Indice degli scritti di Stalin

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Stalin, Opere di Stalin vol. 5, Edizioni Rapporti Sociali (Opere Complete, vol. 5, Edizioni Rinascita 1952)

 

Presentazione della redazione di La Voce (luglio 2017)

L’attualità di questo testo di Stalin sta nel fatto che al centro dell’attività di noi comunisti oggi sta e dobbiamo mettere il consolidamento e rafforzamento del nostro Partito, quello che Stalin nel suo articolo chiama primo periodo. Ogni linea di lavoro interno o di lavoro esterno tracciata senza mettere questo obiettivo al centro, è sbagliata perché comporta dispersione di energie e di risorse e denota una concezione sbagliata o arretrata dei nostri compiti.

Nel nostro Manifesto Programma, cap. 3.1 pag. 184 è scritto:

“Il partito comunista si costruisce per stadi. Il primo stadio è la costituzione dei comunisti in partito sulla base della loro unità ideologica e della riunione delle condizioni organizzative minime indispensabili. Il secondo stadio è il consolidamento e rafforzamento del partito comunista tramite la conquista degli operai avanzati al partito comunista: il partito diventa così l’avanguardia organizzata della classe operaia. Il terzo stadio è la trasformazione del partito comunista in Stato Maggiore effettivo della classe operaia, capace di guidare la classe operaia a realizzare la linea per la conquista del potere che il partito comunista ha elaborato dall’esperienza della classe operaia stessa. Ogni stadio si sviluppa nel successivo. La verifica e la conferma della bontà della linea seguita dal partito comunista in uno stadio sono dati dal raggiungimento dello stadio superiore”.

Questo è completamente giusto, a condizione che teniamo presente che quello che nel nostro MP chiamiamo secondo stadio, successivo alla fondazione del Partito, corrisponde a quello che Stalin chiama primo periodo dello sviluppo del partito. Tutto quello che Stalin scrive nel testo che segue, a proposito del primo periodo, vale per noi oggi.

Lo scritto di Stalin è in particolare diretto contro l’idea che è possibile avanzare nella rivoluzione socialista senza avanzare nella costruzione del partito. In particolare senza avanzare nella riforma intellettuale e morale dei suoi membri, che è condizione decisiva anche per il reclutamento di nuovi membri. La lotta ideologica contro le posizioni attendiste (“la rivoluzione socialista prima o poi scoppierà”, “cogliere le occasioni”) e disfattiste (“il vecchio mondo muore ma il nuovo mondo non può nascere”), contro il movimentismo (“dirigere le lotte che ci sono”, “moltiplicare le lotte e prima o poi qualcosa ne verrà”), contro l’economicismo e il legalitarismo, contro le deviazioni dal marxismo-leninismo, contro il rifiuto del maoismo e in particolare contro il rifiuto dei suoi sei principali apporti al patrimonio teorico del movimento comunista è rivolta non tanto contro gli avversari che professano queste posizioni arretrate o comunque apertamente le praticano: è principalmente volta a elevare il livello intellettuale e morale dei nostri membri. Quindi è un aspetto indispensabile della nostra lotta in questo periodo. Oggi una notevole parte dei nostri membri non sanno esporre in maniera adatta al pubblico le nostre analisi, non sanno rispondere alle obiezioni che vengono fatte alle nostra linea, non sanno tradurre nel particolare e applicare nel particolare e concretamente la nostra concezione del mondo e la nostra linea. Sono ancora fermi all’adesione identitaria al Partito. Per capire l’importanza di avanzare, lo studio dello scritto di Stalin è particolarmente utile.

Le note che seguono nel testo sono tutte della redazione delle Edizioni Rapporti Sociali.

 

Questo testo fu pubblicato, a firma G.V. Stalin, sul n. 190 della Pravda (La verità), quotidiano legale bolscevico fondato il 22 aprile 1912 dopo la Conferenza di Praga del Partito operaio socialdemocratico della Russia. Tra il 1912 e il 1914 il giornale fu soppresso otto volte, ma ricomparve sotto altri nomi. Riprese le pubblicazioni il 5 marzo 1917 come organo centrale del partito bolscevico. Stalin entrò a far parte della redazione in seguito alla decisione del Comitato Centrale del partito il 15 marzo 1917. Nell’aprile, dopo il suo ritorno in Russia, Lenin ne assunse la direzione. Il 5 luglio la redazione fu devastata dagli Junker (allievi ufficiali) e dai cosacchi. Dopo che Lenin fu costretto a passare alla clandestinità, Stalin divenne redattore capo del giornale. Dal giugno all’ottobre la Pravda, perseguitata dal governo provvisorio, cambiò più volte nome. Il 27 ottobre 1917 riprese regolarmente le pubblicazioni come organo centrale del partito bolscevico.

 

Il partito prima e dopo la presa del potere

Pravda, n. 190, 28 agosto 1921

Nello sviluppo del nostro partito si devono distinguere tre periodi.

Il primo periodo è quello della formazione, della fondazione del nostro partito. Esso abbraccia l’intervallo di tempo che va approssimativamente dalla fondazione dell’Iskra (1) al terzo congresso (2) del partito compreso (dalla fine del 1900 al principio del 1905).

1. Iskra (La scintilla), primo giornale clandestino marxista per tutta la Russia, fondato da Lenin nel 1900. Il primo numero dell’Iskra leninista uscì l’11 (24) dicembre 1900 a Lipsia, i numeri successivi uscirono a Monaco, dall'aprile 1902 a Londra e dalla primavera del 1903 a Ginevra. In parecchie città della Russia (Pietroburgo, Mosca, ecc.), furono fondati gruppi e comitati del POSDR della tendenza iskrista-leninista. Nella Transcaucasia il giornale clandestino Brdzola (La lotta), organo della socialdemocrazia rivoluzionaria georgiana, difendeva le idee dell’Iskra. Ma dopo il secondo congresso del POSDR (1903) l’Iskra cadde nelle mani dei menscevichi, per cui da allora in poi si parlò della vecchia Iskra (leninista) e della nuova Iskra (menscevica).

 

 2. “Nell’aprile del 1905 si riunì a Londra il terzo congresso del Partito operaio socialdemocratico della Russia, a cui parteciparono 24 delegati di 20 comitati bolscevichi. Il congresso, dopo aver condannato i menscevichi come una parte dissidente del partito, passò all’esame dei problemi posti all’ordine del giorno allo scopo di stabilire la tattica del partito. Simultaneamente al Congresso di Londra si svolgeva a Ginevra la conferenza dei menscevichi. “Due congressi - due partiti”, così Lenin aveva definito la situazione. Tanto il congresso che la conferenza discussero, in sostanza, le stesse questioni tattiche, ma le decisioni prese furono assolutamente opposte. Le due serie di risoluzioni, approvate dal congresso e dalla conferenza, rivelarono quanto profonde fossero le divergenze tattiche fra il terzo congresso del partito e la conferenza dei menscevichi. Ecco i punti essenziali di queste divergenze.

La linea tattica del terzo congresso del partito diceva: “…nonostante il carattere democratico borghese della rivoluzione in corso, e sebbene essa non possa, in questo momento, uscire dal quadro di ciò che è possibile sotto il capitalismo, alla sua vittoria totale è interessato innanzi tutto il proletariato, poiché la vittoria di questa rivoluzione deve dare al proletariato la possibilità di organizzarsi, di elevarsi politicamente, di acquistare l’esperienza e la pratica della direzione politica delle masse lavoratrici e di passare dalla rivoluzione borghese alla rivoluzione socialista. La tattica del proletariato, che mira alla piena vittoria della rivoluzione democratico-borghese, può essere appoggiata solo dai contadini, giacché questi non possono né vincere i proprietari fondiari né impadronirsi dei loro fondi senza la vittoria completa della rivoluzione. I contadini sono, quindi, gli alleati naturali del proletariato. La borghesia liberale non è interessata alla vittoria completa di questa rivoluzione, dato che essa ha bisogno del potere zarista per servirsene come di uno staffile contro gli operai e i contadini, che essa teme più di ogni altra cosa. La borghesia liberale si sforzerà quindi di conservare il potere dello zar, limitandone un po' le prerogative. La borghesia liberale si sforzerà di risolvere il problema mediante un’intesa con lo zar, sulla base di una monarchia costituzionale. La rivoluzione vincerà solo se il proletariato si metterà alla sua testa; se il proletariato, come capo della rivoluzione, saprà assicurarsi l’alleanza con i contadini; se la borghesia liberale sarà isolata; se la socialdemocrazia parteciperà attivamente all'organizzazione dell'insurrezione popolare contro lo zarismo; se sarà creata, in seguito alla vittoria dell'insurrezione, un governo rivoluzionario provvisorio, capace di sradicare la controrivoluzione e di riunire l’assemblea costituente di tutto il popolo; se la socialdemocrazia non si rifiuterà, e se le condizioni lo permetteranno, di partecipare al governo rivoluzionario provvisorio per condurre fino in fondo la rivoluzione...”.

La linea tattica della conferenza menscevica diceva: “...siccome si tratta di una rivoluzione borghese, solo la borghesia liberale può esserne il capo. Il proletariato non deve avvicinarsi ai contadini, ma alla borghesia liberale. Ciò che importa soprattutto è che non spaventi la borghesia liberale col suo spirito rivoluzionario e che non le dia un pretesto per distaccarsi dalla rivoluzione, perché, in tal caso, la rivoluzione s’indebolirà. È possibile che l’insurrezione sia vittoriosa, ma la socialdemocrazia, dopo la vittoria dell’insurrezione, deve mettersi in disparte per non spaventare la borghesia liberale. È possibile che, in seguito all’insurrezione, sia creato un governo rivoluzionario provvisorio, ma la socialdemocrazia non dovrà parteciparvi in nessun caso, dato che tale governo non avrà un carattere socialista e che, soprattutto, con la sua partecipazione e con il suo spirito rivoluzionario, la socialdemocrazia potrebbe spaventare la borghesia liberale e compromettere in tal modo la rivoluzione. Dal punto di vista delle prospettive della rivoluzione, sarebbe preferibile che fosse convocato qualche organo rappresentativo come uno Zemski Sobor o una Duma di Stato, sul quale la classe operaia potrebbe premere dal di fuori, per trasformarlo in un’assemblea costituente o per spingerlo a convocare questa assemblea. Il proletariato ha i suoi interessi particolari, prettamente operai; e dovrebbe occuparsi precisamente di questi interessi e non aspirare a divenire il capo della rivoluzione borghese, che è una rivoluzione politica generale e riguarda, quindi, tutte le classi e non il solo proletariato…”.

Queste, in breve, le due tattiche delle due frazioni del Partito operaio socialdemocratico della Russia. La critica della tattica dei menscevichi e la dimostrazione geniale della giustezza della tattica bolscevica sono esposte da Lenin nel suo storico libro Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica” (G.V. Stalin, Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'URSS (1938), Edizioni Rapporti Sociali).

 

In questo periodo il partito, come forza motrice, è debole. È debole non soltanto perché è giovane, ma perché è giovane anche il movimento operaio nel suo complesso, perché non esiste, soprattutto nella fase iniziale di questo periodo, una situazione rivoluzionaria e il movimento rivoluzionario è debolmente sviluppato (i contadini tacciono o si limitano a mormorare in sordina, gli operai conoscono soltanto lo sciopero economico parziale o lo sciopero politico generale di una città, le forme del movimento hanno un carattere clandestino o semiclandestino; anche le forme d’organizzazione della classe operaia hanno prevalentemente un carattere clandestino).

La strategia del partito, in quanto strategia che presuppone l’esistenza di riserve e la possibilità di manovrarle, è necessariamente angusta, povera. Il partito si limita a tracciare il piano strategico del movimento, vale a dire a tracciare il cammino che deve prendere il movimento, ma le riserve del partito - le contraddizioni nel campo degli avversari, sia all’interno che all’esterno della Russia - restano inutilizzate, o quasi, a causa della debolezza del partito.

 La tattica del partito - in quanto la tattica presuppone l’utilizzazione di tutte le possibili forme del movimento, di tutte le forme d’organizzazione del proletariato, la loro combinazione, la loro reciproca integrazione, ecc., nell’interesse della conquista delle masse e per assicurare il successo strategico - era anch’essa necessariamente angusta, priva di un ampio respiro.

Al centro dell’attenzione e delle cure del partito c’erano in questo periodo il partito stesso, la sua esistenza, la sua conservazione. Il partito, in questa fase, è considerato come una forza autosufficiente. Ciò è comprensibile: gli attacchi furiosi dello zarismo contro il partito, come pure i tentativi dei menscevichi di far saltare il partito dall’interno e di trasformare l’effettivo dei quadri del partito in un complesso amorfo, senza una fisionomia di partito (ricordate la campagna dei menscevichi a proposito del congresso operaio, iniziata in occasione del famoso opuscolo di Axelrod,(3) La Duma popolare e il congresso operaio, 1905) minacciano l’esistenza stessa del partito, per cui la questione della sua conservazione assume in questo periodo un’importanza di prim’ordine.

Il compito principale del comunismo in Russia era allora di reclutare nel partito la parte migliore della classe operaia, gli elementi più attivi e devoti alla causa del proletariato, di organizzare, mettere in piedi il partito del proletariato.

 

3. P. Axelrod (1850-1928), populista russo, poi socialdemocratico, infine menscevico. Cominciò la sua attività attorno al 1870, come seguace di Bakunin; passò poi alla Unione operaia della Russia meridionale e infine al movimento per la spartizione delle “terre nere”. Venne arrestato mentre svolgeva propaganda tra i contadini. Fuggito all’estero, fondò con Plekhanov, Vera Zasulic, L. Deich e Ignatov il gruppo Emancipazione del lavoro. Tra il 1890 e il 1900 acquistò influenza tra i marxisti russi. Entrò nel POSDR e fu membro della redazione dell’Iskra. Nel 1903, al secondo congresso del POSDR, si schierò con i menscevichi. Dopo la sconfitta della rivoluzione del 1905 fu con i liquidatori. Il suo internazionalismo si rivelò assai debole durante le guerra 1914-1918: fu infatti a Zimmerwald nel 1915 e a Kienthal nel 1916, ma su posizioni di destra. Passò poi all’Internazionale due e mezzo e infine tornò nella II Internazionale per invocare, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, l’intervento armato straniero contro il potere sovietico.

 

Il compagno Lenin formula questo compito nel modo seguente: “...Conquistare al comunismo l’avanguardia del proletariato” (L’estremismo malattia infantile... Nda).(4)

 

Il secondo periodo è il periodo in cui il partito, l’avanguardia del proletariato, conquista larghe masse operaie e contadine. Questo periodo abbraccia approssimativamente gli anni dall’ottobre del 1905 all’ottobre del 1917.

In questo periodo la situazione è molto più complessa e ricca di avvenimenti che nel periodo precedente. La sconfitta dello zarismo sui campi della Manciuria (5) e la rivoluzione dell’ottobre del 1905 da un lato, la liquidazione della guerra russo-giapponese, la vittoria della controrivoluzione e l’eliminazione delle conquiste rivoluzionarie dall’altro lato e infine la guerra imperialista, la rivoluzione del febbraio 1917 e il famoso “dualismo del potere”,(6) tutti questi avvenimenti hanno messo in movimento tutte le classi della Russia e le hanno spinte, una dopo l’altra, a scendere nell’arena della lotta politica, hanno rafforzato il partito comunista, hanno destato larghe masse di contadini alla vita politica.

Il movimento del proletariato si arricchiva di forme poderose quali lo sciopero politico generale e l’insurrezione armata.

 

4. V.I. Lenin, L’estremismo, malattia infantile del comunismo (1920), in Opere complete vol. 31, Editori Riuniti 1967, pagg. 9-109.

 

5. Si riferisce alla guerra russo-giapponese (1904-1905) conclusasi con la disfatta dell’esercito e della flotta russa. Con la pace di Portsmouth la Russia dovette impegnarsi a sgomberare la Manciuria, a cedere al Giappone la metà meridionale dell’isola di Sakhalin e Port Arthur e a riconoscere il protettorato giapponese sulla Corea.

 

6. Accanto al governo borghese esisteva un altro potere: il soviet dei deputati degli operai e dei soldati. I deputati dei soldati erano soprattutto dei contadini mobilitati. Il soviet dei deputati degli operai e dei contadini era l’organo  dell’alleanza degli operai e dei contadini contro il potere zarista e, nello stesso tempo, l’organo del loro potere, l’organo della dittatura della classe operaia e dei contadini. Da questo fatto derivava un originale intreccio di due poteri, di due dittature: la dittatura della borghesia rappresentata dal Governo provvisorio e la dittatura del proletariato e dei contadini rappresentata dal soviet dei deputati degli operai e dei soldati. Sul dualismo di potere, vedi anche La formazione del governo provvisorio e il dualismo di potere in Nota editoriale sul governo provvisorio, in Opere di Stalin, vol. 3, pag. 35, Edizioni Rapporti Sociali.

 

Alle varie forme del movimento contadino se ne aggiungeva una, quella del boicottaggio dei grandi proprietari fondiari (“snidati” dalle loro ville), che si trasformava in insurrezione.

L’attività del partito e delle altre organizzazioni rivoluzionarie divampava, avendo la possibilità di applicare determinate forme di lavoro, quali il lavoro extraparlamentare, legale, aperto.

L’organizzazione della classe operaia si arricchiva non solo di una forma di organizzazione così importante e più volte provata, come quella dei sindacati, ma anche di una forma di organizzazione forte, senza precedenti nella storia, come quella dei soviet dei deputati degli operai.

I contadini seguivano le orme della classe operaia, dando vita ai soviet dei deputati dei contadini.

Anche le riserve del partito divenivano più numerose.

Apparve evidente nel corso della lotta che i contadini possono costituire e costituiranno una fonte inesauribile di riserve per il proletariato e per il suo partito.

Risultò anche chiaramente la funzione dirigente del proletariato e del suo partito nella lotta per rovesciare il potere del capitale.

In questo periodo il partito decisamente non è più così debole come nel periodo precedente; esso, come forza motrice, diventa un fattore di estrema importanza. Ora il partito non può più essere una forza autosufficiente, giacché la sua esistenza e il suo sviluppo sono senz’altro assicurati; ora il partito si trasforma da forza autosufficiente in strumento di conquista delle masse operaie e contadine, in strumento che serve a dirigere la lotta delle masse per rovesciare il potere del capitale.

La strategia del partito in questo periodo conquista un vasto campo d’azione; essa è diretta in primo luogo ad assicurare e a utilizzare la riserva costituita dai contadini e questa attività ottiene un notevole successo.

Anche la tattica del partito conquista un vasto campo d’azione perché il movimento delle masse, la loro organizzazione, l’attività del partito e delle altre organizzazioni rivoluzionarie si arricchiscono di nuove forme che prima non esistevano.

In questo periodo il compito principale del partito è di conquistare all’avanguardia del proletariato, al partito, masse di milioni di lavoratori, rovesciando la dittatura della borghesia, conquistando il potere. Al centro dell’attenzione del partito non vi è più il partito stesso, ma vi sono le masse innumerevoli della popolazione.

Il compagno Lenin formula questo compito nel modo seguente: “Schierare masse innumerevoli” sul fronte della lotta sociale in modo da avere garantita la vittoria “nelle imminenti battaglie decisive” (vedi l’opuscolo già citato del compagno Lenin. Nda).

 

Questi sono i tratti caratteristici dei due primi periodi dello sviluppo del nostro partito.

Esiste una differenza indubbiamente grande fra il primo e il secondo periodo. Ma essi hanno anche qualcosa di comune. Nel secondo periodo, come nel primo, il partito rappresenta per nove decimi, se non esclusivamente, una forza nazionale, una forza che opera soltanto per la Russia e all’interno della Russia (come uno dei reparti del proletariato internazionale organizzato). Questo in primo luogo. In secondo luogo, nel secondo periodo, come nel primo, il Partito comunista della Russia è il partito dei rivolgimenti, il partito della rivoluzione all’interno della Russia, perché nel suo lavoro predominano, in entrambi questi periodi, gli elementi della critica e della demolizione del vecchio regime.

Il terzo periodo, che stiamo ora attraversando, ci offre un quadro completamente diverso.

 

Il terzo periodo è il periodo della conquista e del mantenimento del potere, per poter attrarre, da un lato, tutti i lavoratori della Russia all’edificazione dell’economia socialista e dell’Esercito rosso e, dall’altro, per poter impiegare tutte le forze e tutti i mezzi per aiutare il proletariato internazionale nella sua lotta diretta al rovesciamento del capitale. Questo periodo va dall’ottobre 1917 fino ai nostri giorni.

La presa del potere da parte del proletariato in Russia ha determinato, sia in campo internazionale che all’interno della Russia, una situazione assolutamente originale, finora senza precedenti al mondo.

Bisogna partire dalla considerazione che l’ottobre 1917 significa la rottura del fronte sociale mondiale e determina una svolta in tutta la storia del mondo. Immaginate l’immenso fronte sociale che si stende dalle colonie arretrate all’America progredita e poi la decisa rottura di questo fronte da parte del reparto russo del proletariato internazionale, rottura che ha messo in pericolo l’esistenza dell’imperialismo, scompigliando tutte le carte e tutti i piani dei pescecani imperialisti e ha facilitato, estremamente facilitato, la lotta del proletariato internazionale contro il capitale e avrete un’idea dell’importanza storica dell’ottobre 1917. Da quel momento il nostro partito si è trasformato da forza nazionale in forza prevalentemente internazionale e il proletariato russo si è trasformato da reparto arretrato del proletariato internazionale in reparto di avanguardia di quest’ultimo. Da quel momento il proletariato internazionale ha il compito di allargare la breccia aperta dal proletariato russo, di aiutare l’avanguardia spintasi innanzi e di impedire ai nemici di accerchiare e di isolare dalle sue basi l’audace reparto d’avanguardia. L’imperialismo internazionale si propone invece l’obiettivo di chiudere, chiudere a tutti i costi la breccia operata nel settore russo. Ecco perché il nostro partito, se vuole mantenere il potere, deve realizzare “il massimo del realizzabile in un solo paese (nel proprio paese. Nda) per sviluppare, appoggiare, destare la rivoluzione in tutti i paesi” (La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky di Lenin. Nda).(7) Ecco perché il nostro partito, sin dall’ottobre 1917, si è trasformato da forza nazionale in forza internazionale, in partito della rivoluzione su scala internazionale.

 

7. V.I. Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky (1918), in Opere complete vol. 28, Editori Riuniti 1967, pagg. 231-329.

 

Un mutamento altrettanto radicale si è verificato, in seguito all’ottobre 1917, nella situazione del partito all’interno del paese. Nei periodi precedenti il partito era la leva che serviva a demolire il vecchio regime, a rovesciare il capitale in Russia. Ora, viceversa, nel terzo periodo, si è trasformato da partito della rivoluzione all’interno della Russia in partito dell’edificazione, in partito della creazione di nuove forme di economia.

Allora reclutava le forze migliori fra gli operai per dare l’assalto ai vecchi ordinamenti, adesso recluta le forze migliori fra gli operai per organizzare gli approvvigionamenti, i trasporti, le branche principali dell’industria.  Allora il partito attirava a sé gli elementi rivoluzionari fra i contadini per rovesciare i grandi proprietari fondiari, adesso recluta questi elementi per migliorare l’agricoltura, per consolidare l’alleanza fra gli elementi contadini lavoratori e il proletariato che sta al potere. Allora il partito reclutava gli elementi migliori delle nazionalità arretrate per lottare contro il capitale, adesso recluta questi elementi per organizzare la vita dei lavoratori di queste nazionalità secondo il principio della collaborazione con il proletariato russo. Allora il partito disgregava l’esercito, il vecchio esercito dei generali, adesso deve costituire un nuovo esercito di operai e di contadini, indispensabile per difendere le conquiste della rivoluzione dai nemici esterni.

Il Partito comunista della Russia si è trasformato da partito della rivoluzione all’interno della Russia in partito dell’edificazione pacifica. Appunto perciò ha escluso dall’arsenale del proletariato forme di lotta come lo sciopero e l’insurrezione, che sono ormai diventate superflue in Russia.

Allora era possibile fare a meno di uomini esperti nell’arte militare e nell’economia, giacchè il lavoro del partito era prevalentemente critico e criticare è facile. Adesso il partito non può fare a meno di uomini che sappiano il fatto loro; oltre a utilizzare i vecchi specialisti, il partito deve preparare propri esperti: organizzatori, addetti ai rifornimenti, militari, esperti dell’alimentazione, dell’agricoltura, delle ferrovie, della cooperazione, tecnici dell’industria, del commercio estero (dal punto di vista amministrativo). Senza provvedere a questo è impossibile edificare.

Si è verificato un mutamento nella situazione del partito anche nel senso di un aumento colossale e di una moltiplicazione delle sue forze, dei suoi mezzi e delle sue riserve.

Sono riserve del partito:

1. le contraddizioni esistenti fra i diversi gruppi sociali all’interno della Russia;

2. le contraddizioni e i conflitti, che talvolta arrivano fino agli scontri armati, fra gli Stati capitalisti che ci circondano;

3. il movimento socialista nei paesi capitalisti;

4. il movimento di liberazione nazionale nei paesi arretrati e coloniali;

5. i contadini e l’Esercito rosso in Russia;

6. gli apparati della diplomazia e del commercio estero;

7. tutta la forza del potere statale.

Queste sono in generale le forze e le possibilità nel cui ambito, abbastanza vasto, può manovrare la strategia del partito e in base alle quali la tattica del partito può svolgere il suo lavoro quotidiano di mobilitazione delle forze. Tutti questi sono i lati positivi dell’ottobre 1917.

Ma l’ottobre ha anche il suo lato negativo. È da tenere presente che la presa del potere da parte del proletariato in Russia è avvenuta in condizioni particolari, interne ed esterne, che hanno impresso il loro suggello a tutto il lavoro del partito dopo la presa del potere.

In primo luogo, la Russia dal punto di vista economico è un paese arretrato; le è molto difficile organizzare i trasporti, sviluppare le industrie ed elettrificare l’industria nelle città e nelle campagne con le sue sole forze, senza lo scambio delle materie prime di cui dispone con le macchine e le attrezzature dei paesi occidentali.

In secondo luogo, la Russia costituisce finora un’oasi socialista, circondata da Stati capitalisti ostili, più progrediti dal punto di vista industriale. Se la Russia sovietica avesse per vicino un grande Stato sovietico industrialmente progredito o un certo numero di Stati sovietici industrializzati, potrebbe facilmente stabilire rapporti di collaborazione con questi Stati sulla base dello scambio di materie prime con macchine e attrezzature. Ma finché queste condizioni non esistono, la Russia sovietica e il nostro partito, che ne dirige il  governo, sono costretti a cercare forme e modi di cooperazione economica con gruppi capitalisti ostili dell’occidente per ottenere le attrezzature tecniche indispensabili, sino al momento della vittoria della rivoluzione proletaria in uno o più paesi capitalisti industrializzati.

I rapporti con l’estero sulla base delle concessioni e il commercio estero costituiscono appunto il mezzo indispensabile per raggiungere lo scopo. Senza questo mezzo è difficile poter contare su successi decisivi nel campo dell’edificazione economica e dell’elettrificazione del paese. Questo processo sarà certamente lento e doloroso, ma è inevitabile, ineluttabile e non cesserà di essere inevitabile per il fatto che alcuni compagni impazienti si lasciano prendere dal nervosismo e chiedono risultati immediati e operazioni sensazionali.

Dal punto di vista economico, gli attuali conflitti e gli attuali scontri armati fra i gruppi capitalisti, così come la lotta del proletariato contro la classe dei capitalisti, hanno alla propria base il conflitto fra le attuali forze produttive da un lato e i limiti nazionali e imperialisti del loro sviluppo e le forme capitaliste di appropriazione dall’altro. I limiti imperialisti e la forma capitalista soffocano le forze produttive e non permettono loro di svilupparsi.

Unica via d’uscita è l’organizzazione dell’economia mondiale secondo il principio della collaborazione economica fra i paesi progrediti (industrializzati) e quelli arretrati (ricchi di combustibile e di materie prime) e non secondo il principio del saccheggio di questi ultimi da parte dei primi. Appunto per ottenere questo è necessaria la rivoluzione proletaria internazionale. Senza di questo è inutile pensare di organizzare e di sviluppare regolarmente l’economia mondiale. Ma per cominciare (almeno cominciare) a organizzare una giusta economia mondiale è indispensabile la vittoria del proletariato almeno in un certo numero di paesi progrediti. Finché non esistono queste condizioni il nostro partito deve cercare vie indirette per cooperare con i gruppi capitalisti sul terreno economico.

Ecco perché il partito, sbarazzatosi della borghesia del proprio paese e issata la bandiera della rivoluzione proletaria, ritiene che al tempo stesso sia opportuno dare “libero corso” alla piccola produzione e alla piccola industria nel nostro paese, permettere una parziale ripresa del capitalismo, assoggettandolo al potere statale, attirare gli appaltatori e gli azionisti, ecc.,(8) fino al momento in cui la politica del partito, diretta a “realizzare il massimo del realizzabile in un solo paese per sviluppare, appoggiare, destare la rivoluzione in tutti i paesi”, non darà risultati concreti.

 

8. La NEP (Nuova politica economica), la cui adozione venne decisa dal decimo congresso del partito comunista (bolscevico) del marzo 1921, restò in vigore fino al 1928 quando iniziarono i piani quinquennali. Con la NEP lo Stato sovietico, pur mantenendo saldamente il controllo delle leve principali dell’economia, come la grande industria e il commercio estero, dava corso in una certa misura alla libertà di commercio e a un’economia monetaria. Nelle campagne la requisizione della produzione eccedente il fabbisogno familiare venne sostituita da un’imposta in natura; pagata l'imposta in natura, tutto il resto restava a disposizione dei contadini cui veniva lasciata la libertà di vendere le eccedenze. Nell’industria e nel commercio i salari non venivano più fissati dallo Stato, ma liberamente contrattati in vista delle possibilità delle aziende, delle capacità dei lavoratori e della produttività. Il commercio interno venne largamente liberalizzato. Le industrie private, che comunque non potevano assumere più di venti operai, vennero incoraggiate a condizione che versassero allo Stato una percentuale della loro produzione. Venne ricostituita la Banca nazionale e introdotto un nuovo rublo, di valore stabile, garantito in oro e valuta estera pregiata. I bolscevichi consideravano che una certa libertà nello scambio dei prodotti avrebbe stimolato l’interesse del contadino per la propria azienda, rialzato la produttività del suo lavoro e determinato una rapida ascesa dell’agricoltura; su questa base l’industria statale sarebbe stata ricostruita e il capitale privato eliminato e allora, dopo aver accumulato forze e mezzi, si sarebbe potuta creare una potente industria, base economica del socialismo, e sferrare quindi una decisa offensiva per distruggere i residui del capitalismo nel paese. In vari scritti Stalin illustra chiaramente l’obiettivo principale della NEP: consolidare l’alleanza fra operai e contadini, base del potere sovietico in Russia, nelle difficili condizioni create da tre anni di guerra contro gli eserciti bianchi e l’intervento imperialista. Alla NEP sono dedicati la maggior parte degli scritti di Lenin contenuti nei voll. 32 e 33 delle Opere; sul passaggio dalla NEP ai piani quinquennali vedasi Critica a “Per una discussione sull'esperienza della costruzione del socialismo”, in Rapporti Sociali n. 22 (giugno 1999).

 

Queste sono le condizioni specifiche, positive e negative, determinate dall’ottobre 1917, condizioni nelle quali agisce e si sviluppa il nostro partito nel terzo periodo della sua esistenza.

 La forza colossale che oggi possiede il nostro partito, sia all’interno che all’esterno della Russia, dipende da queste condizioni. Da esse dipendono anche le incredibili difficoltà e i pericoli che stanno dinanzi al partito e che il partito deve superare a tutti i costi.

I compiti del partito in questo periodo, nel campo della politica estera, sono determinati dalla situazione del nostro partito, in quanto partito della rivoluzione internazionale. Questi compiti sono i seguenti:

1. sfruttare le contraddizioni e i conflitti di ogni genere che esistono fra i gruppi e i governi capitalisti che circondano il nostro paese, allo scopo di disgregare l’imperialismo;

2. non risparmiare le forze e i mezzi per aiutare la rivoluzione proletaria in occidente;

3. prendere tutte le misure dirette a rafforzare il movimento di liberazione nazionale in oriente;

4. rafforzare l’Esercito rosso.

I compiti del partito in questo periodo, nel campo della politica interna, sono determinati dalla situazione del nostro partito all’interno della Russia, in quanto partito dell’edificazione pacifica.

Questi compiti sono i seguenti:

1. Consolidare l’alleanza del proletariato con i contadini lavoratori:

a. facendo partecipare al lavoro di edificazione statale gli elementi contadini più dotati di iniziativa e più pratici di questioni economiche;

b. aiutando l’azienda contadina con nozioni di agraria, riparando le macchine, ecc.;

c. sviluppando un giusto scambio dei prodotti fra la città e la campagna;

d. elettrificando gradualmente l’agricoltura.

Si deve ricordare una circostanza importante. Una felice particolarità della nostra rivoluzione e un elemento che ha enormemente favorito il nostro partito, a differenza delle rivoluzioni e dei partiti proletari d’occidente, è il fatto che gli strati più larghi e più importanti della piccola borghesia, i contadini, si sono trasformati in Russia da riserve potenziali della borghesia in riserve effettive del proletariato. Da questa circostanza è dipesa la debolezza della borghesia russa a tutto vantaggio del proletariato russo. Questa circostanza si spiega soprattutto con il fatto che l’emancipazione dei contadini dall’asservimento ai grandi proprietari fondiari si è realizzata in Russia, a differenza dell’occidente, sotto la guida del proletariato. Appunto su questo terreno si è formata l’alleanza del proletariato e dei contadini lavoratori in Russia.

È dovere dei comunisti attribuire un grande valore a questa alleanza e consolidarla.

2. Sviluppare l’industria:

a. concentrando il massimo delle forze per rendersi padroni delle branche principali dell’industria e migliorare l’approvvigionamento degli operai in esse occupati;

b. sviluppando il commercio estero in funzione delle importazioni di macchine e di attrezzature;

c. attirando gli azionisti e gli appaltatori;

d. costituendo una sia pur minima riserva alimentare di manovra;

e. elettrificando i trasporti e l’industria pesante.

Questi sono in generale i compiti del partito nell’attuale periodo del suo sviluppo.