La Voce 30 - Lettere alla redazione

09.01 - Rivoluzione ed emancipazione delle donne

sabato 1 novembre 2008.
 

Cari compagni della Redazione,

sono una compagna della “carovana” del (n)PCI e vi scrivo per trattare con voi alcune questioni che nell’ultimo periodo sono l’oggetto centrale delle mie riflessioni. Ho letto recentemente il libro della compagna Parvati del PCN(m): è un libro bellissimo, ricco di insegnamenti, che illustra in maniera chiara il ruolo importantissimo delle donne proletarie nel processo rivoluzionario e, allo stesso tempo, l’importanza del processo rivoluzionario per l’emancipazione delle donne.

Questo libro fornisce inoltre degli interessanti spunti di riflessione e analisi per quanto riguarda i limiti che le donne devono superare per diventare comuniste. Voglio soffermarmi su questo aspetto.

La compagna Parvati dice che le donne tendono ad essere rivendicative e, anche, che tendono a mettere davanti i legami affettivi, personali rispetto all’aspetto politico. Leggendo questi due concetti, ho riflettuto molto su di me e alla fine, nonostante il mio orgoglio si opponesse, sono giunta a riconoscere anche in me questi due aspetti.

Da un lato, infatti, tendo a “battere i piedi”, ad essere rivendicativa, a pretendere rispetto e riconoscimento da parte dei compagni del mio collettivo e da parte di quelli che dirigo, a pretendere che facciano questo o quello anziché cercare di capire perché non lo fanno, fare analisi concreta della situazione concreta, individuare le tendenze positive su cui intervenire per superare quelle negative e tracciare una linea di intervento sui miei compagni per trasformare la situazione. Insomma, assumere un ruolo dirigente e non rivendicativo, agire come agente trasformatore della realtà e non come qualcuno che pretende che la realtà si conformi ai propri desideri, d’incanto. Questo in effetti è soggettivismo.

Dall’altro, riconosco anche che tendo a mettere al centro i legami affettivi, personali anziché l’aspetto politico. Tendo cioè a creare dei legami personali con i compagni che dirigo, subordinando il politico al personale. In realtà però dovrebbe essere il contrario: il politico deve dirigere il personale. Certo, non avviene con tutti i compagni che dirigo, però avviene.

Questa situazione produce la seguente dinamica: quando per via del mio essere rivendicativa mi arrabbio con alcuni compagni e accumulo stress, frustrazione, perché non fanno questo o quello, mi rivolgo ai compagni che dirigo e con cui ho creato un legame personale, aprendomi con loro e sfogandomi della mia frustrazione, stress, ecc. anziché trattare tutte queste questioni con il mio collettivo di appartenenza o con i miei dirigenti, per affrontare insieme la situazione e, in primo luogo, la mia trasformazione da dirigente rivendicativa in dirigente comunista. Ho resistenze a farlo, probabilmente per il mio personalismo e il mio orgoglio.

Nel frattempo però vedo che le cose che dirigo mi sfuggono di mano. Oscillo tra tre posizioni: dare la colpa ai compagni che dirigo e alle loro arretratezze; sostenere che ho troppe cose da fare e non riesco a star dietro a tutte; sostenere che l’aspetto principale per avanzare è costituito dalla mia trasformazione. Non vedo ancora la strada da seguire per trasformarmi e questo mi crea ancor più frustrazione e sbalzi d’umore. Inoltre, ho delle resistenze, come detto, a chiedere aiuto al mio collettivo e ad affrontare la questione con i miei dirigenti.

Vi sarei molto grata se voi mi deste dei consigli, un orientamento per uscire da questa situazione. Ho cercato su La Voce un articolo che trattasse queste questioni inerenti alla trasformazione delle compagne in dirigenti comuniste, ma non l’ho trovato. Magari la risposta a questa mia lettera potrebbe essere anche l’occasione per calare il discorso sulla CAT e sulla trasformazione nella situazione specifica delle donne, che, subendo la “doppia oppressione” (di classe e di genere), presenta alcuni tratti specifici. Forse potrebbe essere utile anche ad altre compagne, oggi o nel futuro. 

A pugno chiuso!

Palmira di Genova

 

Alla compagna consigliamo di studiare attentamente l’articolo di Anna M., Diventare comunisti , in questo numero. E di scriverci le sue note di lettura e riflessioni.