Cristoforo Colombo

Un problema di metodo

Capitolo 3° - I risultati
martedì 15 agosto 2006.
 

3. I RISULTATI

-  Un problema di metodo


Un problema di metodo

Anche i risultati raggiunti vanno misurati sulla società, non sugli obiettivi e sulle idee dei protagonisti.

Non importa che la lotta armata sia stata fin dall’inizio un progetto: in alcuni suoi promotori lo è stata, in altri no. Probabilmente pochi tra i promotori delle bande avevano previsto grosso modo l’andamento che le cose hanno avuto, anche se non era imprevedibile. Nella lotta armata sono confluite diverse componenti, diverse spinte e diverse origini: era un segno della sua forza, anche se a lungo andare l’eterogeneità, restando tale, è diventata un elemento di debolezza. Quello che importa è cosa ha prodotto la lotta armata nella società italiana e che ruolo avrà nel futuro della nostra società quello che la lotta armata ha seminato. Questo criterio vale nel bilancio di ogni movimento; a posteriori, non resta traccia di quello che il movimento pensava di sé, resta quello che ha prodotto nella società.

Facciamo un esempio. Quando abbiamo promosso la campagna di primavera del 1978 ed effettuato il sequestro di Moro e la sua esecuzione, potevamo o no esserci proposti, più o meno chiaramente, di mandare a monte il «compromesso storico», il progetto di nuova maggioranza governativa, la maggioranza di «solidarietà nazionale».

Ciò non cambia assolutamente nulla al fatto che questo fu il risultato della nostra azione e oggi il rapimento Moro va valutato per questo risultato, non per le intenzioni degli autori.

Ancora: potevamo o no aver contato sulle contraddizioni che a proposito della «solidarietà nazionale» laceravano la borghesia italiana, i gruppi imperialisti di altri paesi e l’apparato statale italiano; questo non toglie nulla al fatto che quelle contraddizioni favorirono oggettivamente la nostra azione. Sono ridicoli quelli che oggi si affannano a mettere in luce quanti borghesi ce l’avevano con Moro per concludere che quindi le bande furono agenti di questi; altrettanto ridicoli quelli che si affannano a negare le convergenze obiettive e il concorso. Ma cosa vuol dire la tesi "sfruttare e allargare le contraddizioni in campo nemico" se non questo? L’operazione Moro è stata un esempio brillante, da manuale, di cosa significa, nella vita reale e nella guerra, sfruttare e allargare le contraddizioni in campo nemico. Tale è stato l’allargamento, che i suoi effetti si vedono ancora adesso: l’impossibilità dei partiti e dei gruppi borghesi di trovare uno stabile rapporto tra loro, la diffidenza tra essi e il fatto che ognuno di essi conta solo su sè, l’accentuarsi dello scontro militare e all’ultimo sangue tra gruppi borghesi, guerra di mafia compresa. E di più se ne vedranno se l’attività delle bande riprenderà al livello necessario oggi (in questo aveva ragione Moro quando diceva che dalla sua morte sarebbe venuta rovina per i suoi compari!).

Quello che si deve chiarire è se il risultato (liquidazione della linea della «solidarietà nazionale») corrispose o no agli interessi della nostra causa: in caso contrario ci ritroveremmo ad aver fatto, per limiti di analisi politica, gli interessi dei nostri avversari.

Altrettanto è utile analizzare oggi nuovamente tutte le iniziative militari delle bande, alla luce degli avvenimenti successivi, degli effetti conseguenti e dell’esperienza acquisita, e non della coscienza che ne ebbero i protagonisti e degli obiettivi che essi si proponevano di conseguire con quelle iniziative. Questa analisi sarà una grande fonte di insegnamento sui meccanismi attraverso i quali la società borghese evolve e attraverso i quali la politica rivoluzionaria può farla evolvere.