La Voce 28 - marzo 2008

04.02 - A proposito dei cinque pilastri della controrivoluzione preventiva

Problemi di strategia
mercoledì 5 marzo 2008.
 

La guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata è la strategia, il piano con cui noi comunisti italiani dobbiamo guidare la classe operaia e il resto delle masse popolari a far fronte alla guerra di sterminio non dichiarata con cui la borghesia imperialista, i suoi accoliti e i suoi puntelli, in primo luogo il Vaticano con la sua Chiesa, cerca di prolungare la vita del suo ordinamento sociale. La prima fase di questa guerra è per noi una fase difensiva: il compito principale è accumulare forze. Per condurre con successo il nostro lavoro in questa fase dobbiamo avere tatticamente l’iniziativa, dobbiamo individuare quali operazioni lanciare e attuarle con spirito d’iniziativa. A questo fine è essenziale conoscere il terreno di battaglia: scoprire le leggi della lotta di classe, conoscere il terreno da cui dobbiamo raccogliere le nostre forze (la classe operaia e le altre classi delle masse popolari), conoscere il nostro avversario. Conoscere per trasformare: questo è il nostro principio guida. E per conoscere, non c’è altra via che assimilare le conoscenze già acquisite, fare inchiesta, fare esperienza, riflettere (fare il bilancio) dei risultati dell’inchiesta e dell’esperienza, elaborare nuovi e superiori principi, linee e regole, sperimentarli - metterli alla prova della pratica.

Facendo il bilancio del regime politico grazie al quale finora la borghesia, nei paesi capitalisti più avanzati, i paesi imperialisti, è riuscita a sconfiggere il movimento comunista e a mantenere il suo ordinamento sociale, il Manifesto Programma del (nuovo)Partito comunista italiano conclude che questo regime, il regime della controrivoluzione preventiva, si basa su cinque pilastri. (1)

1. Impedire la crescita della coscienza politica delle masse popolari, in particolare della classe operaia; mantenere l’arretratezza politica e in generale culturale delle masse popolari con una raffinata opera di evasione dalla realtà, di diversione, di confusione, di intossicazione delle coscienze.

2. Soddisfare le richieste di miglioramento che le masse popolari avanzano con più forza; dare a ognuno la speranza di poter avere una vita dignitosa e alimentare questa speranza con qualche risultato pratico; avvolgere ogni lavoratore in una fitta rete di vincoli finanziari (mutui, rate, ipoteche, bollette, imposte, affitti, ecc.) che lo espongono ad ogni momento al rischio di perdere individualmente tutto o comunque molto del suo stato sociale se non riesce a rispettare le scadenze e le cadenze fissategli.

3. Impedire che le masse popolari e in particolare la classe operaia partecipi alla lotta politica borghese con propri partiti indipendenti dai partiti borghesi; sviluppare canali di partecipazione delle masse popolari alla lotta politica della borghesia in posizione subordinata, al seguito dei suoi partiti e dei suoi esponenti.

4. Mantenere le masse popolari e in particolare gli operai in uno stato di impotenza; impedire che gli operai formino organizzazioni autonome dalla borghesia nella loro struttura e nel loro orientamento; fornire alle masse organizzazioni (sindacali e di ogni altro genere) dirette da uomini di fiducia della borghesia (preti, chierichetti, poliziotti e affini), da uomini venali, corrompibili, ambiziosi, individualisti.

5. Reprimere i comunisti il più selettivamente possibile; impedire ad ogni costo che i comunisti moltiplichino la loro forza organizzandosi in partito; che elaborino e assimilino una concezione del mondo, un metodo di conoscenza e di lavoro e una strategia giusti, che svolgano un’attività efficace, che reclutino, che affermino la loro egemonia nella classe operaia. Corrompere e cooptare i comunisti, spezzare ed eliminare quelli che non si lasciano corrompere e cooptare.

Soffocare il movimento comunista cosciente e organizzato, impedire la sua nascita e il suo sviluppo è in ogni paese imperialista l’obiettivo centrale della politica delle borghesia, il cuore dell’attività delle sue Forze dell’Ordine.

L’efficacia di un regime di controrivoluzione preventiva è data dalla combinazione di questi cinque pilastri. Esso funziona tanto meglio quanto più ognuno dei cinque pilastri è solido e si mantiene solido. Occorrono tutti i cinque pilastri. La storia dell’epoca imperialista dei vari paesi dove la borghesia ha sviluppato con successo questo regime, mostra che in una certa misura un pilastro può compensare un altro, ma solo fino ad un certo punto. La borghesia deve riuscire a mantenere in piedi tutti i cinque pilastri. D’altra parte man mano che un pilastro si gretola, anche gli altri vengono intaccati. Il movimento comunista non riesce a demolire un pilastro, senza intaccare in una certa misura anche gli altri. Nessuno di questi pilastri può compensare totalmente gli altri. Ogni pilastro è alimentato e contemporaneamente attaccato dalla lotta di classe. Ognuno dei pilastri delimita un campo in cui i comunisti lottano contro la borghesia alla testa di una parte più o meno grande degli operai e del resto delle masse popolari e a sua volta la borghesia lotta contro i comunisti servendosi del potere sociale di cui dispone, dell’ascendente e dell’influenza che essa e i suoi puntelli (le chiese, il clero, tutti i tipi di notabili della società civile, ecc.) ereditano dalla storia. In ogni campo l’azione cosciente delle forze organizzate delle due classi che si affrontano, si combina con l’azione spontanea della propria classe e di ogni altra classe, persino della classe nemica e più o meno brillantemente la sfrutta. In ogni campo la lotta di classe si svolge secondo leggi che i comunisti devono comprendere, scoprire e usare per evitare di sprecare forze combattendo alla cieca e per venire a capo della borghesia.

 

Alcuni compagni ritengono che la borghesia può illimitatamente manipolare la coscienza delle classi oppresse (pilastro 1), combinando i mezzi tradizionali (chiese, credenze e pregiudizi) con i mezzi moderni della comunicazione di massa (televisione, stampa, scuola, cinema, ecc.), le virtù e i valori più tradizionali e reazionari predicati e fomentati dalle sue chiese con i vizi più immondi e gli istinti più animali.

Si tratta di una obiezione di destra, disfattista, al nostro appello a partecipare alla guerra popolare rivoluzionaria, a promuovere la rinascita del movimento comunista.

È vero che la borghesia dispone di mezzi illimitati per la manipolazione delle coscienze. Ma il problema è quanto e in quali condizioni sono efficaci. Il fatto che la borghesia deve incessantemente moltiplicarli e rinnovarli, è un indizio che la loro efficacia ha dei limiti. Certo, “per le sue origini, l’ideologia borghese è ben più antica di quella comunista, essa è meglio elaborata in tutti i suoi aspetti e possiede una quantità incomparabilmente maggiore di mezzi di diffusione”. (2) Essa è imposta dalla classe dominante, ma fa leva su tutto quanto di arretrato è nelle classi oppresse, in ogni individuo oppresso: adagiarsi nell’abitudine, seguire la linea del minimo sforzo, accontentarsi di una vita semianimale, sfuggire alla dura realtà con evasioni momentanee, rifugiarsi in godimenti momentanei e vicini. La classe dominante dispone e manovra un articolato sistema di premi e castighi, di vizi e di virtù. Mentre la lotta di classe richiede una tensione delle forze individuali, una vita intellettuale e morale superiore, a cui ogni classe dominante spontaneamente e sistematicamente si guarda bene dall’educare in massa i membri delle classi e dei popoli oppressi. Caratteristico e specifico del regime di controrivoluzione preventiva è che a queste condizioni di partenza, generali, storiche, si aggiunge un lavorio sistematico, cosciente e organizzato per distoglierli. Un lavorio condotto in contrasto con il movimento comunista cosciente e organizzato che lotta per elevare la coscienza delle masse oppresse, per far crescere in esse una coscienza scientifica della lotta di classe e una morale da classe dirigente di se stessa. Ma la coscienza e la morale non derivano solo dalla manipolazione per la quale la borghesia dispone di mezzi pressoché illimitati e di condizioni generali favorevoli. Essa proviene anche dall’esperienza pratica che ogni individuo compie direttamente e personalmente, nella lotta di classe e nella produzione. L’esperienza dello sfruttamento (pilastro 2) e l’esperienza della lotta politica borghese e rivendicativa (pilastri 3 e 4) formano la coscienza delle masse e le educano alla lotta. Il movimento comunista cosciente e organizzato crea suoi propri strumenti di formazione della coscienza (pilastro 1), tanto più efficaci quanto più saldamente il concreto movimento comunista del paese possiede la concezione del mondo elaborata dal movimento comunista internazionale nei suoi 160 anni di lotta (il marxismo-leninismo-maoismo, il materialismo dialettico), quanto più chiaramente e concretamente esso ha elaborato le esperienze nazionali e locali delle classi oppresse, quanto meglio e più concretamente ha tradotto la concezione universale del movimento comunista nella lingua delle classi oppresse del proprio paese, quanto più chiaramente sa mostrare le cause dei mali della classe operaia e delle altre classi oppresse e indicare i modi per porvi fine e attenuarli, quanto meglio sa usare come scuola di comunismo ogni episodio e mezzo della lotta politica borghese e rivendicativa (pilastri 3 e 4). Resta da dire che i progressi che il movimento comunista cosciente e organizzato può compiere nel contrastare l’azione che la borghesia svolge per alimentare il primo pilastro della controrivoluzione preventiva, sono connessi con i progressi che esso compie nella lotta contro gli altri pilastri della controrivoluzione preventiva. E questi a loro volta dipendono dalla natura del movimento comunista cosciente e organizzato, dal livello della sua coscienza e della sua organizzazione. Anche qui si conferma che le cause interne sono il fattore decisivo. Il successo del movimento comunista cosciente e organizzato dipende in primo luogo dalla linea che esso segue, dalla concezione del mondo che lo guida.

 

Alcuni compagni obiettano che la borghesia non può migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari (pilastro 2). Si tratta di una obiezione dogmatica, propria degli estremisti di sinistra, di compagni affini a quelli che nell’epoca del capitalismo dal volto umano negavano l’evidenza, negavano o sminuivano le conquiste immediate, pratiche seppure precarie che gli operai e il resto delle masse popolari strappavano alla borghesia benché il movimento comunista cosciente e organizzato fosse largamente dominato dai revisionisti moderni. Dicevano che non erano “vere” conquiste, che non si trattava di un “vero” benessere. A sentir loro quello che tutti i lavoratori vedevano non era vero, vero era quello che essi immaginavano. Chiedevano ai lavoratori un atto di fede!

Un tempo, nel secolo XIX, alcuni esponenti del movimento comunista, in particolare il grande dirigente tedesco Ferdinand Lassalle (1825-1864), avevano addirittura formulato la “legge bronzea dei salari”. Secondo tale legge, la borghesia, nonostante tutti gli sforzi degli operai, manterrebbe costantemente il salario di un operaio a ciò che è strettamente necessario per sopravvivere al livello sociale più miserabile. In realtà si tratta di una concezione sbagliata, non dialettica: una concezione unilaterale che tiene conto solo di alcuni aspetti della realtà, non tiene conto di un numero sufficiente delle forze in gioco e delle condizioni della lotta di classe. Certamente la borghesia tende a ridurre al minimo il salario degli operai (legge dell’impoverimento crescente degli operai nel capitalismo). Quanto più basso è il salario dei suoi operai, tanto più alto, a parità di altre condizioni, è il profitto del capitalista. Chiunque ignora questa legge, la nega, la nasconde o comunque non ne tiene conto, non riesce a capire gran parte degli avvenimenti della vita corrente, applica alla società borghese una logica che non è quella della società borghese, (3) cade vittima delle panzane che la borghesia e i suoi portavoce (in particolare gli esponenti della destra sindacale: gli Epifani, Bonanni, Angeletti & C) proclamano come verità assolute. (4) Ma la legge dell’impoverimento crescente degli operai è solo una delle leggi del capitalismo. Come ogni legge, nella realtà essa 1. opera in combinazione e in contrasto con altre leggi e 2. a causa di queste altre leggi si manifesta in forme diverse da quelle che si attende chi la interpreta e la concepisce in termini semplicisti, unilaterali. (5) Gli operai con le loro lotte rivendicative e con le loro attività sul terreno della lotta politica borghese cercano di far aumentare i salari, di ridurre le imposte dirette sui salari e le imposte indirette sui consumi (IVA, tickets, pedaggi, ecc.), di migliorare a proprio vantaggio la redistribuzione del reddito fatta dalla Pubblica Amministrazione (servizi pubblici, sovvenzioni, sussidi, ecc.). A determinate condizioni, raggiungono successi più o meno grandi. La realtà è il risultato dell’azione combinata di più leggi. L’andamento generale degli affari, lo sfruttamento e il saccheggio di altri popoli e paesi sono fattori che incidono sulla capacità e sulla rassegnazione della borghesia a soddisfare le rivendicazioni degli operai. La forza del movimento comunista cosciente e organizzato costringe la borghesia a fare concessioni più o meno importanti (“per non perdere tutto, il borghese si rassegna a cedere qualcosa”). Anche nei periodi di crisi, come l’attuale, anche quando i popoli oppressi resistono con successo all’aggressione, al saccheggio e allo sfruttamento (dall’Iraq al Venezuela), la borghesia mantiene sempre in ogni paese margini di manovra economica e politica. Certamente la crisi economica restringe i margini di manovra di tutta la borghesia. La borghesia imperialista dei grandi paesi europei si è molto servita e ancora si serve dello sfruttamento delle colonie e semicolonie, in generale dei paesi oppressi, per soddisfare le richieste di una parte delle masse popolari delle metropoli. La borghesia dei paesi imperialisti più forti succhia risorse dai paesi imperialisti più deboli. Gli imperialisti USA in particolare si sono giovati per quasi un secolo dei prezzi di monopolio, dei profitti e delle rendite che hanno estorto ai popoli delle colonie e delle semicolonie e da più di 60 anni si giovano delle risorse che succhiano a tutto il resto del mondo per mantenere efficace il sistema di controrivoluzione preventiva negli USA. Tutto questo ora sta venendo meno e ciò apre negli USA maggiori spazi di manovra per il movimento comunista cosciente e organizzato. Il pilastro 2 della controrivoluzione preventiva (conquiste) funziona tanto meno bene quanto più la crisi si aggrava, quanto più i popoli oppressi dai gruppi e Stati imperialisti resistono al saccheggio e all’aggressione e, per quanto riguarda gli USA, quante più difficoltà i gruppi imperialisti USA incontrano a succhiare risorse dal resto del mondo, quanto più aumenta la concorrenza degli altri gruppi imperialisti, la loro necessità di disporre in proprio delle risorse che i gruppi imperialisti USA succhiano dai loro paesi. Le masse popolari afghane, irachene, palestinesi e di altri paesi oppressi stanno dando un grande aiuto alle masse popolari americane ed europee nella loro lotta per scuotersi di dosso il giogo della borghesia imperialista. Con la mobilitazione reazionaria delle masse popolari la borghesia cerca di portare i popoli dei pesi imperialisti a fare la guerra e a saccheggiare altri paesi, cerca di portare una parte delle masse popolari a farsi complici dello sfruttamento e dell’oppressione di altre parti delle masse popolari. Hitler e i nazisti per alcuni anni sollevarono le masse popolari tedesche dalle conseguenze più estreme della grande crisi degli anni ’30 grazie allo sfruttamento delle masse popolari di altri paesi, degli ebrei, degli zingari e di altre minoranze. Mussolini e i fascisti fecero per anni balenare agli occhi degli operai e dei contadini poveri il miraggio di uscire dalla miseria (causata dalla borghesia italiana, dal Vaticano e dal suo clero, ecc.) a spese dei popoli che dovevano essere ridotti a schiavi nell’impero coloniale che il fascismo li avrebbe guidati a conquistare in Africa, sottraendo colonie agli imperialisti francesi e inglesi.

In conclusione sbagliano sia quei compagni che pensano che la borghesia possa soddisfare illimitatamente le rivendicazioni delle masse popolari e in particolare degli operai dei paesi imperialisti o addirittura di tutti i paesi, sia quei compagni che pensano che la borghesia non possa che peggiorare con continuità e uniformemente le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari. Sono entrambe due concezioni non dialettiche: non tengono conto giustamente delle molteplici relazioni tra i vari aspetti della realtà e delle trasformazioni che ognuno di essi attraversa.

 

Alcuni compagni sottovalutano l’importanza delle organizzazioni di massa, in particolare dei sindacati (pilastro 4) e della lotta politica borghese (pilastro 3) per la mobilitazione della classe operaia e del resto delle masse popolari, come via per organizzarsi e per formare la coscienza, come scuola di comunismo. Finché sono oppresse, le masse popolari imparano principalmente partecipando direttamente alle lotte (scioperi, manifestazioni, occupazioni, blocchi, presidi, attività organizzative di ogni genere, ecc.), quindi anche partecipando direttamente alla lotta politica borghese e alle lotte sindacali e rivendicative. È una scuola di cui il movimento comunista non può fare a meno. Con le sue organizzazioni di massa sia pure addomesticate, con la partecipazione di massa alla lotta politica borghese sia pure sotto la guida del clero, della sinistra borghese o delle forze della destra borghese, la borghesia “scherza col fuoco”. Essa stessa crea un contesto di cui i comunisti possono e devono approfittare, scoprendo con l’esperienza le forme e le vie più adatte e più efficaci. Non c’è recinto in cui i comunisti non siano riusciti a introdursi, non c’è muraglia che non siano riusciti a scavalcare.

 

Una considerazione analoga vale per la repressione. Per quanto la borghesia cerchi di reprimere i comunisti selettivamente, i comunisti non l’hanno scritto in faccia che sono comunisti, non si distinguono né per il colore della pelle né per il vestito dagli operai avanzati e dagli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari. Per quanto faccia, la borghesia finisce col reprimere chiunque è o può diventare o essa crede che sia centro promotore della resistenza delle masse popolari alle sue angherie. I comunisti sono solo la parte più avanzata e più organizzata di essi, quindi anche quella più capace di far fronte alla repressione. Proprio nella resistenza alla repressione i comunisti conquistano influenza ed egemonia e reclutano. Nella misura in cui i comunisti, con adeguate misure organizzative (la clandestinità del partito comunista è solo una di esse) e con il loro eroismo sanno resistere alla repressione, la repressione si ritorce contro la borghesia. Essa stessa addita, con la repressione, alle masse popolari chi sono i nemici più decisi ed efficaci del regime e dell’ordinamento sociale da cui le masse popolari sono oppresse. Con il loro Tribunale Speciale, con le loro spedizioni punitive e con le altre misure repressive, i fascisti indicarono ai lavoratori italiani che i comunisti erano gli avversari più risoluti, più irriducibili e più abili del fascismo.

 

Alcuni compagni si pongono la questione: quale dei 5 pilastri è principale?

Se per principale essi intendono un pilastro che da solo basta a rendere efficace il regime di controrivoluzione preventiva, il problema è mal posto: quale delle quattro gambe di un tavolo è principale? Se invece per principale intendono quale è il pilastro su cui punta principalmente la borghesia per mantenere o rendere efficace il suo regime di controrivoluzione preventiva o per costruirlo, oppure intendono contro quale dei pilastri i comunisti devono fare lo sforzo principale per avanzare nonostante il regime di controrivoluzione preventiva, allora essi pongono problemi reali, importanti. La risposta dipende da paese a paese e da epoca a epoca, fase per fase, da fattori oggettivi e soggettivi, dallo stato di sviluppo delle contraddizioni tra gruppi imperialisti e dalla forza del movimento comunista paese per paese, fase per fase. Per questo l’assimilazione del materialismo dialettico come metodo di conoscenza è tanto importante. Per questo è tanto importante che a ogni livello, dal Centro fino al semplice membro di un Comitato di Partito, i comunisti non si limitino a fare, a eseguire direttive, ma imparino a pensare, a osservare, a studiare, a riflettere, a sperimentare, a fare progetti e piani, a eseguirli e poi fare il bilancio delle loro attività. Anche in questo campo occorre che il movimento comunista cosciente e organizzato pratichi sistematicamente l’analisi concreta della situazione concreta. A che punto siamo con l’eliminazione delle conquiste in Italia? Quale influenza hanno i comunisti sulla mentalità, le idee, i sentimenti, gli stati d’animo delle masse popolari? Quanto la sinistra sindacale è forte nelle organizzazioni sindacali? Quando è sviluppata l’irruzione autonoma delle masse popolari nel teatrino della politica borghese? Che influenza mantiene ancora la sinistra borghese sulle masse popolari? Come si esercita l’influenza del clero? A che punto è la mobilitazione reazionaria? Sono tutte questioni a cui occorrono risposte concrete, risposte che non valgono una volta per tutte, che cambiano man mano che la lotta avanza, man mano che usiamo queste stesse risposte nella pratica, che la rinascita del movimento comunista si sviluppa, che variano da zona a zona. L’inchiesta, l’uso del materialismo dialettico come metodo di conoscenza, la verifica pratica permetteranno al movimento comunista cosciente e organizzato di trovare risposte in ogni fase, in ogni paese, in ogni zona e in ogni scontro concreto. Le stesse considerazioni valgono per capire come la borghesia, in concreto le varie forze borghesi (i partiti, le associazioni, le Pubbliche Autorità, il clero, ecc.) si muovono per mantenere in efficienza il regime di controrivoluzione preventiva. Questo lavoro materialista dialettico di ricognizione è indispensabile per elaborare e condurre le operazioni più efficaci per neutralizzare le azioni delle forze borghesi nel campo della controrivoluzione preventiva, per prevenirle, per incanalarle a vantaggio della nostra causa.

 

In conclusione, nel considerare le nostre possibilità di attaccare e vincere il regime di controrivoluzione preventiva, dobbiamo considerare le leggi del modo di produzione e i legami politica-economia, distinguere ciò che è “economicamente impossibile” dai lacci e laccioli che le masse popolari possono imporre alla borghesia imperialista e alla altre classi sfruttatrici. È possibile che la borghesia soddisfi i bisogni delle masse popolari? È possibile che le Pubbliche Autorità soddisfino i bisogni, le esigenze, le richieste delle masse popolari? Un momento noi diciamo no, un momento diciamo sì. Perché è sia no sia sì. Ci sono cose (comportamenti, istituzioni, regole, ecc.) che sono conformi alla natura del capitalismo: quelle che i capitalisti fanno appena si sentono liberi dalla pressione delle masse popolari, dalla pressione del movimento comunista, dalla paura di perdere tutto. Ci sono cose che sono assolutamente incompatibili e danno luogo, comportano un ordinamento sociale diverso dal capitalismo (ad es. il monopolio della violenza nelle mani della classe operaia organizzata, la gestione della produzione per il benessere delle masse popolari, ecc.): noi le agitiamo solo per educare le masse popolare, per incoraggiarle nelle loro aspirazioni e nei loro migliori sentimenti, per illustrare i limiti dell’ordinamento borghese della società. Ci sono cose (in verità in questo caso non cose, ma frasi, parole d’ordine, obiettivi: perché comunque mai, in nessun caso esistono né possono esistere come realtà) che sono semplicemente non-sensi, prodotto della confusione mentale, frutto di accostamenti di parole di cui chi li fa non comprende il significato (a ognuno il prodotto del suo lavoro, lo scambio regolato e preordinato, il tempo-denaro, ecc.: sarebbe come dire l’acqua asciutta). C’è la lotta di classe che impone ai capitalisti di derogare e deviare da quello che la loro natura comporterebbe (es. capitalismo dal volto umano, aumentare i salari, ecc.). Ci sono circostanze esterne (crisi economica o affari che vanno a gonfie vele, popoli oppressi rassegnati da cui i capitalisti spremono grandi profitti e rendite che usano per corrompere un parte dei lavoratori nei paesi imperialisti o al contrario che si battono come leoni e obbligano a spese di guerra che superano i profitti e le rendite estorte sul posto) che rendono più o meno facili simile deroghe e deviazioni dei capitalisti e delle loro Autorità da comportamenti conformi alla natura del capitalismo. Solo una concezione dialettica del mondo rende capaci di comprendere e inquadrare i vari e contraddittori aspetti della realtà e di stabilire caso concreto per caso concreto quale è principale tra i due opposti. La crisi generale e la lotta dei popoli oppressi segano le basi della controrivoluzione preventiva nei paesi imperialisti (negli ultimi dieci anni ad esempio nello Stato USA del Michigan centinaia di migliaia di posti di lavoro ben retribuiti dell’industria auto e dell’indotto sono stati cancellati). La politica e l’economia si condizionano a vicenda: il materialismo storico non ha mai sostenuto che la politica è solo un vestito dell’economia. Niente è fatale! Sono gli uomini che fanno la loro storia, che costruiscono le loro relazioni sociali. La natura del capitalismo è una cosa, e se non la si è capita non si capisce nulla della società attuale. Ma quanto i capitalisti possano lasciar libero corso alla loro natura è un’altra. Cosa produca la costrizione (i lacci e laccioli) in cui le classi oppresse pongono la classe dominante, è un altro fatto ancora. Che la natura della Chiesa (istituzioni tipica della società feudale) non sia la natura del capitalismo (produzione mercantile, valore che si valorizza, denaro che deve aumentare) è un fatto: se non si capisce la differenza, non si capisce cosa la borghesia italiana ha di specifico rispetto alla borghesia di altri paesi (e che è dovuto al marchio della Chiesa feudale che la borghesia italiana porta impresso nel suo carattere specifico). Da tutte queste considerazioni si capisce quanto sia utile, anzi quanto sia indispensabile che i comunisti adottino il materialismo dialettico come loro filosofia, come loro concezione del mondo, che imparino a usarlo come metodo per interpretare il mondo e come metodo per trasformarlo.

Rosa L.

NOTE

 

1. Vedasi la parafrasi di questa parte del MP nel n. 27 di La Voce , pag. 47 e segg. (sito internet http://lavoce-npci.samizdat.net).

 

2. V.I. Lenin, Che fare? cap. II b), pag. 355 della edizione Editori Riuniti 1958.

 

3. Per anni in Italia gli “operaisti” - da Renato Panzieri (con la rivista Quaderni rossi ), a Mario Tronti, Asor Rosa, Toni Negri - hanno riempito riviste e libri e hanno insegnato dalle cattedre delle Università il “piano del capitale”. Secondo loro la borghesia faceva concessioni agli operai, elargiva stato del benessere, ecc. per “integrare” la classe operaia nel sistema capitalista e creare un nuovo spazio all’espansione del modo di produzione capitalista. Oggi la borghesia distrugge essa stessa quelle che secondo gli “operaisti” erano sue astute invenzioni per fregare gli operai. E gli epigoni degli “operaisti” sono finiti riformisti, a predicare alle Autorità borghesi, come ricette contro la crisi, le stesse riforme che gli “operaisti” per anni hanno attribuito all’astuzia della borghesia. Aumentare i salari per aumentare i consumi, per migliorare l’andamento degli affari: cosa c’è di più semplice? A questo si riduce gran parte delle “cultura economica” della sinistra borghese e dei suoi economisti (Bellofiore, Halevi, ecc. il gruppo di economisti Rive Gauche, ecc.: le teste d’uovo del manifesto insomma). La sinistra borghese trova così ragionevoli queste ricette da trovare inesplicabile come mai la borghesia non le fa proprie, da arrivare a dubitare dell’intelligenza degli esponenti della borghesia di destra che non si accorgerebbero di tagliare il ramo d’albero su cui sono seduti!

Gli “operaisti” sono stati esponenti professorali di quelle correnti che negano la tesi marxista che il capitale tende ad aumentare la miseria, l’oppressione, l’asservimento, l’abbrutimento e lo sfruttamento delle masse popolari, tendenza che si traduce in realtà tanto più quanto meno forte è la lotta di classe del proletariato contro di essa. Le concezioni degli “operaisti” hanno avuto larga influenza sui gruppi dirigenti di Potere operaio, Lotta continua e Autonomia Operaia.

 

4. Una delle più diffuse e nocive panzane è che “se aumentano i salari dei lavoratori, gli aumenti devono per forza ripercuotersi sui prezzi delle merci prodotte e quindi rendono meno competitivo il “sistema Italia” di fronte alle aziende di altri paesi”. Come se a comporre il prezzo delle merci non ci fossero anche profitti, interessi, rendite, imposte, ecc.: tutte voci che i propagandisti borghesi dovrebbero spiegare come mai non possono essere ridotte per compensare l’aumento dei salari, lasciando così immutato il prezzo di vendita. In proposito raccomando la lettura del Comunicato della CP datato 23 gennaio 2008 - Piattaforma del nuovo contratto dei metalmeccanici (sito internet http://lavoce-npci.samizdat.net).

 

5. Si consideri ad esempio quanto più stretta è diventata la dipendenza dei proletari e perfino dei lavoratori autonomi dalla borghesia e dalle sue Pubbliche Autorità durante il periodo del capitalismo dal volto umano, nonostante tutte le conquiste che in quel periodo gli operai e il resto delle masse popolari hanno strappato alla borghesia. Si sono enormemente ridotte le possibilità di sopravvivere con attività di autoconsumo, con attività autonome svolte nelle pieghe della società quando si resta senza lavoro, quando la crisi colpisce l’economia reale (cioè le attività lavorative dei proletari e dei lavoratori autonomi). La libertà economica dei lavoratori rispetto alla borghesia è grandemente ridotta, la crisi dell’economia reale ha effetti devastanti più immediati e di massa sui lavoratori. Questo vale in particolare per il nostro paese, data la distruzione della economia contadina di autoconsumo operata durante il regime DC.