La Voce 18

02 - Viva il (nuovo)Partito comunista italiano

venerdì 2 febbraio 2007.
 

Risoluzione della Commissione Preparatoria allargata

 

Abbiamo costituito la Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista nel gennaio 1999. Allora dicemmo che “con la costituzione della CP si apriva una fase il cui il nuovo partito per un aspetto esiste già (esistono organizzazioni che operano in suo nome ed elaborano metodi e regole del suo funzionamento) e per un aspetto non esiste ancora”. A quasi sei anni di distanza da quella data la riunione della CP allargata ha fatto il bilancio del lavoro compiuto e l’analisi della situazione attuale e delle prospettive per il prossimo futuro e, dopo ampia consultazione, ha raggiunto la decisione di dichiarare conclusa quella fase della costruzione del partito e aperta una nuova fase, quella del “consolidamento e rafforzamento del partito”. Abbiamo preso questa decisione perché, nonostante il lavoro compiuto nei quasi sei anni trascorsi e i risultati ottenuti, non sono riunite le condizioni necessarie per tenere il congresso di fondazione del partito e riteniamo che non lo saranno neanche nell’immediato futuro. D’altra parte riteniamo che “il partito che esiste già” debba in qualche missura cambiare il carattere della sua attività, stante il livello raggiunto dalla costruzione, i problemi che la sua ulteriore prosecuzione presenta, le caratteristiche assunte dalla situazione politica del nostro paese.

Decidiamo quindi che la Commissione Preparatoria cessa di esistere e creiamo una Commissione Provvisoria (CP) cui diamo l’incarico di

1. dirigere, in conformità al Piano generale di lavoro approvato, fino al suo primo congresso il lavoro centrale del partito finora diretto dalla Commissione Preparatoria,

2. pubblicare il Manifesto Programma e lo Statuto del partito, che noi adotteremo, fatto salvo il potere del primo congresso del partito di cambiarli,

3. sviluppare il legame con le organizzazioni locali e periferiche del partito già esistenti e con quelle che si formeranno, esercitando su di esse la direzione che nelle condizioni attuali riuscirà ad esercitare grazie alla sua autorevolezza, in conformità al Piano generale di lavoro approvato,

4. preparare e convocare al più presto possibile il primo congresso del partito a cui rimetterà tutti i suoi poteri.

 

Il lavoro compiuto dalla costituzione della Commissione Preparatoria a oggi ha confermato la bontà della linea di costruzione del partito (il piano in due punti) intrappresa nel 1999, ma ha anche messo in luce che le nostre previsioni peccavano per ottimismo: rispetto ad esse, la costruzione procede più lentamente e incontra difficoltà maggiori. Era giusto e necessario avere un piano preciso di costruzione anziché lasciare la costruzione nel vago delle proclamazioni e delle aspirazioni come è prassi di varie FSRS. Ma è giusto e necessario anche imparare dall’esperienza nel corso della realizzazione del piano di costruzione e apportare le variazioni che la pratica rende necessarie.

La Commissione Preparatoria ha ottenuto buoni risultati nel lavoro centrale, che essa ha curato direttamente.

- Ha promosso l’ulteriore elaborazione dell’analisi della situazione, della concezione, della linea, dei metodi di lavoro del partito: oggi siamo in grado di pubblicare il Manifesto Programma e lo Statuto del partito.

- Ha posto in molti campi le basi del lavoro organizzativo del partito nella clandestinità: sistema di reclutamento, selezione, formazione e promozione dei compagni ad incarichi di responsabilità; costituzione dei Comitati di Partito (CdP) e loro collegamento con il centro; raccolta di risorse intellettuali, economiche e d’altro genere; organizzazione di riunioni centrali e regionali.

- Ha creato e consolidato gli strumenti necessari a svolgere dalla clandestinità un ampio lavoro di propaganda (rivista periodica, comunicati, un sistema di corrispondenza, sito Internet) e lo ha svolto.

- Sul terreno delle relazioni internazionali, ha stabilito contatti di vario livello con un certo numero di partiti e organizzazioni comuniste e ha messo una parte importante della nostra esperienza a disposizione del movimento comunista internazionale (EiLE).

Grazie al successo di questo lavoro oggi il partito dispone di una concezione più matura e di una linea più sviluppata, di un gruppo di compagni che hanno acquisito una certa esperienza nel lavoro clandestino e nel lavoro pubblico, di un sistema di metodi e di strumenti per la sua esistenza clandestina e il suo lavoro pubblico, di risorse maggiori in vari campi, di un sistema di relazioni internazionali. Anche se non disponiamo ancora di collaudati criteri e strumenti per valutare il ruolo che il partito svolge nell’attività della classe operaia e nel movimento delle masse popolari, abbiamo tuttavia buoni motivi per ritenere che il partito eserciti un’influenza crescente e che riesca a dare più tempestivamente orientamento su scala crescente. Abbiamo impostato il sistema di raccolta e di centralizzazione dell’esperienza oggettiva e dello stato d’animo degli operai e degli altri membri delle masse popolari, alimento per l’elaborazione delle tattiche e della teoria del partito. Il collegamento con operai avanzati e con elementi avanzati di altre classi delle masse popolari ha compiuto i primi passi.

Quanto al lavoro degli organismi periferici del partito, i Comitati di Partito, nei quasi sei anni trascorsi un certo numero di CdP si sono costituiti secondo il criterio di “costruire il partito partendo simultaneamente da più punti”. Essi hanno incominciato a funzionare nella clandestinità e a svolgere almeno una parte del loro lavoro. Riteniamo che la maggior parte dei CdP costituiti siano collegati con il centro.

Chi ha una giusta concezione della ricostruzione del partito comunista nelle attuali condizioni, è in grado di apprezzare il lavoro svolto nei quasi sei anni trascorsi. Chi ha esperienza di costruzione del partito comunista nella clandestinità nei paesi imperialisti lo è ancora di più. Chi confonde la nascita del partito comunista con la nascita di un partito già fin dalla sua nascita “grande e autorevole”, in realtà rinuncia alla costruzione del partito: oggi disperde le sue energie in attività senza futuro e si esime dall’impegnarsi oggi nella costruzione del partito che rimanda ad un futuro indefinito. La qualità è il risultato dell’accumulazione quantitativa, ma non dell’accumulazione quantitativa di qualsiasi cosa. Solo costruendo passo dopo passo il partito nella situazione attuale e con le forze di oggi, arriveremo ad un partito grande ed autorevole, riconosciuto dalla classe operaia, capace di guidarla a instaurare il suo potere nell’intero paese.

Accanto ai risultati ottenuti, dobbiamo tuttavia prendere atto dei limiti della nostra esistenza e del nostro lavoro.

- Nell’analisi della composizione di classe del nostro paese non abbiamo fatto sostanziali passi avanti rispetto a quanto contenuto nel Progetto di Manifesto Programma del 1998 e ovviamente questo è conseguenza e causa dei limiti della nostra attività pratica.

- Il reclutamento di compagni nel ruolo di rivoluzionari di professione che lavorano nella clandestinità è più difficile di quanto avevamo previsto e incontra ancora numerose resistenze.

- Tra i comunisti e i lavoratori avanzati pur convinti della necessità che il partito comunista sia clandestino, la resistenza a impegnarsi personalmente in un lavoro clandestino, sia pure sul posto, è maggiore di quanto avevamo previsto. Quindi la costituzione di CdP procede lentamente rispetto alle nostre previsioni.

- I CdP costituiti imparano lentamente a svolgere un’attività clandestina: la clandestinità appare a molti compagni più un ostacolo che limita il loro lavoro pubblico che uno strumento di autonomia dalla borghesia e di continuità nell’esistenza e nell’attività.

- La stragrande maggioranza dei CdP collegati col centro sono CdP intermedi e per di più tendono ad operare come CdP di base, anziché a impegnarsi a creare CdP di base.

- Il sistema di raccolta e di centralizzazione dell’esperienza oggettiva e dello stato d’animo degli operai e delle altre classi delle masse popolari è ancora poco articolato. Cosa che si riflette anche nel nostro ritardo nella analisi della composizione di classe e nella conoscenza dell’attività delle quattro categorie di lavoratori avanzati.

- La collaborazione di massa al lavoro dei CdP e del partito in generale, quel “dare una mano” da parte di lavoratori, donne, giovani, pensionati che non fanno parte del partito ma guardano con simpatia al suo lavoro, è ancora molto limitata.

- Le risorse, in particolare le risorse finanziarie, che riusciamo a procurarci sono inferiori a quelle di cui abbiamo bisogno per impiegare appieno, nel campo in cui il singolo compagno può compiere un buon lavoro, tutti gli uomini e le donne di cui già oggi il partito dispone.

La conclusione è che non sono ancora riunite le condizioni per tenere in condizioni di ragionevole sicurezza una riunione ampia. Il colpo che la borghesia ha inferto al partito nel giugno 2003 è l’indice sintetico delle debolezze del partito: della scarsezza delle sue risorse finanziarie, dello scarso numero dei rivoluzionari di professione che lavorano nella clandestinità, della limitata formazione al lavoro clandestino. Quindi è impossibile tenere nel prossimo futuro il congresso di fondazione del partito.

Perché nonostante questo riteniamo necessario marcare un cambio di fase nel lavoro del partito e in cosa consiste il cambio di fase?

Noi definiamo la fase del prossimo futuro “fase di consolidamento e rafforzamento del partito” perché lo sviluppo della crisi politica del paese e della crisi delle relazioni politiche internazionali richiede che, pur nel limite delle forze che finora abbiamo raccolto, ci assumiamo senza riserve l’impegno di metterci alla testa della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari. Il Piano generale di lavoro traduce in linea d’azione questo impegno. Nonostante la nostra decisione, le nostre forze restano limitate. Noi restiamo una compatta ma piccola pattuglia che si muove in campo nemico, con scarsi appoggi e pochi alleati. La nostra decisione non deriva dall’illusione di essere né ci fa diventare quel “partito comunista grande e autorevole” che i movimentisti e i liquidatori reclamano a giustificazione del loro disimpegno attuale dal lavoro della ricostruzione e che noi costruiamo solo passo dopo passo mobilitando comunisti e lavoratori avanzati. Deriva dalla coscienza delle possibilità e opportunità che la situazione attuale presenta e dalla volontà senza riserve di impiegare meglio le nostre scarse forze attuali per approfittare di più di quelle possibilità e opportunità a favore della rinascita del movimento comunista e della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, in contrasto con la mobilitazione reazionaria delle masse popolari che pure avanza.

La situazione rivoluzionaria si è sviluppata su scala più grande. Sei anni fa chi riteneva che la situazione non era rivoluzionaria meritava che dedicassimo varie pagine del n. 1 di La Voce a confutare i suoi argomenti e a precisare ancora una volta che “situazione rivoluzionaria” non significa “rivoluzione in corso” e neanche “rivoluzione alle porte” o “rivoluzione sicura”: significa solo precarietà dell’assetto politico esistente e inevitabile sostituzione di esso, “possibilità di successo fino alla vittoria” della mobilitazione rivoluzionaria che però diventerà o no “reale successo fino alla vittoria” a secondo della qualità del lavoro delle forze soggettive. Oggi la precarietà degli assetti politici nella maggior parte dei paesi imperialisti e del sistema delle relazioni politiche internazionali si impone con l’evidenza dei fatti. L’ordinamento politico di molti e importanti paesi imperialisti è in folle e il sistema delle relazioni politiche internazionali fa acqua da tutte le parti. La mobilitazione delle masse popolari si è estesa e approfondita. Da qui la necessità di alzare più in alto e di impugnare con più forza la bandiera del comunismo e della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, di dare un orientamento più tempestivo e su scala più ampia, di creare per quanto sta in noi le condizioni di un’influenza più ampia e forte del partito sulla classe operaia e sulle altre classi delle masse popolari. La nostra decisione significa la decisione di pensare più in grande, di allontanarci di più dalla logica del piccolo gruppo che misura i propri passi e i risultati della propria attività unicamente dalla quantità del suo reclutamento e dei suoi contatti diretti. Le elezioni europee del 13 giugno hanno mostrato che da 1.5 a 2 milioni di elettori hanno rotto con la tendenza spontanea in corso da più di vent’anni a questa parte ad abbandonare il campo della lotta politica borghese rassegnati all’impotenza in cui la mancanza del partito comunista relega la classe operaia e il resto delle masse popolari. Il partito con le sue parole d’ordine per le elezioni europee aveva interpretato giustamente questa svolta nello stato d’animo delle masse popolari. È una lezione che dobbiamo assimilare e applicare: dobbiamo pensare più in grande. Dobbiamo imparare a ragionare sui grandi numeri. Sono essi in definitiva che determinano la vita politica del paese. In regime borghese, e ancora più in un paese imperialista, gli operai, i proletari e in definitiva anche i lavoratori autonomi e i piccolo-borghesi hanno forza sociale solo grazie al loro numero organizzato. La forza sociale di un grande capitalista è data e misurata dalla gradezza del capitale di cui dispone. La forza sociale degli operai, dei proletari e dei piccolo-borghesi è data e misurata dalla ampiezza della loro coalizione. La società imperialista ha fortemente ridotto la forza sociale anche del piccolo-borghese: ha reso anche il lavoratore autonomo sempre più dipendente dal grande capitale e quindi privo individualmente di autonomia e di forza sociale. La sua libertà e autonomia individuali dal grande capitale è sempre più illusoria, nella misura in cui crede ancora di averne. Dall’altra parte la prima ondata della rivoluzione proletaria che le masse popolari hanno vissuto anche se non ne conoscono il nome, ha determinato in esse una grande maturazione culturale. La sconfitta che abbiamo subito l’ha cancellata solo superficialmente e in misura limitata. Il salto qualitativo compiuto nel campo della comunicazione di massa ha ridotto il ruolo della “vita di partito” (riunioni, studio, vita collettiva, convegni, conferenze, congressi, corsi, ecc.) come fattore della formazione della coscienza e della circolazione delle idee. Tutto questo cambia in una certa misura il rapporto tra l’avanguardia organizzata e il movimento delle masse. Nella formazione della coscienza, almeno fino ad un certo livello, nella diffusione delle concezioni e nell’orientamento la forza dell’avanguardia organizzata si è moltiplicata perché ogni idea che essa elabora è ritrasmessa (può essere ritrasmessa) da una rete di strumenti che esistono indipendentemente dalla sua volontà e dalla sua propria forza, non sono collegati direttamente e consapevolmente con essa: essa deve solo diventare, grazie al fatto che è organizzata, capace di usarli, appropriarsene, servirsene. Dall’altra parte è cresciuta nella popolazione la percentuale delle persone individualmente prive di ogni forza sociale. In aggiunta a questo, la forza necessaria per imprimere alla società una svolta si è concentrata ed è quindi divenuta maggiore la forza sociale minima che bisogna mettere in campo perché sia efficace. Nella società imperialista per sfuggire all’impotenza sociale dell’individuo i proletari e i membri delle altre classi delle masse popolari devono organizzarsi in numero maggiore e più fortemente, ad un livello superiore. Questa realtà rende ancora più contrastanti con la realtà le fantasie dei liquidatori e movimentisti che vogliono che il partito comunista nasca già “grande e autorevole”. Presenta invece in realtà strumenti nuovi di azione anche per la nostra ancora piccola pattuglia. La sua qualità di avanguardia organizzata le permette un’azione di massa che nel passato era preclusa a una pattuglia di così ridotte dimensioni. In breve, la necessità del partito e delle organizzazioni di massa è oggi maggiore che nel passato, ma contemporaneamente sono anche cresciuti gli strumenti preliminari per costruirli. Questo conforta la nostra presente decisione.

D’altra parte i ritmi di sviluppo del nostro lavoro, il ritmo al quale supereremo i limiti sopra indicati, per gran parte non dipendono direttamente da noi. Sarà solo lo sviluppo della controrivoluzione a convincere su grande scala, per loro diretta esperienza, gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari che la clandestinità è un’arma indispensabile. Oltre che praticarla, il partito continuerà a propagandare la necessità della costruzione del partito nella clandestinità e della promozione e direzione dalla clandestinità del lavoro pubblico. Non farlo, vorrebbe dire rinunciare a mobilitare la classe operaia e, in altro senso, le masse popolari nella politica rivoluzionaria, cadere al livello delle società segrete. Ma nel realizzare il nostro Piano generale di lavoro dobbiamo tenere meglio conto che in definitiva sarà l’esperienza diretta che porterà decine e centinaia di migliaia di operai a comprendere che devono organizzarsi nella clandestinità e a farlo, sarà l’esperienza diretta che mobiliterà milioni di operai e di membri di altre classi delle masse popolari ad allacciare rapporti con la struttura clandestina del partito comunista. Solo l’esperienza diretta, che richiede il suo tempo, allargherà le masse che riconoscono nel partito una direzione sicura, utile e necessaria. Da noi direttamente dipende solo che la direzione del partito sia sicura, giusta e tempestiva, che le sue parole d’ordine siano giuste e diffuse ampiamente, che sfruttiamo tutte le circostanze e gli appigli per rafforzare la struttura del partito comunista e per assicurare la continuità della sua attività qualunque cosa la borghesia decida di fare, quale che sia il livello della controrivoluzione.

Quanto al significato sostanziale della nuova fase sul piano organizzativo, essa resta una fase di costruzione, ma si distingue dalla precedente perché l’asse principale del lavoro del partito si sposta dalle FSRS agli operai avanzati e agli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari. Nel lavoro periferico questo significa che l’asse centrale si sposta dalla costruzione di CdP intermedi alla costruzione di CdP di base (cellule) nelle aziende, nei reparti delle grandi aziende, nelle zone d’abitazione, nelle organizzazioni di massa.

Il contenuto del nostro lavoro è cresciuto e può ulteriormente crescere, la sua forma non può tenere il passo. Questo è in astratto la questione che abbiamo affrontato e a cui abbiamo dato soluzione. Forma e contenuto non sono due cose separate, ma non sono neanche una cosa sola. La loro relazione è l’unità di due opposti. In ogni fase bisogna quindi comprendere l’aspetto particolare e concreto della loro relazione.

Nella storia del movimento comunista non è la prima volta che si presenta un problema analogo a quello che abbiamo dovuto risolvere noi. Dopo lo scioglimento della Lega dei Comunisti nel 1850, gli elementi più avanzati della Lega restarono in contatto tra loro e condussero un lavoro comune, pur avendo dovuto sciogliere l’organizzazione per togliere il terreno d’azione agli avventurieri e idealisti, che “volevano continuare a combattere e non si rendevano conto di essere già morti”, che vivevano sognando le gesta della rivoluzione passata anziché usarne gli insegnamenti per preparare la nuova. La Lega continuò ad esistere anche se formalmente era stata sciolta.

Una cosa analoga accadde nel 1872, alla conclusione del ciclo positivo della Associazione Internazionale degli Operai (la prima Internazionale). Tra il 1872 e il 1889 i gruppi marxisti che in ogni paese capitalista promuovevano la creazione dei partiti socialisti di massa mantennero e svilupparono contatti, scambio di esperienze, dibattito e solidarietà a livello internazionale. L’Internazionale continuò ad esistere anche se formalmente era stata sciolta.

Dal 1889 al 1900 la seconda Internazionale svolse un ruolo positivo pur restando priva di organi dirigenti internazionali, che furono designati solo a partire dal 1900.

Il Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) venne fondato nel marzo del 1898 nella riunione di nove delegati di sei organizzazioni territoriali. Ma gli organismi creati dal suo congresso di fondazione vennero subito dissolti dalla polizia zarista con arresti, sequestri e confini e non poterono attuare il piano di lavoro deciso. Il partito continuò tuttavia ad esistere anche prima del suo secondo congresso che si tenne nel 1903.

La prima Internazionale Comunista venne formalmente sciolta nel 1943. Ma pur senza organi centrali eletti i partiti comunisti restarono collegati tra loro e solo il colpo di mano di Kruscev e dei suoi complici nel 1956 spezzò l’unità del movimento comunista internazionale.

Il Partito Comunista Peruviano tenne il suo primo congresso nel 1988, otto anni dopo che aveva dato inizio alla guerra civile.

Non mancano quindi nella storia del movimento comunista precedenti che illuminano la questione che abbiamo dovuto risolvere e confortano la soluzione che abbiamo dato. Dichiariamo quindi la fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano forti di questi insegnamenti che tiriamo dalla storia del nostro movimento comunista, da cui rifiutiamo ogni forma di dissociazione, anche quelle “nobili”, mascherate con quella “libertà di ricerca” già bollata da Lenin nel 1902 come cavallo di Troia dell’opportunismo e negazione della ricerca e critica reali. Il consolidamento e il rafforzamento del partito sono affidati non solo alla nostra ferma determinazione a combattere fino alla vittoria, ma alla necessità cui obbedisce l’azione della classe operaia di far fronte alla crisi generale del sistema imperialista mondiale e di tirare se stessa e con sé tutta l’umanità fuori dal marasma e dal fango in cui la borghesia imperialista l’ha immersa e ogni giorno più la sprofonda per salvare il suo ordinamento sociale.

Il (nuovo)Partito comunista italiano nasce per completare l’opera che il primo PCI lasciò interrotta: fare dell’Italia un paese socialista e contribuire così alla rivoluzione proletaria mondiale.

A tutte le FSRS che hanno contribuito a creare le condizioni favorevoli e necessarie alla costruzione del partito, chiediamo di prendere atto della nuova situazione e di contribuire a consolidare e rafforzare il partito. In concreto chiediamo che ognuna assuma il posto che più si confà alla sua natura nel Piano generale di lavoro del partito. Ogni FSRS svolge di fatto già oggi il suo lavoro principale in uno dei quattro fronti in cui si articola il Piano generale di lavoro del partito. Infatti questo piano è l’elaborazione e la sintesi dell’esperienza della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari che sta nascendo nel nostro paese. Quanto più lavora consapevolmente e in collegamento cosciente col partito e il suo Piano generale di lavoro, tanto più ogni FSRS è consapevole “del significato, delle circostanze e delle prospettive” (Manifesto del partito comunista, 1848, cap. 2) del lavoro che sta svolgendo, tanto più efficace sarà il suo lavoro specifico, tanto minori le divagazioni e i tentennamenti, tanto maggiori lo slancio e la forza che riceverà dai risultati dell’attuazione complessiva del Piano generale di lavoro. A ogni CdP intermedio e a ogni CDP di base chiediamo di sviluppare con maggiore forza, consapevolezza e lungimiranza il lavoro che sta svolgendo, adeguandolo alle circostanze e alle sue forze. A ogni lavoratore avanzato e a ogni comunista chiediamo di contribuire personalmente con maggiore dedizione e consapevolezza al consolidamento e rafforzamento del partito.

Da oggi la nostra parola d’ordine è “concentrare tutte le forze nel consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano che attua il Piano generale di lavoro, strumento determinante per rendere la mobilitazione delle masse popolari più autonoma dalla borghesia e quindi permettere il suo ampliamento”.

Viva la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari!

Viva il consolidamento e il rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano!

3 ottobre 2004