Comunicato della CP - 22 luglio 2001

Genova: chi combatte per la giustizia non è morto invano!

domenica 22 luglio 2001.
 

Commissione Preparatoria

del congresso di fondazione del

(nuovo)Partito comunista italiano

 

e.mail: <ekko_20012001@yahoo.com>

page web: <www.lavoce.freehomepage.com>

 

Partecipare all’attuazione del piano in due punti per costituire il partito comunista proposto dalla CP:

1. elaborare il Manifesto Programma del partito a partire dal Progetto pubblicato dalla Segreteria Nazionale dei CARC nel 1998;

2. costituire Comitati di Partito clandestini provvisori che invieranno i loro delegati al congresso di fondazione che approverà il Manifesto Programma e lo Statuto del partito ed eleggerà il Comitato Centrale che a sua volta ristrutturerà dall’alto in basso i Comitati di Partito.

22 luglio 01

Comunicato

 

Genova: chi combatte per la giustizia non è morto invano!

Sviluppare la ribellione all’imperialismo fino alla rivoluzione socialista!

 

Le grandi manifestazioni contro quelli che si sono assegnati il ruolo di capi del mondo riuniti nel G8 confermano che la ribellione contro l’attuale ordinamento sociale si estende e diventa più decisa. Esse smentiscono la propaganda che il mondo è omologato, che la lotta delle classi e dei popoli oppressi è finita, che “il comunismo è morto”, che tutti sono ridotti a sperare che una maggiore mondializzazione generi benessere e democrazia dove in realtà sta incrementando povertà e oppressione. Smentiscono insomma la favola del “pensiero unico” e il resto della propaganda disfattista che i padroni cercano di fare diventare ovvio luogo comune e nuova “verità di fede”. Si estende la coscienza che con l’attuale ordinamento sociale non si può più andare avanti, che bisogna levare di mezzo i difensori dell’ordinamento attuale, che esiste la possibilità materiale e spirituale per instaurare un ordinamento sociale superiore. La ribellione prorompe da ogni lato e raduna in un movimento internazionale centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani: gli uomini e le donne di domani.

Nel campo della borghesia imperialista è finita l’euforia per la “morte del comunismo”: lo corrodono la consapevolezza di non poter più continuare nella maniera attuale, i conflitti interni generati dalla sua stessa crisi, l’ostilità delle masse. Di fronte ai movimenti di ribellione, la borghesia imperialista può rispondere solo con inganni, diversioni, tentativi di divisione e repressione. Quelli che nei paesi imperialisti vogliono “rottamare i lavoratori anziani” e giorno dopo giorno approfondiscono il solco tra i privilegi dei ricchi e dei parassiti da una parte e la sottomissione e la ristrettezza dei lavoratori dall’altra, d’improvviso ostentano una grande premura per la miseria, le epidemie, l’abbrutimento che la lucrosa attività dei loro mandatari e compari causa ai popoli dei paesi semicoloniali e dei paesi ex socialisti, si mostrano ansiosi di rimediare a tormenti e a piaghe di cui per secoli fino a ieri non s’erano curati. Ma se è in loro potere guarirle, perché hanno aspettato tanto ad applicare quella cura che oggi promettono di fronte alla violenza dei ribelli che concordi dichiarano inutile e solo distruttiva? Si direbbe che questa violenza ha quanto meno aperto i loro occhi e risvegliato la loro coscienza! Gli uomini politici che lamentavano che i giovani non partecipano alla loro politica, ora, contro la grande e generosa mobilitazione internazionalista dei giovani dei paesi imperialisti, insinuano malignamente che alla protesta non partecipano i più poveri e i più oppressi che la loro classe ancora riesce a tenere nell’emarginazione, nell’ignoranza e nell’abbrutimento. La borghesia cerca di contrapporre le conquiste che i lavoratori dei paesi imperialisti le hanno strappato e che difendono, alla maggiore miseria e oppressione che essa è riuscita a mantenere e riesce ancora a imporre negli altri paesi. Una parte della classe dominante (la gerarchia ecclesiastica e il Vaticano) cerca di infiltrarsi nel movimento di protesta, impadronirsi delle sue aspirazioni, mantenerle nel vago, tradurle in iniziative di elemosine e carità e portare gli oppressi e gli sfruttati a implorare gli affamatori e gli speculatori. Un’altra parte (Ciampi, Ruggiero e soci) cerca di tradurre furbescamente le aspirazioni di questo movimento di ribellione in misure di conservazione: cambiare qualcosa per non cambiare niente. Esempi delle trovate cui ricorrono questi esponenti della borghesia imperialista sono la pagliacciata di convocare alla loro tavola a recitare la parte dei poveri beneficati e grati alcuni capi di governi più o meno fantoccio che nei loro paesi reprimono le masse affamate per gli interessi dei gruppi imperialisti, la creazione di un fondo mondiale per la salute insignificante nelle dimensioni e affidato come tanti altri agli agenti delle multinazionali e agli speculatori, la promessa di un analogo fondo mondiale per l’istruzione da creare nel futuro, la promessa di cancellare alcuni miliardi di dollari di debiti comunque non riscuotibili ma che proprio per questo intralciano il lancio di nuove speculazioni finanziarie e nuove operazioni di corruzione.

Quanto a noi italiani, ad uso interno ed internazionale, contro le masse popolari e contro gli altri gruppi imperialisti, Berlusconi voleva fare del G8 a Genova una dimostrazione convincente e su larga scala della forza e della determinazione del nuovo governo che la borghesia imperialista italiana si è data: abituare la massa della popolazione a vedere calpestati i propri diritti elementari partendo da una grande città con tradizioni di sinistra e comuniste, dalla Genova della Resistenza e del Luglio ‘60; dare una prova di sfarzo, di ricchezza e di potenza ai gruppi imperialisti di tutto il mondo; infliggere con la sua polizia e i suoi carabinieri ai giovani, dopo averli divisi tra loro e dal resto della popolazione, una violenta lezione che almeno per un po’ li dissuadesse da ogni radicalizzazione e ne prevenisse la maturazione facendo passare loro ogni voglia di fare politica contro l’imperialismo: una manovra di controrivoluzione preventiva accuratamente studiata a tavolino. Scaiola, Ruggiero e Ciampi lo hanno sostenuto con tutte le loro forze e relazioni. La preparazione e la gestione berlusconiana del G8 sono stati conformi a questo proposito.

Questo sogno di Berlusconi è naufragato a Genova. Le grandi, ripetute e prolungate manifestazioni, la forza della resistenza dispiegata da decine di migliaia di giovani nonostante la violenza mirata con cui il governo ha scatenato i suoi poliziotti e carabinieri, i sacrifici sopportati e la morte di Carlo Giuliani e di Susanne Bendotti hanno mandato all’aria le aspirazioni di Berlusconi e della classe che lo ha portato al potere.

Inutilmente in aiuto di Berlusconi sono subito volati i caporioni del centro-sinistra: D’Alema, Amato, Fassino, Rutelli e tutta la compagnia. Non dubitiamo che se fossero stati al governo, essi avrebbero fatto di peggio, forti delle loro relazioni “di sinistra”. Ma la loro gioia maligna nel constatare che forse i grandi gruppi imperialisti hanno sbagliato a pensare di non avere più bisogno di un governo di sinistra per fare una politica di destra, è turbata dalla preoccupazione che la potente ribellione suscita in tutta la classe degli sfruttatori e nei loro tirapiedi.

Inutilmente in aiuto di Berlusconi si agitano e per un po’ si agiteranno una corte di grilli parlanti che con molto buon senso condannano i responsabili delle distruzioni e degli eccessi e dividono i dimostranti buoni e calpestati dalla polizia dai dimostranti cattivi e impuniti. I reazionari e i loro portavoce che a ogni piè sospinto proclamano che le distruzioni, gli sprechi e i sacrifici imposti dai loro interessi sono a fin di bene, da sempre bollano a gran voce le distruzioni e gli eccessi del movimento che pone fine alle loro barbarie, fanno leva su queste distruzioni ed eccessi per fare accettare a una parte delle masse la lenta e dolorosa agonia che essi impongono. In realtà nessuno dei sapientoni della reazione è in grado di indicare un solo esempio di ordinamento sociale eliminato senza distruzioni ed eccessi, per ingiusto e marcio che fosse. Tanto meno è in grado di prodursi in un esempio concreto. Ogni vecchio ordinamento resiste con tutte le sue forze a chi lo vuole spazzar via e non può essere seppellito con garbo e con grazia. Vi è un solo modo per ridurre le distruzioni e gli eccessi del movimento che seppellisce il vecchio e barbarico ordinamento attuale: una lotta più consapevole, più organizzata, su scala più larga, più implacabile. Ciò che distingue un vero rivoluzionario da un leccapiedi del regime è che il rivoluzionario cerca di rafforzare e organizzare la ribellione trasformandola in rivoluzione.

Ora non si tratta di assolvere o condannare i responsabili degli eccessi e delle distruzioni. Chi si è battuto contro la borghesia imperialista e ha fatto fallire sia il progetto del G8 sia il particolare progetto di Berlusconi, ha dato un contributo alla causa della mobilitazione e dell’emancipazione degli oppressi e degli sfruttati dall’imperialismo e con ciò ha meritato la gratitudine delle masse popolari di tutto il mondo. Chi ha patito danni deve esigere con forza dal governo il risarcimento fino all’ultimo centesimo, giovandosi anche delle difficoltà in cui proprio le grandi manifestazioni di questi giorni hanno messo Berlusconi e i gruppi imperialisti che lo hanno designato.

Il messaggio che le manifestazioni di Genova trasmettono in tutto il mondo agli oppressi e agli sfruttati è che il nuovo ordinamento di cui essi hanno bisogno non può essere creato dalla classe i cui interessi hanno prodotto il disastro attuale, che solo le classi e i popoli oppressi mobilitandosi contro la borghesia imperialista possono instaurare il nuovo superiore ordinamento sociale di cui abbiamo bisogno, che occorre sbarazzarsi della borghesia imperialista e dei suoi ordinamenti sociali e che l’attuale ordinamento imperialista ha molti nemici anche nei paesi imperialisti.

Ma perché nonostante questo un’infima minoranza di gruppi imperialisti riesce ancora a imporre il suo disordine di sfruttamento e di oppressione alla grande maggioranza degli uomini e delle donne? Perché la ribellione all’imperialismo può svilupparsi fino alla vittoria solo se si trasforma in lotta per instaurare un ordinamento in cui tutte le forze produttive e tutte le risorse sono proprietà comune e tutti gli uomini e le donne le gestiscono per il proprio comune benessere: il comunismo. Al di fuori del comunismo, non c’è un altro ordinamento della società superiore all’attuale. Negli ultimi dieci anni la borghesia imperialista più avanzata e più civile ha dimostrato su scala planetaria cosa fa quando si sente libera dal pericolo del comunismo. Nelle masse popolari sta svanendo lo stordimento causato dal crollo del campo socialista che ai più sembrò improvviso, catastrofico e spiegabile solo accettando la teoria, da sempre propagandata dalla borghesia, che il comunismo è impossibile e contrario alla natura umana. Ma c’è nella storia umana una classe dominante, avviata al tramonto e contestata, che non abbia proclamato che i suoi privilegi erano conformi alla natura umana e contraria alla natura umana la loro eliminazione?

Il compito di noi comunisti è precisamente capire e mettere in opera i passaggi necessari per trasformare la presente e diffusa ribellione all’ordinamento imperialista nel movimento per la rivoluzione socialista. Il marxismo-leninismo-maoismo non è che la guida a scoprire e praticare questi passaggi. Le frontiere che il capitalismo ha abbattuto, non solo non le ricostruiremo, ma fonderemo in tutto il mondo la società comunista. Le conquiste di ogni genere che nell’ambito del capitalismo abbiamo raggiunto, non solo non le dimenticheremo, ma le centuplicheremo e le impiegheremo per il benessere comune. Per la prima volta nella loro storia gli uomini saranno tutti uniti senza contrasti di razza, di nazione, di cultura, di sesso e di religione, porranno finalmente fine alla barbarie dell’oppressione e della miseria che si trascinano dietro dalle loro lontane origini animali e inizieranno la nuova epoca di una nuova civiltà.

Questo è il mondo che le classi e i popoli oppressi e solo loro possono realizzare. Essere all’avanguardia e promotori di questa trasformazione vuol dire essere comunisti. Nei 150 anni di lotta per questa trasformazione la classe operaia ha dimostrato di essere la classe capace di prendere la direzione di tutte le altre classi sfruttate e oppresse, per porre fine alla borghesia imperialista e alla divisione in classi. Il primo passo che qui in Italia noi comunisti dobbiamo compiere è ricostruire il partito comunista, come avanguardia organizzata della classe operaia. Tutti quelli che, oltre a protestare e battersi, vogliono dare un contributo maggiore ad eliminare l’attuale sistema sociale, devono diventare comunisti per dare alla ribellione contro l’imperialismo un programma, un’organizzazione e una direzione che le consentano di raggiungere la vittoria.

 

Che i lavoratori, i giovani, le donne e tutti gli elementi avanzati delle masse popolari si uniscano per costituire il nuovo partito comunista. Che ognuno cerchi tra i suoi compagni i più generosi e audaci e costituisca un comitato di partito. Così in breve potremo mobilitare su più larga scala tutto il resto delle masse popolari. Ci difenderemo meglio dagli attacchi dei padroni e creeremo le condizioni per fare a meno di essi, instaurare il potere dei lavoratori e avviare tutta la società verso il comunismo.

Organizzarsi e organizzare per la ricostruzione di un vero partito comunista!

Viva l’internazionalismo proletario!

Imperialismo no! Comunismo sì!