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Capitolo 2


Fondazione del partito operaio socialdemocratico di Russia. Formazione nel Partito delle frazioni bolscevica e menscevica (1901-1904) (Testo Word)

 

1. L'ascesa del movimento rivoluzionario in Russia nel 1901-1904.

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2. Piano di Lenin per la creazione del partito marxista. L'opportunismo degli “economicisti. Lotta dell’Iskra per il piano di Lenin: libro di Lenin Che fare?. Fondamenti ideologici del partito marxista.

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3. Il II congresso del partito operaio socialdemocratico di Russia. Adozione del programma e dello statuto. Costituzione di un partito unico. Le divergenze al congresso e la formazione di due correnti  - bolscevica e menscevica - nel partito.

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4. Gli atti scissionisti dei capi menscevichi e l'inasprirsi della lotta in seno al Partito dopo il II congresso. L'opportunismo dei menscevichi. Il libro di Lenin "Un passo avanti e due indietro. I principi organizzativi del partito marxista.

 

Salvo indicazione diversa, tutte le citazioni di Lenin sono tratte da Lenin, Un passo avanti e due indietro (La crisi del nostro partito), reperibile in Opere Complete vol. 7.

 

Dopo il II congresso, la lotta in seno al partito diventò ancora più acuta. I menscevichi cercavano con tutti i mezzi di mandare a monte le decisioni del II Congresso e di impadronirsi dei centri dirigenti del partito. Essi pretendevano che i loro rappresentanti fossero inclusi nella redazione dell'Iskra e nel Comitato centrale, in una proporzione che assicurasse loro la maggioranza nella redazione e la parità con i bolscevichi nel Comitato centrale. Siccome ciò era contrario alle precise deliberazioni del II Congresso, i bolscevichi respinsero queste pretese. I menscevichi costituirono allora, all'insaputa del partito, un'organizzazione frazionista, ostile al partito, alla cui testa si `trovavano Martov, Trotzki e Axelrod e “scatenarono, come scriveva Martov, una sollevazione contro il leninismo”. Il metodo di lotta contro il partito che essi scelsero era quello di “disorganizzare tutto il lavoro del partito, di danneggiarlo, di frenarlo in tutto e per tutto” (espressione di Lenin). Trinceratisi nella “Lega all'estero” dei socialdemocratici russi, per nove decimi intellettuali emigrati, staccati dall'azione in Russia, aprirono da quelle posizioni il fuoco contro il partito, contro Lenin, contro i leninisti.

Plekhanov prestava manforte ai menscevichi. Al II Congresso egli era stato a fianco di Lenin. Ma, in seguito, si era lasciato intimidire dai menscevichi, che minacciavano la scissione. Egli aveva deciso di “riconciliarsi” ad ogni costo coi menscevichi. Il peso dei suoi vecchi errori opportunistici lo faceva gravitare verso i menscevichi. Dapprima conciliatore verso i menscevichi opportunisti, ben presto Plekhanov divenne egli stesso un menscevico. Egli insistette perché tutti gli ex redattori menscevichi dell'Iskra, non rieletti dal congresso, fossero ammessi nella redazione. Lenin non poteva certo accettare questa condizione e uscì dalla redazione dell'Iskra per rafforzare le sue posizioni in seno al Comitato centrale e di la battere gli opportunisti. Plekhanov, calpestando la volontà del congresso, cooptò di sua iniziativa nella redazione dell'Iskra gli ex redattori menscevichi. Da allora, a cominciare dal n. 52 dell'Iskra, i menscevichi fecero di questo giornale il loro organo e se ne servirono per diffondere le loro concezioni opportuniste. Ormai nel Partito si parlò della vecchia Iskra, l'Iskra leninista, bolscevica e della nuova Iskra, l'Iskra menscevica, opportunista.

Il giornale, caduto nelle mani dei menscevichi, divenne un organo di lotta contro Lenin, contro i bolscevichi, un organo di propaganda dell'opportunismo menscevico, soprattutto nel campo organizzativo. I menscevichi, alleatisi con gli «“economicisti” e i bundisti, mossero guerra sulle pagine dell'Iskra contro il leninismo, come essi dicevano. Plekhanov non potè mantenersi su posizioni conciliatrici e dopo qualche tempo si unì egli pure a quella campagna. E così doveva infatti accadere per la logica delle cose: chi insiste per la conciliazione con gli opportunisti, finisce per scivolare nell'opportunismo. Dalla nuova Iskra piovevano, come dal corno dell'abbondanza, dichiarazioni e articoli affermanti che il partito non doveva essere un tutto organizzato; che bisognava ammettere in seno al partito l'esistenza di gruppi e di individui liberi, non obbligati a sottomettersi alle decisioni degli organismi del partito; che bisognava lasciare ad ogni intellettuale simpatizzante col partito, come ad “ogni scioperante” e ad “ogni manifestante”, tutte le possibilità di autoproclamarsi membro del partito; che esigere la sottomissione a tutte le decisioni del partito era dar prova di “formalismo burocratico”; che esigere la sottomissione della minoranza alla maggioranza equi-valeva a “soffocare meccanicamente” la volontà dei membri del partito; che esigere da tutti i membri, capi e semplici iscritti, un'eguale sottomissione alla disciplina del partito, voleva dire instaurare il “servaggio” nel partito; che, infine, ciò che era necessario a noi”, nel partito, non era il centralismo ma l' “autonomismo” anarchico, il quale dà diritto agli aderenti e alle organizzazioni del partito di non applicare le decisioni del partito stesso.

Era una propaganda sfrenata di rilassatezza in materia di organizzazione, era la rovina dello spirito di partito e della disciplina di partito, l'esaltazione dell'individualismo intellettualistico, la giustificazione dello spirito anarchico di indisciplina.

I menscevichi, evidentemente, volevano far retrocedere il partito dal II Congresso verso lo sbriciolamento organizzativo, verso lo spirito di gruppo e verso i metodi artigianali di lavoro. Bisognava, dunque, battere in breccia i menscevichi in modo decisivo. Ed è ciò che fece Lenin nel suo celebre libro Un passo avanti e due indietro, uscito nel maggio 1904.

Ecco i principi organizzativi essenziali che furono sviluppati da Lenin in quel libro e che diventarono poi i principi organizzativi del partito bolscevico.

1. Il partito marxista è parte integrante della classe operaia, un suo reparto. Ma la classe operaia ha numerosi re-parti; ne deriva che non tutti i reparti della classe operaia possono essere chiamati partito della classe operaia. Il partito si distingue dagli altri reparti della classe operaia, prima di tutto perché non è un reparto ordinario, ma il reparto d'avanguardia, il reparto cosciente, il reparto marxista della classe operaia, armato della conoscenza della vita sociale, armato della conoscenza delle leggi della lotta di classe e capace perciò di guidare la classe operaia, di dirigerne la lotta. Quindi bisogna evitare di confondere il partito con la classe operaia, come bisogna evitare di confondere la parte con il tutto. Non si deve pretendere che ogni scioperante possa autoproclamarsi membro del partito, poiché chi confonde il partito con la classe abbassa il livello della coscienza del partito al livello di “ogni scioperante”, distrugge il partito come avanguardia cosciente della classe operaia. Il compito del partito consiste non nell'abbassare il suo livello fino al livello di “ogni scioperante”, ma nell'elevare le masse operaie, nell'elevare “ogni scioperante” al livello del partito.

“Noi siamo - scriveva Lenin - il partito della classe e perciò quasi tutta la classe (e in tempo di guerra, nel-l'epoca della guerra civile, la classe tutta intera) deve agire sotto la direzione del nostro partito, deve stringersi il più saldamente possibile attorno al nostro partito. Ma sarebbe manilovismo [vuoto fantasticare. Manilov è uno dei personaggi di Anime morte di Gogol, ndr] e codismo pensare che, in regime capitalista, quasi tutta o tutta la classe possa mai elevarsi alla coscienza e all'attività della propria avanguardia, del proprio partito socialdemocratico. Nessun socialdemocratico ragionevole ha mai posto in dubbio che, in regime capitalista, neanche l'organizzazione sindacale (più primitiva, più accessibile alla coscienza degli strati arretrati) è in grado di abbracciare quasi tutta o tutta la classe operaia. Dimenticare la distinzione che passa tra il reparto d'avanguardia e tutte le masse che gravitano verso l’avanguardia, dimenticare il costante dovere del reparto d'avanguardia di elevare strati sempre più larghi fino a questo livello dell'avanguardia, vorrebbe dire ingannare sè stessi, chiudere gli occhi di fronte alla grandiosità dei nostri compiti, restringere questi compiti”.

2. Il partito non è soltanto il reparto cosciente, d’avanguardia della classe operaia, ma è in pari tempo il reparto organizzato della classe operaia, con una propria disciplina obbligatoria per i suoi membri. Perciò i membri del partito devono obbligatoriamente essere membri di una delle sue organizzazioni. Se il partito non fosse un reparto organizzato della classe, né un sistema di organizzazione, ma una semplice somma di individui che si dichiarano essi stessi membri del partito senza aderire a nessuna delle sue organizzazioni e che perciò non sono organizzati - e non sono quindi tenuti a sottomettersi alle decisioni del partito, il partito non avrebbe mai un'unica volontà, non potrebbe mai realizzare l'unità d'azione dei suoi aderenti. Di conseguenza, gli sarebbe impossibile dirigere la lotta della classe operaia. Il partito può dirigere praticamente la lotta della classe operaia e volgerla verso un unico scopo, solo se tutti i suoi membri sono organizzati in un solo reparto, saldato dall'unità di volontà, dall'unità d'azione, dall'unità di disciplina.

Quando i menscevichi obiettano che in questo caso molti intellettuali, come ad esempio professori, studenti universitari o liceali, ecc., rimarrebbero fuori del partito non volendo aderire a questa o a quella organizzazione locale, sia che la disciplina del partito sia loro di peso, sia che, - come diceva Plekhanov al II Congresso - “l'aderire a questa o a quella organizzazione locale lo considerino come un'umiliazione”, questa obiezione dei menscevichi si ritorce contro di loro, poiché il partito non sa che farsene di membri cui pesa la sua disciplina e che temono di aderire a una delle sue organizzazioni. Gli operai non temono né la disciplina né l'organizzazione. Non appena hanno deciso di diventare membri del partito, aderiscono volentieri alle sue organizzazioni. Temono la disciplina e l'organizzazione solo gli intellettuali di spirito individualistico, i quali effettivamente rimarranno fuori del partito. E sarà tanto di guadagnato: il partito si libererà infatti dall'afflusso di elementi instabili, accentuatosi soprattutto oggi, mentre comincia l'ascesa della rivoluzione democratico-borghese.

“Se dico - scriveva Lenin - che il partito deve essere una somma (e non una semplice somma aritmetica, ma un insieme organico) di organizzazioni... esprimo con ciò in modo perfettamente chiaro e preciso che desidero, esigo che il partito, come reparto d'avanguardia della classe, sia il massimo possibile organizzato, che il partito accetti nel suo seno soltanto quegli elementi che ammettono almeno un minimo di organizzazione...”.

E più avanti:

A parole la formula di Martov difende gli interessi di larghi strati di proletari; in. realtà essa serve gli interessi degli intellettuali borghesi, ai quali la disciplina proletaria e l'organizzazione incutono paura. Nessuno oserà negare che ciò che in generale caratterizza gli intellettuali, come strato particolare della società capitalista attuale, è appunto l'individualismo e l'incapacità di disciplina e di organizzazione ».

E ancora:

“Il proletariato non teme né l'organizzazione né la disciplina... Il proletariato non si preoccuperà perché i signori professori e gli studenti liceali che non vogliono entrare in un'organizzazione siano riconosciuti membri del partito per il lavoro compiuto sotto il controllo di un'organizzazione... Non è il proletariato, ma sono certi intellettuali del nostro partito che mancano di autoeducazione per ciò che concerne l'organizzazione e la disciplina...”.

3. Tra tutte le altre organizzazioni della classe operaia, il partito non è semplicemente un reparto organizzato, ma è “la forma suprema d'organizzazione”, destinata a dirigere tutte le altre organizzazioni della classe operaia. Il partito, come forma suprema d'organizzazione, composta dai migliori elementi della classe, armata d'una teoria d'avanguardia, della conoscenza delle leggi della lotta di classe e dell'esperienza del movimento rivoluzionario, ha tutte le possibilità di dirigere - e ha il dovere di dirigere - tutte le altre organizzazioni della classe operaia. La tendenza dei menscevichi a sminuire, ad abbassare la funzione dirigente del partito, porta a indebolire tutte le altre organizzazioni proletarie dirette dal partito e, di conseguenza, a indebolire e disarmare il proletariato, poiché “il proletariato, nella sua lotta per il potere, ha soltanto un'arma: l'organizzazione”.

4. Il partito è l'incarnazione del legame dell'avanguardia della classe operaia con le masse innumerevoli della classe operaia. Anche essendo il miglior reparto d'avanguardia e quello più perfettamente organizzato, il partito non potrebbe tuttavia né vivere né svilupparsi senza essere legato alle masse dei senza partito, senza moltiplicare questi legami, senza consolidarli. Un partito rinchiuso in se stesso, isolato dalle masse e che perdesse o semplicemente indebolisse i legami con la sua classe, perderebbe la fiducia e l'appoggio delle masse e dovrebbe, quindi, inevitabilmente perire. Per vivere una vita piena e svilupparsi, il partito deve moltiplicare i suoi legami con le masse, conquistarsi la fiducia delle innumerevoli masse della propria classe.

“Per essere un partito socialdemocratico - diceva Lenin - bisogna ottenere il sostegno precisamente della classe”.

5. Il partito, per poter funzionare bene e dirigere le masse in modo sistematico, deve essere organizzato conformemente ai principi del centralismo, avere uno statuto unico, un'unica disciplina di partito, un unico organismo dirigente rappresentato dal suo congresso e, negli intervalli tra i congressi, dal Comitato centrale. Occorre che la minoranza si sottometta alla maggioranza, le varie organizzazioni al centro, le organizzazioni inferiori a quelle superiori. Senza queste condizioni il partito della classe operaia non può essere un vero partito, non può adempiere il suo compito di dirigere la classe.

Siccome il partito, sotto l'autocrazia zarista, era illegale, le organizzazioni del partito non potevano certo in quell'epoca formarsi mediante lelezione dal basso, dovendo il partito essere rigorosamente clandestino. Ma Lenin pensava che quelle condizioni momentanee nella vita del nostro partito sarebbero sparite non appena lo zarismo fosse stato abbattuto, quando il partito fosse divenuto legale e le sue organizzazioni avessero applicato il principio delle elezioni democratiche, il principio del centralismo democratico.

Prima - scriveva Lenin - il nostro partito non era un tutto formalmente organizzato, ma soltanto una somma di gruppi particolari e perciò tra questi gruppi non potevano esservi altri rapporti che di influenza ideologica. Oggi siamo diventati un partito organizzato. Questo significa creazione di un potere, trasformazione del prestigio delle idee in prestigio del potere, sottomissione delle istanze inferiori del partito a quelle superiori”.

Accusando i menscevichi per il loro nichilismo nelle questioni organizzative e per il loro anarchismo da gran signori, che non ammette l'idea della propria sottomissione all'autorità del partito e alla sua disciplina, Lenin scriveva:

“Questo anarchismo da gran signori è particolarmente caratteristico del nichilista russo. L'organizzazione del partito sembra a costui una “fabbrica” mostruosa. La sottomissione della parte al tutto e della minoranza alla maggioranza gli appare come una “servitù”... La divisione del lavoro, sotto la direzione di un centro, gli fa lanciare degli strilli tragicomici contro la trasformazione degli uomini in “viti e rotelle” (particolarmente odiosa è considerata da lui la trasformazione dei redattori in collaboratori). La sola menzione dello statuto di organizzazione del partito suscita in lui una smorfia sdegnosa e la sprezzante osservazione (diretta ai “formalisti”) che si potrebbe benissimo anche fare a meno dello statuto”.

6. Il partito, nella sua attività pratica, se vuole conservare l’ unità delle sue file, deve applicare una disciplina proletaria unica, egualmente obbligatoria per tutti i membri del partito, tanto per i capi quanto per i semplici membri. Perciò nel partito non deve esservi alcuna divisione in “membri dell'élite” per i quali la disciplina non sarebbe obbligatoria e in “non membri dell'élite” che dovrebbero sottomettersi alla disciplina. Senza questa condizione non è possibile salvaguardare l'integrità del partito e l'unità delle  sue file.

“L'assenza totale, in Martov e consorti, di argomenti ragionevoli contro la redazione nominata dal congresso - scriveva Lenin - è resa evidente meglio di tutto dal loro stesso motto: “Noi non siamo dei servi!”... La psicologia dell'intellettuale borghese, che si ritiene un’anima eletta” posta al disopra dell'organizzazione di massa e della disciplina di massa, appare qui chiarissima... Per l'individualismo intellettualistico... ogni organizzazione e ogni disciplina proletaria s'identificano con la servitù”.

E più avanti:

“Via via che si forma nel nostro paese un vero partito, l'operaio cosciente deve imparare a distinguere tra la psicologia del combattente dell'esercito proletario e la psicologia dell'intellettuale borghese che fa sfoggio di fraseologia anarchica: deve imparare ad esigere che gli obblighi che incombono al membro di partito siano adempiuti non soltanto dai semplici gregari, ma anche da ''coloro che stanno in alto””.

Riassumendo l'analisi delle divergenze e definendo le posizioni dei menscevichi come “posizioni dell'opportunismo nelle questioni organizzative”, Lenin considerava che uno dei peccati essenziali del menscevismo era quello di sottovalutare l'importanza dell'organizzazione di partito in quanto arma del proletariato nella lotta per la propria emancipazione. I menscevichi erano del parere che l'organizzazione di partito del proletariato non era di grande importanza per la vittoria della rivoluzione. Contrariamente ai menscevichi, Lenin pensava che l'unità ideologica del proletariato, di per se stessa, non basta per assicurare la vittoria; che per vincere, è indispensabile “consolidare” l'unità ideologica mediante l'“unità materiale dell'organizzazione” del proletariato. Soltanto a questa condizione  - Lenin pensava - il proletariato può diventare una forza invincibile.

“Il proletariato, nella sua lotta per il potere - scriveva Lenin - ha soltanto un'arma: l'organizzazione. Il proletariato, diviso dalla concorrenza anarchica che regna nel mondo borghese, schiacciato sotto il peso di un lavoro forzato per il capitale, sospinto continuamente “nei bassifondi” d'una miseria nera, dell'abbrutimento e della degenerazione, può diventare e diventerà inevitabilmente una forza invincibile soltanto perché la sua unione ideologica, fondata sui principi del marxismo, è consolidata dall'unità materiale dell'organizzazione che raggruppa i milioni di lavoratori in un esercito della classe operaia. A questo esercito non potranno resistere né il potere già decrepito dell'autocrazia russa, né il potere del capitale internazionale che sta per diventarlo”.

È con queste parole profetiche che Lenin chiude il suo libro.

Questi sono i principi organizzativi essenziali sviluppati da Lenin nel suo celebre libro Un passo avanti e due indietro.

L'importanza di questo libro sta innanzitutto nel fatto che esso ha salvaguardato lo spirito di partito da quello ristretto di gruppo e il partito dai disorganizzatori, ha battuto in pieno l'opportunismo menscevico sulle questioni organizzative e ha gettato le basi. organizzative del partito bolscevico.

Ma non è importante solo per questo. Il suo significato storico è dato dal fatto che Lenin vi ha, per primo nella storia del marxismo, elaborato la dottrina del partito, in quanto organizzazione dirigente del proletariato, in quanto arma essenziale nelle mani del proletariato, senza la quale è impossibile vincere nella lotta per la dittatura proletaria.

La diffusione tra i militanti dell'opera di Lenin Un passo avanti e due indietro fece sì che la ;maggior parte delle organizzazioni locali si raggruppò attorno a Lenin.

Ma più le organizzazioni si raggruppavano strettamente attorno ai bolscevichi, più rabbioso si faceva l'atteggiamento dei capi menscevichi.

Nell'estate del 1904 i menscevichi, con l'aiuto di Plekhanov e in seguito al tradimento di due bolscevichi degeneri, Krassin e Noskov, si impadronirono della maggioranza del Comitato centrale. Era evidente che i menscevichi si orientavano verso la scissione. La perdita dell'Iskra e del Comitato centrale mise i bolscevichi in una situazione grave. Era evidentemente indispensabile fondare un proprio giornale bolscevico. Era indispensabile organizzare un nuovo congresso, il III Congresso del partito, per formare un nuovo Comitato centrale del partito e regolare i conti coi menscevichi.

È ciò che intraprese Lenin, è, ciò che intrapresero i bolscevichi.

I bolscevichi impegnarono la lotta per la convocazione del III Congresso del partito. Nell'agosto del 1904 si tenne in Svizzera, diretta da Lenin, una conferenza di 22 bolscevichi; la conferenza approvò un messaggio Al partito che divenne per i bolscevichi un programma di lotta per la convocazione del III Congresso.

In tre conferenze regionali dei comitati bolscevichi (la conferenza del Sud, la conferenza del Caucaso e la conferenza del Nord) fu eletto un  “Ufficio dei comitati della maggioranza”, che procedette alla preparazione pratica del III Congresso del partito.

Il 4 gennaio 1905 uscì il primo numero del giornale bolscevico Vperiod  (Avanti).

In questo modo si formarono in seno al partito due frazioni distinte - bolscevichi e menscevichi - con i loro centri dirigenti e i loro rispettivi giornali.

 

Conclusioni riassuntive.

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