Comunicato del 3 agosto 2007

Il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti ha messo alla luce del sole l’inconsistenza della sinistra borghese

sabato 4 agosto 2007.
 

(nuovo)Partito comunista italiano

Commissione Provvisoria del Comitato Centrale

Email: lavocenpci40@yahoo.com

Delegazione: BP3 4, rue Lénine 93451 L’Île St Denis (Francia)

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Comunicato 03 agosto 2007

 

Il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti ha messo alla luce del sole l’inconsistenza della sinistra borghese: organismi e personaggi che portano le masse popolari da una sconfitta all’altra anche nelle lotte a difesa delle conquiste che la borghesia sta limitando ed eliminando!

 

Estendere a largo raggio e portare a fondo la lotta per conquistare al comunismo gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari che la crisi della sinistra borghese pone di fronte al bivio: o gettarsi nella lotta per la rinascita del movimento comunista o allinearsi con la mobilitazione reazionaria delle masse popolari!

 

I Democratici di Sinistra guidati da D’Alema, Veltroni, Fassino e soci hanno infine gettato la maschera. Erano una parte importante della sinistra borghese e sono giunti al governo del paese grazie al voto della parte delle masse popolari che è convinta che il benessere della popolazione deve essere la regola guida dell’azione delle pubbliche autorità. Ora hanno buttato alle ortiche il programma elettorale del governo Prodi-D’Alema-Bertinotti. I fautori del Partito Democratico hanno lasciato la sinistra borghese e hanno apertamente adottato il “programma comune” della borghesia imperialista. Si sono impegnati a fare quello che la banda Berlusconi non è riuscita a fare: dare alla borghesia imperialista italiana una struttura politica, economica e culturale all’altezza delle sue peggiori aspirazioni.

È una decisione irreversibile. È una decisione realistica. I fautori del Partito Democratico hanno preso atto che la sinistra borghese ha una funzione di retroguardia: ritardare e dosare l’eliminazione delle residue tracce che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha lasciato nelle istituzioni. Di conseguenza perde un po’ alla volta il seguito e il sostegno che ha tra le masse popolari. Tra le masse popolari cresce la parte che non ne vuol più sapere della sinistra borghese. Per attuare la loro decisione i fautori del PD perderanno altri pezzi, come hanno già perso Mussi, Angius e il resto della Sinistra Democratica. Ma niente li farà tornare indietro e di passo in passo confluiranno tra i fautori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Programma comune della borghesia italiana

Completare la liquidazione delle conquiste di civiltà e di benessere che le masse popolari hanno strappato alla borghesia sotto la direzione del vecchio partito comunista sulla spinta della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale.
In combinazione e in concorrenza con gli altri gruppi imperialisti capeggiati da quelli americani, ritagliarsi la parte maggiore possibile nello sfruttamento delle masse popolari degli ex paesi socialisti e dei paesi oppressi, nel loro saccheggio e nell’aggressione dei paesi oppressi le cui autorità resistono alla libertà d’azione dei gruppi imperialisti.

Quello che resta della sinistra borghese (PRC, PdCI, Verdi, Sinistra Democratica e loro appendici, propaggini, derivazioni, dipendenze e frazioni) è allo sbando. Molti di loro in realtà si preparano a seguire i fautori del PD o a ritirarsi a vita privata e godersi pensioni di lusso e incarichi onorifici che la borghesia non mancherà di concedere. Alcuni invece cercano di salvare il salvabile. Ma anche tra questi dilaga la sensazione o la coscienza che non hanno futuro. In realtà non sanno cosa fare. Si ostinano a spingere le masse popolari ad adattarsi al dominio e agli interessi della borghesia. La borghesia ha un obiettivo barbarico ma pratico. Il trattamento fatto ai lavoratori stranieri mostra il sistema che vorrebbe applicare a tutti i lavoratori: nessun diritto e nessuna organizzazione, essere a disposizione dei padroni che usano e gettano come loro conviene, per il resto beneficenza privata, assistenza pubblica e misure di ordine pubblico. La borghesia avanza verso questo obiettivo coerentemente, un passo dopo l’altro. La sinistra borghese non ha un obiettivo alternativo attorno a cui mobilitare i lavoratori e da imporre ai padroni. Anche quando resiste alle singole misure dei padroni, nessuna misura le pare tanto importante da meritare una battaglia decisiva. Prende ogni misura come una misura isolata. Spera e alimenta tra i suoi seguaci la speranza che la borghesia si fermerà lì, che la volta successiva, se ci sarà, si resisterà meglio.

Gli esponenti della sinistra borghese non si domandano l’origine e il perché dei mali che denunciano. Rifiutano di andare alla radice dei mali e si accontentano di cambiamenti fatti per non cambiare niente. Ogni giorno alcuni lavoratori muoiono sul lavoro e centinaia di altri restano infortunati perché i padroni non osservano le norme di sicurezza già vigenti e la precarietà peggiora la situazione: la sinistra borghese sbandiera come rimedio che il Parlamento ha varato ancora altre norme ma non si chiedono perché i padroni dovrebbero osservare le nuove norme visto che non osservano neanche le vecchie. Da sessanta anni i servizi segreti e le polizie della Repubblica sono promotori o complici di stragi di Stato, di ricatti e complotti perché obbediscono agli ordini degli imperialisti USA, del Vaticano, della Mafia, dei sionisti e di altri loschi centri di potere e sono addette alle operazioni sporche della controrivoluzione preventiva: la sinistra borghese sbandiera come rimedio l’ennesimo cambio di nome e di organizzazione dei servizi segreti, mente i vecchi centri di potere restano intatti, i vecchi delitti impuniti e gli autori protetti, il sistema della controrivoluzione preventiva addirittura rafforzato, la protezione e la complicità con le squadracce fasciste si moltiplicano. È lungo l’elenco delle riforme “strappate dalla sinistra borghese” che lasciano il tempo che trovano, quando addirittura non peggiorano la situazione. Sotto la direzione della sinistra borghese le masse popolari da tre decenni non sperimentano che sconfitte e retrocedono passo dopo passo, mentre la borghesia passo dopo passo avanza. Ecco perché le masse popolari abbandonano la sinistra borghese. Man mano che perde la sua influenza sulle masse popolari, essa diventa inutile anche per la borghesia. Questa se ne serviva per tenere buone le masse popolari, per far ingoiare rospi alle masse popolari, per illuderle, imbrogliarle, dividerle, distrarle, creare diversivi e sabotare le lotte che esse comunque conducevano. La crisi della sinistra borghese è irrimediabile.

Lo psicodramma di Epifani è la rappresentazione emblematica dello stato in cui gli esponenti della sinistra borghese sono ridotti. Il 31 luglio 1992 dopo aver ceduto al governo di Giuliano Amato la scala mobile sui salari dei lavoratori che aveva assunto l’impegno di dirigere nella difesa dei loro interessi, Bruno Trentin fece la sceneggiata di dimettersi da segretario generale della CGIL, come se il sacrificio della sua carica compensasse in qualche modo i lavoratori del danno che il suo vergognoso tradimento causava. Ora Guglielmo Epifani è ridotto a piagnucolare, a recitare la parte delle verginella offesa dal suo amico Prodi, a promettere battaglia per il futuro, ad assicurare che la prossima volta non cederà più. Che Epifani sia effettivamente turbato dalla parte che ha recitato o che reciti anche in questi giorni per attutire e controllare le reazioni sei suoi colleghi più animosi ed eccitati, cambia poco. Gli accordi che egli ha fatto o accettato col governo PAB sono un colpo importante per quanto ancora resta delle conquiste dei lavoratori.

Sono un grosso colpo anche per quanti si erano fatti illusioni nel governo PAB, avevano riposto una qualche fiducia nel suo programma elettorale. La grande maggioranza dei lavoratori non è caduta nella trappola di mettere il loro TFR nelle mani degli speculatori della finanza (fondi pensione), ma nei quattordici mesi di governo PAB il sistema della previdenza sociale ha ricevuto un altro colpo. Le misure introdotte dall’Accordo sottoscritto dai sindacati di regime il 20 luglio e dal Protocollo accettato il 23 luglio riducono in vari modi e da vari lati le entrate dell’INPS: riduzioni sostanziose dei contributi pagati dai padroni e qualche briciola lasciata ai lavoratori per confondere le acque. Quindi pongono le premesse per un’ulteriore limitazione del sistema pubblico di previdenza sociale nei prossimi anni. Per molti lavoratori la pensione si allontana (innalzamento dell’età e degli anni di contribuzione). Le promesse di salvaguardare la future pensioni della previdenza sociale restano sulla carta, sottomesse a commissioni di studio e a verifiche, in realtà affidate alle decisioni di una classe dominante che aspira a eliminare la previdenza sociale e a fare delle pensioni una rendita finanziaria. L’aumento accordato alle pensioni più basse è ridicolo: poco più di 30 euro al mese. I rallentamenti dell’innalzamento dell’età pensionabile per “lavoro usurante” sono esposti a cento limitazioni e contestazioni. La precarietà dei lavoratori è incentivata in mille modi. I padroni possono aumentare senza limiti nelle loro aziende il numero dei contratti a tempo determinato e possono rinnovarli un numero indefinito di volte. Devono solo ridurre la durata a meno di 6 mesi se non vogliono avere vincoli nelle assunzioni. Devono non rinnovarli per più di 36 mesi allo stesso lavoratore perché a quel punto potrebbe chiedere il contratto a tempo indeterminato. Quindi la precarietà certamente aumenterà. Il ricorso agli straordinari è incentivato a spese dell’INPS: per compensare tanto o poco il basso salario, ogni lavoratore dovrà lavorare più a lungo. La deroga dal contratto collettivo nazionale di lavoro a favore di contratti zonali e aziendali è premiata a spese dell’INPS e della spesa pubblica: i lavoratori meno organizzati ne subiranno le conseguenze e tutti i lavoratori perderanno in organizzazione e forza sindacali. L’affitto dei lavoratori (caporalato o staff leasing, la sostanza è sempre quella) resta libero. Il prolungamento della durata dei contratti collettivi nazionali di lavoro è in cantiere e alcune categorie (chimici, turismo, funzione pubblica) lo hanno già subito: i salari si ridurranno più velocemente.

L’Accordo sottoscritto il 20 luglio e il Protocollo accettato il 23 luglio portano insomma avanti il processo di eliminazione dei diritti dei lavoratori e di riduzione dei loro redditi in corso da tre decenni e corrisponde perfettamente ai progetti elaborati in sede Unione Europea sotto il titolo di flexicurity. Questi mirano a tre cose: abolire i diritti dei lavoratori nei confronti delle aziende; dare a ogni padrone la libertà di assumere e licenziare e di stabilire orari, calendari, mansioni e condizioni di lavoro; mettere a carico dello Stato l’onere di assicurare un reddito minimo ai lavoratori: questi quindi saranno poi sottoposti alla pressione e al ricatto come responsabili del carico fiscale, della spesa pubblica e del debito pubblico. Già i lavoratori pensionati e ammalati sono presentati come un peso per la società: con la flexicurity anche i lavoratori saranno relegati a questo ruolo. Insomma siamo agli sgoccioli dei tentativi, dei progetti e delle promesse di ricavare una nicchia dignitosa per i lavoratori nell’ambito della società borghese. Con ciò scompare anche la base materiale del ruolo svolto dalla sinistra borghese nella seconda metà del secolo scorso. La sinistra borghese certamente continuerà ad esistere, parte al governo e parte all’opposizione, parte barcamenandosi tra governo e opposizione, ma sempre e solo come forza residuale, in lento, inarrestabile disfacimento.

Tra le masse popolari, in particolare tra gli operai, dilagano la sensazione e la coscienza che con la sinistra borghese non c’è speranza di resistenza e ancor meno di riscossa. Le vie reali sono solo due: o subire, rassegnarsi e arrangiarsi o unirsi a noi comunisti. Proprio in questo contesto, facendo leva su questa sensazione e sulla necessità di resistere, noi comunisti dobbiamo legare i lavoratori più avanzati, più generosi e più attivi alla causa del comunismo. Per fare questo dobbiamo portare largamente tra le masse e sempre più chiaramente (ma facendo si impara a fare) la dimostrazione che le sconfitte subite non sono dovute alla fatalità. Sono dovute alla direzione che la sinistra borghese ha da decenni nei grandi sindacati, nelle organizzazioni delle masse popolari, nei movimenti delle masse popolari. La sinistra borghese, anche nel migliore dei casi, anche quando fa giuste denunce dei mali presenti e si mette alla testa della mobilitazione delle masse popolari, non ha chiaro e tanto meno spiega chiaramente alle masse né perché siamo arrivati a questo punto e perché le cose continuano a evolvere in questa direzione; né chi è interessato a questo corso delle cose: quali classi, gruppi sociali, forze politiche lo hanno voluto e lo vogliono e perché sono riusciti a imporlo; né chi e come può vincere queste forze, imporsi ad esse e cambiare il corso delle cose. La sinistra borghese, anche quando lancia lotte e suscita mobilitazione, con la sua opera quotidiana, con i comportamenti che promuove e con la coscienza che diffonde pone in realtà le premesse politiche, organizzative, morali, psicologiche perché le lotte che essa stessa lancia, dichiara di sostenere e in qualche modo in qualche caso sostiene, siano sconfitte. Con la direzione della sinistra borghese è impossibile difendere le conquiste e tanto meno migliorarle. Invece per le masse popolari è del tutto possibile, anche nel contesto dell’attuale nuova crisi generale del capitalismo, difendere le conquiste e anche migliorarle, ma a certe condizioni.

La sintesi di queste condizioni è che i comunisti si organizzino nuovamente in un partito che mobiliti sistematicamente le masse popolari alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista e assuma nuovamente la direzione dei movimenti e delle organizzazioni delle masse popolari.

Non è vero che le leggi economiche del capitalismo rendono impossibile la vittoria di questa o quella lotta rivendicativa. Certamente il capitalismo ha sue leggi, le leggi che definiscono la sua natura. I capitalisti le attuano nella misura massima che le circostanze loro consentono: sfruttano quanto più possono. Ma anche le leggi naturali del capitalismo, come tutte le leggi messe in luce dalle scienze naturali e dalle scienze sociali, vanno intese nell’unico modo realistico che è quello indicato dal materialismo dialettico. Ogni legge naturale o sociale dispiega i suoi effetti in combinazione con altre leggi e con le circostanze in cui opera. Quando il movimento comunista mobilitava le masse nella lotta per instaurare il socialismo, la borghesia ha fatto concessioni contrarie alle leggi del capitalismo, ha subito i lacci e i laccioli che il movimento comunista le ha imposto. Lo possiamo fare ancora: dipende solo dal rapporto di forze.

Il corso degli avvenimenti ci ha però insegnato che non si può stare fermi. Quando riescono a imporre alla borghesia lacci e laccioli, le masse popolari devono andare più avanti e toglierle tutto, cambiare l’ordinamento sociale, imparare a regolare la loro vita da sé stesse, senza padroni, organizzandosi, passare dalla coercizione sulla borghesia al libero dispiegamento delle masse organizzate. Se non facciamo questo, i vantaggi della nuova situazione non si dispiegano pienamente, le costrizioni e le distorsioni che i lacci e i laccioli impongono alla borghesia si ripercuotono negativamente su tutta la società perché è la borghesia che continua a dirigerla, prima o poi la borghesia riprende il sopravvento e riconquista la sua libertà. Bisogna instaurare il socialismo e marciare verso il comunismo. Questa è la lezione che il corso degli avvenimenti ci ha dato e che dobbiamo porre in primo piano oggi, nell’ambito della crisi della sinistra borghese, nella lotta per indurre gli operai più avanzati e gli elementi più avanzati delle altre classi delle masse popolari a impugnare la bandiera delle rinascita del movimento comunista e del consolidamento e del rafforzamento del nuovo Partito comunista italiano.

Non c’è nulla di fatale nella vittoria che la borghesia imperialista ha conseguito in questi anni. Le nostre forze non sono affatto compromesse: sono solo indebolite, disorientate e disperse. I disfattisti e i liquidatori ingigantiscono ad arte le difficoltà della rinascita del movimento comunista. La globalizzazione è solo una catena che i capitalisti hanno imposto a tutti i paesi approfittando della debolezza del movimento comunista e della sua crisi: tutti i popoli ne soffrono e molti sono già insorti e resistono. I popoli arabi e musulmani stanno opponendo un’eroica resistenza all’aggressione imperialista e stanno dando un aiuto potente a tutti i popoli oppressi e a tutte le classi sfruttate del mondo: il ruolo che le forze feudali hanno nella direzione della loro resistenza non cancella questo innegabile fatto, è un limite che verrà superato. In alcuni paesi, dalle Filippine all’India al Nepal, la guerra popolare rivoluzionaria è già in avanzata fase di sviluppo. Gli imperialisti americani riescono a reggere la situazione solo ricorrendo all’interno del paese e all’estero a un sistema che ha sempre meno da invidiare a quello con cui Hitler tenne soggetta per alcuni anni l’Europa. Gli imperialisti europei (francesi, tedeschi, italiani, ecc.) vorrebbero prendere il posto degli imperialisti americani nella spartizione del bottino dello sfruttamento del mondo, ma per riuscirci devono prima imporre lagrime e sangue ai lavoratori europei e immigrati. I lavoratori precari sono nuovamente ridotti alla condizione dei lavoratori di cento anni fa, ma come loro lottano e lotteranno contro la borghesia e le sue autorità. Il tentativo della borghesia di legare i pensionati ai pescicani della finanza contro i lavoratori tramite i fondi pensione, non è passato. Il governo esita a dare i risultati del “referendum” sul TFR che ha fatto svolgere tra gennaio e giugno: verosimilmente perché i risultati gli sono sfavorevoli. Nonostante la trappola del silenzio-assenso, la collaborazione interessata dei sindacati di regime e tutte le altre armi di cui la borghesia si è avvalsa, con ogni verosimiglianza la quota dei lavoratori dipendenti del settore privato che hanno in qualche modo legato il loro futuro al capitale finanziario è salita solo dal 20% al 30% e si tratta per lo più dei settori più benestanti, più asociali, più abbrutiti, più arretrati, più corrotti, meglio pagati. Nonostante il quotidiano, subdolo e fraudolento sabotaggio della mobilitazione popolare condotto dalla borghesia, dai sindacati di regime e dalle altre grandi organizzazioni popolari dirette dall’ala destra dell’aristocrazia operaia, la mobilitazione delle masse popolari continua in misura rilevante. La borghesia non ha nulla da offrire alle masse popolari: questo è l’elemento principale di debolezza della borghesia e dei suoi agenti, a cui la borghesia non ha rimedio. Noi comunisti rappresentiamo il mondo che le masse popolari possono costruire e che hanno bisogno di costruire per sfuggire all’inferno in cui la borghesia li sprofonda ogni giorno di più. La rinascita del movimento comunista è una necessità per le masse popolari e ci sono mille aspetti favorevoli al successo dell’opera dei comunisti che vi si dedicheranno con generosità e intelligenza, senza riserve.

Ma anche solo per vincere nelle lotte rivendicative, non bisogna limitarsi alle lotte rivendicative. È una concezione paralizzante e fallimentare ed è proprio il massimo a cui arriva la sinistra borghese. Nel passato le lotte rivendicative hanno avuto successo perché erano sostenute politicamente e moralmente dal movimento comunista che lottava per instaurare il socialismo.

Quando alle nostre rivendicazioni la borghesia contrappone le leggi del mercato, da cui tutti dipendiamo, noi dobbiamo contrapporre l’eliminazione del mercato. Il capitalismo è basato sul mercato, l’umanità non è basata sul mercato. L’umanità ha elaborato il mercato nel corso della sua storia per far fronte a problemi concreti del suo progresso. Ora il mercato nuoce all’umanità, l’umanità deve abolire il mercato e prima o poi lo abolirà. Le aziende non venderanno né compreranno: ognuna produrrà quello che le commissiona la società da cui riceverà quanto necessario alla sua lavorazione e a cui consegnerà il suo prodotto.

Quando alle nostre rivendicazioni la borghesia contrappone gli equilibri del sistema finanziario, del sistema di debiti, di crediti, di rendite, di interessi e di flussi monetari, noi dobbiamo contrapporre l’abolizione del sistema finanziario. I capitalisti non possono vivere senza sistema finanziario. L’umanità può benissimo vivere senza sistema finanziario. L’umanità ha elaborato il denaro e il sistema finanziario nel corso della sua storia per far fronte a problemi concreti del suo progresso, le relazioni di denaro hanno sostituito le relazioni di dipendenza personale (schiavista, feudale, religiosa, ecc.). Ora il sistema finanziario è diventato un pantano in cui l’umanità affoga, una catena che strozza gli uomini e soffoca la loro vita. L’umanità deve abolire il sistema finanziario e prima o poi lo abolirà. Annullerà i crediti della borghesia e delle sue istituzioni, annullerà i debiti delle masse popolari e la società soddisferà essa con misure appropriate i diritti connessi al risparmio delle masse popolari.

In breve, alle obiezioni di comune buon senso, agli interessi di questa o quella parte delle masse popolari che la borghesia contrappone alle nostre rivendicazioni, noi dobbiamo contrapporre l’instaurazione del socialismo. Senza di questo la lotta rivendicativa non può dispiegarsi su larga scala, diventa facilmente guerra tra parti delle masse popolari e, comunque, non può essere assunta con quella tensione delle forze e della volontà che si dà solo per le grandi e giuste imprese. Per combattere con forza, intelligenza e coraggio, le masse popolari devono essere assolutamente convinte che la loro causa è giusta e che la vittoria è possibile e hanno bisogno di una direzione che sia votata alla lotta e alla vittoria: appunto il partito comunista.

 

D’Alema, Veltroni, Fassino & C si sono lanciati in un’avventura degna di Mussolini: puntano ad eliminare la previdenza sociale e a sostituire alle pensioni una rendita finanziaria per chi ce l’avrà; puntano a eliminare il contratto collettivo nazionale di lavoro e a sostituire al contratto di lavoro a tempo indeterminato il lavoro precario; puntano all’eliminazione della coesione sociale e di un sistema universale di diritti e doveri e a sostituirli con il diritto di sfruttare e di speculare su tutto e con l’universale dominio del mercato e del sistema finanziario; puntano a partecipare allo sfruttamento, al saccheggio e all’aggressione dei paesi oppressi dal sistema imperialista mondiale!

 

La sinistra borghese sta cedendo ogni giorno nuove posizioni alla destra borghese!

La direzione della sinistra borghese spinge le masse popolari all’abbandono della lotta e della solidarietà e al cinismo!

 

La crisi della sinistra borghese apre spazi all’attività per la rinascita del movimento comunista!

Impedire con la mobilitazione di massa che la borghesia riesca a realizzare con il governo del circo Prodi quello che non è riuscita a realizzare con il governo della banda Berlusconi!

 

Rafforzare la struttura clandestina centrale del partito, moltiplicare il numero dei Comitati di Partito e migliorare il loro funzionamento, sviluppare il lavoro sui quattro fronti indicati dal Piano Generale di Lavoro!

 

Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!