Lenin, Opere - Editori Riuniti vol. 26 - Scaricate il testo in versione Open Office o Word
Lettera ai compagni
scritta
il 17 (30) ottobre 1917, pubblicata nel
Raboci Put,
nn. 40, 41, 42, 19-21 ottobre (1-3 novembre)
1917
Compagni!
I tempi nei quali
viviamo sono così critici, gli avvenimenti si susseguono con tale inverosimile
rapidità, che il pubblicista tenuto, per volontà del destino, un poco in
disparte dalla principale corrente della storia rischia continuamente di
giungere in ritardo o di apparire male informato, soprattutto se i suoi scritti
vengono alla luce con ritardo. Pur sapendo tutto questo, sono costretto a
indirizzare ai bolscevichi questa lettera, col rischio che non sia mai
pubblicata perché le esitazioni contro le quali ritengo di dover insorgere con
la massima energia sono inaudite, e tali da produrre per il partito, per il
movimento proletario internazionale e per la rivoluzione gli effetti più
disastrosi. Quanto al rischio di giungere troppo tardi, indico innanzi tutto,
per ovviarvi, quali e quante sono le informazioni di cui dispongo e la loro
data.
Soltanto la mattina di
lunedì 16 ottobre ho potuto vedere un compagno che, la vigilia, aveva assistito
a Pietrogrado a un’importantissima riunione bolscevica e che mi ha dato
informazioni particolareggiate sulla discussione.(1) Vi si è dibattuta la
questione dell’insurrezione, che è oggetto anche del commento dei giornali di
tutte le tinte di domenica scorsa. Erano riuniti i rappresentanti di tutti i
principali rami del lavoro bolscevico nella capitale. E solo un’infima minoranza
- in tutto e per tutto,
esattamente due compagni [Kamenev e Zinoviev, ndr] - ha preso posizione contro
l’insurrezione. Gli argomenti addotti da quei compagni sono così deboli,
dimostrano un tale disorientamento, una tal paura, una tale dimenticanza di
tutte le idee fondamentali del bolscevismo e dell’internazionalismo
rivoluzionario proletario, che difficilmente si può trovare una spiegazione per
esitazioni tanto vergognose. Ma siamo di fronte ad un fatto, e siccome un
partito rivoluzionario non ha il diritto di tollerare esitazioni su una
questione così grave, siccome quei due compagni, che sono venuti meno ai loro
principi, potrebbero seminare un certo turbamento, è necessario esaminare i loro
argomenti, mettere in luce le loro esitazioni, dimostrare chiaramente quanto
esse siano disonoranti. Le righe seguenti sono un tentativo di adempiere questo
compito.
“...Non abbiamo con
noi la maggioranza del popolo e senza questa condizione l’insurrezione è
disperata...”.
Chi è capace di
parlare così, snatura la verità o è un pedante che, non tenendo in nessun conto
la situazione reale della rivoluzione, vuole ad ogni costo avere preventivamente
la garanzia che il partito bolscevico abbia, in tutto il paese, esattamente la
metà dei voti più uno. La storia non ha mai offerto e non può assolutamente
offrire nel corso di una rivoluzione simili garanzie. Formulare siffatte
esigenze significa beffarsi dei propri ascoltatori per mascherare la propria
fuga dinanzi alla realtà.
La realtà dimostra
infatti con palmare evidenza che appunto dopo le giornate di luglio la
maggioranza del popolo ha cominciato a passare rapidamente dalla parte dei
bolscevichi. Lo hanno dimostrato, ancora prima dell’avventura di Kornilov, le
elezioni del 20 agosto a Pietrogrado, nelle quali la percentuale dei voti
raccolti dai bolscevichi nella città stessa (senza i sobborghi [nei sobborghi lo
schieramento a favore dei bolscevichi era notoriamente schiacciante, ndr]) passò
dal 20% al 33%; le elezioni di settembre per le dume rionali di Mosca, nelle
quali la percentuale dei voti bolscevichi è passata dall’ 11 % al 49,33 % (un
compagno di Mosca che ho visto in questi giorni mi ha assicurato che la cifra
esatta era del 51%), lo hanno confermato in seguito. Lo hanno ancora dimostrato
le nuove elezioni dei soviet e il fatto che i soviet contadini si sono
pronunciati in maggioranza contro la coalizione, nonostante il loro
soviet centrale “dominato da Avxentiev”. Essere contro la coalizione significa,
di fatto, seguire i bolscevichi. Le notizie che giungono dal fronte
dimostrano inoltre sempre più frequentemente e chiaramente che le masse
dei soldati si schierano in modo sempre più risoluto dalla parte dei
bolscevichi, nonostante le perfide calunnie e gli attacchi dei capi
socialisti-rivoluzionari e menscevichi, degli ufficiali, dei deputati, ecc. ecc.
Infine, il fatto più
importante della vita attuale della Russia è l’insurrezione contadina.
Ecco dimostrato, non dalle parole, ma dai fatti, il passaggio obiettivo
del popolo ai bolscevichi. Perché, per quanto mentiscano la stampa borghese e i
suoi miseri portavoce, gli “esitanti” della Novaia Gizn e compagni, che
gridano al pogrom e all’anarchia, l’insurrezione è un fatto evidente. Nel
governatorato di Tambov, il movimento contadino è, nel senso materiale e nel
senso politico della parola, un’insurrezione e ha dato magnifici
risultati politici come, in primo luogo, il consenso alla consegna della terra
ai contadini. Non per nulla tutta la canaglia socialrivoluzionaria compreso il
Dielo Naroda, spaventata dall’insurrezione, grida oggi alla
necessità di dare la terra ai contadini! Ecco la posizione giusta del
bolscevismo e il suo successo dimostrati dai fatti. È ormai evidente che è impossibile “educare” i
bonapartisti e i loro servitori del Preparlamento senza l’insurrezione.
Questo è un fatto. E i
fatti sono ostinati. Questo argomento “di fatto” in favore
dell’insurrezione è più forte delle migliaia di tergiversazioni “pessimistiche”
degli uomini politici turbati e spaventati.
Se l’insurrezione
contadina non fosse un avvenimento d’importanza politica nazionale, i servitori
socialisti-rivoluzionari del Preparlamento non proclamerebbero la necessità di
dare la terra ai contadini.
Un’altra magnifica
conseguenza politica e rivoluzionaria dell’insurrezione contadina, già segnalata
dal Raboci Put, è costituita dagli arrivi di grano alle stazioni
ferroviarie del governatorato di Tambov.(2) Ecco, signori terrorizzati, un altro “argomento” in
favore dell’insurrezione, come solo mezzo per salvare il paese da una crisi di
proporzioni inaudite e dalla carestia che già batte alle porte. Mentre i
traditori del popolo, socialisti-rivoluzionari e menscevichi, brontolano,
minacciano, scrivono risoluzioni, promettono di nutrire gli affamati con la
convocazione dell’Assemblea Costituente, il popolo affronta lui stesso la
soluzione del problema del pane con il metodo bolscevico, insorgendo
contro i grandi proprietari fondiari, contro i capitalisti e gli accaparratori.
E la stampa
borghese è stata costretta a riconoscere i frutti magnifici di questa
soluzione della questione del pane (la sola soluzione reale): anche la
Russkaia Volia ha pubblicato una notizia secondo la quale le stazioni del
governatorato di Tambov sono letteralmente ingombre di cereali... dopo che i
contadini sono insorti!!
No, dubitare che la
maggioranza del popolo non sia oggi con i bolscevichi e non li segua per il
futuro, significa esitare vergognosamente e abbandonare di fatto tutti i
principi del rivoluzionarismo proletario: significa rinnegare completamente il
bolscevismo.
“...Non siamo
abbastanza forti per prendere il potere, e la borghesia non è abbastanza forte
per far fallire l’Assemblea Costituente...”.
La prima parte di
questo argomento è una semplice parafrasi dell’argomento precedente. Esso non
diventa né più forte né più persuasivo anche se il disorientamento e la paura di
fronte alla borghesia si manifestano qui nel pessimismo sul conto degli operai e
nell’ottimismo sul conto della borghesia. Se gli allievi ufficiali e i cosacchi
dichiarano che si batteranno fino all’ultima goccia di sangue contro i
bolscevichi, essi meritano di essere pienamente creduti; ma se, in centinaia di
riunioni, gli operai e i soldati esprimono la loro completa fiducia nei
bolscevichi e confermano di esser pronti a combattere per dare il potere ai
soviet, “conviene” ricordarsi che una cosa è votare e un’altra battersi!
Certo, se si ragiona
così, l’insurrezione è “condannata”. Domandiamo soltanto in che cosa questo
“pessimismo”, che ha un indirizzo e uno scopo specifico, differisca dal
passaggio politico nel campo della borghesia.
Guardate i fatti.
Ricordate le innumerevoli dichiarazioni dei bolscevichi, “dimenticate” dai
nostri pessimisti. Abbiamo ripetuto mille volte che i soviet dei deputati degli
operai e dei soldati sono una forza, che essi formano l’avanguardia della
rivoluzione, che possono prendere il potere. Mille volte abbiamo
rimproverato ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari di fare della retorica
sugli “ organi plenipotenziari della democrazia”, e, nello stesso tempo, di
aver paura della presa del potere da parte dei soviet.
E che cosa ha
dimostrato l’avventura di Kornilov? Ha dimostrato che i soviet sono realmente
una forza.
E dopo che
l’esperienza, dopo che i fatti ci hanno dato questa prova, noi dovremmo
ripudiare il bolscevismo, rinnegare noi stessi dicendo: “Non siamo abbastanza
forti” (quantunque i soviet delle due capitali e la maggioranza dei soviet di
provincia siano con i bolscevichi)?!!! Ebbene, queste esitazioni non sono forse
disonoranti? In fondo, i nostri “pessimisti”, senza osare confessarlo,
gettano a mare la parola d’ordine: “Tutto il potere ai soviet!”.
Come si può dimostrare
che la borghesia non è abbastanza forte per far fallire l’Assemblea Costituente?
Se i soviet non sono
abbastanza forti per rovesciare la borghesia vuol dire che questa
è abbastanza forte per far fallire l’Assemblea Costituente, perché nessuno può
impedirglielo. Credere alle promesse di Kerenski e compagni, credere alle
risoluzioni dei lacchè del Preparlamento, è forse degno di un membro del partito
proletario, degno di un rivoluzionario?
Non solo la borghesia
ha la forza di far fallire l’Assemblea Costituente se il governo attuale
non è abbattuto, ma può anche ottenere indirettamente tale risultato
consegnando Pietrogrado ai tedeschi, aprendo il fronte, moltiplicando le
serrate, sabotando i trasporti del grano. È provato dai fatti che essa lo
ha già fatto in parte. Ha dunque la forza di farlo completamente, se gli
operai e i soldati non l’abbatteranno.
“... I soviet devono
essere una pistola puntata alla tempia del governo per forzarlo a convocare
l’Assemblea Costituente e a rinunciare a tentativi simili a quello di
Kornilov...”.
Questo è arrivato a
dire uno dei due lugubri pessimisti!
È arrivato a dire
questo, perché la rinuncia all’insurrezione è la rinuncia alla parola d’ordine
del potere ai soviet.
Certo, le parole
d’ordine non sono “cose sacre”; non discuto. Ma perché nessuno ha
proposto che questa parola d’ordine sia modificata (come l’ho proposto io dopo
le giornate di luglio)? Perché temere di parlare ad alta voce quando il
partito discute, dal mese di settembre, la questione dell’insurrezione,
diventata ormai inevitabile per attuare la parola d’ordine: “Tutto il
potere ai soviet”?
I nostri lugubri
pessimisti non usciranno mai dal vicolo cieco in cui si sono cacciati.
Rinunciare all’insurrezione significa rinunciare a trasferire il potere ai
soviet, significa “trasferire” tutte le speranze e tutte le aspirazioni alla
buona borghesia, che ha “promesso” di convocare l’Assemblea Costituente.
È forse difficile
capire che se i soviet hanno il potere, la convocazione dell’Assemblea Costituente e il suo successo
sono assicurati? I bolscevichi lo hanno ripetuto mille volte e nessuno
ha mai pensato di contestarlo. Questo “tipo misto” tutti lo riconoscono: ma
tirar fuori ora, con il termine “tipo misto”, il rifiuto di trasferire il
potere ai soviet, e far questo alla chetichella, senza avere il coraggio
di ripudiare apertamente la nostra parola d’ordine, che cosa è ciò? Si può forse
trovare un’espressione parlamentare per caratterizzare siffatto atteggiamento?
“Una pistola senza
pallottola?”, si è giustamente risposto al nostro pessimista. Se è vero, tutto
questo significa schierarsi apertamente a fianco dei Liberdan, i quali hanno
proclamato mille volte che i soviet sono una “pistola”, e hanno ingannato mille
volte il popolo, perché i soviet, sotto il loro dominio, hanno dimostrato
di essere uno zero.
Ma se nella pistola
c’è la “pallottola”, questo equivale alla preparazione tecnica
dell’insurrezione, perché bisogna trovare la pallottola e caricare la pistola; e
d’altronde una pallottola non sarà sufficiente.
O il passaggio ai
Liberdan e l’aperta rinuncia alla parola d’ordine: “Tutto il potere ai
soviet!”, o l’insurrezione. Non c’è via di mezzo.
“...La borghesia non
può, per quanto Rodzianko lo voglia, consegnare Pietrogrado ai tedeschi, perché
non sono i borghesi a fare la guerra, ma i nostri eroici marinai...”.
Anche questo argomento
è impregnato di quell’ottimismo” sul conto della borghesia che
manifestano fatalmente, a ogni passo, coloro che giudicano in modo così
pessimistico le forze e le capacità rivoluzionarie del proletariato.
Sono gli eroici
marinai a fare la guerra, ma questo non ha impedito
a due ammiragli di
scappare prima della conquista dell’isola di Oesel!!
Questo è un fatto. E i
fatti sono ostinati. I fatti provano che gli ammiragli sono capaci di
tradire non meno di Kornilov. Il gran quartier generale non è stato
riorganizzato, il comando è con Kornilov: questo è un fatto incontestabile.
Se i seguaci di
Kornilov (e prima di tutto Kerenski, perché anche lui è un kornilovista)
vogliono consegnare Pietrogrado, hanno due ed anche “tre” possibilità di
farlo.
In primo luogo, col
tradimento del comando supremo, complice di Kornilov, possono aprire il settore
nord del fronte terrestre.
In secondo luogo,
possono “intendersi” con gli imperialisti tedeschi e inglesi per lasciare
libertà di azione a tutta la flotta tedesca, che è più forte della
nostra. Inoltre, “gli ammiragli scomparsi” hanno potuto consegnare anche dei
piani ai tedeschi.
In terzo luogo, con le
serrate e il sabotaggio del trasporto del grano possono ridurre le nostre truppe
alla disperazione e all’impotenza completa.
Nessuna di queste tre
eventualità può essere esclusa. I fatti provano che il partito borghese-cosacco
della Russia ha già bussato a queste tre porte e ha tentato di aprirle.
La conclusione? La
conclusione è che non abbiamo il diritto di attendere
il momento in cui la borghesia
strozzerà la rivoluzione.
Le “intenzioni” di
Rodzianko non sono da prendersi alla leggera; l’esperienza lo ha dimostrato.
Rodzianko è un uomo d’azione. Con Rodzianko sta il capitale.
Questo è incontestabile. Ora, il capitale si è impadronito del
potere. Per decine d’anni Rodzianko ha fatto, con una devozione assoluta,
la politica del capitale.
La conclusione? La
conclusione è che esitare nella questione dell’insurrezione, unico mezzo per
salvare la rivoluzione, significa cadere per metà nella vile fiducia verso la
borghesia dei Liberdan, del socialismo-rivoluzionario, del menscevismo, e per
metà nell’incosciente credulità del “mugik” contro la quale i bolscevichi hanno
lottato più che contro ogni altra cosa.
O incrociare le
inutili braccia sul nudo petto e attendere - proclamando la propria “fede”
nell’Assemblea Costituente - che Rodzianko e compagni consegnino Pietrogrado e
soffochino la rivoluzione, o fare l’insurrezione. Non c’è via di mezzo.
Di per se stessa,
anche la convocazione dell’Assemblea Costituente non cambierebbe la situazione,
perché nessuna “Costituente”, nessun voto di un’assemblea, anche arcisovrana,
avrebbe alcun effetto sulla carestia e su Guglielmo [l’imperatore di Germania le
cui truppe accerchiavano Pietrogrado, ndr]. La convocazione e il successo
dell’Assemblea Costituente dipendono dal passaggio del potere ai soviet: questa
vecchia verità bolscevica è sempre più brutalmente e chiaramente confermata
dalla realtà.
“...Noi ci rafforziamo
ogni giorno; possiamo entrare nell’Assemblea Costituente come una potente
opposizione. Perché puntare tutto su una carta?...”.
Argomento da persone
perbene che hanno “letto” che l’Assemblea Costituente sarà convocata e ripongono
tutta la sua fiducia nella legalissima, lealissima via costituzionale.
Deploriamo solo che la
questione della carestia - come quella della resa di Pietrogrado - non possa
essere risolta aspettando l’Assemblea Costituente. Gli ingenui, i
disorientati, gli spaventati perdono di vista quest’“inezia”.
La fame non attende.
L’insurrezione contadina non ha atteso. La guerra non attende. Gli ammiragli che
sono scappati non hanno atteso.
O forse la fame
acconsentirà ad attendere, se noi bolscevichi proclameremo la nostra fede
nella convocazione dell’Assemblea Costituente? Gli ammiragli che sono scappati
acconsentiranno ad attendere? I Maklakov e i Rodzianko acconsentiranno a cessare
le serrate, il sabotaggio degli approvvigionamenti del grano e le trattative
segrete con gli imperialisti inglesi e tedeschi?
E questi ciechi si
stupiscono ancora se il popolo affamato e i soldati traditi dai loro generali e
dai loro ammiragli si mostrano indifferenti verso le elezioni! Oh, quanto sono
saggi!
“...Se i Kornilov
ricominciassero, faremo loro vedere di che cosa siamo capaci! Ma perché
cominciare noi, perché rischiare?...”.
Ecco un argomento
convincente e rivoluzionario al massimo grado! La storia non si ripete. Ma se
noi voltassimo le spalle alla storia e, esaminando la prima avventura di
Kornilov, dicessimo: “Ah, se i kornilovisti ricominciassero!”, quale magnifica
strategia rivoluzionaria sarebbe questa! Come rassomiglia allo “speriamo in
dio!”. Speriamo che i kornilovisti ricomincino di nuovo a sproposito. Non è
questo un “argomento” davvero forte? Che argomento serio per una politica
proletaria!
E se per caso i
kornilovisti della seconda leva avessero imparato qualche cosa? Se
attendessero le sommosse per la fame, la rottura del fronte, la resa di
Pietrogrado e non cominciassero fino a quel momento? Che cosa
succederebbe allora?
Ci si propone di
fondare la tattica del partito proletario sull’eventuale ripetizione da parte
dei kornilovisti di uno dei loro vecchi errori!
Dimentichiamo ciò che
hanno cercato di dimostrare e hanno dimostrato centinaia di volte i
bolscevichi, ciò che è stato provato da sei mesi di storia della nostra
rivoluzione. Dimentichiamo che non vi è, obiettivamente, e non può esservi, altra soluzione
all’infuori della dittatura dei kornilovisti o della dittatura del
proletariato. Dimentichiamo, rinneghiamo tutto questo e aspettiamo. Aspettiamo
che cosa? Aspettiamo un miracolo. Attendiamo che lo sviluppo degli avvenimenti,
che si è rivelato così impetuoso e burrascoso dal 20 aprile al 29 agosto, si
calmi di colpo (grazie alla continuazione della guerra e all’aggravarsi della
carestia), per permettere la convocazione pacifica, tranquilla, indisturbata,
legale dell’Assemblea Costituente e l’esecuzione delle sue legalissime
decisioni. Ecco la buona tattica “marxista”! Aspettate, affamati: Kerenski ha
promesso di convocare l’Assemblea Costituente!
“...Nella situazione
internazionale non c’è nulla in realtà che ci obblighi ad agire immediatamente;
noi nuoceremmo piuttosto alla causa della rivoluzione socialista in Occidente se
ci facessimo prendere a fucilate...”.
Magnifico argomento,
in verità! Lo “stesso” Scheidemann [dirigente socialdemocratico tedesco, esempio
di socialtraditore, ndr] e lo “stesso” Renaudel [dirigente socialista francese,
esempio di socialtraditore, ndr] non saprebbero “sfruttare” con maggiore abilità
la simpatia degli operai per il successo della rivoluzione socialista
internazionale!
Pensate soltanto che i
tedeschi, in condizioni diabolicamente difficili, avendo solo Liebknecht
(e in prigione per giunta), senza giornali, senza libertà di riunione, senza i
soviet, malgrado l’ostilità irriducibile di tutte le classi della
popolazione - fino all’ultimo contadino agiato contro le idee internazionaliste,
malgrado l’organizzazione fortissima della grande, della media e della piccola
borghesia imperialista, i tedeschi, cioè gli internazionalisti rivoluzionari
tedeschi, gli operai in divisa di marinai, hanno provocato un’insurrezione nella
flotta, non avendo forse che una probabilità su cento di riuscire.
E noi che abbiamo
decine di giornali, la libertà di riunione, la maggioranza nei soviet,
noi che siamo, in confronto agli internazionalisti proletari di tutto il mondo,
in una situazione privilegiata, ci rifiuteremmo di sostenere con la nostra
insurrezione i rivoluzionari tedeschi! Noi diremo come gli Scheidemann e i
Renaudel che è meglio non tentare l’insurrezione perché, se ci fucilano, il
mondo perderà degli internazionalisti magnifici, saggi, ideali!
Diamo prova di
saggezza: votiamo una mozione di simpatia per gli insorti tedeschi e
respingiamo l’insurrezione in
Russia. Questo sarà
internazionalismo vero e intelligente. E come fiorirà rapidamente nel mondo
l’internazionalismo, se questa saggia politica trionferà dappertutto!...
La guerra ha
tormentato, ha sfinito gli operai di tutti i paesi fino all’estremo limite. In
Italia [celebre l’insurrezione degli operai e di altre classi delle masse
popolari a Torino nell’agosto 1917, ndr], in Germania, in Austria le esplosioni
rivoluzionarie si succedono sempre più frequenti. Noi soli,
che abbiamo i soviet dei deputati degli operai e dei soldati,
aspetteremo e tradiremo gli internazionalisti tedeschi come tradiamo
i contadini russi, che, insorgendo contro i grandi proprietari fondiari, ci
chiamano con i fatti e non con le parole all’insurrezione contro il governo di
Kerenski...
Lasciamo che si
accumulino le nubi della cospirazione imperialista ad opera dei capitalisti di
tutti i paesi, pronti a strozzare la rivoluzione russa: aspettiamo
tranquillamente che ci si soffochi col rublo! Invece di gettarci sui congiurati e di spezzarne le file con la
vittoria dei soviet dei deputati degli operai e dei soldati, aspettiamo
l’Assemblea Costituente, dove - se Kerenski e Rodzianko la convocheranno
onestamente - tutti i complotti internazionali saranno sventati per mezzo
delle schede e dei voti.
Abbiamo forse il diritto di dubitare della buona fede di Kerenski e di
Rodzianko?
“...Ma “tutti” sono
contro di noi! Noi siamo isolati. Il Comitato esecutivo centrale, i menscevichi
internazionalisti, nonché la Novaia Gizn e i socialisti-rivoluzionari di
sinistra, hanno lanciato e lanceranno appelli contro di noi!...”.
Argomento formidabile.
Fino ad oggi abbiamo implacabilmente combattuto gli esitanti, a causa delle loro
esitazioni. In questo modo abbiamo conquistato le simpatie del popolo.
In questo modo abbiamo conquistato i soviet, senza i quali l’insurrezione
non potrebbe essere sicura, rapida, certa. E oggi approfittiamo dei soviet
conquistati per passare, anche noi, nel campo degli esitanti.
Magnifico destino per il bolscevismo!
Tutta la politica dei
Liberdan e dei Cernov, al pari di quella dei socialisti-rivoluzionari e dei
menscevichi “di sinistra” è fatta solo di esitazione.
Un indice del fatto che le masse vanno a sinistra è dato
dall’importanza politica dei socialisti-rivoluzionari di sinistra e dei
menscevichi internazionalisti [in tutti i partiti in qualche misura radicati
nelle masse popolari, cresceva l’ala sinistra, ndr]. Questi due fatti: il
passaggio di circa il 40% dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari nel
campo della sinistra, da una parte, e l’insurrezione contadina, dall’altra,
sono, è chiaro, innegabilmente connessi.
Ma proprio il
carattere di questa connessione scopre tutto l’abisso di debolezza di chi si
lamenta oggi perché il Comitato esecutivo centrale, non ancora morto ma già
putrefatto, i socialisti-rivoluzionari di sinistra e altri elementi perennemente
esitanti si sono pronunciati contro di noi. Intatti queste esitazioni
dei capi piccolo-borghesi Martov, Kamkov, Sukhanov e compagni devono essere
messe a confronto con l’insurrezione
contadina. Questo è un confronto politico reale. Con chi marciare? Con il
pugno di capi esitanti di Pietrogrado, che hanno indirettamente
rispecchiato il movimento a sinistra
delle masse e che ad ogni svolta politica si sono
vergognosamente lamentati, hanno oscillato, sono andati a domandar perdono ai
Liberdan, agli Avxentiev e compagni, o con le masse che sono andate a
sinistra?
Così e solo così si
pone la questione.
Poiché i Martov, i
Kamkov ed i Sukhanov hanno tradito l’insurrezione contadina, si propone a noi,
partito operaio degli internazionalisti rivoluzionari, di seguirne l’esempio.
Ecco a che si riduce la politica dell’“occhio di triglia” ai
socialisti-rivoluzionari di sinistra e ai menscevichi internazionalisti.
Ma abbiamo detto mille
volte che per aiutare gli esitanti dobbiamo noi stessi cessare di esitare. Quei
“cari” piccolo-borghesi democratici di sinistra esitavano anche sulla
coalizione! Noi li abbiamo trascinati alla fin fine dietro di noi, perché noi
non esitavamo. E la vita ci ha dato ragione.
Con le loro
esitazioni, quei signori avrebbero perduto la rivoluzione. Solo noi l’abbiamo
salvata. E noi abbandoneremmo la partita oggi che la fame picchia alle porte di
Pietrogrado e mentre Rodzianko e compagni preparano la resa della capitale?!
“..Ma noi non abbiamo
neppure solidi legami con i ferrovieri e con i postelegrafonici. I loro
rappresentanti ufficiali sono i Planson.(3) È possibile vincere senza la posta e
le ferrovie?...”.
Bene, bene: qui i
Liberdan, là i Planson. Ma le masse hanno forse la minima fiducia
in costoro? Non abbiamo
proprio noi continuamente dimostrato che quei capi tradiscono le masse?
Le masse non si sono forse staccate da quei capi per venire a noi,
nelle elezioni di Mosca e nelle elezioni
dei soviet? La massa dei
ferrovieri e dei postelegrafonici non è forse affamata dalla carestia? Non
sciopera forse contro il governo di Kerenski e compagni?
“Ma prima del 28
febbraio, avevamo forse un legame con quei sindacati?”, ha domandato un compagno
a quel “pessimista”. Quest’ultimo ha risposto affermando che era impossibile
paragonare le due rivoluzioni. Risposta che rafforza soltanto la
posizione di chi ha posto la questione, perché i bolscevichi hanno per l’appunto
parlato migliaia di volte (e non per dimenticarlo alla vigilia del
momento decisivo) della lunga
preparazione della rivoluzione proletaria contro la borghesia.
È precisamente la separazione degli elementi proletari della massa dagli
strati superiori piccolo-borghesi e borghesi ciò che caratterizza la vita
politica ed economica nei sindacati dei ferrovieri e dei postelegrafonici. Ciò
che conta non è assicurarsi obbligatoriamente in anticipo i “legami” con quei
due sindacati; ciò che conta è che soltanto la vittoria dell’insurrezione
proletaria e contadina può dare soddisfazione alle masse dei
ferrovieri e dei postelegrafonici.
“ ...A Pietrogrado
abbiamo pane per due o tre giorni. Possiamo dare pane agli insorti?”.
È questa una delle
innumerevoli osservazioni degli scettici (gli scettici possono sempre “dubitare”
e non è possibile confutarli se non con l’esperienza), una di quelle
osservazioni che fan ricadere gli errori dei colpevoli sull’innocente.
Appunto la borghesia,
appunto i Rodzianko e compagni preparano la fame e speculano sulla fame per
strangolare la
rivoluzione. Per sfuggire alla fame non vi è e non può esservi altro
mezzo all’infuori della rivolta dei contadini contro i grandi proprietari
fondiari nelle campagne e della vittoria degli operai sui capitalisti nelle
città e nelle capitali. Senza di questo non è possibile prendere il grano
ai ricchi, trasportarlo malgrado il loro sabotaggio, spezzare la resistenza
degli impiegati corrotti e dei capitalisti che si arricchiscono, stabilire un
controllo rigoroso. Questo è dimostrato proprio dalla storia delle
organizzazioni per l’approvvigionamento e dal burocratismo della “democrazia” la
quale si è lamentata, ha pianto e supplicato milioni di volte a
causa del sabotaggio operato dai capitalisti.
Nessuna forza al mondo
all’infuori della rivoluzione proletaria vittoriosa è capace di passare dalle
lamentele, dalle preghiere e dalle lacrime all’azione rivoluzionaria.
E quanto più si rinvierà la rivoluzione proletaria, quanto più gli eventi
e le esitazioni degli titubanti e dei disorientati la procrastineranno, tanto
maggiori sacrifici essa esigerà e tanto più difficile sarà l’organizzazione
dei trasporti e la distribuzione del pane.
“Il temporeggiamento
nell’insurrezione equivale alla morte”, ecco che cosa si deve rispondere a chi
ha il triste “coraggio”, dinanzi al crescente sfacelo e alla carestia imminente,
di dissuadere gli operai dall’insurrezione (cioè di consigliarli ad
attendere e a fidarsi ancora della borghesia).
“...Nemmeno la
situazione al fronte è pericolosa. Anche se i soldati concludessero di loro
iniziativa un armistizio, non sarebbe un gran male...”.
Ma i soldati non
concluderanno l’armistizio. Per concludere un armistizio, è necessario un potere
politico che è impossibile creare senza un’insurrezione. I soldati non faranno
che disertare. Di questo
parlano i rapporti che ci vengono dal fronte. Non si può attendere senza correre
il rischio di aiutare Rodzianko ad accordarsi con Guglielmo e senza contribuire
allo sfacelo completo e alla fuga disordinata dei soldati: poiché essi
(già vicini alla disperazione)
cadranno nella disperazione completa e lasceranno tutto in balìa della
sorte.
“...Ma
se, dopo aver preso il potere,
non otterremo né l’armistizio né una pace democratica, può darsi che i soldati
non acconsentano a intraprendere la guerra rivoluzionaria. Che cosa faremo
allora?...”.
Questo argomento
ricorda il noto aforisma: un solo imbecille può porre dieci volte più domande di
quante ne possano risolvere dieci saggi.
Non abbiamo mai negato
le difficoltà che presenta il potere
durante la guerra imperialista, ma nondimeno abbiamo sempre
propugnato la dittatura del proletariato e dei contadini poveri. Rinunceremo
dunque ai nostri principi, quando il momento dell’azione è venuto?
Abbiamo sempre detto
che la dittatura del proletariato in un solo paese crea giganteschi cambiamenti
nella situazione internazionale, nell’economia del paese, nella situazione
dell’esercito, nel suo stato d’animo. “Dimenticheremo” oggi tutto ciò e ci
lasceremo spaventare dalle “difficoltà” della rivoluzione?
“...Come tutti
riconoscono, le masse non sono infiammate dal desiderio di scendere nelle
strade. Anche il forte aumento nella diffusione della stampa favorevole ai
pogrom e ai centoneri [i criminali fascisti di allora in Russia, ndr] è uno
degli indici che giustificano il pessimismo...”.
Tutte le cose, tutti i
fenomeni si tingono naturalmente in giallo agli occhi di coloro che si lasciano
terrorizzare dalla borghesia. In
primo luogo, essi sostituiscono al criterio marxista un criterio
intellettuale-impressionistico, sostituiscono all’apprezzamento politico
dello sviluppo della lotta di classe e del corso degli avvenimenti in tutto il
paese e nella situazione internazionale nel suo complesso, impressioni
soggettive sullo stato d’animo delle masse. Dimenticano, certo “opportunamente”,
che la ferma linea del partito, la sua decisione inflessibile, sono anch’esse
un fattore di questo stato d’animo, soprattutto nei momenti in cui la
situazione rivoluzionaria è più acuta. È talora molto “opportuno” dimenticare
che i dirigenti responsabili, con le loro oscillazioni e con la loro propensione
a bruciare ciò che ieri adoravano, suscitano essi stessi esitazioni in alcuni
strati delle masse.
Secondariamente - e in
questo momento è l’essenziale - gli uomini senza carattere, quando parlano dello
stato d’animo delle masse, dimenticano di aggiungere:
che “tutti”
considerano questo stato d’animo come di raccoglimento e d’attesa;
che “tutti” sono
concordi nel riconoscere che, all’appello dei soviet e per la difesa dei soviet,
gli operai scenderanno in campo come un sol uomo;
che “tutti” concordano
nel ritenere che gli operai sono molto malcontenti per la mancanza di decisione
che prevale nei centri dirigenti nella questione della “lotta finale e
decisiva”, della cui inevitabilità hanno nettamente coscienza;
che “tutti”,
unanimemente, caratterizzano la disposizione d’animo delle larghe masse come la
più vicina alla disperazione e rilevano il fatto che l’anarchia si sviluppa
appunto su questo terreno;
che “tutti”
riconoscono inoltre che gli operai coscienti sono nettamente avversi a scendere
nelle strade solo per manifestare, solo per lotte parziali, perché
si sente nell’aria l’avvicinarsi di una battaglia non parziale, ma generale; e
l’inutilità degli scioperi, delle manifestazioni, delle azioni parziali,
dimostrata dall’esperienza, è pienamente compresa.
E così di seguito.
Se esaminiamo queste
caratteristiche dello stato d’animo delle masse dal punto di vista di tutto lo
sviluppo della lotta di classe e della lotta politica e di tutto il corso degli
avvenimenti nei sei mesi della nostra rivoluzione, vediamo chiaramente come
falsifichino la questione coloro che si lasciano intimidire dalla borghesia.
Oggi le cose non stanno più come prima del 20-21 aprile, del 9 giugno, del 3
luglio, perché vi era allora un’effervescenza spontanea che noi, partito,
o non percepivamo (20 aprile) o frenavamo e indirizzavamo verso una
manifestazione pacifica (9 giugno e 3 luglio). Sapevamo perfettamente, in quei
momenti, che i soviet non erano ancora nostri, che i contadini credevano
ancora nel metodo Liberdan-Cernov e non nel metodo bolscevico
(l’insurrezione), che non potevamo perciò avere la maggioranza del popolo e che
per conseguenza l’insurrezione sarebbe stata prematura.
Allora l’idea della
lotta finale decisiva non s’imponeva affatto alla maggioranza degli
operai coscienti. Neppure una delle organizzazioni del partito poneva la
questione. Quanto alla grande massa poco cosciente, essa non era ancora in uno
stato d’animo di raccoglimento, non aveva ancora la risolutezza della
disperazione e manifestava soltanto una eccitazione spontanea,
nell’ingenua speranza che le sarebbe bastato un semplice “intervento”, una
semplice manifestazione, per “influire” sui Kerenski e sulla borghesia.
Per l’insurrezione ci
vuole ben altro. Occorre da una parte la risolutezza cosciente, ferma,
incrollabile dei lavoratori coscienti di battersi fino alla fine. Ma dall’altra
parte occorre la cupa disperazione delle grandi masse, le quali sentano
che le mezze misure non possono ormai più salvare niente, che è impossibile
“influenzare” il governo, che gli affamati “spezzeranno tutto, schiacceranno
tutto, anche anarchicamente”, se i bolscevichi non sapranno dirigerli
nella lotta decisiva.
Ora lo sviluppo della
rivoluzione ha determinato di fatto tanto fra gli operai quanto
fra i contadini precisamente questi due stati d’animo: la ponderatezza fra gli
elementi coscienti e istruiti dall’esperienza e l’odio quasi disperato contro i
capitalisti e i responsabili delle serrate fra le grandi masse.
Appunto su questo
terreno si spiega anche il “successo” delle canaglie della stampa dei centoneri,
che ammanniscono al popolo una contraffazione del bolscevismo. I centoneri si
rallegrano malignamente vedendo avvicinarsi la battaglia decisiva tra il
proletariato e la borghesia. È sempre stato così in tutte le rivoluzioni ed è
assolutamente inevitabile. E se ci si lascia spaventare da questo fatto,
si deve rinunciare non solo all’insurrezione, ma anche alla rivoluzione
proletaria in generale, perché questa rivoluzione non può maturare nella
società capitalista senza provocare la gioia malvagia dei centoneri che
contano di pescare nel torbido.
Gli operai coscienti
sanno perfettamente che i centoneri lavorano spalla a spalla con la borghesia e
che la vittoria decisiva del proletariato (alla quale i piccoli borghesi non
credono, di cui i capitalisti hanno paura, che i centoneri augurano qualche
volta con gioia malvagia, convinti che i bolscevichi non potranno conservare il
potere) schiaccerà definitivamente i centoneri, sanno che i bolscevichi
sapranno
conservare il potere e utilizzarlo per il maggior bene dell’umanità
spossata e straziata dalla guerra.
E infatti, quale uomo
in possesso delle sue facoltà mentali può avere dei dubbi sul fatto che i
Rodzianko e i
Suvorin agiscono insieme e si distribuiscono le parti?
I fatti non hanno
forse dimostrato che Rodzianko comanda Kerenski a bacchetta e che la “tipografia
di Stato della Repubblica russa” (non sorridete!) stampa a spese dello Stato i
discorsi ultra-reazionari dei centoneri della “Duma”? Questo fatto non è stato
forse denunciato perfino dai servitori del Dielo Naroda,
genuflessi dinanzi al loro “omuncolo”? L’esperienza di tutte le
elezioni non ha forse dimostrato che l’organo al servizio degli “interessi” dei
grandi proprietari fondiari zaristi, il Novoie Vremia,
questo foglio venale sostiene nella maniera più assoluta le liste dei
cadetti?
Non abbiamo forse
letto ieri che il capitale commerciale e industriale (apartitico, evidentemente:
oh! si capisce, apartitico, perché i Vikhliaiev e i Rakitnikov, i Gvozdev e i
Nikitin non fanno blocco con i cadetti, grazie al cielo, ma con i circoli
commerciali e industriali apartitici!) ha versato ai cadetti 300.000 rubli?
Dal punto di vista
della lotta di classe e non da un punto di vista sentimentale, tutta la stampa
dei centoneri è semplicemente una succursale della ditta “Riabuscinski,
Miliukov e soci”. Il capitale compera da una parte i Miliukov, i Zaslavski, i
Potresov e soci e, dall’altra, i centoneri.
All’infuori della
vittoria del proletariato non vi è altro mezzo per porre fine alla
scandalosa intossicazione del popolo mediante il veleno a buon mercato della
stampa reazionaria.
Come meravigliarsi se
la folla esausta e torturata dalla carestia e dal prolungamento della guerra
“assorbe” avidamente il veleno dei centoneri? Si può concepire una società
capitalista alla vigilia del crollo senza che le masse oppresse siano
sull’orlo della disperazione? E la disperazione delle masse, tra le quali
numerosi sono gli elementi disorientati, può non esprimersi con un
maggior consumo di veleni di ogni genere?
Sì, è disperata la
posizione di coloro che, parlando dello stato d’animo delle masse, imputano a
queste la loro propria debolezza.
Le masse si dividono
in elementi coscienti che attendono la loro ora e in elementi incoscienti pronti
a cadere nella disperazione: ma le masse oppresse ed affamate non sono
deboli.
“...Un partito
marxista, d’altra parte, non può ridurre l’insurrezione a una congiura
militare...”.
Il marxismo è una
dottrina estremamente profonda e complessa. Non è strano perciò che si possano
incontrare frammenti di citazioni di Marx - soprattutto se citazioni
fatte a sproposito - tra gli “argomenti” di coloro che si staccano dal
marxismo. Una congiura militare è blanquismo se essa non è organizzata
dal partito di una classe determinata, se coloro che la organizzano non
hanno valutato giustamente il momento politico in generale e la situazione
internazionale in particolare; se il partito non ha la simpatia,
dimostrata concretamente, della maggioranza del popolo; se
lo sviluppo degli avvenimenti rivoluzionari non ha condotto alla
distruzione pratica delle illusioni conciliatrici della piccola borghesia; se
non si è conquistata la maggioranza degli organi - del genere dei “soviet” -
riconosciuti “muniti di pieni poteri” o diversamente considerati tali per la
lotta rivoluzionaria; se non vi è nell’esercito (nel caso che gli
avvenimenti si svolgano in tempo di guerra) uno stato d’animo completamente
maturo di ostilità contro un governo che prolunga una guerra ingiusta, contro la
volontà del popolo; se le parole d’ordine dell’insurrezione (come “Tutto
il potere ai soviet”, “La terra ai contadini”, “Proposta immediata di una pace
democratica a tutti i popoli belligeranti”, “Annullamento immediato dei trattati
segreti, abolizione della diplomazia segreta”, ecc.) non hanno la più larga
diffusione e la massima popolarità; se gli operai avanzati non sono
convinti della situazione disperata delle masse e sicuri dell’appoggio delle
campagne, appoggio dimostrato da un importante movimento contadino o da
un’insurrezione contro i grandi proprietari fondiari e contro il governo che li
difende; se la situazione economica del paese permette seriamente di
sperare in una soluzione favorevole della crisi con i mezzi pacifici e
parlamentari.
Non vi pare che basti?
Nel mio opuscolo
Riusciranno i bolscevichi a conservare il potere
statale? (che uscirà, spero, in questi
giorni) ho citato un brano di Marx che si riferisce effettivamente alla
questione dell’insurrezione e stabilisce le norme dell’insurrezione considerata
come “un’arte”.
Sono pronto a
scommettere che se s’invitano i chiacchieroni, che oggi gridano contro la
congiura militare, ad aprire la bocca per spiegare la differenza tra “l’arte”
dell’insurrezione armata e una condannabile congiura militare, o ripeteranno ciò
che si è detto sopra o si copriranno di vergogna e faranno ridere tutti gli
operai. Provatevi un po’, carissimi pseudomarxisti! Cantateci una canzonetta
contro la “congiura militare”!
Poscritto
Le righe che precedono
erano già state scritte, quando ho ricevuto, martedì, alle otto di sera, i
giornali del mattino di Pietrogrado, tra i quali il numero della Novaia Gizn
contenente l’articolo del signor V. Bazarov. Il signor V. Bazarov afferma
che “circola in città un foglio manoscritto nel quale due capi bolscevichi si
pronunciano contro l’azione”.
Se è vero, prego i
compagni ai quali questa lettera non può giungere prima di mercoledì a
mezzogiorno, di pubblicarla il
più presto possibile.
Essa non era destinata
alla stampa, ma soltanto ai membri del partito con cui sono in corrispondenza.
Ma se gli eroi della Novaia Gizn, non appartenenti al nostro partito e mille volte scherniti per
la loro spregevole mancanza di carattere (votavano avantieri per i bolscevichi e
ieri per i menscevichi e sono quasi riusciti a riunire questi ultimi nel
famoso congresso di unificazione), se simili individui, dico, ricevono un
foglio da membri del nostro partito che fanno un’agitazione contro
l’insurrezione, non si può tacere. Bisogna fare un’agitazione, e un’agitazione
per l’insurrezione. Che gli anonimi si mostrino finalmente in piena luce
e ricevano, per le loro vergognose esitazioni, il castigo meritato, consistente
se non altro nello scherno di tutti gli operai coscienti. Non ho più che un’ora
prima di spedire questa lettera a Pietrogrado e mi devo perciò limitare i
segnalare in due parole uno dei “sistemi” dei tristi eroi dell’acefala Novaia
Gizn. Il signor V. Bazarov tenta di polemizzare con il compagno Riazanov il
quale ha detto, e molto giustamente, che “l’insurrezione è preparata da tutti
coloro che suscitano la disperazione e l’indifferenza fra le masse”.
Il triste eroe di una
triste causa “replica”: “La disperazione e l’indifferenza hanno forse mai
vinto?”.
Oh, spregevoli babbei
della Novaia Gizn! Conoscono forse essi nella storia esempi di
insurrezioni nelle quali le masse oppresse abbiano vinto, in lotte disperate,
senza essere state ridotte alla disperazione da lunghe sofferenze e
dall’aggravamento di crisi di ogni genere? Quando mai le masse non sono state
ridotte all’indifferenza dal servilismo dei vari Preparlamenti, dal futile gioco
alla rivoluzione e dalle manovre dei Liberdan, che riducono i soviet, organi del
potere e dell’insurrezione, a botteghe di futili chiacchiere?
O gli spregevoli
babbei della Novaia Gizn avrebbero per caso scoperto che fra le masse c’è
dell’indifferenza... per il pane quotidiano, per il prolungamento della guerra,
per la terra ai contadini?
Lettera ai membri del Partito bolscevico (4)
scritta
il 18 (31) ottobre 1917
Compagni! Non ho
ancora potuto avere i giornali di Pietrogrado di mercoledì 18 ottobre. Quando mi
si trasmise per telefono il testo completo del documento firmato da Kamenev e da
Zinoviev, comparso in un giornale estraneo al nostro partito, nella Novaia
Gizn, mi rifiutai dapprima
di credervi. Ma i dubbi sono divenuti impossibili e sono perciò costretto ad
approfittare dell’occasione per inviare questa lettera ai membri del partito, in
modo che essi la ricevano giovedì sera o venerdì mattina, perché sarebbe
criminale tacere di fronte a un atto di crumiraggio così scandaloso.
Quanto più importante
è la questione pratica, quanto più “conosciuti” e più responsabili sono coloro
che si danno al crumiraggio, tanto più la loro attività è pericolosa, tanto più
energicamente i crumiri devono essere gettati fuori e tanta più imperdonabile
sarebbe ogni esitazione dovuta ai loro “meriti” passati.
Pensate, dunque! Negli
ambienti di partito è noto che il partito studia la questione dell’insurrezione
sin dal mese di settembre. Nessuno ha mai sentito parlare di una sola lettera o
di un solo documento scritti dalle persone sopra nominate. E ora, si può dire
alla vigilia del Congresso dei Soviet, due noti bolscevichi si levano contro
la maggioranza e - la cosa è chiara - contro il Comitato Centrale.
Non lo si dice apertamente, ma questo è ancora peggio, perché allusioni
sono ancor più pericolose.
Dal testo del
documento firmato da Kamenev e da Zinoviev risulta chiaramente che essi si
pongono contro il CC, poiché altrimenti la loro dichiarazione non avrebbe alcun
senso; ma non dicono quale decisione del CC contestano.
Perché?
È chiaro: perché il CC
non ha pubblicato tale decisione. Che cosa se ne deduce?
Due “bolscevichi
eminenti”, di fronte a un’importantissima questione di lotta, alla vigilia della
critica giornata del 20 ottobre, nella stampa non di partito e più
precisamente in un giornale che, nella questione di cui si parla, marcia
spalla a spalla con la borghesia contro il partito operaio,
attaccano, in un simile giornale, una decisione non pubblicata dal
centro dirigente del partito!
Ma questo è mille
volte più vile, è un milione di volte più dannoso di tutte le
dichiarazioni fatte da Plekhanov sulla stampa non di partito nel 1906-1907,
dichiarazioni che il partito ha condannato così aspramente! Eppure allora non si
trattava che di elezioni e oggi si tratta dell’insurrezione per la conquista del
potere.
E attaccare su una
questione simile, dopo la decisione presa dal centro e non resa
pubblica, attaccare al
cospetto dei Rodzianko e dei Kerenski, in un giornale estraneo al partito, non è
forse l’azione più crumiresca e più perfida che si possa immaginare?
Mi riterrei disonorato
se, a causa delle nostre strette e vecchie relazioni, esitassi a condannare
quegli ex compagni. Dico nettamente che non li considero più come compagni e che
lotterò, con tutte le mie forze, davanti al Comitato Centrale e al congresso,
per la loro espulsione dal partito.
Infatti, un partito
operaio che dalla vita è posto sempre più frequentemente di fronte al problema
dell’insurrezione, non può adempiere questo difficile compito se le decisioni
non pubblicate dal suo centro sono attaccate, dopo la loro approvazione, nella
stampa estranea al partito e se in tal modo si semina il turbamento e
l’esitazione nelle file dei combattenti.
Fondino pure i signori
Zinoviev e Kamenev un loro proprio partito con qualche decina di disorientati o
di candidati all’Assemblea Costituente. Gli operai non vi entreranno, perché la
sua prima parola d’ordine sarà:
“Ai membri del
Comitato Centrale battuti sulla questione della lotta decisiva nella riunione
generale del CC è lecito ricorrere alla stampa estranea al partito per attaccare
le decisioni del partito non rese pubbliche”.
Formino su questo
modello il loro partito; il nostro partito operaio bolscevico non avrà che
da guadagnarci.
Quando tutti i
documenti saranno resi pubblici, il crumiraggio di Zinoviev e di Kamenev sarà
ancora più evidente. Gli operai si pongano frattanto la questione seguente:
“Ammettiamo che la
Direzione dei sindacati dopo un mese di discussione, con una maggioranza
superiore all’ottanta per cento, abbia deciso uno sciopero, senza tuttavia
pubblicarne né la data, né qualsiasi altra notizia. Ammettiamo che due membri
della Direzione, invocando falsamente, dopo la decisione, la propria
“opinione personale”, non si limitino a scrivere ai gruppi locali per la
revisione della decisione già presa, ma diano anche ai giornali non di
partito copia delle loro lettere. Ammettiamo infine che essi stessi attacchino
nella stampa non di partito la decisione presa, benché essa non sia
ancora stata resa pubblica; ammettiamo che comincino a vilipendere lo sciopero
in cospetto dei capitalisti”.
Domandiamo: gli operai
esiteranno forse ad espellere dalle loro file simili crumiri?
Circa la questione
dell’insurrezione, oggi, a così poca distanza dal 20 ottobre, non posso
valutare, da lontano, il danno che ha potuto recarci l’azione dei crumiri nella
stampa non di partito. È certo che il danno pratico è grandissimo. Per
rimediarvi è necessario, innanzi tutto, ristabilire l’unità del fronte
bolscevico con l’espulsione dei crumiri.
La debolezza degli
argomenti ideologici esposti contro l’insurrezione sarà tanto più evidente,
quanto meglio li illustreremo alla luce del sole. Ho mandato nei giorni scorsi
un articolo al Raboci Put sulla questione, e se la redazione non ne crede
possibile la pubblicazione, i membri del partito potranno probabilmente leggere
il manoscritto.
Gli argomenti
“ideologici” - se così si possono chiamare - si riducono a due: in primo luogo,
l’“attesa” dell’Assemblea Costituente. Aspettiamo, forse arriveremo a qualche
cosa: ecco tutto. Forse, malgrado la fame, malgrado lo sfacelo, malgrado
l’esaurirsi della pazienza dei soldati, malgrado i passi di Rodzianko per
consegnare Pietrogrado ai tedeschi (e anche malgrado le serrate), arriveremo
ancora a qualche cosa.
“Speriamo in dio”.
Ecco tutta la forza dell’argomento.
In secondo luogo, un
querulo pessimismo. Tutto va benissimo per la borghesia e per Kerenski; tutto va
male per noi. I capitalisti sono meravigliosamente pronti in tutto; tutto va
male tra gli operai. Sulla situazione militare i “pessimisti” strillano a
perdifiato, mentre gli “ottimisti” stanno zitti perché nessuno, eccetto i
crumiri, trova piacevole fare delle rivelazioni qualsiasi al cospetto di
Rodzianko e di Kerenski.
Momento difficile.
Compito arduo. Tradimento grave.
Ciò nonostante il
compito sarà adempiuto, gli operai serreranno le file, l’insurrezione contadina
e l’impazienza estrema dei soldati al fronte avranno il loro effetto. Serriamo
le file, il proletariato deve vincere!
Note
1.
Si tratta della riunione allargata del CC del
partito del 16 (29) ottobre
1917. Trovandosi allora illegalmente a Pietrogrado, Lenin non dice di aver
partecipato alla seduta. Cambia la data della riunione in quella del 15 (28)
ottobre e fa riferimento a un compagno che l’avrebbe informato su questa seduta.
2.
I moti contadini nel governatorato di Tambov
nel settembre 1917 furono di vaste proporzioni. I contadini occuparono le terre
dei grandi proprietari, incendiarono le ville padronali, sequestrarono il grano
ai proprietari. Delle 82 ville signorili devastate nei 68 governatorati e
regioni della Russia nel settembre 1917, ben 32 erano nel governatorato di
Tambov. Spaventati dai moti, i grandi proprietari fondiari convogliarono verso
le stazioni ferroviarie il grano raccolto per venderlo, sicché le stazioni si
trovarono ad essere letteralmente inondate di grano. Per schiacciare la rivolta
furono mandate da Mosca truppe e fu proclamato lo stato d’assedio nel
governatorato. Tutte queste misure non riuscirono però a soffocare la lotta
contadina.
3.
Planson, avvocato, era uno dei capi del sindacato ferrovieri, che era allora
nelle mani dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi.
4. La Lettera ai membri del partito bolscevico fu discussa, assieme alla Lettera al CC del POSDR(b), nella seduta del 20 ottobre (2 novembre) 1917, dal CC del partito bolscevico, il quale condannò l’atteggiamento di Kamenev e di Zinoviev, proibì loro di fare qualsiasi dichiarazione contraria alle decisioni del CC ed escluse K