Una valutazione ponderata e una presa di posizione conseguente faranno di per se stesse compiere un passo avanti all’efficacia dell’attività di ogni compagno che vi si impegna e al movimento comunista. (...)

Marcello P. (Pescara)