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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Avviso ai naviganti 89

11 giugno 2019

Nessuna tolleranza per calunniatori e infiltrati!

Avviso ai naviganti 88

19 aprile 2019

Gramsci e la crisi generale del capitalismo, supplemento di La Voce 61
Il (nuovo)Partito comunista italiano lotta per portare a compimento l’opera che il vecchio PCI lasciò incompiuta: fare dell’Italia un paese socialista!
Il bilancio dell’esperienza del vecchio PCI di Antonio Gramsci e della gloriosa e vittoriosa Resistenza...

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Avviso ai naviganti 90

14 giugno 2019

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Nuova situazione, vecchi errori

La crisi generale del capitalismo si aggrava e la breccia aperta nel sistema politico della Repubblica Pontificia dall’esito delle elezioni del 4 marzo 2018 e allargata dalle elezioni europee del 26 maggio 2019, ha creato condizioni più favorevoli per la rinascita del movimento comunista. Ogni persona di buona volontà deve intensificare la lotta. Non a caso vari gruppi comunisti lanciano appelli all’unità dei comunisti, chiamano alla lotta contro procedimenti che la ostacolano, danno preziosi consigli su come perseguirla. Chiediamo che passino dalle parole ai fatti.

L’iniziativa di un buon uomo, Roberto Pano già candidato nella lista del Partito Comunista di Marco Rizzo nel collegio uninominale del Senato di Termoli (Molise) per le elezioni del 4 marzo 2018, della quale abbiamo già dato conto nell’Avviso ai naviganti 89 - 11 giugno 2019, ha richiamato l’attenzione su metodi e comportamenti che ostacolano la rinascita del movimento comunista: la diffusione di calunnie e la denigrazione.

A conferma che non si tratta di una novità, ma di metodi e comportamenti che hanno accompagnato la corruzione e disgregazione del vecchio PCI e la sua degenerazione nei gruppi e partiti della sinistra borghese da cui sempre più le masse popolari prendono le distanze, pubblichiamo qui di seguito un articolo, Mitrokhin, Marx ed Esopo comparso sul n. 4 (marzo 2000) di La Voce. Siamo convinti che la lettura sarà istruttiva per la lotta che dobbiamo condurre oggi contro calunniatori e infiltrati, per concentrare l’attenzione sul bilancio dell’esperienza, l’analisi del corso delle cose e la linea che il partito comunista deve seguire. Le risposte all’appello che abbiamo lanciato con l’Avviso ai naviganti 89 dell’11 giugno confermano la nostra fiducia.

***

Mitrokhin, Marx ed Esopo

Il bilancio dell’esperienza è per noi comunisti una cosa molto importante.

Noi siamo marxisti, cioè materialisti dialettici. Secondo il marxismo le idee non cadono dal cielo, né sono innate nell’uomo. Le idee vengono dal bilancio dell’esperienza, le producono gli uomini stessi elaborando la loro esperienza. Con le idee che hanno elaborato, gli uomini guidano, orientano, migliorano la loro attività pratica. Con questa compiono nuove esperienze e da esse ricavano nuove idee e così via. Così è stato nella storia degli uomini, per quanto lontano siamo riusciti ricostruirla. Così sarà presumibilmente anche nel futuro.

In particolare, per dirigere un movimento rivoluzionario, occorre elaborare una teoria rivoluzionaria, una giusta teoria della rivoluzione. Il bilancio dell’esperienza del movimento comunista è una parte importante del nostro lavoro di comunisti. Quella del movimento comunista italiano è un compito che spetta principalmente a noi comunisti italiani, perché siamo soprattutto noi che ne abbiamo bisogno. Quindi ben vengano i tentativi di fare un bilancio del movimento comunista italiano. Siamo ben consapevoli che non riusciremo a elaborare un bilancio organico, esauriente e giusto tutto d’un colpo. Dapprima saranno tentativi, elaborazioni dell’esperienza di singoli episodi, elaborazioni in parte giuste e in parte sbagliate. Attraverso vari tentativi, arriveremo infine al bilancio di cui abbiamo bisogno. Quindi non dobbiamo spaventarci né menare scandalo per i limiti e gli errori dei primi tentativi. Attraverso la critica, l’autocritica, il dibattito e il concorso di vari compagni e organismi (questo è il lavoro collettivo!) dai primi tentativi insoddisfacenti procederemo fino ad avere un buon risultato.

Per fare il bilancio, noi oggi non partiamo da zero. Lo stesso movimento comunista, nei suoi 150 anni di storia, ci ha fornito vari elementi. Dobbiamo usarli. Ci ha insegnato ad esempio che la storia di ogni società esistita negli ultimi 5.000 anni dell’umanità (la storia scritta) è una storia di lotte tra le classi. Chi stende la storia di un tratto della vita di una società o di un aspetto particolare di una società, se è veramente un marxista (e non solo uno che si dichiara marxista) mostra come la lotta tra le classi si è svolta, tradotta o riflessa nel campo particolare che egli tratta e come questo ha a sua volta contribuito alla lotta tra le classi. Se non fa questo, non è ancora un marxista, per quanto si dichiari e voglia esserlo.

Il movimento comunista ci ha insegnato che in ogni cosa il motore del suo sviluppo sono le contraddizioni tra le parti che la costituiscono (le contraddizioni interne) e che le condizioni esterne influenzano e persino a volte determinano lo sviluppo di una cosa agendo tramite le sue contraddizioni interne. Se scaldate un sasso avrete una dilatazione, se scaldate un uovo avrete un pulcino. Per capire la storia di una cosa, per trovare il nesso che unisce i vari elementi e i vari stadi della sua storia occorre individuare e comprendere quali sono le sue contraddizioni interne e le condizioni esterne in cui essa si sviluppa.(1) I marxisti applicano questo metodo in ogni ricerca e in ogni bilancio.

Noi comunisti impersoniamo l’autonomia della classe operaia dalla borghesia imperialista. In campo ideologico, politico e organizzativo. L’ideologia, la concezione del mondo della classe operaia è il marxismo. Non ce n’è altra. I 150 anni di movimento comunista l’hanno mostrato e dimostrato, con i suoi successi e con le sue sconfitte. Se nel ragionare sul passato non seguiamo il marxismo, è difficile che lo seguiamo nel ragionare sul presente. Se nel ragionare sul passato e sul presente non seguiamo il marxismo, non impersoniamo ancora l’autonomia della classe operaia; impersoniamo ancora la sua subordinazione alla borghesia imperialista. Infatti in definitiva oggi tutte le concezioni del mondo si riducono solo a due, perché due sono le classi fondamentali dell’attuale società, che si contendono il predominio, due sono le vie che l’attuale società ha davanti. In particolare lo sviluppo di ogni partito comunista è determinato dalla lotta tra le due linee che si svolge al suo interno, lotta che è il riflesso nel partito della lotta tra le due classi che si svolge nella società. La vita del partito comunista italiano tra il 1943 e il 1948 è stata determinata dalla lotta tra la linea di sinistra (affermare la direzione della classe operaia nella guerra contro il nazifascismo trasformandola così in lotta per il socialismo) e la linea di destra (condurre la guerra contro il nazifascismo per instaurare una nuova più avanzata democrazia borghese - la linea della Costituente). La vita del partito tra il 1948 e il 1956 è stata determinata dalla lotta tra la linea di sinistra (rafforzare le forze comuniste e trovare una via per la rivoluzione socialista nell’ambito della nuova situazione nazionale e internazionale) e la linea della destra (costruire un partito popolare adatto a lottare per riforme di struttura in un paese del campo imperialista). Il XX congresso del PCUS (febbraio 1956) segnò la vittoria della linea revisionista di destra nel PCUS. L’Internazionale Comunista era stata sciolta nel maggio 1943, ma il PCUS di fatto era il partito guida del movimento comunista (come il partito socialdemocratico tedesco lo era stato fino al 1914) e l’URSS era il centro del campo socialista e il retroterra del movimento comunista e antimperialista di tutto il mondo. La vittoria della destra nel PCUS determinò una grande confusione in tutto il movimento comunista internazionale (simile per molti aspetti a quella determinata dal “tradimento” della II Internazionale nel 1914). Nel 1956 (come nel 1914) la confusione era un sintomo della debolezza ideologica della sinistra che non solo era stata sconfitta, ma era stata colta di sorpresa dall’attacco della destra, completamente impreparata. Ripetutamente vari esponenti del movimento comunista avevano detto che la lotta tra le classi continuava nella società socialista, che le contraddizioni della società socialista potevano diventare antagoniste. Ma in realtà nessuno credeva in un rovesciamento di direzione come quello successo nel 1956. Che il movimento comunista si trovasse negli anni ‘50 di fronte a problemi nuovi, determinati dal suo stesso rapido e folgorante sviluppo, vari dirigenti l’avevano detto.(2) Ma nessuno aveva veramente pensato che se la sinistra non affrontava in maniera giusta questi problemi nuovi, la destra ne avrebbe approfittato per instaurare le sue soluzioni di conciliazione con la borghesia imperialista, di avvicinamento e ritorno al capitalismo. Alla sinistra ci volle parecchio tempo perfino per riconoscere la vera natura borghese delle proposte della destra, che si presentavano come soluzioni di problemi di cui tutti avvertivano l’esistenza.

La destra approfittò della confusione e dello sbalordimento della sinistra e prese il sopravvento in tutti i partiti comunisti in cui era abbastanza forte per farlo. L’ottavo congresso (dicembre ‘56) segnò la vittoria definitiva della destra nel PCI. Da allora nel movimento comunista italiano la linea di sinistra divenne la ricostruzione del partito comunista. Ciò non vuol dire che bisognava costituire subito un nuovo partito; vuol dire che allora tutte le iniziative andavano indirizzate a creare le condizioni per questo, che oggi tutto va valutato alla luce di questo obiettivo, senza il quale tutto il resto non ha importanza: così come ogni mossa tattica va valutata alla luce dell’obiettivo strategico. Il marxismo insegna che senza un vero partito comunista non è possibile fare la rivoluzione socialista. Ciò è stato confermato dall’esperienza al di là di ogni ragionevole dubbio. Quindi un marxista studia la storia del movimento comunista italiano successiva al 1956 alla luce di questo compito storico. È possibile collocare nella giusta luce ogni avvenimento, ogni movimento e l’attività di ogni individuo e comprendere il suo ruolo reale (quindi indipendentemente da cosa ne pensavano i protagonisti e dai pregi e difetti personali dei protagonisti) solo mettendoli in relazione con questo obiettivo. Il marxismo insegna che esistono gli individui con la loro dedizione alla causa del comunismo, i loro pregi e le loro capacità o con le loro bassezze, doppi giochi, ipocrisie, debolezze, limiti, errori. Che esistono gli intrighi, i complotti, i colpi di mano, le provocazioni, le infiltrazioni e i colpi di genio. Ma che sono solo fattori complementari della storia. I fattori fondamentali della storia umana sono le contraddizioni sociali e le masse che le incarnano.

Nel movimento comunista solo un po’ alla volta e con un certo ritardo la sinistra si rese conto della sconfitta subita nel 1956, cercò di capirne le ragioni, di raccogliere le forze e di rilanciare la battaglia. Solo nel 1960, a più di quattro anni di distanza,(3) il PCC lanciò apertamente e su grande scala in Cina e a livello internazionale la lotta contro il revisionismo moderno capeggiato da Kruscev e la proseguì quando Breznev prese il posto di Kruscev.(4) È in questa lotta che la sinistra del PCC diretta da Mao Tse-tung assunse un ruolo storico e internazionale e il maoismo assurse a terza superiore tappa del pensiero comunista, benché la Rivoluzione Culturale Proletaria sia stata sconfitta.(5) Il lungo periodo intercorso tra il XX congresso del PCUS e l’iniziativa del PCC è un chiaro indizio della difficoltà che incontrò la sinistra per dare battaglia.

Questi sono elementi della nostra storia e del marxismo, già detti e ridetti, convalidati dall’esperienza oltre ogni ragionevole dubbio. Sono quindi convinto che ogni lettore che mi ha seguito fin qui nonostante l’astrattezza dei ragionamenti fatti, sarà d’accordo con me. Forse si chiederà cosa c’entra con i nostri compiti attuali questo “ripasso” del marxismo. Cercherò di mostrarlo.

Nel numero di dicembre (il n. 3) di La Riscossa , organo di Iniziativa Comunista, a pag. 6 leggiamo l’articolo Il tempo è galantuomo. L’autore dell’articolo tratta di un episodio della storia del movimento comunista italiano, la formazione nel 1955-1956 di uno dei gruppi di opposizione alla linea di destra di Togliatti, Azione Comunista che operò dal 1954 al 1966 e ciò facendo

- distoglie dal metodo che bisogna seguire nel fare il bilancio dell’esperienza: nella fattispecie non definisce l’obiettivo strategico della fase e non valuta le iniziative dei vari protagonisti alla luce di questo mettendone in luce pregi e limiti;

- dà una valutazione denigratoria della lotta condotta a partire da allora per la ricostruzione del partito comunista: risulta che solo cattivi elementi (“anticomunisti”) si ribellavano alla linea di destra che Togliatti e i suoi imponevano al partito;

- implicitamente introduce un metodo di lotta contro gli errori e le deviazioni che a mio parere è assolutamente sbagliato, mutuato dalla pratica dei partiti revisionisti, che sarebbe deleterio se adottato nella lotta attualmente in corso tra le FSRS;

- avvalla una concezione dell’unità del partito che nega la lotta tra le due linee e che se accolta ci impedirebbe di costituire un partito adeguato ai compiti che stanno di fronte al nuovo partito comunista italiano.

Invitiamo i nostri lettori a leggere l’articolo di La Riscossa : per ragioni di spazio non possiamo riprodurlo qui per intero e non serve darne degli estratti. Quello che conta non sono le singole affermazioni, ma l’insieme dell’articolo.

L’autore non segue il metodo marxista che sopra ho indicato e ne risulta un articolo il cui insegnamento è che “gente della risma di Luciano Raimondi svolge obiettivamente un ruolo di provocatore”. Il pretesto per l’articolo è che il Memoriale Mitrokhin (che la stampa borghese ha presentato come pubblicazione degli appunti di una spia sovietica fuggita in Inghilterra dopo il 1991 edita dallo spionaggio inglese) direbbe che Raimondi collaborò col KGB o almeno offerse la sua collaborazione al KGB negli anni ‘60 a Roma e negli anni ‘70 a Città del Messico dove era prima professore e poi direttore all’Istituto Culturale Italiano (quindi funzionario del Ministero delle Esteri, distaccato dal Ministero della Pubblica Istruzione). Perché l’articolo su La Riscossa?

Bisogna richiamare i fatti per capire l’uso che ne fa l’autore dell’articolo. Durante la Resistenza Luciano Raimondi era membro del PCI e commissario politico di una Brigata Garibaldi, al momento non ricordo quale. Dopo la Liberazione il partito lo nominò direttore della Scuola Convitto Rinascita di Milano, una istituzione creata dall’ANPI per l’educazione dei giovani partigiani e dei figli e orfani di partigiani e diretta dal PCI. Negli anni successivi fu un esponente della lotta che la sinistra del PCI conduceva contro la linea della “via italiana al socialismo” impersonata da Togliatti, capofila della destra. Allora si riteneva che l’esponente principale della sinistra del PCI fosse Pietro Secchia (1903-1973). Vari compagni ancora oggi in Italia ritengono che effettivamente Secchia sia stato il capofila della linea rossa in quel periodo, anche se né allora né dopo Secchia volle assumere pubblicamente questo ruolo, ma si ritrasse, per quanto mi risulta, nel ruolo di vicepresidente del Senato della Repubblica e di estensore di preziose memorie sul passato del movimento comunista italiano. Forse la reputava una battaglia sbagliata o comunque persa sia per l’immediato sia per il futuro, forse non si sentiva le forze per svolgere il compito che il suo glorioso passato gli assegnava, forse fu paralizzato da una concezione dell’unità e della disciplina del partito che escludeva la lotta tra le due linee nel partito.(6) Forse adottò la linea che di fatto adottò per una combinazione di tutti questi fattori. Fatto sta comunque che la destra (Togliatti) lo temeva come capo potenziale della sinistra e che molti compagni della sinistra allora e in seguito si appellarono invano a Secchia perché prendesse la direzione della sinistra.

Nel luglio del 1954 l’ex partigiano Giulio Seniga, vice-responsabile della sezione vigilanza di cui è responsabile Secchia, abbandona il partito con documenti e danaro e invia una lettera alla Direzione del partito, ma nominalmente a Secchia in cui denuncia la politica seguita dalla destra e chiede a Secchia di mettersi apertamente alla testa della sinistra e di dare battaglia. Di lì a qualche mese altri membri autorevoli del partito diffondono ai delegati alla IV Conferenza Nazionale del PCI (Roma, gennaio 1955) una lettera aperta firmata “I compagni di Azione Comunista” che denuncia la linea della destra e lancia ai compagni l’appello alla lotta contro di essa. Sono solo i due episodi più clamorosi, la punta di un iceberg costituito da mille segni di insofferenza per la direzione della destra che si manifestano nel partito. Per tutta risposta Togliatti fa approvare l’allontanamento di Secchia dalla carica di vicesegretario (che condivideva con Longo) e dalla Direzione. Dopo l’ottavo congresso verrà emarginato definitivamente nell’incarico di responsabile dell’attività editoriale del partito. Dal giugno del 1956 inizia la pubblicazione del periodico Azione Comunista, firmato da Luciano Raimondi, ancora direttore della Scuola Convitto Rinascita e da Bruno Fortichiari (membro del primo Comitato Esecutivo del partito eletto il 21 gennaio 1921).(7) Solo in luglio Raimondi viene espulso dal PCI nonostante il voto contrario della Cellula Zdanov di cui era membro. Contemporaneamente viene annunciata l’espulsione di Fortichiari e di Seniga (che ha avuto nel frattempo vari incontri con dirigenti del PCI, compreso Secchia). Tra l’estate e l’ottavo congresso (dicembre 1956) è uno stillicidio di espulsioni di seguaci della linea di sinistra. Esse continuano anche dopo il congresso fino a saldarsi con quelle dei “filocinesi” dei primi anni ‘60.(8) Molti compagni se ne vanno volontariamente, si dimettono, non rinnovano la tessera. Il partito diventa sempre più omogeneo alla concezione revisionista che lo guida: quella delle riforme di struttura prima, poi del compromesso storico con la DC, della solidarietà nazionale con la DC, ecc. Il percorso che è “culminato” nello scioglimento del 1989.

Nelle attuali FSRS (Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista) ci sono compagni che sono rimasti fino all’ultimo nel PCI e anche compagni che hanno militato a lungo nel PRC: la loro storia politica, il ruolo che hanno svolto nella storia politica del nostro paese è stato quello dei rispettivi partiti. Questi compagni chiaramente non avevano compreso la vera natura del revisionismo moderno e la necessità di ricostruire un vero partito comunista. Essi tuttavia impersonano una preziosa esperienza che permette di capire a fondo e in termini pratici la differenza tra errori e deviazioni e come mai può succedere che masse ampie di lavoratori seguano a lungo un partito riformista.

Quale ruolo politico hanno svolto i compagni usciti o espulsi dal PCI perché a loro modo contrari alla linea delle riforme di struttura, del compromesso storico con la DC, della solidarietà nazionale con la DC e convinti che era necessario costruire un vero partito comunista?

La storia dei compagni che dagli anni ‘50 in poi lasciano il PCI o ne sono espulsi è molto varia e piena di contraddizioni. Se si va ad esaminare le singole storie, si trova di tutto. La cosa più importante è che ancora oggi, a 45 anni dai primi fatti sopra raccontati, siamo senza partito comunista. Da ciò si deve dedurre che le lotte condotte contro i revisionisti moderni sono state inutili?

Sono stati commessi molti errori che vanno esaminati, alla luce del fatto che il risultato perseguito, la ricostruzione del partito, non è stato raggiunto. Alcuni dei compagni usciti o espulsi dal PCI hanno lavorato per il KGB? Il PCUS e l’URSS avevano dato talmente tanto al movimento comunista mondiale che c’è voluto molto tempo prima che alcuni compagni si rassegnassero all’idea che oramai lavoravano per rovinare il movimento comunista. Fidel Castro ha continuato a pensarlo finché Eltsin e Gorbaciov gli hanno sbattuto la porta in faccia. La fiducia nei revisionisti sovietici, la speranza che “nonostante tutto” l’URSS riprendesse la strada della transizione al comunismo, la fiducia che “nonostante tutto” l’URSS fosse un baluardo contro l’imperialismo sono altrettante manifestazioni della incomprensione della vera natura del revisionismo moderno e in molti casi anche di opportunismo. Altrettanto la perdita di fiducia nella causa del comunismo, l’abbandono della lotta e il “ritorno a casa” (che per i compagni intellettuali e per alcuni altri ha voluto dire anche carriere nella burocrazia statale o l’arricchimento individuale). Alcuni compagni usciti o espulsi dal PCI hanno creduto di acquistare forza unendosi con gruppi sedicenti comunisti ma in realtà esponenti di deviazioni dal movimento comunista e agenti sistematici dell’influenza borghese tra le masse (anarchici, trotzkisti, bordighisti, ecc.)? È vero. Appunto dall’insegnamento negativo di questi tentativi oggi diciamo che è sbagliata la tesi che il partito si forma unendo tutte le FSRS che dicono di voler ricostruire il partito. Bisogna, diciamo noi, al contrario dividere in ogni FSRS ciò che è comunista o comunque è disposto a trasformarsi da ciò che appartiene alle deviazioni dal comunismo e all’influenza della borghesia e non è disposto a trasformarsi. Alcuni compagni usciti o espulsi dal PCI hanno scritto molte cose eguali a quelle che scriveva il PCI e che ancora scrive il PRC (contro Stalin, di denigrazione del movimento comunista, ecc.)? È vero. È anche per questo che diciamo che la costituzione del partito passa attraverso l’elaborazione del programma e abbiamo posto le sette discriminanti, tra le quali vi è anche il bilancio del movimento comunista. Insomma è vero che molti dei compagni usciti o espulsi dal PCI non hanno fatto una vita e una politica sostanzialmente diversa da quelli rimasti nel PCI e da quelli confluiti poi nel PDS e nel PRC. Ma il problema è che l’autore di Il tempo è galantuomo usa queste innegabili verità per denigrare la lotta della sinistra contro il revisionismo moderno (“la gente di questa risma svolge, obiettivamente, il ruolo di provocatore”), di fatto sostiene che bisognava restare nel PCI (e magari anche nel PRC).

I compagni usciti o espulsi dal PCI (e chi scrive è uno di essi) hanno certamente commesso molti errori, perché altrimenti gli sforzi che hanno profuso per ricostruire un vero partito comunista avrebbero già prodotto il risultato. Ma uno dei motivi per cui hanno dovuto tanto sbagliare è anche che hanno avuto pochi o nessun maestro. Credo che se Secchia si fosse messo alla testa della nostra lotta, avremmo commesso meno errori. Nessuno dei grandi dirigenti del vecchio PCI, nemmeno Secchia, si è messo alla testa di questa lotta, che era la lotta più importante per la classe operaia del nostro paese e ai fini della rivoluzione socialista. Molti compagni che avevano esperienze in vari campi e quindi avrebbero potuto dare un contributo valido sono rimasti nel PCI e poi nel PRC. Secondo lo scrittore di La Riscossa dovevamo tutti restare nel PCI prima (e magari nel PRC poi), per non essere definiti provocatori? Chi ha dato battaglia alla destra, è stato “oggettivamente provocatore” perché ha rotto le uova nel paniere a Secchia? Bisognerebbe mettere in chiaro se Secchia stava covando qualcosa di meglio per la classe operaia e le masse popolari. Se non stava covando niente di buono, Seniga, Raimondi, ecc., offrendo a Togliatti un pretesto per allontanare Secchia dalla vicesegreteria e dalla Direzione lo avrebbero suo malgrado salvato dal rendersi, come Longo, ancora più corresponsabile della linea di destra di Togliatti. Se oggi il nome di Secchia è onorato (come non lo è quello di Longo), è anche per questo.

L’articolista di La Riscossa si è impantanato in una questione molto importante ai fini sia del bilancio sia della politica attuale. Approfittiamone per esaminarla.

Senza sacrifico non c’è lotta. Qualcuno ha anche detto che “una causa per la quale non vale la pena morire non è degna di vincere”. Il progresso della rivoluzione fa progredire anche la controrivoluzione. Senza via Rasella non ci sarebbero state le Fosse Ardeatine. La borghesia e il Vaticano non volevano un movimento rivoluzionario delle masse, cercarono in ogni modo di impedire che la lotta dei partigiani si sviluppasse e ancora oggi quando possono dicono e comunque pensano che l’azione di via Rasella ha “provocato almeno oggettivamente” le Fosse Ardeatine. Il proletariato rivoluzionario che vuole farla finita con la vita miserabile che conduce sotto la borghesia e il Vaticano, auspica invece dieci, cento, mille via Rasella (e se poi riesce anche a costringere la borghesia e il Vaticano a rendere, sia pure ipocritamente, omaggio a via Rasella, senza lasciarsi imbrogliare dall’ipocrisia, tanto meglio, vuol dire che è forte). Due classi opposte e due punti di vista opposti. Questo per il bilancio del passato.

Veniamo al presente. Chi non ha interesse alla ricostruzione del partito, può dire (e alcuni l’hanno già detto, anche se non hanno ancora osato scriverlo) che la costituzione e l’attività della CP [Commissione Preparatoria del Congresso di fondazione del nuovo PCI] sono “oggettivamente” una provocazione, che hanno offerto alla polizia il pretesto per l’Operazione del 19 ottobre 1999 contro le FSRS legali. E anziché adottare le trasformazioni necessarie per affrontare una fase superiore della ricostruzione del partito, anziché rafforzare il lavoro della ricostruzione in modo da rendere inutili per la borghesia e per noi vantaggiose le sue mosse, anziché legarsi maggiormente alle masse prendendo spunto dall’operazione della borghesia, alcuni si sono messi a imprecare contro la CP e a ostacolarne il lavoro, hanno preso le distanze dai CARC e dagli altri compagni e organismi che hanno fatto fronte alle repressione. Oggi, nella pratica presente, a questo conduce il criterio che l’articolista di La Riscossa usa per fare il bilancio del passato. Non so se l’articolista ha tirato egli stesso dopo l’Operazione del 19 ottobre queste conclusioni pratiche del suo criterio, ma certamente ha predicato ai suoi lettori questo criterio. E ciò è molto male.

La costituzione della CP è un passo verso il partito comunista o è una provocazione (sia pure oggettiva)? I partigiani della CP sostengono la prima tesi, quelli che sono contro la ricostruzione del partito (in primo luogo la borghesia) in ogni caso veicolerebbero tra le FSRS e i lavoratori avanzati la seconda. Altri non sanno che pesci pigliare. Questo è il problema che l’articolista evoca. Siccome non lo affronta apertamente, affoga in un maleodorante letamaio di demagogia e di menzogne, come spesso capita a chi vuol dire ma non osa dire, a chi dice con il metodo di Esopo, a chi parla del passato per alludere al presente. D’altra parte tutte le FSRS e i lavoratori avanzati sono costretti dalla situazione a dare una risposta. Devono decidere non se aderire o no alla CP (non è questo in ballo), ma se collaborare con essa nelle forme opportune (da vedere, cercare e verificare: questo è un altro problema) o collaborare con la borghesia imperialista a farle terra bruciata attorno. Come fare a capire se la CP è un passo avanti o una “oggettiva provocazione”? Per capirlo occorre avere una concezione comunista del mondo, della rivoluzione socialista, del partito comunista e una analisi giusta della situazione concreta. Qual è il partito comunista adeguato ai compiti che lo attendono? Qual è la forma della rivoluzione socialista nel nostro paese? Insomma non c’è altro modo per dare delle risposte serie (e ogni comunista deve darsi delle risposte serie) che partecipare all’elaborazione del programma del partito, che tratta appunto questi problemi.

I codisti aspetteranno a vedere “come va a finire”, ma per la “fine” manca ancora molto e intanto occorre pur vivere e la borghesia imperialista preme (i carabinieri ogni tanto suonano alla porta) e la cosa più sicura è, nell’attesa, accodarsi alla tesi che la borghesia vuole.

La borghesia imperialista preme perché si faccia terra bruciata attorno alla CP e un modo per fare terra bruciata e rafforzare la propria fama “sinistra”, anzi “molto sinistra”, è proclamare che la costituzione della CP è una provocazione oggettiva e che l’aperta presa di posizione dei CARC è anch’essa oggettivamente una provocazione o una morbosa vocazione al martirio [come proclama l’Associazione Pietro Secchia di Roma]. Lo “oggettivamente” è molto comodo, esime anche dal dover giurare sui rapporti di polizia come si giura sul Memoriale Mitrokhin , dal dover dimostrare che il tale o il tal altro è un agente della CIA o del KGB (“è come le BR”) sulla scorta di qualche documento opportunamente fatto girare da qualche “autorità”. Ma così facendo, forse che i nostri “sinistri” hanno risolto il problema della ricostruzione del partito che è la cosa che preme alla classe operaia e alle masse popolari? La classe operaia e le masse popolari si rassegneranno ad aspettare che i “sinistri” siano pronti? La sinistra che c’è in ogni FSRS aspetterà?

Dico di più. Ci saranno ancora molte battaglie prima della vittoria. In alcune saremo sconfitti, in altre dovremo battere in ritirata. L’esperienza e la scienza non ce le regala nessuno. Dobbiamo imparare a combattere combattendo. Cercheremo di fare il passo secondo la gamba e quando nonostante ciò dovremo battere in ritirata cercheremo di ritirarci in buon ordine conservando o accrescendo le nostre forze. Ma le forze rivoluzionarie a volte imparano più da una battaglia persa che da dieci anni di prudente attesa. A ogni nostra sconfitta, sorgeranno nelle nostre fila dei disfattisti che diranno: “Non bisognava dare battaglia!”, come Plekhanov dopo la sconfitta dell’insurrezione del 1905, anziché trarre gli insegnamenti della sconfitta, disse: “Non bisognava insorgere!”. Sorgono già adesso, nel corso della battaglia, senza neanche aspettare che siamo stati sconfitti!

Ma allora non esistono “oggettive provocazioni”? Certo che esistono. Ritornando al caso della lotta della sinistra contro la linea della destra nel PCI, se Seniga o Raimondi con la loro iniziativa hanno danneggiato la causa della ricostruzione del partito comunista, è questo che dovete dimostrare. Ci sarebbe da imparare per tutti. Se la permanenza di Secchia alla vicesegreteria e nella Direzione era indispensabile elemento per la ricostruzione del partito e se essa è stata irrimediabilmente compromessa dall’iniziativa di Seniga o di Raimondi, è questo che dovete dimostrare. Ma non insegnate ai vostri lettori a denigrare la lotta della sinistra perché sempre la borghesia e la destra prendono pretesto da essa per colpire dove possono! Se ritenete che la collaborazione col KGB negli anni ‘60 e ‘70 era un’infamia, spiegate perché. Noi riteniamo che sia stato un errore politico dello stesso genere di quello commesso da tutti quelli che in quegli anni collaboravano politicamente con i sovietici, con il PCI e con gli altri organismi e istituzioni dei revisionisti, da tutti quelli che andavano a spasso per l’URSS a spese dei lavoratori sovietici, da tutti quelli che restavano nel PCI a mugugnare e aspettare lavorando agli ordini dei revisionisti. Come vedete, quando si ha una concezione comunista della nostra lotta, non si ha bisogno del Memoriale Mitrokhin o di altre imbeccate della borghesia per capire le cose.

I dirigenti attuali di Iniziativa Comunista (e anche vari compagni di IC) provengono dal PRC. A nostro parere ciò non costituisce una tara da nascondere. Siamo sicuri che la maggior parte dei compagni che domani saranno con noi, attualmente sono ancora sparsi nei più diversi partiti o non militano in nessun partito. Il mondo diventerà comunista perché i lavoratori, le masse popolari si trasformeranno. Non solo alcuni, ma milioni di individui faranno delle cose che oggi non si sognano di fare. Non abbiamo preconcetti e non dobbiamo averne. Quindi, compagni, smettetela di essere bigotti, date battaglia apertamente sui principi e sulla linea politica, abbiate più coraggio, smettete il costume dei revisionisti di cercare di colpire gli avversari con menzogne e insinuazioni che fanno pena a chi le legge e sputtanano chi le scrive. Con questi metodi imposti dai revisionisti il PCI ha perso la forza delle masse che aveva conquistato con la lotta aperta contro il fascismo, con tante azioni che i borghesi e opportunisti di allora chiamavano “oggettive provocazioni”. Smettetela di pensare che solo quelli che sono rimasti nel PCI e nel PRC fino all’esaurimento sono bravi e che “solo a loro è riservato il regno dei cieli”. Ma soprattutto usate Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, cioè la concezione comunista del mondo per criticare gli errori di compagni e non compagni, non basatevi sul Memoriale Mitrokhin o su altre pezze fornite dalla borghesia. Finché persisterete su questa strada, la borghesia vi menerà per il naso quanto vuole. Basta che pubblichi un Memoriale Mitrokhin o un Protocollo dei saggi di Sion adatto al caso. La vostra tendenza a “fare inchieste” è ammirevole. Ma per difendere le file comunista dalla borghesia, dalle infiltrazioni e dalle provocazioni, le inchieste servono solo come terzo strumento in ordine di importanza, dopo la concezione comunista del mondo e il metodo comunista di lavoro. Un partito comunista che si serve principalmente delle inchieste, finisce prima o poi sotto il controllo della borghesia, che riuscirà prima o poi a infiltrare suoi uomini negli organi di controllo: chi allora controllerà i controllori?

Compagni, Il tempo è galantuomo non è il tipo di bilancio dell’esperienza del movimento comunista che ci serve. Ci serve un bilancio che esamini ogni cosa, ogni linea, ogni iniziativa, il contributo di ogni individuo dal punto di vista di cosa ha portato alla ricostruzione del partito, di quale insegnamento ne possiamo ricavare oggi per la ricostruzione del partito. Lasciate alla borghesia imperialista e ai revisionisti il metodo di diffamare gli avversari. Hanno più strumenti di voi e nonostante questo non sempre gli torna utile. Nel nostro campo non può fare che danno.

Ernesto V.

NOTE

 1. Mao Tse-tung, Sulla contraddizione (1937), in Opere di Mao Tse-tung vol. 5, Edizioni Rapporti Sociali.

 

 2. Tra di essi indichiamo Stalin in Problemi economici del socialismo in URSS, 1952.

 

 3. La lotta venne lanciata con la pubblicazione in Cina e all’estero dello scritto Viva il leninismo! (16 aprile 1960), ristampato in Opere di Mao Tse-tung, vol. 18, Edizioni Rapporti Sociali.

 

 4. Il Partito del Lavoro d’Albania lanciò pubblicamente la lotta prima del PCC, ma il suo ruolo nel movimento comunista mondiale era più ridotto e, soprattutto, esso mantenne la lotta entro limiti che la rendevano sterile. Secondo il PLd’A il revisionismo moderno era principalmente un tradimento dei principi del marxismo-leninismo che si trattava di ristabilire nella sua purezza. In realtà il revisionismo moderno era anche tradimento dei principi, ma era riuscito a imporsi in URSS e a livello internazionale perché la sinistra non aveva dato risposte adeguate alla nuove condizioni della lotta per il comunismo. Per condurre la battaglia con possibilità di successo occorreva dare queste risposte. Il maoismo è il sistema di queste risposte.

 

 5. La Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976) è stata sconfitta perché l’oggettiva arretratezza economica e culturale della RPC non consentiva alla classe operaia cinese di porsi all’avanguardia della rivoluzione socialista mondiale. Solo lo sviluppo della nuova crisi generale del capitalismo avrebbe creato le condizioni oggettive per una nuova ondata della rivoluzione proletaria mondiale (che tuttavia non si è ancora sviluppata a tutt’oggi, nel 2000). Ma la Rivoluzione Culturale Proletaria ha compiuto una critica della costruzione del socialismo compiuta fino allora e ha fornito gli insegnamenti che guideranno la costruzione del socialismo nella prossima ondata della rivoluzione proletaria. Anche la Comune di Parigi venne sconfitta ma i suoi insegnamenti, espressi principalmente da Marx, Engels e Lenin, permisero il successo della Rivoluzione Socialista d’Ottobre.

 

 6. La storia successiva del PCI ha confermato che quella concezione dell’unità e della disciplina del partito è sbagliata. Infatti non ha salvaguardato il partito ma lo ha portato alla liquidazione. Al contrario le storie del partito comunista russo e del partito comunista cinese hanno dimostrato in ripetute circostanze che anche sotto il fuoco nemico, se c’è un grave problema di linea, occorre farla fuori perché i vantaggi connessi col seguire una linea giusta compenseranno ad iosa i danni derivanti dalle incertezze create dalla lotta tra le linee e dalla gioia maligna che momentaneamente i nemici provano ed ostentano di fronte alle nostre divisioni.

 

 7. I membri del primo Comitato Esecutivo furono Amadeo Bordiga, Umberto Terracini, Ruggero Grieco, Luigi Repossi e Bruno Fortichiari. La denominazione ufficiale del partito era Partito Comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista; venne cambiata in quella di Partito Comunista Italiano il 15 maggio 1943 quando la prima Internazionale Comunista venne sciolta.

 

 8. Responsabili di Azione Comunista dal 1956 al 1964 furono Luciano Raimondi e Bruno Fortichiari, dal 1964 al 1966 solo Luciano Raimondi. AC cessò le pubblicazioni nel 1966 e una parte dei membri del gruppo confluì nella Federazione dei Marxisti Leninisti (uno dei gruppi “filocinesi”, cioè che avevano risposto all’appello alla lotta contro il revisionismo lanciata dal PCC) che ebbe come organo il periodico Rivoluzione Proletaria. Di questo Luciano Raimondi fu direttore fino al ‘67. Quando Raimondi abbandonò l’attività politica (e quindi si dimise dalla Federazione) e si trasferì come professore all’Istituto Culturale Italiano di Città del Messico, venne sostituito da Giuseppe Maj, attualmente membro della CP. Nel 1968 RP divenne organo del neonato Partito Rivoluzionario Marxista-Leninista Italiano. RP e il PRm-lI cessarono le loro attività all’inizio del 1970 e il grosso dei membri confluì in altre organizzazioni comuniste.

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