La Voce 8

Aristocrazia operaia

venerdì 6 luglio 2001.
 

Nell’accezione leninista, l’aristocrazia operaia non è costituita dagli operai meglio pagati (come sostengono Il Futuro, Rossoperaio e altri). La teoria di Il Futuro , RO, ecc. implica una “giusta distribuzione del reddito”, una “distribuzione egualitaria del reddito” in regime capitalista, per cui chi prende di più porterebbe via anche la parte che altrimenti andrebbe a chi prende di meno. Nella società capitalista non esiste ed è utopistica qualsiasi “giusta distribuzione del reddito”. Contano i rapporti di forza tra lavoratori e borghesia. Gli operai con i salari più alti in generale appartengono a categorie molto combattive che noi additiamo come esempio alle categorie con salari più bassi. Ogni conquista salariale o d’altro genere strappata alla borghesia da una categoria di lavoratori o dai lavoratori di un paese o di una regione, è un successo per tutti i lavoratori (indebolisce la borghesia imperialista, è di esempio e stimolo per gli altri lavoratori, ecc.). Altra cosa è promuovere la solidarietà dei lavoratori meglio organizzati e più combattivi verso i lavoratori più arretrati, meno organizzati, ecc. Ma ciò non ha nulla a che vedere con la questione della aristocrazia operaia. Anzi sono proprio i sindacati di regime (quindi una parte proprio dell’aristocrazia operaia) che dicono ai lavoratori dei paesi imperialisti che devono moderarsi perché prendono già molto di più dei lavoratori delle semicolonie e degli ex paesi socialisti, che dicono ai lavoratori delle categorie con salari più alti che devono moderarsi perché prendono di più di quelli delle categorie con salari più bassi, che predicano il livellamento al minimo.

L’aristocrazia operaia è costituita da quella escrescenza del movimento operaio formata da: 1. funzionari e dirigenti delle organizzazioni operaie (partiti, sindacati, cooperative, casse mutue, enti assistenziali, ecc.), 2. giornalisti, scrittori e altri impiegati dei giornali, case editrici, ecc. del movimento operaio, 3. membri di parlamenti, consigli e altri enti locali in rappresentanza degli operai, 4. membri operai o “delegati degli operai” in comitati e commissioni paritetiche, consigli di amministrazione, commissioni miste di studio, ecc. La borghesia imperialista esercita una precisa opera di corruzione materiale e morale, economica e culturale verso questa massa considerevole di persone, le educa a ragionare come ragionano i capitalisti (compatibilità, razionalità, ecc. tutto nell’ambito e nell’orizzonte della società attuale, quindi degli interessi della borghesia imperialista), li ammette a godere delle briciole del suo potere, del suo benessere, della sua cultura e dei suoi privilegi. Quei membri dell’aristocrazia operaia che si lasciano corrompere e si dimostrano capaci e affidabili, la borghesia li ammette a far parte della “classe dirigente” del paese. Li privilegia nella gestione delle conquiste dei lavoratori (sono i primi nelle liste per assegnazione di case popolari, di premi di ogni genere, stock options, ecc.), li ammette a partecipare alle speculazioni finanziarie, a costituire società che sfruttano alcune nicchie del mondo degli affari, alcune previdenze contemplate dalla legge ma che il gran pubblico non conosce e non è comunque in condizioni di sfruttare, li favorisce con articoletti e modifichette delle leggi che passano quasi inosservate (contributi figurativi, previdenze per quello o quel caso tagliato su misura, ecc.). I fondi pensione sono una nuova grande esca per corrompere l’aristocrazia operaia e renderla meno dipendente dalla quota e dal consenso degli operai.

Nei paesi imperialisti l’aristocrazia operaia così intesa è numerosa (in Italia probabilmente alcune centinaia di migliaia di persone) e costituisce un’alta percentuale dei membri dei partiti “di sinistra” (DS, PRC, PdCI, Verdi, ecc.). Essa ha un’influenza sociale molto superiore al suo peso numerico. Ognuno dei suoi membri parlando con i giornali, con la TV, ecc. parla contemporaneamente a migliaia di persone, quindi la sua voce risuona come quella di migliaia di lavoratori semplici; ha prestigio, sa districarsi nei meandri della pubblica amministrazione costruita appositamente in modo che il semplice lavoratore si perda: anche questo aumenta il suo influsso, il suo prestigio e il suo potere. A differenza del borghese, il membro dell’aristocrazia operaia ha modi di fare, relazioni, linguaggio, amicizie e frequentazioni che lo mettono a contatto con la massa della popolazione e gli permettono di fare quel lavoro di persuasione, di divisione, di corruzione morale, ecc. che il borghese direttamente non potrebbe fare.

Umberto C.



 

Manchette

 

Dalle Tesi di Lione - Tesi sindacali

(3° congresso del Partito comunista d’Italia, sezione della Internazionale Comunista, gennaio 1926)

 

13. La difesa dei sindacati di classe è per i comunisti, dopo l’introduzione del regime sindacale fascista, compito e parola d’ordine fondamentale. Il valore di questa parola d’ordine sta nel fatto che essa si collega direttamente a tutta la lotta che il Partito comunista ha condotto nel campo sindacale fin dalla sua costituzione, contro gli avversari della lotta di classe: da una parte i fascisti, dall’altra i riformisti e i massimalisti. Essa non significa quindi abbandono o meno ostinata difesa delle posizioni di principio tenute e difese fino ad ora dai comunisti contro gli alleati della borghesia che si annidano in seno alle organizzazioni stesse del proletariato. Il mettere in prima linea la parola d’ordine della difesa dei sindacati di classe significa che oggi questa è ritenuta dai comunisti l’esigenza fondamentale del movimento operaio e che ad essa quindi vanno collegati gli sforzi per proclamare, difendere e attuare in seno ai sindacati il programma e il metodo della lotta di classe rivoluzionaria.

I comunisti denunciano come controrivoluzionario e da combattersi con la più grande risolutezza ogni tentativo di approfittare della odierna situazione per scindere l’unità dei sindacati di classe, l’unità della Confederazione Generale del Lavoro e delle Federazioni di mestiere che vi aderiscono. La Confederazione Generale del Lavoro e i sindacati confederali sono il centro in cui l’unità organica del proletariato italiano si è realizzata storicamente e deve essere mantenuta in qualsiasi condizione. Spezzare questa unità vorrebbe dire spezzare la continuità del processo di sviluppo del movimento operaio italiano.

La difesa dei sindacati di classe deve però, in qualsiasi condizione e sotto qualsiasi regime, ottenersi raccogliendo attorno alla Confederazione e alle organizzazioni confederali la massa dei lavoratori delle officine e degli operai agricoli. I comunisti chiedono ai dirigenti la Confederazione di dare ai sindacati una struttura che consenta questo collegamento continuo con le masse, sia con mezzi "legali", sia mediante forme di organizzazione segreta. Ogni rifiuto di adottare misure adeguate a questo scopo, ogni lentezza, ogni passività, verrà dai comunisti denunciata come una forma di acquiescenza al piano reazionario del capitalismo e del fascismo e una pratica collaborazione all’attuazione di esso.

La campagna dei comunisti per la difesa dei sindacati classisti sarà svolta direttamente tra le masse delle officine, come continuazione della campagna che da due anni il Partito comunista conduce per il ritorno degli operai ai sindacati e per la conquista di essi alla lotta di classe. I comunisti si sforzeranno di tenere collegati nelle officine stesse gli operai conquistati al programma di difesa delle organizzazioni di classe e di costringere i dirigenti sindacali a legare strettamente con le officine la nuova struttura che i sindacati dovranno darsi per poter continuare a vivere e funzionare nella nuova situazione.

14. La difesa dei sindacati di classe si collega direttamente con l’azione che i comunisti devono condurre per realizzare di fatto, nella Confederazione del Lavoro, l’unità sindacale. I problemi da considerare in questo, campo sono i seguenti:

- il problema di portare nel campo confederale quegli strati di operai e di salariati agricoli che ancora aderiscono, sia pure attraverso un minimo di legami organizzativi, all’Unione sindacale. L’Unione sindacale, se non rappresenta oggi una forza effettiva, può rappresentarla in una situazione diversa e diventare un’arma in mano dei fascisti per disgregare il movimento operaio. L’interesse della rivoluzione domanda che questa organizzazione scompaia. Dovrà perciò essere intensificata una apposita propaganda nelle zone dove il sindacalismo anarchico è ancora forte;

2° - il problema di portare ai sindacati classisti le masse di lavoratori organizzate e controllate dai cattolici. (...)

(Da Il congresso di Lione , Domenico Savio editore, a cura di A. Serafini)

 

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Come iniziare, simultaneamente, da più parti

la creazione dell’organizzazione che ci è necessaria?

 

Preparare il congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano vuole dire in sostanza due cose: 1. definire il Programma (e lo Statuto) del partito: 2. creare le organizzazioni del partito, i cui delegati terranno il congresso che approverà il Programma e lo Statuto ed eleggerà il comitato centrale del partito. Le FSRS e i lavoratori avanzati che condividono questo progetto devono costituire organizzazioni clandestine e iniziare il lavoro seguendo le indicazioni date nel n. 1 di La Voce e le altre che la CP dà sulla base dell’esperienza che via via raccoglie. Non aspettare di stabilire il rapporto con la CP per iniziare il lavoro. Il rapporto si stabilirà successivamente, col tempo e nei modi opportuni, sulla base del lavoro che ogni organizzazione locale avrà iniziato a svolgere.

 

 

 

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