La verità è rivoluzionaria

Rapporti Sociali 1 - febbraio 1988  (versione Open Office / versione MSWord )

 

Ogni cosa è infinitamente conoscibile

 

Gli obiettivi ed i programmi del collettivo redazionale della Casa Editrice Giuseppe Maj Editore

 

Questa iniziativa editoriale è la forma più organizzata e sistematica di un lavoro che artigianalmente veniamo svolgendo da un po’ di tempo. Con essa vogliamo raccogliere, in un rapporto più collettivo, il concorso di maggiori forze per sviluppare quello che finora si è venuto facendo principalmente per iniziative individuali e con il concorso occasionale della collaborazione di vari compagni.

Tutte le nostre iniziative editoriali mirano a costruire antidoti alla disinformazione e intossicazione mentale con cui il regime dominante nel nostro paese, a somiglianza dei regimi degli altri paesi imperialisti, bersaglia la stragrande maggioranza della popolazione.

Con la maggior parte delle nostre iniziative editoriali ci proponiamo di concorrere ad accumulare e diffondere tra quanti lottano per il comunismo, e più in generale tra quanti cercano una via d’uscita dall’attuale crisi economica e politica, la conoscenza dei rapporti sociali, in primo luogo dei rapporti economici e politici realmente in corso tra gli uomini nelle società imperialiste, in particolare nella società italiana.

Siamo infatti convinti

- che la conoscenza di questi rapporti è un elemento costitutivo indispensabile di ogni iniziativa volta a cambiarli;

- che tutta la cultura borghese, nella sua quasi infinita varietà di colori e di sfumature, dall’inizio dell’epoca imperialista in poi è volta ad occultarli;

- che la cultura oggi ancora predominante nella maggior parte dei circoli rivoluzionari italiani è una cultura in larga misura subordinata alla cultura della classe dominante, usa le categorie interpretative elaborate da questa, è priva di autonomia.

 

È comprensibilissimo che la borghesia oggi cerchi in ogni modo di occultare i reali rapporti sociali. Da quando il corso materiale delle cose le è avverso (cioè da quando, conclusa la fase ascendente con la sua espansione a tutto il mondo, è iniziata la fase del suo declino e delle rivoluzioni proletarie), essa lo nega, lo nasconde e lo confonde impedendo e impedendosi la conoscenza delle leggi e delle categorie ad esso proprie. Il mascheramento, l’occultamento dei reali rapporti sociali e delle loro connessioni causali diventa per lei una necessità fisiologica e una prassi corrente. D’altra parte il mondo a chi lo osserva e lo scruta attraverso le lenti deformanti di categorie improprie, residuate dalla storia passata o trasposizione idealistica dei propri interessi, inevitabilmente risulta inconoscibile, irrazionale, misterico, divino o diabolico; e il conoscere dell’uomo diventa frammentario, inarticolato o, dove deve per forza di cose essere sistematico, unilateralmente formalistico e sistema utilitaristico e “convenzionale” di relazioni semplicistiche sì/no.

La realtà non si adatta a categorie che le sono estranee, per quanto radicate esse siano nella mente dei suoi osservatori e per quanto ben confezionate e veicolate. Individui e società guidati da concezioni siffatte sono di conseguenza condannati ad azioni e comportamenti velleitari, sterili, distruttivi di sé e del loro habitat.

 

Da alcuni anni a questa parte il denominatore comune delle tendenze dominanti nella cultura borghese di sinistra, per quanto riguarda le teorie sulla società e sull’uomo, è che il mondo è complesso, polimorfo, oscuro, misterioso, sfumato,  nebuloso, inafferrabile, “nuovo”, inconoscibile, incomunicabile: chi più ne ha più ne metta. Di conseguenza ogni progetto di trasformazione è impossibile: le cose vanno come vanno, bisogna lasciarsi vivere. Al più, ogni individuo può ritagliare in questo contesto dato la sua strada, riversando così nel tentativo, in generale vano e frustrante, di forgiare la sua vita individuale un attivismo e un’abilità cui è negato ogni spazio nel campo della trasformazione della società. Non è questo un indirizzo “sceso dal cielo”. Anzi le sue origini sono riscontrabili facilmente nelle vicende della storia pratica della classe dominante. In questi anni sta consumandosi, e via via risultando anche palese, il fallimento del progetto di costruire, almeno nei paesi imperialisti della OCDE, un capitalismo dal volto umano, ossia una società in cui, pur nell’ambito del lavoro salariato e della proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione, la gran massa della popolazione avesse la sicurezza di disporre dei mezzi necessari per condurre una vita normale, la sicurezza di lavorare, la sicurezza in caso di malattia, di invalidità e di vecchiaia, la sicurezza di poter mantenere ed educare le persone a proprio carico, la sicurezza di progredire ragionevolmente nel sottrarsi alla fatica. Questo sogno prospettato e in qualche misura anche perseguito dalla borghesia nei paesi imperialisti nel periodo successivo alla 2° Guerra Mondiale, si è sbriciolato in questi anni e quanto resta dei sistemi di sicurezza sociale e dei sistemi di pieno impiego viene via via eroso o abbattuto sotto i nostri occhi, nell’inesorabile incalzare della crisi economica delle società capitaliste.

Con ciò ha perso il suo ruolo pratico e la sua base materiale e quindi precipita nella crisi anche tutta quella cultura approssimativa ed idealistica (nell’accezione filosofica di campata in aria), ottimista, fiduciosa nel futuro e nelle capacità degli uomini di dominare le proprie relazioni sociali, progressista senza comprendere e considerare le vie reali del progredire, che poneva come valori positivi e obiettivi raggiungibili, ancorché in un futuro indefinito, l’eguaglianza e il benessere per tutti: tratti che hanno caratterizzato la cultura critica borghese nel trentennio successivo alla 2° Guerra Mondiale e che in questa veste hanno impestato anche gruppi ed esponenti rivoluzionari del proletariato, culturalmente non autonomi dalla borghesia. Con la fine del progetto del capitalismo dal volto umano, la cultura borghese di sinistra è stata contemporaneamente ridotta e trasformata.

Da una parte si espande nuovamente la cultura borghese di destra, la “cultura di guerra”, la cultura che afferma il privilegio e il predominio. La classe dominante ha rilanciato e rilancia in grande stile tutto il vecchio armamentario. Come già aveva fatto nei decenni precedenti la 2° Guerra Mondiale, la borghesia ripesca, ridipinge e presenta come novità dell’ultima ora tutte le culture reazionarie, anche quelle che durante la sua ascesa aveva combattuto (le religioni, le pratiche esoteriche e misteriche, le chiese, le sette) e, nelle scienze e conoscenze volte alla pratica, afferma una formalizzazione e sclerotizzazione gerarchica del conoscere in cui la relazione sì/no è estesa a forma universale e assoluta della conoscenza e in cui alla scienza e alla pratica è negato il loro valore euristico, di strumento di scoperta del mondo da parte dell’uomo. Dall’altra la negazione della validità del conoscere, della certezza raggiungibile nella conoscenza, della possibilità di conoscere, lo scetticismo e l’agnosticismo diventano denominatore comune della cultura borghese di sinistra e, di conseguenza, dei circoli rivoluzionari ad essa succubi. La riduzione della conoscenza a sensazione e sentire individuale e relativo è un ottimo alibi per ogni comportamento pratico. E lo scetticismo è convalidato dal fatto incontestabile che la vita sociale, per chi tenta di interpretarla con categorie che le sono estranee, per chi tenta di forzarla entro vestiti che non le si adattano, risulta complessa, incomprensibile, irrazionale, misteriosa, fuori dalla portata dell’uomo.

In realtà il mondo è conoscibile e “semplice” se ne interpretiamo il movimento con le categorie proprie del suo stesso movimento, se rigettiamo i pregiudizi e le categorie interessate ma estranee, se apriamo la nostra mente alla realtà.

 

 Per gli individui e i gruppi sociali interessati a rivoluzionare lo stato presente delle cose è di fondamentale importanza conoscere la società nel suo movimento reale.

E’ diffuso nell’ambiente rivoluzionario un certo fastidio per la teoria nella convinzione che da noi di teoria se ne è fatta anche troppa e che gli insuccessi sono dovuti alle carenze pratiche. Cosa che sarebbe vera se la teoria fosse un’entità che si misura solo al peso della carta su cui è stampata. Ma quintali di cattiva teoria non coprono il bisogno neanche di un grammo di buona teoria. E le cattive azioni sono state frutto di cattive teorie.

Finché un’impresa non riesce, è giocoforza ritentarla. Non vi è ovviamente altra garanzia a priori del successo se non la ricca esperienza che si tira dagli insuccessi trascorsi. Finché non avremo una teoria per la rivoluzione nel nostro paese, la sua costruzione resta un compito che nessun senso di fastidio può cancellare. Occorre avere una giusta comprensione del movimento reale della nostra società, delle forze motrici del suo movimento, delle forme del suo movimento. A questo fine è indispensabile “fare inchieste”, condurre ricerche, con tutte le risorse del “mestiere”, facendola finita con la faciloneria e l’improvvisazione che, oggi, conducono inevitabilmente alla subordinazione culturale alla borghesia, ad accettare i suoi luoghi comuni e le sue categorie e a disperdere le nostre energie nello sforzo di darne una interpretazione di sinistra e di fame un uso rivoluzionario. Ricercare con passione e con professionalità è più che mai necessario oggi che bisogna superare anche la cortina fumogena stesa dalle istituzioni accademiche e dai mezzi di comunicazione del regime.

 

La nostra iniziativa editoriale è volta a fornire a quanti lottano per la trasformazione dei rapporti economici e politici, materiali per la loro conoscenza, con una ricostruzione degli elementi del movimento economico e politico delle società imperialiste oltre la congerie di dati contraddittori, casuali, di comodo “buttati lì” dalla pubblicistica del regime e da quella parte di pubblicistica di movimento subordinata a quella del regime. Essa è quindi uno strumento di formazione della più generale autonomia del proletariato, che ha la sua espressione inevitabile in campo culturale. Nello stesso tempo vuole essere un mezzo per stimolare il processo di formazione e diffusione di questa conoscenza.

 

Siamo ben consapevoli di fare, oggi, una battaglia controcorrente, di rappresentare una realtà che, enormemente maggioritaria nel mondo oggettivo, è di gran lunga minoritaria nel campo culturale, per ragioni che esulano dall’ambito culturale e che quindi non possono essere superate solo e neanche principalmente con iniziative culturali. Nessuna concezione della realtà può mai rafforzarsi, consolidarsi e diffondersi a livello di massa, cioè diventare una forza materiale, se non trovando via via i modi per incarnarsi, realizzarsi nella pratica. Resta in definitiva ancora vero che la cultura dominante nella società è quella della classe dominante, nonostante che migliaia di “chierici” fedeli coltivino nella loro testa la pretesa e l’illusione di essere liberi ed autonomi creatori di pensieri e di immagini.

Oggi noi facciamo iniziative culturali per una minoranza, che verrà via via realizzando la sua natura di maggioranza man mano che, grazie anche agli strumenti culturali acquisiti, si affermerà il suo ruolo nella vita della società.

 

A questo compito editoriale, a questa lotta in campo culturale chiamiamo a collaborare tutti quanti sono consapevoli del suo valore e hanno qualche capacità da apportare all’opera comune. La forza della nostra iniziativa, la sua possibilità di successo in definitiva dipende dalla collaborazione che sapremo raccogliere attorno ad essa.

In una iniziativa editoriale come questa vi è posto per una gamma svariata di collaborazioni, sia saltuarie che continuative, conformi alle possibilità e alle capacità di ogni persona interessata all’iniziativa.

Chi ha qualcosa da dire, cioè chi “ha fatto inchiesta”, chi ha fatto il bilancio di una esperienza troverà nella nostra  iniziativa editoriale un mezzo per socializzare le sue conquiste, ovviamente nei limiti posti dalle leggi della classe dominante alla libertà di espressione del pensiero, limiti di cui solo imbroglioni e fanfaroni tacciono l’esistenza. La nostra è una stampa libera nei limiti della legge dello Stato attuale.