Ritorna all'indice dei contributi al DFA
(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

   Comitato Centrale
                        Sito: http://www.nuovopci.it
                        e.mail: lavocenpci40@yahoo.com

    Delegazione
                        BP3  4, rue Lénine   93451 L'Île St Denis (Francia)
                        e.mail: delegazionecpnpci@yahoo.it

Avviso ai naviganti n. 13
Lenin - Gli errori degli economisti populisti

28.01.2013

Il ruolo della Corte Pontificia nel mondo e in Italia

Comunicato CC - 14 marzo 2013

Scaricate le istruzioni per utilizzare il sistema di criptazione PGP e TOR


Avviso ai naviganti 14

14.03.2013

(Scaricate il testo in versione PDF, Open Office o Word )

 

Giulietto Chiesa, il socialismo e gli ostacoli alla lotta per il socialismo

 

1. Presentazione

Riprendiamo da http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/10/in-ricordo-di-hugo-chavez/526011/ e rilanciamo ai lettori di Avviso ai naviganti l’articolo di Giulietto Chiesa In ricordo di Hugo Chavez perché lo riteniamo un articolo esemplare, in positivo e in negativo.

In positivo perché illustra e difende l’opera del Comandante Chavez. Far conoscere l’opera del movimento di cui Chavez è stato promotore in Venezuela e in America Latina è molto importante. Giusto ieri il sinedrio della Chiesa Cattolica Romana ha eletto a capo della Corte Pontificia il cardinale Jorge Mario Bergoglio, uno dei più insidiosi e accaniti nemici del movimento progressista e antimperialista di cui Chavez è stato promotore. Mirata o meno che sia questa elezione, certamente essa è un’arma puntata contro le masse popolari dell’America Latina e contro il movimento comunista cosciente e organizzato che ha nell’America Latina uno dei centri della sua rinascita. È quindi molto importante illustrare e difendere l’opera del Comandate Chavez.

In negativo perché con il suo articolo Giulietto Chiesa alimenta il disfattismo e la confusione che nel nostro paese ostacolano la lotta per il socialismo e la rinascita del movimento comunista.

Questo per due precisi motivi.

1. Anzitutto la tesi con cui Giulietto Chiesa conclude il suo articolo “Noi, qui in Europa, possiamo fare poco per aiutare quei popoli [i popoli dell’America Latina]” è una tesi sbagliata e disfattista. Questa tesi è frutto di una concezione non comunista della solidarietà internazionalista, di una concezione da sinistra borghese, di una concezione da ONG e da filantropi. “Noi, qui in Europa” possiamo e dobbiamo fare molto per i popoli dell’America Latina, che a loro volta stanno facendo molto per noi. Infatti tutti i popoli del mondo hanno un obiettivo comune: il socialismo e il comunismo. Il più grande aiuto che noi possiamo e dobbiamo dare ai popoli dell’America Latina è lottare in maniera efficace per instaurare il socialismo nel nostro paese, lottare in modo efficace per far fronte qui in Europa alla crisi generale del capitalismo, lottare quindi in maniera efficace contro la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Cosa ci impedisce di farlo? Ci è d’ostacolo tra l’altro la concezione sbagliata da sinistra borghese e da filantropi, in sostanza anticomunista, del socialismo che Giulietto Chiesa propaganda in questo stesso articolo.

2. Cosa è infatti il socialismo secondo Giulietto Chiesa? Implicitamente Giulietto Chiesa riduce il socialismo al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari. Ora certamente il socialismo è anche questo: l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, nella prima parte del secolo scorso, lo ha mostrato su scala planetaria. Tutti i popoli oppressi e tutte le classi sfruttate di ogni angolo del mondo sono riusciti a migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, hanno strappato conquiste che la borghesia imperialista ha via via cancellato man mano che la prima ondata della rivoluzione proletaria si è esaurita. Ma proprio il movimento comunista cosciente e organizzato, i partiti, gli organismi e gli individui che hanno promosso la prima ondata della rivoluzione proletaria,  avevano del socialismo una concezione ben superiore a quella implicitamente contrabbandata da Giulietto Chiesa e proprio e solo grazie a questa superiore concezione sono riusciti a promuovere la prima ondata della rivoluzione proletaria.

Per noi comunisti il socialismo è principalmente

1. l’organizzazione delle masse popolari e in primo luogo della classe operaia per partecipare in misura crescente alla gestione della vita sociale, cioè, detta in altre parole, la dittatura del proletariato che reprimere gli immancabili tentativi di rivincita della borghesia imperialista e del clero e che promuovere la universale partecipazione alle attività da cui le classi dominanti hanno sempre escluso le classi oppresse e sfruttate;

2. la sostituzione della proprietà pubblica dei mezzi di produzione alla proprietà privata, la sostituzione della produzione di beni e servizi fatta da agenzie pubbliche che lavorano secondo un piano pubblicamente deciso per produrre i beni e i servizi necessari a soddisfare i bisogni della popolazione, alla produzione di beni e servizi fatta dalle aziende capitaliste ognuna delle quali lavora per aumentare il suo capitale;

Queste sono le due componenti indispensabili del socialismo. Il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro è un effetto del socialismo, non la base costitutiva del socialismo. Nascondere questo è ostacolare una lotta efficace per instaurare il socialismo. È alimentare una concezione del socialismo da ONG, da benefattori, da enti caritatevoli, da filantropi: cioè alimentare l’egemonia della borghesia imperialista e del clero e ostacolare la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato.

 

2. In ricordo di Hugo Chavez di Giulietto Chiesa, 10 marzo 2013

 

Hugo Chavez è la spiegazione del perché, in tutta l’America Latina, la parola socialismo ha ancora un profondo significato, mentre in Europa lo ha perduto quasi del tutto.

Questa spiegazione è, prima di tutto, nei numeri. Nei circa 20 anni in cui Chavez fu al potere in Venezuela, con alterne vicende, quel paese si portò al primo posto del continente nella riduzione della povertà; la mortalità infantile fu dimezzata; la rivoluzione educativa fece del Venezuela uno dei paesi più alfabetizzati del Sud America. Un paese che ha meno disoccupazione di tutti gli altri; che ha un’assistenza sanitaria senza confronti (con l’aiuto di Cuba).

E’ un elenco che si può estendere a tutte le sfere della vita venezuelana. Certo, tutto ha una sua spiegazione e le percentuali si comprendono solo se si tiene conto che il punto di partenza fu tremendamente basso. Ma, proprio per questo, proprio tenendo conto della disperazione sociale che Chavez trovò, si capisce la difficoltà e la grandezza dell’opera compiuta.

Chavez fu socialista perché amava il suo popolo e, con questo, si potrebbe chiudere il discorso, perché in questa frase si trovano tutti i motivi che lo spinsero al potere, e ai quali egli si attenne durante tutta la sua vita. Fu per questi motivi e per la incrollabile tenacia con cui li attuò, che egli divenne l’odiato spauracchio del mainstream occidentale. Al solito: la danza la guidava il Dipartimento di Stato americano. E dietro, in coda, c’erano tutti i giornali e le catene televisive americane, CNN a far da guida agli altri, in tutto il mondo. Dei giornali e delle televisioni italiane, pubbliche e private, è inutile parlare poiché il loro compito è stato quello di copiare i docenti americani. Repubblica, Corriere, La Stampa non hanno fatto nulla per distinguersi. Al contrario hanno fatto di tutto per essere identici tra di loro. Lo chiamavano “dittatore socialista”. Intendevano insultarlo doppiamente con quei due aggettivi, ma, venendo da quelle bocche, i due epiteti si trasformavano in un doppio riconoscimento solenne.

Strano dittatore è colui che vince, con larghissimo margine, tutte le elezioni cui partecipa. Strano dittatore colui che, rovesciato da un colpo di stato benedetto da Washington, nel 2002, viene riportato al comando da una sollevazione di popolo.

Certo fu un leader d’acciaio, che non fece complimenti con gli avversari. Gli avversari non furono più gentili di lui.  S’ispirò a Bolivar che, nell’agosto 1805 giurò di liberare l’America Latina dal dominio dei potenti  che la opprimevano. Quel giuramento fu fatto a Roma, a Monte Sacro, rendendoci lontani compagni di strada di un percorso non ancora compiuto. Ma pochi sanno che il modello di Chavez, non meno di Bolivar, fu Salvador Allende. 

Una volta disse infatti che lui si sentiva, come Allende, “pacifista e democratico”, ma aggiunse, (dopo avere ben studiato il golpe, organizzato da Henry Kissinger, che portò all’assassinio del legittimo presidente cileno) che “a differenza di Allende, noi siamo armati”.  Questo per ricordare ai sepolcri imbiancati che lo criticavano che fare una rivoluzione non era – e non può mai essere – un picnic gioioso e felice.

Sapeva che riprendere nelle mani dello stato il controllo dei profitti petroliferi, avrebbe provocato reazioni furibonde dei padroni del nord e dei loro servi venezuelani, nascosti nelle ville lussuose a tramare contro i poveri. Li combatté con le armi legali a disposizione. Sapeva che solo in questo modo avrebbe potuto distribuire tra il suo popolo quelle immense ricchezze di cui non aveva mai potuto godere.

Finché visse fu invincibile. Parlò incessantemente con il suo popolo in quelle incredibili maratone televisive che milioni ascoltavano perché le sentivano sincere, ma che erano anche lezioni di storia patria, scuola di formazione culturale di massa, insegnamenti di autodifesa. Gli occidentali, istupiditi dalle loro televisioni, ironizzavano. Ma Chavez aveva capito meglio di loro i segreti della comunicazione. E poiché non voleva ingannare o istupidire, con la pubblicità e l’intrattenimento yankee, semplicemente parlava. Sapeva che c’era poco da ridere.

Ovvio che, adesso che non c’è più, s’intensificheranno le manovre per cancellare il suo lascito politico. La capacità di corruzione e di violenza dell’Impero occidentale è immensa e resistervi non sarà facile. Le riserve petrolifere del Venezuela, che si dice siano le più grandi del pianeta, sono un obiettivo cruciale. Washington vuole fare del Venezuela l’Arabia Saudita che si affaccia sui Caraibi. I conti della Federal Reserve sono in grave difficoltà a qualcuno deve comprare i certificati di credito del Tesoro Usa, visto che la Cina ne compra sempre meno. Dunque dal Nord verranno venti di tempesta che gli stessi sepolcri imbiancati dei giornali italiani qualificheranno come “ritorno alla democrazia”.

Cercheranno di radere al suolo l’esperienza di Chavez anche per chiudere la strada che egli aveva contribuito ad aprire, di liberazione di tutto il continente. Hugo Chavez aveva infatti pensato e realizzato una politica latino-americana, investendo negli ultimi anni oltre 36 miliardi di dollari in aiuti ai paesi fratelli del continente, scambiando petrolio in cambio di carne uruguayana, ad esempio, e prestando denaro a tassi d’interesse così bassi da fare imbestialire gli gnomi del Fondo Monetario Internazionale.

 Il Venezuela di Chavez ha ora dunque molti amici in America Latina e molti nemici fuori. Si vedrà da che parte penderà la bilancia. Noi, qui in Europa, possiamo fare poco per aiutare quei popoli. Ma possiamo imparare da loro molte cose. Dovremo farlo, in fretta, perché anche da noi si tenterà di stroncare ogni accenno di rivolta.

 

 

Rubrica - Dibattito Franco e Aperto