Progetto di Manifesto Programma

Capitolo V

Le principali obiezioni al nostro Manifesto Programma
martedì 11 luglio 2006.
 

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Capitolo V

Indice


Le principali obiezioni al nostro Manifesto Programma

Indice

  1. A quelli che hanno sfiducia nel fatto che le masse si incanaleranno nuovamente dietro la bandiera del comunismo e sotto la direzione del partito comunista, [...]
  2. Alle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista e ai lavoratori avanzati che lindifferenza delle masse ai loro appelli rende timidi, instabili, a volte preda dello sconforto e della delusione e tentati dall’abbandono, [...]
  3. Agli scettici e ai contrari allesistenza del partito comunista, [...]
  4. Agli scettici e a quelli che danno una valutazione negativa circa lesperienza della costruzione del socialismo (transizione dal capitalismo al comunismo) condotta nei paesi socialisti, [...]
  5. A quelli che ci obiettano che i paesi socialisti non sono riusciti a stare in piedi, mentre i paesi capitalisti seppur malvagi stanno in piedi, [...]
  6. A quelli che ci obiettano che senza lincentivo del tornaconto individuale si spegnerà ogni creatività e ogni attivismo nella produzione e nella vita sociale, [...]
  7. A chi ci obietta che né l’oppressione che oggi le donne subiscono, né l’oppressione delle nazionalità e delle razze, né la soggezione dei giovani agli adulti, né le molte altre contraddizioni che dividono le masse popolari si risolveranno automaticamente nel socialismo, [...]
  8. È possibile che la rivoluzione socialista trionfi in un paese solo?
  9. Agli scettici e a quelli che negano la possibilità che la rivoluzione socialista trionfi in Italia, [...]

Le principali obiezioni al nostro Manifesto Programma

A questo Manifesto Programma verranno sicuramente mosse molte obiezioni.

Vediamo le principali.

1. A quelli che hanno sfiducia nel fatto che le masse si incanaleranno nuovamente dietro la bandiera del comunismo e sotto la direzione del partito comunista,

noi rispondiamo che è sbagliato pensare il futuro come eguale al presente. È ciò che nel presente è solo in germe che sarà grande domani. Ciò che oggi è solo possibile, sarà la realtà di domani. La borghesia imperialista non offre alle masse popolari alcuna prospettiva di progresso, non offre alle masse popolari nemmeno la possibilità di continuare a vivere nelle condizioni attuali. La borghesia stessa deve sovvertire e sta sovvertendo l’ordine esistente, costringendo le masse a mobilitarsi per trovare soluzioni nuove per la propria vita. È questo, e non le prediche e le idee, che portano e porteranno le masse a uscire dai modi di vita diventati abituali e a fare cose che per anni non hanno fatto (nel male lo confermano anche gli episodi più ripugnanti della cronaca corrente).

La tendenza propria del capitalismo (contrariamente a quello che dicono gli esponenti della cultura borghese di sinistra, i keynesiani, gli operaisti, ecc.) non è a concedere reddito per "allargare il mercato", a portare nel mondo aiuti, "diritti umani" e democrazia, ma è a dividere e contrapporre le masse, ad aumentare la miseria, l’oppressione, lo sfruttamento, l’abbrutimento e l’asservimento.

"[Occorre] poi delinare la tendenza fondamentale del capitalismo: ... aumento della miseria, dell’oppressione, dell’asservimento, dell’abbrutimento, dello sfruttamento. [...] In questi ultimi tempi i critici che si raggruppano attorno a Bernstein si sono scagliati con particolare accanimento proprio contro questo punto, ripetendo le vecchie obiezioni dei liberali e dei socialpolitici borghesi contro la "teoria dell’immiserimento" [enunciata da Marx]. A nostro parere, la polemica svoltasi a questo proposito ha dimostrato in pieno la totale inconsistenza di simile "critica". Lo stesso Bernstein ha riconosciuto la giustezza di quelle parole di Marx in quanto definiscono una tendenza del capitalismo, tendenza che si tramuta in realtà quando manchi la lotta di classe del proletariato contro di essa, quando la classe operaia non si sia conquistata leggi sulla tutela degli operai".


V.I. Lenin, Progetto di programma del nostro partito (1899), in Opere, vol. 4.

La borghesia lo ha dimostrato anche negli anni di ripresa e sviluppo (1945-1975) nei paesi dove non sentiva sul collo il fiato del movimento comunista e lo dimostra ora "dappertutto": dovunque questa tendenza non è ostacolata dalla lotta delle masse popolari, che solo la classe operaia col suo partito può sviluppare su larga scala e dirigere con successo.

Nel corso della crisi generale e in assenza di un forte movimento rivoluzionario questa tendenza della borghesia si realizza su larga scala e in misura particolarmente profonda, odiosa e repellente. Quindi diventa un fattore della mobilitazione (rivoluzionaria o reazionaria) delle ampie masse popolari.

2. Alle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista e ai lavoratori avanzati che l’indifferenza delle masse ai loro appelli rende timidi, instabili, a volte preda dello sconforto e della delusione e tentati dall’abbandono,

noi rispondiamo che sono i loro errori di concezione e di metodo, che è la loro deviazione dalla concezione e dal metodo che l’esperienza del movimento comunista indica come giusti, necessari ed efficaci, che sono i loro limiti che rendono vani i loro appelli, che rendono le masse sorde ai loro appelli. A volte le masse sono respinte dall’opportunismo di alcune "avanguardie" che rifiutano di assumere esse stesse per prime il ruolo e la responsabilità conseguenti ai loro appelli e di cui le masse hanno bisogno per dispiegare il loro attivismo; sono respinte dall’opportunismo che porta alcune "avanguardie" a chiedere alle masse di svolgere ruoli che le masse oggi non possono direttamente svolgere. A questa schiera appartengono oggi quelli che vorrebbero che le masse conducessero lotte rivendicative su larga scala senza partito comunista, quelli che vorrebbero il "riconoscimento delle masse" per il loro partito prima ancora di averlo costituito e che esso abbia dimostrato alle masse di meritare la loro fiducia, quelli che propagandano tra le masse la necessità della ricostruzione del partito senza impegnarsi direttamente nella ricostruzione.

3. Agli scettici e ai contrari all’esistenza del partito comunista,

noi rispondiamo, usando l’esperienza dei 150 anni del movimento comunista, che sia le vittorie sia le sconfitte della classe operaia dimostrano che il partito comunista è indispensabile. La classe operaia non ha mai conquistato il potere dove non aveva un partito costruito espressamente per questo obiettivo. Lo ha conquistato solo dove aveva un tale partito. La demolizione dei paesi socialisti e del campo socialista è incominciata quando la destra ha preso la direzione dei partiti comunisti.

D’altra parte la vittoria delle deviazioni nel partito non è inevitabile. Il movimento comunista sta imparando a lottare efficacemente contro le deviazioni nel partito, ha già accumulato un’esperienza nel campo della prevenzione e della lotta contro le deviazioni nel partito: la comprensione del riflesso inevitabile della lotta tra le due classi nel partito comunista, la lotta tra le due linee nel partito, la tendenza oggettiva delle masse popolari al comunismo, la linea di massa. Questi sono gli apporti del maoismo alla teoria del partito.

CARC, Sul maoismo, terza tappa del pensiero comunista (1993).

4. Agli scettici e a quelli che danno una valutazione negativa circa l’esperienza della costruzione del socialismo (transizione dal capitalismo al comunismo) condotta nei paesi socialisti,

noi mostriamo il grande risultato raggiunto dal movimento comunista durante la prima ondata della rivoluzione proletaria (la prima crisi generale del capitalismo): un campo socialista che andava dall’Europa (Elba-Adriatico) fino al Pacifico meridionale con un terzo della popolazione mondiale di allora. Indichiamo le grandi conquiste economiche, politiche, culturali realizzate in poco tempo in questi paesi dalle masse popolari tra le più oppresse e arretrate del pianeta. Le masse, anche le più arretrate, una volta liberate dall’oppressione della borghesia e delle altre classi sfruttatrici, imparano rapidamente sulla base della propria esperienza a regolare pacificamente e in modo progredito i rapporti tra loro e trovano soluzioni progressive per le contraddizioni interne al popolo. Già Marx

K.Marx-F. Engels, La sacra famiglia (1844), cap. 6 parte 3 sezione f, in Opere complete, vol. 4.

faceva notare che l’uomo si forma ogni conoscenza, ogni percezione, ecc. dal mondo sensibile e dall’esperienza nel mondo sensibile; quindi ciò che importa è ordinare il mondo empirico in modo che l’uomo, in esso, faccia esperienza di ciò - e prenda l’abitudine a ciò - che è veramente umano, in modo che l’uomo faccia esperienza di sé come uomo. Se l’uomo non è libero nel senso di avere il potere di sviluppare, arricchire e far valere la sua vera individualità, si deve non punire il delitto nel singolo, ma distruggere gli antisociali focolai sociali del delitto e dare a ciascuno lo spazio sociale per l’estrinsecazione degli aspetti essenziali della sua vita. Se l’uomo è plasmato dalle circostanze, è necessario plasmare umanamente le circostanze. Il proposito di cambiare in massa gli individui prima di cambiare la società, cioè prima di eliminare l’oppressione che li fa tali quali sono, è una fantasia che fa comodo solo a chi vuole distogliere le forze dalla lotta per l’eliminazione dell’oppressione: in realtà la società attuale produce le forze che la cambieranno e da questo cambiamento e nel corso di esso sorgerà un po’ alla volta anche la trasformazione in massa dei sentimenti, delle abitudini e della coscienza dei singoli individui.

5. A quelli che ci obiettano che i paesi socialisti non sono riusciti a stare in piedi, mentre i paesi capitalisti seppur malvagi stanno in piedi,

noi indichiamo i motivi per cui da un certo punto in poi è incominciato il declino dei paesi socialisti, il loro avvicinamento ai paesi capitalisti, il loro nuovo asservimento (finanziario, commerciale, tecnologico, culturale, politico) al sistema imperialista mondiale. Ciò che oggi succede nei paesi socialisti, dallo sfruttamento feroce di donne, bambini e lavoratori ai delitti più atroci, ai massacri nazionalisti, dimostra che le conquiste di ieri non erano frutto dell’"indole naturale" dei popoli che ne erano protagonisti né delle caratteristiche naturali dei paesi né dell’eredità storica di quei popoli, ma erano frutto del sistema e solo del sistema sociale socialista. La Comune di Parigi (1871), benché sconfitta, è stata egualmente un gradino che ha permesso alla classe operaia e alle masse popolari di tutto il mondo, che avevano bisogno di sfuggire alla morsa della prima crisi generale del capitalismo, di compiere un più grande passo avanti di lì a qualche decennio. Anche i primi paesi socialisti, benché sconfitti, saranno un gradino che permetterà ai lavoratori, alle donne, ai bambini, ai giovani, agli anziani, ai membri delle razze e delle nazionalità oppresse, oggi schiacciate oltre i limiti conosciuti finora alla nostra generazione dal "trionfo" del capitalismo, di compiere un nuovo maggiore balzo in avanti nel corso della seconda ondata della rivoluzione proletaria che sta montando in tutto il mondo.

Dobbiamo combattere la concezione storicista secondo la quale "se i revisionisti moderni sono prevalsi nei paesi socialisti dopo il 1956 (o dopo il 1976), ciò significa che già prima nei paesi socialisti c’era qualcosa di sbagliato" (o addirittura, dicono i più "coraggiosi" - i bordighisti, i trotzkisti e altri loro compari della cultura borghese di sinistra - "già prima i paesi socialisti erano marci"). In questo "ragionamento", in questa "dimostrazione", in questa concezione ci sono l’incomprensione della dialettica e lo spirito reazionario.

Incomprensione della dialettica: una cosa che si sta facendo, è tale proprio perché non è ancora fatta. È e non è. È ancora quella di prima, ma non è già più quella di prima. Non è ancora quello che sarà, ma in qualche misura lo è. In ciò è insita la possibilità di arresto e di regressione. Non come una malattia, una tara, un errore, ma come un aspetto connaturato alla cosa stessa, al movimento della cosa. Alla cosa che è e non è ancora, che non è più ma non è ancora, essi contrappongono invece la cosa che è. Se è marcio domani, allora lo è anche oggi e lo era anche ieri. Non vale neanche per la frutta, figurarsi quanto vale per un fenomeno ben più complesso come una società!

Spirito reazionario: questa concezione non condanna solo i paesi socialisti, ma anche la rivoluzione che li ha prodotti (e qui si congiunge con tutto il lordume socialdemocratico e borghese che era contro la Rivoluzione d’Ottobre, che diceva che non si doveva fare e che la combatté accanitamente senza limiti d’infamia e di delitti). Ma poi sulla stessa onda, se è coerente, deve condannare anche ciò che ha portato alla Rivoluzione d’Ottobre: il movimento comunista. E poi deve condannare quello che ha generato il movimento comunista e la nascita del proletariato: la rivoluzione borghese, la Rivoluzione francese del 1789. E a questo in effetti la borghesia è già arrivata! La cattiva compagnia in cui vanno a finire, faccia riflettere i negatori dell’esperienza dei paesi socialisti!

6. A quelli che ci obiettano che senza l’incentivo del tornaconto individuale si spegnerà ogni creatività e ogni attivismo nella produzione e nella vita sociale,

"È stato obiettato che con l’abolizione della proprietà privata cesserebbe ogni attività, si diffonderebbe una neghittosità generale.
Se così fosse, la società borghese sarebbe da molto tempo andata in rovina per pigrizia, giacché in essa chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora. Tutta l’obiezione sbocca in questa tautologia: che non c’è più lavoro salariato quando non c’è più capitale".


K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista (1848), in Opere complete, vol. 6.

noi mostriamo che la stessa realtà della società borghese nega la loro affermazione.

Milioni di semplici lavoratori salariati svolgono con passione e iniziativa il loro lavoro, nonostante la miseria del salario e le condizioni di asservimento, di mortificazione della creatività e di precarietà in cui i padroni li obbligano a lavorare. Milioni di donne accudiscono con passione e dedizione ai figli, alle famiglie e alle case benché nella società borghese la loro attività non sia nemmmeno considerata un lavoro. Migliaia di artisti, scienziati, ricercatori hanno dispiegato e dispiegano grandi sforzi per creare grandi opere, spesso misconosciuti.

Milioni di persone svolgono un lavoro volontario non retribuito, spesso in condizioni molto difficili, un lavoro che la classe dominante esalta contro i lavoratori che lottano per un salario, ma nello stesso tempo relega ai margini della "vera economia" e corrompe, sfrutta e rende odioso alle masse con le imprese del "terzo settore", del no-profit e delle Organizzazioni non governative (ONG) promosse, finanziate e manipolate dai governi imperialisti. Molte manifestazioni delle più acute e sconvolgenti della società borghese, la borghesia riesce a trattarle proprio solo grazie al lavoro volontario.

Non solo: guardiamo a quanti sforzi e crimini deve compiere la classe dominante per costringere i giovani ad adattarsi a lavorare solo per soldi, rinnegando le migliori aspirazioni della loro vita. Quante delusioni e frustrazioni, quanto spreco di energie fisiche, intellettuali e morali!

Guardiamo alla storia del passato: per quanto tempo gli uomini hanno lavorato e costruito le premesse della civiltà di cui godiamo i frutti senza essere mossi da un tornaconto individuale?

Guardiamo al presente: milioni di lavoratori hanno dato e danno risorse, sudore e sangue nella lotta per il socialismo e nelle lotte antimperialiste di liberazione nazionale.

Guardiamo infine all’annuncio del nostro futuro, ai paesi socialisti: centinaia di milioni di uomini e donne hanno dimostrato cosa riescono a fare le masse senza essere mosse dal tornaconto individuale; una volta liberate dai freni e dagli ostacoli posti dalla legge del valore e dallo sfruttamento dei capitalisti, le masse popolari hanno sviluppato le proprie forze produttive e hanno moltiplicato la ricchezza materiale e spirituale della società e dei singoli individui, nonostante abbiano costantemente anche dovuto difendersi da aggressioni, sabotaggi e blocchi economici scatenati dalla borghesia imperialista che restava la classe ancora dominante a livello mondiale. Le masse popolari dei paesi socialisti hanno mostrato, per un breve periodo e nonostante tutte le tracce della società borghese che ancora trascinavano con sé, di cosa sarà capace "una società in cui il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti", di contro alla società borghese in cui la libera iniziativa di alcuni pochi individui ha come condizione necessaria l’asservimento e l’abbrutimento della stragrande maggioranza della popolazione.

Cosa resta dell’obiezione fattaci, se non che la borghesia proietta la sua ombra gretta sulle nostre menti? È il borghese che non fa nulla se non per tornaconto individuale e per denaro e che per tornaconto e per denaro arriva a ogni crimine. A volte la borghesia riesce a far credere che siano naturali e universali la sua mentalità e la sua concezione che riflette rapporti sociali che stanno distruggendo le condizioni della vita e strozzando milioni di esseri umani in ogni parte del mondo. E ad essi andate a parlare di questo sistema a cui essi parteciperebbero per tornaconto individuale?

7. A chi ci obietta che né l’oppressione che oggi le donne subiscono, né l’oppressione delle nazionalità e delle razze, né la soggezione dei giovani agli adulti, né le molte altre contraddizioni che dividono le masse popolari si risolveranno automaticamente nel socialismo,

noi rispondiamo che ciò è perfettamente vero. Occorrerà una lotta specifica su ognuno di questi fronti. La condurremo, potremo vincere? Noi facciamo osservare che la borghesia per l’evoluzione oggettiva delle cose è diventata il punto di coagulo di tutte le sopraffazioni e le violenze, di tutti gli oppressori. Basta guardare alle condizioni delle donne e dei bambini nella società attuale, alla sorte che i gruppi imperialisti riservano alle donne e ai bambini nei paesi più civili che la borghesia è riuscita a creare. D’altra parte la classe operaia non riuscirà a sfuggire alla sua condizione di oppressione, sfruttamento e precarietà se non trasforma anche la condizione di tutti gli altri oppressi, se non pone fine a ogni oppressione. Non ci può essere comunismo senza porre fine all’oppressione e all’emarginazione delle donne e a ogni tipo di oppressione.

Se non togliamo il potere alla borghesia, è vano ogni tentativo e sforzo di risolvere le altre singole contraddizioni, perché la classe dominante, i suoi rapporti e la sua necessità di difendere il suo dominio lo impediscono.

In conclusione, le contraddizioni in seno al popolo possono essere realmente risolte solo se si risolve la contraddizione principale, quella che oppone le masse popolari alla borghesia imperialista. Solo nell’ambito del socialismo è tolta la radice delle condizioni pratiche di vita che generano miseria, abbrutimento, egoismo e violenza e quindi è possibile combattere efficacemente e con successo anche le manifestazioni di questi nei rapporti tra le masse popolari. L’esperienza pur breve dei paesi socialisti ha fornito mille elementi a conferma di questo.

8. È possibile che la rivoluzione socialista trionfi in un paese solo?

Non solo è possibile, ma è già avvenuto ed è probabile che anche nel futuro la rivoluzione (socialista o di nuova democrazia) non trionfi contemporaneamente in tutti i paesi. Nonostante l’unità creata dalla borghesia nel mondo, lo sviluppo materiale e spirituale dei vari paesi è molto differenziato, la costruzione e la forza del movimento comunista e dei partiti comunisti molto diverse. E la crisi generale del capitalismo li differenzia ancora di più.

Che cosa impedirà alla borghesia imperialista di soffocare sul nascere la rivoluzione che si sviluppa in un paese o in alcuni paesi, usando la forza e la prepotenza delle sue armi e della sua ricchezza? Il fatto che la situazione rivoluzionaria è universale. I regimi della borghesia imperialista nei singoli paesi sono instabili, in preda a convulsioni di ogni genere. Le masse popolari sono in fermento in ogni paese. Il sistema delle relazioni internazionali tra Stati, istituzioni e gruppi imperialisti è sempre più sconvolto da contrasti e lotte. I gruppi imperialisti lottano tra di loro. I focolai di rivoluzione sono sempre più diffusi. la borghesia imperialista, e in particolare la borghesia imperialista USA, ha molti nemici nel mondo e questi saranno nostri alleati, se noi dimostreremo di saperci imporre e tener testa alla reazione. Se saremo forti, avremo molti alleati.

Questo ha impedito alla borghesia imperialista di concentrare le sue forze con successo contro la prima repubblica sovietica. Questo impedirà alla borghesia di soffocare le prossime rivoluzioni sul nascere. Il Vietnam è stata una grande lezione, benché il popolo vietnamita abbia condotto con successo la sua lotta in un periodo in cui il sistema imperialista mondiale era relativamente stabile. La forza delle masse popolari guidate dalla classe operaia, il fermento rivoluzionario che cresce in tutti i paesi, le contraddizioni e le guerre tra gruppi e Stati imperialisti, la solidarietà internazionalista delle masse popolari: ecco nell’ordine i fattori che permettono la vittoria della rivoluzione socialista in un paese o in un gruppo di paesi, nonostante la forza e la prepotenza della borghesia imperialista.

9. Agli scettici e a quelli che negano la possibilità che la rivoluzione socialista trionfi in Italia,

noi indichiamo i motivi per cui il vecchio PCI ha realizzato i grandi avanzamenti che ha realizzato, ha portato la classe operaia al punto più alto e alle conquiste; e indichiamo anche i motivi per cui il vecchio PCI non è arrivato (né poteva arrivare stante gli errori che ha commesso e i limiti che non ha superato) alla vittoria.

Le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista che assumono come loro riferimento generale l’ala sinistra del vecchio PCI (che alcuni identificano con Secchia, altri con Gramsci), in sostanza mirano a rifiutare il maoismo come terza superiore tappa del pensiero comunista.

Il nostro Manifesto Programma comprende un bilancio delle esperienze del movimento comunista in Italia. In particolare indica quanto di positivo i comunisti, gli operai e le masse popolari hanno compiuto e che facciamo nostro. In secondo luogo cerchiamo di comprendere e sempre meglio comprenderemo gli errori del vecchio PCI (analisi, linee, metodi sbagliati che deviavano da ciò che il movimento comunista aveva già acquisito col marxismo-leninismo: il bolscevismo) e i limiti del vecchio PCI (analisi, linee, metodi sbagliati che esigevano quello sviluppo del patrimonio del movimento comunista che fu compiuto nel maoismo). Solo così siamo degni successori di quelli che ci hanno preceduto nella lotta per instaurare il socialismo nel nostro paese.