Comunicato 12 dicembre 2005, anniversario della strage di Stato di Piazza Fontana

Strategia della tensione

Fare dell’Italia un nuovo paese socialista! Dare il nostro contributo a creare un nuovo mondo!
venerdì 30 dicembre 2005.
 

La crisi politica si aggrava e si allarga nel mondo, all’interno di ogni paese e nelle relazioni internazionali. Le istituzioni pubbliche funzionano sempre più a fatica. Il potere della borghesia imperialista sulle masse popolari è sempre più precario. Il prestigio della borghesia imperialista sulle masse popolari è in declino.

I re della finanza pretendono di governare il mondo. In realtà riescono solo a impedire che l’umanità risolva i problemi cui deve far fronte. L’oligarchia finanziaria è composta di pescecani tanto avidi quanto arretrati per le relazioni sociali che incarnano. Il movimento comunista è ancora debole, non si è ancora ripreso dalle sconfitte subite: proprio per questo la borghesia imperialista mette a nudo la sua vera natura, la sua vecchia naturale barbarie. I pescecani non riescono più nemmeno a intendersi tra loro. Ogni capitalista, ogni gruppo imperialista, ogni ricco, ogni prelato e ogni autorità mira a valorizzare il suo capitale. Si pestano i piedi a vicenda e complottano l’uno contro l’altro. Impongono in tutto il mondo e a tutti la regola che la ricchezza vale più della vita, che la vita serve ad accumulare ricchezze, che gli uomini e le donne sono strumenti (“variabili dipendenti”) degli affari dei capitalisti. Così rendono impossibili perfino le intese e le azioni coordinate più necessarie per far fronte a problemi urgenti ed evidenti a tutti: dalle epidemie alla disoccupazione, dal dissesto ambientale alla miseria, dalla povertà all’emarginazione, dalla criminalità all’abbandono di bambini, dall’ignoranza alla discriminazione delle donne, dall’abbrutimento morale alla prostituzione, dalla discriminazione razziale e sociale alla dissoluzione di ogni coesione sociale.

Libertà di licenziare e fare affari, libertà di ridurre salari e diritti democratici dei lavoratori e delle masse popolari, libertà di aumentare gli orari di lavoro e regolarli secondo l’andamento dei loro affari, libertà di ridurre pensioni e prestazioni sociali, libertà di alzare l’età della pensione e gli affitti, libertà di far pagare l’istruzione, la cultura e l’assistenza sanitaria, libertà di negare le medicine a chi non ha soldi per pagarle, libertà di saccheggiare le risorse naturali fino a esaurirle, libertà di inquinare l’ambiente fino a renderlo invivibile, libertà di imbrogliare, di intossicare le coscienze e di corrompere. Ecco cosa è la libertà per i capitalisti! La loro libertà è la nostra schiavitù e la nostra morte. I capitalisti sono arrivati al punto che per arricchirsi tagliano il ramo su cui sono seduti.

Sempre meno le masse popolari riconoscono qualche legittimità al potere della borghesia imperialista. Ogni volta che le Autorità borghesi chiedono a un individuo o a un gruppo sociale di rinunciare a qualche suo interesse particolare in nome del bene comune, esse mentono e imbrogliano. Non hanno alcuna cura del “bene comune”. Proprio esse impongono l’ordinamento sociale di una classe che per i suoi interessi particolari conduce in ogni angolo del mondo una guerra di sterminio non dichiarata che miete ogni giorno migliaia e migliaia di vittime tra la popolazione; l’ordinamento di una classe che distrugge ogni coesione e solidarietà tra individui e tra popoli con le leggi “naturali” della sua economia e del suo mercato, con le sue aziende che producono profitti invece di produrre beni e servizi per soddisfare bisogni e creare benessere, con le sue ristrutturazioni e le sue delocalizzazioni. Sulla loro bocca e sulle loro bandiere libertà è diventata sinonimo di arricchirsi, libertà di fare affari, libertà di sfruttare ed emarginare gli altri, libertà di licenziare e sfrattare, libertà di discriminare e opprimere, libertà di ridurre in schiavitù. Al giorno d’oggi la causa principale di ogni disordine, di ogni malessere, di ogni disgrazia è in definitiva l’ordinamento sociale borghese. Anche per le malattie e le disgrazie a cui un tempo non c’era rimedio, oggi è possibile trovare rimedio se si concentrano abbastanza sforzi e risorse nella ricerca... ma per questo occorrono soldi, dicono i capitalisti e le loro Autorità. Perché loro sono i padroni delle risorse, della ricerca e di ogni attività e le mettono in moto solo se ci guadagnano. Ogni colletta, ogni sottoscrizione per la ricerca o per una disgrazia, è di per sé la chiara denuncia che viviamo in un ordinamento arretrato e barbarico. Usare la potenza delle risorse sociali per porre fine a una malattia o rimediare a una disgrazia è possibile, ma occorre che i capitalisti e i loro cortigiani ci guadagnino.

Anche per i “paesi poveri” la causa principale della miseria, della disoccupazione, della corruzione, delle malattie, dell’abbrutimento, delle dittature e delle guerre che li schiacciano, è la dominazione dei gruppi imperialisti. Essi per fare i loro affari contrastano senza scrupoli e con ogni mezzo ogni movimento di emancipazione sociale, di rinnovamento culturale e di liberazione nazionale. I paesi poveri in realtà sono paesi oppressi dai gruppi imperialisti, dagli Stati imperialisti e dai loro manutengoli locali. I paesi poveri non hanno bisogno degli “aiuti” e dell’attenzione dei gruppi e Stati imperialisti. Hanno bisogno di liberarsi dalla loro oppressione e dal loro controllo. Il maggiore aiuto che possono ricevere è che nei paesi imperialisti rinasca un movimento comunista capace, questa volta, di porre fine al sistema imperialista mondiale. Essi a loro volta stanno già dando un grande aiuto alle masse popolari dei paesi imperialisti: con le guerre popolari rivoluzionarie che sono in corso in alcuni paesi, con la resistenza eroica e accanita alle aggressioni e alle manovre degli imperialisti che si sviluppa in altri, in particolare nei paesi arabi e musulmani, dalla Palestina, all’Iraq, all’Afghanistan.

Alcuni pensano che oggi una nuova guerra interimperialista sia impossibile. È solo perché non riusciamo a immaginare come ci si potrebbe arrivare, come potrebbe svolgersi. Ma anche prima di ognuna delle precedenti guerre mondiali si diceva la stessa cosa. In realtà la borghesia imperialista per i suoi interessi e per fare i suoi affari non può che mobilitare una parte delle masse popolari contro le altre, portare le masse popolari dei paesi imperialisti ad aggredire le masse popolari dei paesi oppressi, mobilitare le masse popolare di un paese imperialista contro le masse popolari di altri paesi imperialisti: dalla guerra commerciale, monetaria, finanziaria alla guerra combattuta con le armi. La realtà ha già più volte superato l’immaginazione. La supererà ancora se non interrompiamo il corso verso cui la borghesia imperialista ci sospinge, se non cambiamo strada.

Cambiare strada è del tutto possibile. Ma riusciremo a farlo solo se cambiamo l’ordinamento della nostra società, solo se instauriamo il socialismo: aziende che producono beni e servizi per soddisfare bisogni e creare benessere con relazioni politiche e sociali e una cultura corrispondenti. Non basta lottare per imporre ai capitalisti di fare questo e quello, lottare per costringere le loro Autorità a soddisfare questa o quella rivendicazione, a non toccare questo o quel diritto. Le masse popolari riescono a difendere e allargare le loro conquiste, a far valere i loro interessi contro i capitalisti e i loro governi con tanto più successo quanto più forte e convinta è la loro lotta per un nuovo ordinamento sociale, la loro lotta per instaurare il socialismo e un sistema di relazioni internazionali corrispondenti.

Se gli operai non hanno altra prospettiva che dipendere dai capitalisti, le parole d’ordine di imporre questo o quello ai padroni, alle loro Autorità e ai loro governi, sono ingenue illusioni, velleità, imbrogli o demagogia; in definitiva: i lavoratori sono condannati a lavorare e combattere per il successo dei loro padroni. “Se il tuo padrone vince sugli altri, anche tu starai meglio. Devi aiutare il tuo padrone a fare buoni affari, a sfruttare più e meglio degli altri padroni, a essere più forte degli altri nella spartizione del bottino, a dominare altri popoli e paesi”: oggi ogni politica contraria a instaurare il socialismo, in sostanza si riduce a questo. A lottare per i padroni contro altri lavoratori e mettersi nelle mani dei padroni.

Alcuni che pur si dicono comunisti, non hanno alcun progetto, linea o strategia per instaurare il socialismo, non hanno alcuna fiducia che sia possibile in un futuro prevedibile costruire nuovi paesi socialisti, rinnegano l’esperienza dei primi paesi socialisti, quando addirittura non li denigrano. Basti l’esempio di Cossutta e, peggio ancora, di Bertinotti. Gente di questo genere, dietro i lamenti che “gli operai non pensano più al Socialismo” nasconde la scelta di non promuovere tra gli operai e le masse popolari una coscienza comunista, la consapevolezza che instaurare il socialismo è possibile, che instaurare il socialismo è necessario. Nasconde la rinuncia a svolgere il ruolo che il partito comunista deve svolgere perché l’indignazione, il malcontento e le rivolte delle masse popolari diventino un movimento rivoluzionario e confluiscano nella rivoluzione socialista. Nasconde la rinuncia a mobilitare gli operai avanzati perché diventino l’avanguardia organizzata della loro classe e la direzione della rivoluzione socialista. Fingono di non sapere che le rivoluzioni socialiste non avvengono spontaneamente: esse sono il frutto del movimento spontaneo promosso, fecondato e orientato dall’azione cosciente e organizzata del partito comunista.

La rivoluzione socialista è del tutto possibile, la storia lo ha mostrato e gli avvenimenti correnti lo confermano con mille indizi e sintomi, da cento lati. Ma perché possa effettivamente farsi, occorre l’opera di un partito comunista all’altezza del suo ruolo storico. Il (nuovo)Partito comunista Italiano si è assunto il compito di diventare un simile partito. Per questo la borghesia ha fatto quanto poteva per impedirne il consolidamento e il rafforzamento.

L’Italia è pienamente e direttamente coinvolta nella crisi politica che in tutto il mondo giorno dopo giorno corrode il sistema capitalista. Le risse vergognose nella banda Berlusconi e il circo Prodi, le loro mille querele petulanti e la sostanziale condivisione del “programma comune della borghesia imperialista” sono la manifestazione nazionale di quella crisi universale. La più importante particolarità italiana, nell’attuale crisi politica, ciò che la distingue dalla crisi negli altri paesi, è il potere del Vaticano, la cappa di piombo che il potere pontificio, teocratico e irresponsabile, fa gravare sul nostro paese da quattro secoli a questa parte. Questa crisi politica costringe ora il Vaticano a scendere in campo in prima persona o mette meglio in luce il suo potere malefico che da secoli debilita l’organismo del nostro paese. La borghesia non solo non lo ha eliminato durante il Risorgimento nazionale, ma, per mantenere sottomessi i lavoratori, se ne è fatto uno scudo, poi un alleato e infine, col fascismo si è messa nelle sue mani. Ne ha fatto il governo occulto del paese. L’attuale crisi lo fa finalmente uscire allo scoperto.

Il Vaticano è il centro principale di aggregazione politica e di forza della borghesia nel nostro paese. Il Vaticano non è una questione di religione. È una questione di sfruttamento, di potere economico, di potere politico, di abbrutimento culturale e morale. Il Vaticano sfrutta la religiosità, i sentimenti e le paure delle masse popolari per tenere in piedi l’ordinamento sociale capitalista. La banda Berlusconi e il circo Prodi gareggiano a ballare la musica suonata dal Vaticano. La crisi politica del loro regime acuisce le loro beghe intestine e unisce tutti questi signori in una comune battaglia per la sopravvivenza e in un comune destino.

Questa ciurma ubriaca non solo impedisce la soluzione anche dei problemi più urgenti delle masse popolari italiane, ma prepara nuove sciagure per l’immediato futuro. Berlusconi per i suoi interessi personali ha bisogno di restare al governo del paese. Per i suoi padrini USA e sionisti non c’è soluzione governativa più sicura. Il circo Prodi è un avversario compiacente, legato da mille interessi comuni alla banda Berlusconi, ai padrini USA e sionisti. Simile situazione è il terreno ideale per la strategia della tensione. È del tutto probabile che Berlusconi cercherà di rovesciare a suo favore l’esito delle prossime elezioni con una campagna terroristica che addebiterà agli islamismi o agli anarco-comunisti. Ne ha bisogno, ne ha tutti i mezzi, non ha scrupoli a usarli, sa bene che può contare sull’omertà del circo Prodi che non oserà affrontare uno scontro di questo genere: quello che è successo dopo il tentato colpo di mano di Genova 2001 lo garantisce. Questa è una ulteriore buona ragione per cui è importante e urgente che i comunisti del nostro paese nella prossima campagna elettorale scendano con più forze possibile sul terreno della lotta politica borghese, con liste elettorali proprie, distinte da quelle del Circo Prodi. Per prevenire la strategia della tensione occorre infatti denunciarne con forza da subito il pericolo, ma soprattutto occorre non lasciare alcun dubbio al circo Prodi che la sua connivenza e compiacenza saranno denunciati senza riserva alcuna. Una campagna elettorale vigorosa delle liste comuniste che denuncia la collaborazione e la connivenza del circo Prodi con la banda Berlusconi, la condivisione del “programma comune della borghesia imperialista” è il mezzo più sicuro per cacciare la banda Berlusconi dal governo e anche per far compiere un salto in avanti alla rinascita del movimento comunista, unica via per portare il nostro paese fuori dal marasma attuale.

Gli operai possono e devono mettersi alla testa della ribellione delle masse popolari contro l’attuale ordinamento sociale e guidarlo a instaurare il socialismo. La particolare posizione sociale della loro classe li spinge a unirsi e a contrapporsi ai padroni. Essi hanno una importante tradizione ed esperienza di organizzazione e di lotta e una coscienza politica molto sviluppata dalla prima ondata della rivoluzione proletaria. Su questo fa leva e deve far leva il (n)PCI per farne la classe dirigente della lotta delle masse popolari per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Rivolte scoppiano in più posti tra le masse popolari e altre ne sorgeranno, tanta è l’ingiustizia dell’ordine che la borghesia ci impone: dai fuochi delle periferie francesi alla mobilitazione Anti TAV della Valle di Susa. Queste rivolte sono importanti e salutari. Rendono manifesta la precarietà del potere della borghesia e la accrescono: dobbiamo fare di esse una scuola di rivoluzione. I nostri discorsi e le nostre aspirazioni a un mondo nuovo e i nostri propositi di costruirlo sarebbero castelli in aria se il vecchio mondo non esplodesse spontaneamente ora qui ora là, se dal suo interno non avvenissero scoppi ripetuti di questo genere. Quali che siano i risultati immediati. L’importanza di questi scoppi va ben oltre essi. Chi condanna questi scoppi o ne prende le distanze, se è in buona fede, è uno sciocco pedante, non capisce nulla di come si va verso una rivoluzione. Questi scoppi sono importanti, ancora più che per i loro risultati immediati, perché scuotono la fiducia nell’ordine attuale, suscitano nelle masse che vi partecipano coscienza della propria forza, educano nuove leve alla lotta contro gli oppressori, ricreano un terreno favorevole allo sviluppo delle forze rivoluzionarie. Certo, anche i reazionari cercano di approfittarne per serrare le proprie fila. Ma la cosa più importante è che in questi scoppi i veri comunisti imparano a mettersi alla testa di tutti quelli che per i motivi più diversi trovano intollerabile l’attuale situazione e incanalano la loro rivolta sulla via della rivoluzione socialista: nel socialismo gli interessi di tutti i gruppi delle masse popolari possono avere una giusta risposta. Questi scoppi diventano storicamente importanti proprio perché i comunisti li connettono gli uni agli altri e fanno di essi dei passi nel cammino dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie che conduce alla guerra contro la borghesia imperialista.

Da tutto ciò risulta che la questione decisiva ai fini della lotta contro la borghesia imperialista e dell’instaurazione del socialismo è la costruzione di un partito comunista all’altezza del suo compito. Cioè di un partito comunista che 1. ha la concezione del mondo più avanzata e rivoluzionaria, oggi il marxismo-leninismo-maoismo, 2. unisce nelle sue fila gran parte degli esponenti d’avanguardia della classe operaia (gli operai avanzai), 3. è l’organizzazione clandestina dei comunisti: coesa, disciplinata e funzionante sulla base del centralismo democratico, 4. ha come metodo principale di lavoro la linea di massa, 5. ha la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata come strategia per dirigere la classe operaia alla conquista del potere, 6. è capace di articolare la sua strategia in linee particolari e in tattiche adatte alle varie situazioni, 7. è capace di contenere l’influenza che la borghesia cerca di esercitate nelle sue fila, in particolare sui suoi dirigenti, con tanta più forza e iniziativa quanto più inutili si rivelano gli altri mezzi impiegati per ostacolare l’instaurazione del socialismo (la lotta tra le due linee nel partito). È naturale che la borghesia cerchi in tutti i modi di impedire la nascita, il consolidamento e il rafforzamento di un simile partito. La forza con cui la borghesia si scaglia contro un simile partito è il riconoscimento che esso è una minaccia per il potere della borghesia imperialista e un elemento di forza per la classe operaia e il resto delle masse popolari. La persecuzione della borghesia imperialista è un onore e un riconoscimento del partito comunista.

Alcuni compagni pensano di poter vincere la borghesia e instaurare il socialismo senza far fronte alla repressione. Noi invece dobbiamo imparare e insegnare a far fronte alla repressione, a resistere alla repressione, a continuare il nostro lavoro nonostante la repressione, ad usare con maestria ogni colpo che la borghesia porta contro di noi per rafforzare il partito comunista e indebolire la borghesia. Dobbiamo fare in modo che la resistenza del partito comunista alla repressione faccia sempre più nettamente del partito comunista il centro di raccolta di tutte le forze che vogliono farla finita con l’attuale ordinamento della società. Dobbiamo fare in modo che, grazie a questo ruolo del partito comunista, la resistenza delle masse popolari al progredire della crisi generale del capitalismo e la loro resistenza alla repressione assumano sempre più i caratteri della guerra civile contro la borghesia imperialista. Cercare di porre fine alla repressione senza porre fine al dominio della borghesia imperialista è sbagliato, perché è impossibile, a meno che rinunciamo ad opporci alla borghesia e tradiamo gli interessi delle masse popolari. Dobbiamo, questo si, coltivare e trasformare l’indignazione delle masse popolari e il loro dolore per le perdite che la borghesia causa nelle nostre fila, in volontà di lottare fino a farla finita con il suo potere. Dobbiamo annodare ogni forma di opposizione, ogni slancio di lotta, ogni rivolta e fare di ognuno di questi moti una battaglia della guerra generale contro la borghesia imperialista.

Non dobbiamo spaventarci delle perdite che subiamo. Alcuni compagni pensano di poter fare la guerra alla borghesia imperialista senza subire perdite. Hanno una concezione un po’ simile a quella degli imperialisti USA che pensavano di fare la guerra con “perdite zero”. Purtroppo alcuni di noi cadranno prima di vedere la vittoria. Ma avremo sempre meno caduti nella guerra di sterminio non dichiarata che, questa sì, costa perdite solo al nostro campo. Dobbiamo raccogliere e onorare i nostri caduti, perpetuare il loro ricordo, raccogliere l’insegnamento del loro sacrificio, fare in modo che non siano caduti invano, portare la nostra comune lotta fino alla vittoria. Dobbiamo nello stesso spirito praticare e promuovere la solidarietà con i compagni prigionieri e con i compagni bersagliati dalla borghesia. Dobbiamo contrastare con accanimento e astuzia ogni operazione repressiva della borghesia imperialista. La lotta condotta per la liberazione del giovane compagno Angelo D’Arcangeli è un buon esempio della linea da seguire. La conferma della bontà della linea seguita non sta solo nel successo della sua liberazione (sia pure sotto controllo giudiziario), ma sta principalmente nella crescita dell’organizzazione e della coscienza politica delle masse popolari e nel rafforzamento, nel contesto, del Partito: in sintesi nel contributo alla rinascita del movimento comunista.

Se impariamo a resistere alla repressione a trasformare in vittoria ogni attacco del nemico, allora certamente condurremo con sempre maggiore vigore e slancio, con meno riserve, la lotta sui quattro fronti del Piano Generale di Lavoro. Le forze ausiliarie della borghesia cercano di appianare i contrasti di classe, di isolare ogni focolaio di lotta e spegnerlo, di riportare la calma, la rassegnazione e l’impotenza. Il compito di noi comunisti è il contrario. Dobbiamo fare in modo che ogni focolaio di lotta dia il massimo contributo all’incendio generale che solo può cambiare la condizione delle masse popolari. Il lavoro dei Comitati di Partito nel suscitare liste comuniste per le elezioni politiche e amministrative, nell’orientare e rafforzare le lotte rivendicative e le organizzazioni sindacali, nell’aggregare la classe operaia e le altre classi delle masse popolari, è di importanza fondamentale. In nessun campo dobbiamo dare tregua alla borghesia. Ma soprattutto dobbiamo promuovere la rinascita del movimento comunista tra la classe operaia. Nessuna rivoluzione socialista è possibile senza un movimento operaio ben organizzato e, soprattutto, con un saldo orientamento rivoluzionario. La società borghese è di per se stessa una caldaia sotto pressione: dobbiamo lavorare contemporaneamente sia per far aumentare la pressione, perchè finché la caldaia non scoppia non ci sarà cambiamento, sia per dare una salda direzione operaia alle forze rivoluzionarie le più diverse. Affinché allo scoppio segua l’instaurazione del socialismo dobbiamo raccogliere incessantemente le forze rivoluzionarie che maturano e, grazie all’attività di queste, far maturare altre forze. Così nelle lotte di oggi creiamo la rivoluzione socialista.

Assimilare e applicare la concezione del mondo e la linea del Partito!

Realizzare senza riserve il Piano Generale di Lavoro del Partito: resistenza alla repressione, intervento sul terreno della lotta politica borghese (liste comuniste), lotte rivendicative e sindacali, aggregazione delle masse popolari!

Mobilitare le masse popolari del nostro paese in solidarietà con le lotte dei popoli oppressi, in particolare con la lotta dei popoli arabi e musulmani: della Palestina, dell’Iraq, all’Afghanistan!

Impariamo dagli esempi più avanzati di guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata: dal marxismo-leninismo-maoismo!

Solidarietà con tutti i rivoluzionari prigionieri nelle carceri dei paesi imperialisti!

Solidarietà con i prigionieri del (nuovo)Partito Comunista Italiano!

Costruire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!