La Voce 19

13 - Sviluppare sistematicamente il lavoro sindacale

giovedì 1 marzo 2007.
 

Terzo fronte

Sviluppare sistematicamente il lavoro sindacale

Il lavoro sindacale è la parte più importante del lavoro sul terzo fronte del Piano generale di lavoro del Partito per questo periodo. Esso riguarda 15 milioni di lavoratori dipendenti: 7 milioni di operai e 8 milioni di proletari che lavorano alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, di enti senza fine di lucro, di aziende familiari, cooperative o artigianali. Ogni Comitato di Partito (CdP) aziendale deve occuparsi, tra i propri compiti istituzionali, di dirigere (secondo la linea di massa) l’attività sindacale dei lavoratori della sua azienda. Ogni CdP territoriale deve occuparsi, tra i propri compiti istituzionali, di dirigere (secondo la linea di massa) l’attività sindacale dei lavoratori delle aziende e le strutture sindacali del proprio territorio. Questo è il quadro generale. Bisogna investirlo sistematicamente, passo dopo passo, secondo le nostre forze e tenendo conto dei punti di partenza. Iniziare da quello che sappiamo e con una accurata rassegna delle forze (compagni, collaboratori, contatti, conoscenti). Fissare gli obiettivi (che inizialmente, nei casi più arretrati, possono anche essere solo obiettivi d’inchiesta) e disporre nel modo migliore, con un piano di lavoro sindacale, le forze da cui partiamo. Concretamente bisognerà, nella maggior parte dei casi, combinare l’appello generale, l’orientamento generale (relativo ad una lotta sindacale già in corso come il rinnovo del contratto nazionale del metalmeccanici, ad una questione sindacale già dibattuta come il furto del TFR, ecc.) con l’azione particolare e specifica: a livello aziendale, di reparto, di struttura sindacale.

Vari principi della nostra azione nel campo sindacale sono stati indicati da tempo (il sindacato scuola di comunismo, fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo, ecc.). Si tratta ora, man mano che si entra nel concreto, di assimilarli nuovamente e di verificarli alla luce della pratica.

Altri è bene che siano fissati, anche se non sono del tutto novità.

Per i lavoratori dipendenti (i proletari), e in particolare per gli operai, l’attività e l’organizzazione sindacali sono indispensabili. La loro posizione nella società li costringe ad esse. È un punto di forza degli operai, uno degli elementi che concorrono a fare della classe operaia la classe che può dirigere tutto il resto delle masse popolari. Anche la borghesia si è dovuta arrendere all’evidenza e, dall’opposizione all’organizzazione e all’attività sindacale, ha dovuto ripiegare sul controllo: cerca di dirigere l’organizzazione e l’attività sindacale tramite il clero, i poliziotti, i riformisti. Si sono moltiplicati i sindacati filopadronali, clericali, diretti da poliziotti o mafiosi, riformisti e revisionisti. Corruzione, influenza di classe e manovre si intrecciano.

La creazione e la militanza in sindacati alternativi, minoritari, ecc. in molte situazioni è una necessità imposta dalla repressione: gli agenti della borghesia espellono i comunisti e i lavoratori combattivi dal sindacato, approfittano della loro posizione per violare la volontà dei lavoratori, ecc. Ma noi comunisti usiamo la costruzione di sindacati alternativi come mezzo per combattere per l’unità sindacale dei lavoratori in un unico sindacato democratico, dove decidano i lavoratori.

L’unità dei lavoratori nell’azione sindacale è un bene prezioso. Noi comunisti siamo per l’unità sindacale, per l’unità di tutti i lavoratori in un’unica grande e forte organizzazione sindacale che difenda senza riserve gli interessi dei lavoratori contro i padroni. Per raggiungere o mantenere l’unità dei lavoratori nell’azione sindacale siamo disposti a accantonare anche ragioni e idee giuste. Proprio perché sono giuste, prima o poi riusciremo a farle diventare patrimonio della massa dei lavoratori.

Siamo contro la direzione e le manovre di poliziotti, preti, chierichetti, riformisti, revisionisti e altri agenti della borghesia nei sindacati. Siamo per un sindacato democratico, in cui i lavoratori decidono. I sindacati sono dei lavoratori, combattiamo ogni usurpazione e prevaricazione.

Siamo sicuri, e l’esperienza lo ha confermato più volte nelle condizioni più diverse, che noi comunisti, organizzati in partito, possiamo contrastare e battere l’infiltrazione, l’influenza e le manovre della borghesia per controllare l’attività e l’organizzazione sindacali dei lavoratori. Noi comunisti possiamo costringere i Pezzotta, gli Epifani, gli Angeletti e chi per loro a fare cose che non vorrebbero fare o ad andarsene, a secondo delle circostanze. Ricordiamo sempre che la prima rivoluzione russa prese spunto da iniziative promosse da sindacati montati da poliziotti (Zubatov) e preti (Gapon). Epifani, Pezzotta e Angeletti non sono peggio di Zubatov e Gapon!

Le sconfitte che l’opposizione sindacale di sinistra ha subito sono dovute, in generale, alla mancanza di un vero partito comunista e alle concezioni e metodi non comunisti della maggior parte degli oppositori. Noi comunisti 1. siamo agenti del partito: la lotta di ognuno di noi nel campo sindacale è una parte dell’azione complessiva del partito e si avvale del supporto ideologico, politico e organizzativo del partito; 2. dobbiamo far leva sull’interesse della massa dei lavoratori; 3. dobbiamo sfruttare il fatto che i funzionari sindacali (l’aristocrazia operaia) o ha seguito e prestigio tra i lavoratori o non è buona neanche per la borghesia: quindi è tutto fuorché forte e autonoma. Oggi è asservita alla borghesia perché il movimento comunista è debole.

La crisi generale del capitalismo porta inevitabilmente la borghesia a cercare di eliminare le conquiste che i lavoratori le hanno strappato: ridurre i salari e le pensioni, a limitare il diritto di sciopero (con restrizioni, clausole, preavvisi, mediazioni, multe, ecc.) e ogni altro diritto (giusta causa, ecc.), prolungare l’orario di lavoro, variare il calendario a danno dei lavoratori, aumentare il costo della vita, trasformare tutti i servizi pubblici in merci a pagamento, ecc. Flessibilità del lavoro vuole semplicemente dire libertà per i padroni di assumere e licenziare, di fissare i salari al di fuori di contratti collettivi e leggi, di cambiare le mansioni e fissare orari e calendari. Per il salario e le condizioni di lavoro (orario, calendario, ritmi, sicurezza, ecc.), per ogni cosa, l’operaio si scontra direttamente con il profitto del capitalista (benessere dell’operaio e profitto del capitalista sono inversamente proporzionali). L’unica arma su cui i capitalisti e in generale i padroni possono far leva è la divisione e la contrapposizione tra lavoratori. La borghesia cerca sistematicamente in ogni situazione e di fronte ad ogni problema di trasformare la contraddizione tra lei e i lavoratori in contrasti tra lavoratori.

Compatibilità (con il bilanci aziendali, con i bilanci della pubblica amministrazione, con la competitività delle aziende, ecc.) e concertazione (tra padroni, il governo dei padroni e le direzioni sindacali asservite ai padroni) sono le due leggi che la borghesia cerca di imporre nell’attività sindacale. La borghesia non ha nulla da offrire ai lavoratori. Non a caso deve limitare le libertà sindacali e il diritto di sciopero: ma i lavoratori si organizzavano e scioperavano ben prima di strappare ai padroni libertà sindacali e diritto di sciopero. La controriforma difficilmente passerà.

Questi e altri criteri generali dobbiamo via via elaborarli, raccoglierli e usarli nella nostra attività sindacale, rendendoli sempre più ricchi e fecondi.

Riccardo A.