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Avviso ai naviganti 23

12 agosto 2013

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“Io concertativo e riformista? Ma quando mai!”

Risposta a lettori indignati


A proposito dell’Avviso ai naviganti 22 del 04.08.2013 Pensare non è come cagare, in cui commentavamo il Comunicato finale dell’Assemblea di Napoli “Uniti si vince” del 29 luglio, abbiamo ricevuto vari messaggi che “ci fanno le pulci”. Riportiamo estratti da due, rappresentativi delle reazioni che anche altri compagni hanno avuto leggendo il nostro Avviso ai naviganti.

 

“Ho letto il vostro Avviso ai naviganti e ritengo francamente vergognoso e denigratorio il fatto che paragoniate alla Camusso, a Bonanni e ad Angeletti, servi e agenti della borghesia, quei compagni e quelle compagne che cercano di organizzare, facendo fronte a mille difficoltà e rischiando in prima persona, la mobilitazione dei proletari per resistere e respingere l’attacco sferrato dal padronato, dai Marchionne, dalla BCE, ecc. Con quale faccia definite i promotori dell’assemblea del 29 luglio concertatori?”.

 

“Per voi “passare all’offensiva” non è lottare per migliori condizioni di lavoro (meno orario - più salario, garanzia di un salario, meno precarietà…): questa per voi è “concertazione”, anche se viene strappata con la lotta.

Per voi “passare all’offensiva” è instaurare un governo “popolare” composto da… Beppe Grillo, Antonio Di Pietro, Giorgio Cremaschi… e tanti altri noti “rivoluzionari” che hanno sempre cavalcato le lotte degli altri e il disagio dei lavoratori per costruirsi una credibilità politica da spendere nelle aule parlamentari o nei vertici del sindacato concertativo”.

 

I nostri Comitati di Partito ci hanno segnalato che questa reazione è abbastanza diffusa nell’ambiente dei promotori dell’Assemblea di Napoli e di coloro che si rifanno alle parole d’ordine che essa ha lanciato (reddito garantito, lavorare meno per lavorare tutti). Per questo motivo riteniamo giusto e opportuno raccogliere le critiche e tornare sull’argomento.

 

Nel nostro Avviso ai naviganti 22 abbiamo scritto:

“Con quale serietà, con quale ragionamento (se ragionamento hanno fatto) gli autori del Comunicato sostengono o comunque fanno credere che un simile risultato [salario garantito e riduzione dell’orario di lavoro per tutti, ndr] sia possibile raggiungerlo con una campagna di mobilitazioni, di rivendicazioni e di proteste? Con un governo del paese come l’attuale o comunque ancora emanazione della borghesia e del clero? Con l’economia ancora in mano alla  borghesia, al clero e alle loro autorità: cioè la produzione di beni e servizi fatta in aziende che i capitalisti creano per produrre profitti?

Certo, gli autori del Comunicato non predicano la concertazione. Non predicano neanche il riformismo. Ma quello che propongono - salario per tutti (anche per chi non lavora!) e orario ridotto per tutti (anche per chi lavora!), ma sempre con l’economia in mano ai capitalisti e con un governo sempre emanazione della borghesia e del clero [mettiamo qui la frase in grassetto perché è essenziale nel nostro ragionamento, mentre i nostri critici la trascurano, ndr] - cosa è se non una riforma della società capitalista (cioè riformismo) concertata con la borghesia, il clero e le loro autorità (cioè concertazione)?

Certo è una proposta rivestita di “parole forti”, ben diverse certo da quelle usate da Camusso, Bonanni e Angeletti nei giorni normali (perché quando conviene alla loro demagogia, anche questi loschi figuri usano “parole forti”!), ma sempre di parole si tratta e sempre di riforme e di concertazione”.

 

È comprensibile che questa nostra presa di posizione al primo impatto faccia saltare dalla sedia gli autori del Comunicato e chi condivide la loro impostazione. Ma è quello che ci vuole! Essi a caldo diranno: “Ma noi non proponiamo la concertazione, non proponiamo di metterci ad un tavolo con i padroni e stabilire con loro amichevolmente cosa fare e cosa non fare. Noi proponiamo di fare una lotta dura, estesa, radicale, tale da mettere paura ai padroni e costringerli a fare quello che noi vogliamo! Questa non è concertazione, questa è lotta di classe, è estensione del conflitto, conquista di nuovi diritti e spazi di agibilità, ecc.!”.

Compagni, bisogna essere seri e chiari. Le rivendicazioni senza lotta per instaurare il socialismo, la tattica senza strategia, la pratica senza teoria non portano all’eliminazione del capitalismo. Portano alla sconfitta. Chi oggi le predica, nella pratica non va oltre la concertazione. Cosa è la sostanza della concertazione?

Per capirlo bene, bisogna chiedersi, più a monte, quale è la sostanza del riformismo nello scontro tra il proletariato e la borghesia, nel mondo e nel particolare della storia del nostro paese. I riformisti si contrappongono ai rivoluzionari, nel senso che sono convinti che i proletari risolveranno i loro problemi migliorando [con le buone o con le cattive, in conversazioni amichevoli o con scontri di strada, con intrallazzi o con dure lotte - “colpirne uno per educarne cento” è una linea riformista come la concertazione amichevole] la società basata sulle aziende capitaliste e dominata dalla borghesia e dal clero. Tutte le scuole riformiste si basano su questo: si dividono sui metodi, ma questa è la posizione comune che distingue e contrappone i riformisti ai rivoluzionari. La linea di Togliatti (PCI) delle “riforme di struttura” era riformista perché legata alla “via parlamentare al socialismo”, cioè avulsa da una strategia per la rivoluzione socialista. Da questa linea negli anni ’70, quando iniziò la nuova crisi generale del capitalismo, venne la “linea dell’EUR” (1978) della “moderazione salariale” promossa da Luciano Lama (CGIL) che di fatto attuava l’indicazione “gli operai devono restituire alla borghesia una parte delle conquiste che le hanno strappato” proclamata da Benvenuto (UIL). Da qui aggravandosi la crisi si arrivò alla “concertazione” promossa da Bruno Trentin (CGIL): “le richieste sindacali devono essere compatibili con la politica economica del governo”, “i sindacati devono concertare con il governo le rivendicazioni su cui mobilitare i lavoratori”. Ovviamente il governo è ... quello che c’è: il governo della borghesia e del clero.

Certamente gli autori del Comunicato dell’Assemblea di Napoli non propongono e tanto meno hanno in testa di concertare amichevolmente con il governo della Repubblica Pontifcia. Ma neanche il governo della RP cerca di concertare con loro. Ma “i fatti hanno la testa dura”, più dura delle buone intenzioni. La crisi del capitalismo è un fatto. Noi ci siamo dentro fino al collo. Chi avanza rivendicazioni senza indicare che bisogna costituire un governo che faccia fronte alla crisi del capitalismo, senza indicare la natura di un simile governo e come arrivarci, che lo voglia o non lo voglia, porta acqua alla concertazione. Se non lotti per un governo delle masse popolari organizzate, di fatto accetti di  fare i conti con il governo dei vertici della Repubblica Pontificia. Chiamatela come volete, ma se persistete su questa via la sostanza a cui approderete è la concertazione. I metodi e le parole sono diverse da quelle di Camusso, Bonanni e Angeletti, ma anche la forza e la posizione sociale sono diverse. Potremmo dire che Camusso, Bonanni e Angeletti sono governo e i promotori dell’Assemblea di Napoli, stando alla concezione che li anima (quindi prescindendo dalle loro intenzioni), sono l’opposizione, ma nello stesso sistema. Infatti tutti restano chiusi nell’orizzonte della società capitalista e della sua crisi. Può non piacere, ma il succo è proprio questo, nudo e crudo. “Forse che gli autori del Comunicato propongono una strada per togliere il potere al clero e alla borghesia? Forse che propongono una via per instaurare altre autorità, una direzione della società che non faccia capo alla borghesia e al clero, un governo di emergenza popolare?”. No? Non lo fanno. Ed è questo infatti il punto, il nocciolo della questione! Chi non si pone su questo terreno (sul terreno politico), resta nel campo del riformismo e delle concertazione, volenti o nolenti.

“Passare dalla difensiva all’offensiva, all’attacco vuol dire portare la lotta principalmente sul terreno politico, mirare a instaurare un proprio governo e un proprio sistema di relazioni sociali, riconoscendo l’evidenza: nessun beneficio ma solo ulteriori sciagure possono venire alle masse popolari dalla borghesia, dal clero e dalle loro autorità”. A suo modo, e giungendo a conclusioni diverse dalle nostre, lo ha detto anche Aldo Milani, del SI-Cobas, nel corso dell’Assemblea di Napoli: “Le lotte rivendicative non bastano, bisogna entrare in guerra con la borghesia (…) parlare di reddito garantito e porlo al centro dei propri obiettivi significa non mettersi nell’ottica della guerra contro la borghesia, spartirsi le briciole, porre le basi per la disfatta (…)”. Per essere conseguenti con questa dichiarazione bisogna dichiarare e propagandare l’obiettivo della guerra (e deve essere l’instaurazione del socialismo) e avere una strategia per promuovere, condurre e vincere la guerra.

Quelli che dicono che noi siamo riformisti perché proponiamo la costituzione del Governo di Blocco Popolare, non guardano oltre il proprio naso. Si indignano perché noi proponiamo qualcosa che non è l’instaurazione del socialismo, ma trascurano che quello che noi facciamo, l’obiettivo immediato che perseguiamo, è un passo del percorso che porta all’instaurazione del socialismo. Noi abbiamo una tattica fatta di passi ognuno dei quali a un osservatore superficiale appare come una riforma e facciamo ogni singolo passo assieme anche a quelli che non vedono oltre quel passo (e quindi sono riformisti). Ma ogni nostro passo è parte del percorso illustrato dalla nostra strategia per instaurare il socialismo, una strategia rivoluzionaria quindi. Agli autori del Comunicato dell’Assemblea di Napoli diciamo: le parole roboanti, i gesti eclatanti, ecc. cui non corrisponde una linea per instaurare il socialismo, sono al servizio di una strategia riformista. Quale è la vostra linea per instaurare il socialismo?

 

 

Cogliamo l’occasione per fare un appello e due precisazioni.

Nel nostro Avviso ai naviganti 22 abbiamo anche scritto: “A fronte di questo attacco generalizzato, gli autori affermano che si va ‘progressivamente esaurendo anche ogni ipotesi di battaglia difensiva o di mero ripiegamento aziendalista’, perché le battaglie difensive e le battaglie limitate alla singola azienda, condotte isolatamente azienda per azienda, sono destinate ‘inesorabilmente’ alla sconfitta. Ma subito aggiungono che ‘le lotte per il salario nelle cooperative della logistica e la serie di vittorie parziali ottenute dagli operai in questo settore, ci indicano una strada alternativa’. E qui entriamo nel caos: non sono lotte difensive quelle condotte dagli operai delle cooperative della logistica? Non sono lotte limitate a un settore? Eppure hanno ottenuto delle vittorie, sia pure parziali. Ma lo stesso non vale per varie altre lotte di singole aziende (tipo INNSE, S.Raffaele, Richard Ginori, Sodexo) e settori? Quindi vittorie si possono ancora ottenere, ma sono vittorie parziali. Resta da capire quali condizioni o metodi di lotta particolari hanno fatto vincere, sia pure parzialmente, in un contesto in cui la maggior parte delle lotte difensive e azienda per azienda finiscono nella sconfitta. Di questo gli autori del Comunicato non fanno cenno”.

 Invitiamo i compagni a sottoporre l’esperienza dei lavoratori della logistica a bilancio e a rendere noti gli insegnamenti, i criteri e principi che ne ricavano, in modo da farli diventare patrimonio diffuso di OO e OP, rafforzandone l’azione e favorendo la nascita di nuove OO e OP. Come contributo a questo lavoro segnaliamo l’Avviso ai naviganti 19 che abbiamo prodotto sulle lotte del S.Raffaele e della Richard Ginori, con una nota: agli insegnamenti che in essi mettiamo in evidenza, bisogna aggiungerne un altro, ossia che “i padroni e il clero hanno paura che i comunisti ritornino nella testa delle masse popolari, che il movimento comunista ritorni forte come lo era diventato alla metà del secolo scorso. È quello che si è visto anche all’Irisbus: dopo il successo dell’assemblea del 6 aprile a Grottaminarda (Avellino), le autorità hanno scosso i sindacati di regime che si sono rimessi in pista con i parlamentari della zona e i ministeri” (dal Comunicato CC 21/2013).

 

Nell’Avviso ai naviganti 22 ci sono due passaggi che diversi compagni ci hanno segnalato come oscuri. Li riportiamo, uno di seguito all’altro, seguiti da una “trascrizione”, in maniera tale da favorirne la comprensione.

1. “Attacco generalizzato alle condizioni di esistenza dei proletari” - è un’evidenza che solo i portavoce dei padroni e delle loro autorità negano e che solo persone abbrutite non vedono: alcuni (gli autori non dicono chi sono) attaccano su tutti i terreni e da ogni lato i proletari (e anche il resto delle masse popolari: l’Assemblea si è tenuta in una sala del Politecnico di Napoli!) che sono bersaglio dell’attacco”.

Nel Comunicato dell’Assemblea di Napoli gli autori parlano di “Attacco generalizzato alle condizioni di esistenza dei proletari”: l’esistenza di questo attacco è un’evidenza che solo i portavoce dei padroni e delle loro autorità negano e che solo persone abbrutite, piegate dall’oppressione e dalla diversione, non vedono. Quello che gli autori non dicono è quando e perché nasce questo attacco generalizzato, cosa ne è la causa e chi sono gli artefici di questo attacco. Senza indicare chiaramente questi punti di analisi, il discorso resta fumoso, indefinito e questi limiti si ripercuotono inoltre sull’insieme del ragionamento sviluppato nel seguito del Comunicato (se non si fissano per bene origine e artefici, difficilmente si riuscirà poi a definire soluzione e via da seguire). A questo aggiungiamo che l’attacco non colpisce solo i proletari ma anche le altre classi delle masse popolari (masse popolari non proletarie, proletari non operai, sotto-proletari e giovani studenti appartenenti al campo delle masse popolari): non a caso l’Assemblea si è tenuta in una sala del Politecnico di Napoli!

2. “A fronte di questo attacco, gli autori affermano che “margini di riformismo e di concertazione” è “sempre più evidente” che non ne esistono più. Prima che alcuni scatenassero l’attacco generalizzato, esistevano o era solo meno evidente che non esistevano? Quando e perché è incominciato l’attacco generalizzato della borghesia, del clero e delle loro autorità contro i proletari?”.

A fronte di questo attacco, gli autori affermano che “margini di riformismo e di concertazione” è “sempre più evidente” che non ne esistono più. Quello che non è chiaro nel loro ragionamento è se prima che alcuni (indefiniti) scatenassero l’attacco generalizzato (non si sa bene [gli autori del Comunicato non indicano] per quale motivo), esistevano i “margini di riformismo e di concertazione” oppure era solo meno evidente che questi margini non esistevano. Questa precisazione è importante perché le due risposte implicano valutazioni diverse della fase economica e politica precedente a quella attuale dell’attacco generalizzato, di ciò che distingue le due fasi.

 

Ci auguriamo che gli autori del Comunicato e coloro che ne condividono l’impostazione meditino sulla concezione che si cela dietro il loro appello alla lotta continua senza strategia per instaurare il socialismo [“lotta, lotta, lotta”] e quale è la strada su cui nei fatti si va con questa concezione. La situazione è favorevole per lo sviluppo del movimento rivoluzionario, ma per volgerla realmente a nostro vantaggio e vincere occorre essere rigorosi, essere guidati da idee giuste e non ripercorrere sentieri che già Lenin nel Che Fare? nel secolo scorso aveva indicato come forvianti e  destinati alla sconfitta. Senza una concezione del mondo rivoluzionaria, non c’è rivoluzione. Senza una strategia rivoluzionaria, la tattica non serve. La costruzione della rivoluzione è una cosa seria.


Rubrica - Dibattito Franco e Aperto 

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