La Voce 6

Aspiranti polisti

venerdì 31 novembre 2000.
 

La scelta di Rifondazione Comunista di stabilire accordi con il centro-sinistra in tutte le regioni (ad esclusione della Toscana) merita una riflessione specifica. In primo luogo questa scelta ... ha depotenziato le possibilità di rompere - a sinistra - la gabbia del bipolarismo. In secondo luogo rivela che il PRC ha una possibilità di tenuta elettorale solo se si accorda con il centro-sinistra ... Infine la scelta del PRC di accordarsi con il centro-sinistra era stata la molla scatenante per la presentazione di liste di sinistra alternative nelle regioni dove è stato possibile (Emilia e Campania, mentre i tentativi nel Lazio e in Lombardia si sono infranti sullo scoglio delle firme). Il risultato di queste liste (oscillante tra lo 0.2 e lo 0.4%) insieme al crollo della lista Bonino e al risultato del Partito Umanista, nonostante gli abbondanti spazi televisivi di cui pure avevano potuto godere, dimostrano tutte le difficoltà di rottura dello schema bipolarista. Il progetto di costruzione di un terzo polo politico e sociale antagonista ha potuto verificare “sul campo” quanto ancora sia complicato produrre una alternativa politica visibile e credibile. Essa è rimasta schiacciata non solo dal bipolarismo ma anche dalla polarizzazione tra questo e l’astensionismo che in molti casi ha coinciso sul piano dei settori sociali e dell’orientamento politico con i possibili interlocutori di un terzo polo”.

(Dal commento sulle elezioni regionali di aprile 2000 Un’assenza assordante di Contropiano , anno 8 n. 2, giugno 2000)

 


 

Commento della redazione di La Voce

 

Il lamento del parlamentarista deluso contiene alcuni utili insegnamenti.

Dal lamento si può dedurre con sicurezza che le due liste regionali “alternative” si confondevano in realtà molto nel normale bailamme di regime. Tuttavia si presentavano come alternative e di estrema sinistra e per questo hanno ottenuto un notevole numero di voti: da sei a nove mila per ognuna delle due regioni. Per l’aspirante parlamentare, una delusione. In realtà un numero sorprendentemente grande. Ragioniamo!

Normalmente il grosso dei voti non si ottiene perché si fa qualche discorsetto in TV e si affiggono alcuni manifesti. I voti sono principalmente frutto dell’influenza sociale che si crea nel corso della vita corrente. È per questo che è potuto nascere un mercato dei voti. Si può comperare solo quello che qualcuno può vendere e nemmeno Achille Lauro comperava gli elettori uno a uno. Ogni industriale, professionista, prete, sindacalista, santone, capo di cooperativa, impiegato di un certo tipo, capobanda, banchiere, ufficiale, negoziante, lavoratore avanzato, ecc.: insomma ogni persona socialmente influente ha un suo campo di influenza morale e quindi anche elettorale. Porta un certo numero di voti. Il PCI nei suoi momenti di massimo successo elettorale ha avuto un rapporto voti/iscritti di cinque a uno e il calo dell’attivismo ha comportato anche il calo dei voti: a conferma che erano in larga misura voti conquistati dagli attivisti nel loro lavoro quotidiano. Quindi le liste “alternative” hanno messo in luce che in ognuna delle due regioni esistono alcune centinaia di attivisti in gran parte ignoti ai promotori delle liste, ognuno dei quali ha portato il suo contributo alle liste “alternative”. Chi ha promosso le liste e condotto la campagna, se la cosa gli fosse interessata, ora avrebbe un contatto con molti di loro o sarebbe in grado di stabilirlo.

Ma teniamo conto che in questi anni i votanti delle liste di sinistra in Italia sono largamente più a sinistra dei promotori e dei candidati. Chi va a votare sperando che se le elezioni vanno bene avrà la fognatura o la scuola, certamente non vota per una lista “alternativa”, non disperde voti. Vota per una lista “alternativa” chi non ripone più alcuna speranza nel risultato elettorale e usa il suo voto per incoraggiare una politica “alternativa”, per mandare un messaggio di minaccia alla classe dominante, per protesta. È quindi probabile che alcuni attivisti in più avrebbero portato il loro contributo, se le liste “alternative” non fossero state una copia sinistra del PRC, cioè quasi liste di aiutanti (o supplenti) degli aiutanti della sinistra borghese. È comunque inoppugnabile che, se il deluso di Contropiano non avesse partecipato alle elezioni per fare il parlamentare, ma per costruire un blocco sociale alternativo (uso la sua espressione), dopo un risultato del genere avrebbe capito che in Campania e in Emilia vi sono da 500 a 1.000 attivisti che con un lavoro accurato e di lungo respiro possono essere raccolti, orientati, mobilitati e organizzati e che, lavorando sistematicamente con una linea giusta, potrebbero fare un gran lavoro veramente alternativo al regime. Il problema è che sono sicuramente più a sinistra del nostro deluso, ma anche privi di orientamento e di centro di aggregazione stante l’arretratezza delle FSRS.

Un terreno su cui lavorare.