Ancora sulla crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale

Rapporti Sociali n. 5/6,  gennaio 1990 (versione Open Office / versione MSWord )

La crisi economica è diventata in una parte della pubblicistica rivoluzionaria un luogo comune, una condizione data per scontata senza preoccuparsi di inquadrare in essa i fenomeni contraddittori del reale, a conferma che per gli autori di quella pubblicistica la crisi economica delle società borghesi non è punto di partenza per conclusioni politiche, ma un ritornello di prammatica e una innocua professione di fede.(1)

 

1. Il caso più diffuso è quello di compagni che passano tranquillamente dalla professione di fede nella crisi economica delle società borghesi alla enunciazione della capacità dei loro regimi economico-politici attuali di tutto inglobare e tutto controllare e contenere al suo interno con quanta coerenza ognuno lo vede! In alcun autori la dichiarazione di crisi si riduce semplicemente alla dichiarazione della loro personale ostilità al regime e gli stessi prenderebbero come una dichiarazione di appoggio al regime la negazione che nelle società borghesi sia corso una crisi economica. La crisi viene coi ridotta a una parola vuota di senso.

 

La crisi per sovrapproduzione recentemente è diventata anch'essa un luogo comune, solo un po' meno diffuso. Il fatto che vari autori non sentano neanche il bisogno di precisare che cosa è sovrapprodotto e rispetto a cosa, conferma che si tratta di un riferimento rituale.

Perfino la crisi per sovrapproduzione di capitale è diventata in certa pubblicistica un luogo comune, nel senso che viene richiamata in vari contesti a “spiegare” vari fenomeni, ma viene in generale eluso il compito di verificare la realtà della crisi per sovrapproduzione di capitale nella sua manifestazione concreta nel fenomeno in esame, cosa che arricchirebbe sia il concetto di essa sia la comprensione del concreto movimento economico e politico della società. Viene infatti data per ovvia la conoscenza del processo genetico per cui dalla crisi per sovrapproduzione di capitale deriverebbe il fenomeno in esame e spesso traspare che il richiamo alla crisi per sovrapproduzione di capitale è fatto senza cognizione di causa, come ad una potenza magica, occulta, onnipotente e ad un consolatorio “spiegatutto”.

In questo scritto l'autore presuppone la conoscenza dell'articolo La crisi attuale: crisi per sovrapproduzione di capitale, pubblicato in Rapporti Sociali n.0 (Don Chisciotte), e si propone di migliorare la descrizione della crisi per sovrapproduzione di capitale, tenendo conto anche di alcune critiche avanzate sull'argomento.

 

 

1. Il capitale come rapporto di produzione

 

Il capitale è uno dei rapporti di produzione sviluppati dalle società umane nel corso della loro evoluzione. Esso è perciò un definito rapporto che gli uomini hanno tra loro nel corso della produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza.(2) Il capitale, più concretamente, è un particolare rapporto di produzione (3) nell'ambito dell' economia mercantile.

 

2. Nella cultura corrente delle società borghese si il capitale è invece una cosa (monete, carta moneta, titoli di credito, titoli finanziari, impianti produttivi, materie prime, ecc.). Vedremo nel seguito la connessione tra questa nozione  ne della cultura borghese e la concezione del capitale elaborata da Marx. Alcuni “ marxisti hanno scambiato e continuano a scambiare Il capitale per un trattato di economia politica diverso (migliore o peggiore) dai vari trattati di economia politica che riempiono le biblioteche, ma dello stesso genere e si ostinano a scrivere “trattati di economia marxista”. Il capitale è una critica dell'economia politica e la “pretesa” di Marx fu di mostrare che i cultori di economia politica trattavano di monete, di cartamoneta, di titoli, di impianti, ecc. in modo feticistico, ossia attribuivano a questi caratteristiche proprie dell' attività degli uomini volta alla produzione.

 

3. Qui e nel seguito, ogni volta che parleremo di produzione, se non è diversamente indicato, intendiamo produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza. Per riproduzione intendiamo le attività con cui si pongono oggi le premesse necessarie per poter produrre anche domani le condizioni materiali dell’esistenza.

 

Quindi il capitale presuppone la produzione mercantile, cioè presuppone uomini che producono e riproducono le condizioni materiali della loro esistenza col carattere di merci, ossia

- uomini senza vincoli di dipendenza od obbligo personali tra loro,

- uomini ai quali le relazioni esistenti tra le loro attività produttive appaiono e s impongono come relazioni esistenti tra prodotti di quelle stesse attività (reificazione dei rapporti tra uomini),

- che le caratteristiche assunte dalle loro attività produttive l'una nei confronti del l'altra compaiono e si fanno valere coma caratteri (nuovi e misteriosi: spirituali (4) presentati dai beni prodotti dalle stesse: valori di essi e i loro valori resisi autonomi dai valori d'uso, il denaro;

- uomini per i quali la loro combinazioni nella produzione compare come unità de mercato.

4. Nuovi perché gli stessi beni, prodotti al d fuori dell'economia mercantile, non presentano questi caratteri.

Spirituali perché questi caratteri non possono essere messi in luce esaminando il bene prodotto, per quanto accurata ed approfondita sia l'analisi, ma possono essere messi in luce solo formalizzando i rapporti tra gli uomini che li producono e li usano, ossia la società costituita da questi.

Le merci, i valori, il denaro non sono ben prodotti dall'attività lavorativa di nessun individuo, ma non possono esistere se noi come caratteristica che i beni prodotti dal l'attività lavorativa di un individuo assumono in relazione a beni prodotti dall'attività lavorativa di altri individui. Di contro: beni prodotti dall’attività lavorativa degli individui possono esistere (e di fatto sono esistiti ed esistono) senza essere né merci né valori, né denaro. I prodotti dell'attività lavorativa umana sono diventati merci, hanno assunto un valore e sono diventati denaro come risultato di un certo assetto raggiunto dalle società umane e sono tali solo nell'ambito di quel certo assetto.(5) Il capitale si distingue dagli altri rapporti di produzione nell'ambito dei quali gli uomini hanno prodotto e riprodotto le condizioni materiali della loro esistenza in questo: nel suo ambito alcuni uomini (i capitalisti) acquistano come merci gli strumenti e le condizioni necessarie all'attività lavorativa e fanno lavorare ai loro ordini altri uomini dopo avere acquistato la loro capacità lavorativa, scambiandola liberamente con denaro, e la usano per far produrre merci che essi vendono trasformandole in una quantità di denaro superiore a quella da essi anticipata per acquistare gli strumenti, le condizioni del lavoro e la capacità lavorativa.

Questa differenza tra il denaro ricavato dalla vendita e il denaro anticipato (plusvalore) è il fine perseguito dai capitalisti ed essa è tanto maggiore, a pari quantità di attività lavorativa complessivamente fatta svolgere, quanto  minore è la quota di essa che corrisponde alla produzione delle condizioni materiali dell'esistenza dei lavoratori (lavoro necessario, corrispondente al salario) e maggiore quindi la quota di essa di cui si appropria il capitalista (pluslavoro).(6)

 

5. Sulla produzione mercantile si veda in questo numero di Rapporti Sociali, p. 22, la scheda La merce e anche Rapporti Sociali n.1, La produzione dei beni come merci, p. 5 e segg.

 

6. Le determinazioni del concetto di capitale sono esposte e illustrate in Il capitale. Esse non sono altro che il riflesso del movimento storico delle società capitaliste, elaborato astraendo dalle mediazioni con gli elementi accidentali e particolari dei percorsi storici della v arie concrete società borghesi.

Che nell'ambito del modo di produzione capitalista la motivazione della produzione sia l'aumento del valore (l'aumento del denaro), ossia, detto in altre parole, che nell'ambito del modo di produzione capitalista si abbia la produzione per la produzione può sembrare assurdo. Ma la contraddizione non è nella enunciazione della cosa, ma nella cosa reale e chi studia un oggetto deve scoprire le leggi dell'oggetto, non giudicarle o adattarle a sé. Nel rifiuto di questo tratto sostanziale del capitale sta l'inizio dell'errore su cui Rosa Luxemburg impostò l'opera teorica L'accumulazione del capitale che essa dedicò alla sovrapproduzione di capitale, ossia al limite assoluto dell'accumulazione del capitale.

Da quanto detto deriva che il capitale non è un mucchio di merci, non è una quantità di valori, non è un mucchio di denaro, ma dove esiste esso non può apparire che come mucchio di merci, quantità di valori, mucchio di denaro (così come l'autorità di un comandante non consiste negli ordini che egli dà e impone, ma non può apparire che come dare e imporre ordini). Al contrario merci, valori e denaro possono esistere (e di fatto sono esistiti ed esistono) senza essere capitale.

Molte critiche e analisi dell'accumulazione del capitale hanno alla base una concezione dell'accumulazione del capitale che si riassume nella domanda “come fare ad aumentare il denaro?” e non esce quindi dai limiti della rappresentazione feticistica del capitale così richiamata.

Parimenti il capitale non è un mucchio di beni, ma non può esistere che come mucchio di beni, benché questi possano esistere (e di fatto siano esistiti ed esistano) senza essere capitale.(7)

 

7. Anche in pubblicazioni “marxiste” viene a volte tranquillamente affermato che l'arretratezza economica dei paesi del Terzo Mondo è dovuta alla “mancanza o scarsezza di capitali” che non affluirebbero abbondanti e a buone condizioni in tali paesi. Che senso hanno queste affermazioni, se non l'evidente e inconsapevole immersione dei loro autori nella cultura borghese e l'uso da parte di essi di categorie borghesi?

Di contro Marx affermava esplicitamente già nel 1857: “E' soltanto l'abitudine della vita quotidiana che fa apparire come una cosa banale, come cosa ovvia che un rapporto di produzione sociale assuma la forma di un oggetto, cosicché il rapporto tra le persone nel loro lavoro si presenti piuttosto come un rapporto tra cose e tra cose e persone. Nella merce questa mistificazione è ancora molto semplice. Tutti più o meno capiscono vagamente che il rapporto delle merci quali valori di scambio è piuttosto un rapporto tra le persone e la loro reciproca attività produttiva. Nei rapporti di produzione di più alto livello questa parvenza di semplicità si dilegua. Tutte le illusioni del sistema monetario derivano dal fatto che dall'aspetto del denaro non si capisce che esso rappresenta un rapporto di produzione sociale, se pur nella forma di una cosa naturale di determinate qualità. Presso gli economisti moderni i quali sdegnano sghignazzando le illusioni del sistema monetario, fa capolino questa medesima illusione, non appena essi maneggiano categorie economiche superiori, ad esempio il capitale. Essa irrompe nella confessione di ingenuo stu pore quando ora appare come rapporto sociale ciò che essi goffamente ritenevano di fissare come cosa, e ora li stuzzica di nuovo come cosa ciò che avevano appena finito di fissare come rapporto sociale”. (K. Marx, Per la critica dell' economia politica). E lo stesso più tardi, ancora affermava “... il capitale non è una cosa bensì un rapporto di produzione determinato, sociale, appartenente a una determinata formazione storica della società, che si presenta in una cosa e a questa cosa conferisce uno specifico ruolo sociale”. (K.Marx Il capitale, vol. III)

 

 

2. L'espansione della produzione capitalista ed i suoi limiti

 

Merce, valore, denaro indicano, da angoli diversi, una determinata forma storicamente assunta dall'attività produttiva degli uomini: la forma mercantile. Il massimo dell'espansione della forma mercantile si ha quando essa diventa la forma universale dell'attività produttiva degli uomini, cioè quando tutta l'attività produttiva degli uomini è produzione di merci.(8)

8. Ogni volta che la produzione di un articolo viene spezzata tra produttori indipendenti allargando la divisione sociale del lavoro (ad es. si issa da due individui ognuno dei quali produceva zoccoli da legno e pelli, a un individuo che produce le forme di legno sagomato e le vende l un secondo che taglia e applica i cinturini e vende zoccoli) aumenta il numero di atti di compravendita e quanto ad essi è connesso. Il contrario avviene ogni volta che la produzione più produttori indipendenti viene concentrata un'unica unità produttiva. Ma qui non consideriamo questo tipo di variazione della estensione della produzione mercantile.

Il capitale a sua volta è una determinata forma storicamente assunta dalla produzione di merci.

La crescita del capitale (l'accumulazione del capitale) avviene secondo due strade.

La prima consiste nel sottomettere al capitale e fare svolgere nell'ambito del capitale una parte maggiore dell'attività produttiva umana (sussunzione formale). Da questo punto di vista il massimo dell'espansione del capitale si ha quando il capitale è diventato la forma universale dell'attività produttiva degli uomini, cioè quando tutta l'attività produttiva degli uomini è svolta nell'ambito del capitale, è sussunta nel capitale.

La seconda consiste nel trasformare in pluslavoro una parte maggiore del complessivo tempo di lavoro. Da questo punto di vista il massimo dell'espansione del capitale si ha quando tutto il tempo di lavoro è diventato pluslavoro, ossia quando il tempo di lavoro necessario è ridotto a zero.(9)

9. La riduzione del tempo di lavoro necessario attua sia con la riduzione dei salari reali (cioè alla massa di condizioni materiali dell’esistenza dei lavoratori), sia con l'aumento della produttività del lavoro applicato alla produzione delle condizioni materiali dell'esistenza dei lavoratori. Nella storia della società borghese si incontrano ambedue i procedimenti e a seconda delle fasi ora prevale l'uno, ora l'altro.

Ognuna delle due strade secondo cui il capitale si accresce (la produzione capitalista si espande), mette in luce una tendenza effettivamente operante nella società borghese e un limite cui essa tende effettivamente. I due limiti dell'espansione del capitale indicati manifestano il carattere transitorio del modo di produzione capitalista, mettono cioè in luce il fatto che il modo di produzione capitalista non può esistere che per un tratto limitato dell'evoluzione della società umana. Esso infatti tende e non può non tendere ad un risultato che è incompatibile con la sua  esistenza perché è la negazione definitiva di ogni ulteriore crescita, mentre la crescita è parte essenziale della natura del capitale.

Nessuno dei due limiti può quindi essere raggiunto, perché in essi la quantità (dell'espansione del capitale) si tramuta nella qualità (nella negazione della natura del capitale, ossia nella negazione del capitale). Man mano che nel cammino storico della società borghese quelle sue tendenze si esplicano, nella società borghese stessa si generano resistenze ed ostacoli all'ulteriore crescita.(10)

Quando le resistenze e gli ostacoli frapposti alla crescita diventano, da secondari e trascurabili, elementi principali caratterizzanti l'esistenza della società borghese, questa è entrata in un periodo di crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale.(11)

 

10. Quando il capitale si affaccia al pieno impiego della capacità lavorativa, esso se ne ritrae: pone e deve porre una parte di essa come esercito industriale di riserva (disoccupati) che ostacola l'aumento dei salari e quindi la riduzione del saggio di sfruttamento pv/v.

Quando il capitale si affaccia alla riduzione a zero del lavoro necessario, esso se ne ritrae in barba ai profeti della fabbrica automatizzata senza più operai: una massa enorme di attività lavorativa continua a essere svolta con mezzi, attrezzature e bagaglio culturale rudimentali e l'uso delle forze produttive più avanzate resta circoscritto a alcune aziende, settori e paesi.

Quando il capitale si affaccia alla produzione universale di una capacità lavorativa di alto livello (scolarizzazione di massa), subito se ne ritrae spaventato: il basso livello culturale di una massa adeguata di lavoratori è indispensabile alla perpetuazione del loro molo nella società.

 

11. Il termine assoluta è usato nel senso di generale, estesa a tutti i settori produttivi e serve a distinguere questa situazione da quella in cui la sovrapproduzione di capitale è limitata ad uno o ad alcuni settori dell'attività produttiva.

La crescita del capitale quindi per un verso è sussunzione nell'ambito del rapporto di capitale di una frazione crescente delle attività produttive esistenti e per altro verso è produzione di forze produttive più efficaci, che consentono una più alta produttività del lavoro umano.

Il risultato da entrambi i lati è che il capitale esiste e deve esistere come massa crescente di forze produttive in azione, ossia:

- di capacità lavorativa umana,

- di esperienze e conoscenze impiegate nel processo lavorativo,

- di utensili, macchine, impianti e installazioni usati nel processo lavorativo,

- di infrastrutture sociali usate a fini produttivi.

Quindi una quantità maggiore di esse che viene non solo prodotta come merce, come valore e come denaro, ma anche sussunta come elemento costitutivo della produzione capitalista, come elemento costitutivo del processo: denaro (D) usato per comperare forze produttive che sono state prodotte ed esistono come merci (M) e che successivamente vengono fatte operare (L) per produrre nuove merci (M') che vengono vendute in cambio di una massa maggiore di denaro (D'); ossia D - M - L - M' -D'.

 

Accanto al valore (denaro) che percorre questo cammino, e assume successivamente le vesti (D, M, L) che com paiono nel percorso e cresce compiendo il cammino, fin dagli albori della società borghese compare una certa massa di valore che si accresce compiendo direttamente il cammino del denaro che si trasforma in più denaro (D - D') e che vive alle spalle del primo (come denaro di prestito che si alimenta e cresce di interessi). Chiamiamo capitale produttivo il primo, nel senso di valore impiegato nella produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, che assume quindi ad un certo punto le vesti del processo lavorativo e dei beni che vi entrano e ne escono con il carattere di merci. Chiamiamo capitale monetario il secondo perché il valore che gli corrisponde permane sempre nella veste di denaro.

Quando, nella seconda metà del secolo scorso, le prime società borghesi arrivano ad un certo livello del loro sviluppo, il capitale produttivo si distacca più che gli è possibile dalla sua veste produttiva, si avvicina sempre più al capitale monetario. Esso esce per così dire dalla sua veste e si riversa nel capitale monetario formando con esso un tutt’uno. Il modo di produzione capitalista passa dalla fase imperialista alla fase imperialista. Chiamiamo capitale finanziario il risultato della fusione.(12) A questo punto l'accumulazione del capitale produttivo e l'accumulazione del capitati monetario diventano l' unica accumulazione del capitale finanziario.

 

12. Il capitale produttivo si fonde col capitale monetario per un processo necessario generato dall'accumulazione del capitale. A questo processo concorrono da una parte le difficoltà crescenti che ostacolano l'ulteriore accumulazioni del capitale produttivo e dall'altra il caratteri sociale assunto dalle forze produttive. Non c soffermiamo qui su questo processo necessario di passaggio del capitale produttivo nel capitali monetario che genera il capitale finanziarie Esso è già stato illustrato anche in altri scritti comparsi in Rapporti Sociali.

Diciamo che il capitale produttivo entra ne capitale monetario (e non viceversa), anche si sono le banche e le altre istituzioni del capitali monetario che si impadroniscono delle imprese capitalistiche produttive (industriali, agricole commerciali, minerarie, di servizi, ecc.) e quindi entrano nei settori produttivi. Infatti il fatto rilevante non è quello istituzionale (quindi qual delle due istituzioni, banca o impresa produttiva, invade l'altra), ma il fatto che il processo i mosso dal capitale produttivo che, trovando difficile la sua ulteriore crescita come capitali produttivo, cerca di rendere meno stretto possibile il suo legame con l' abilità manifatturiera (i mestiere), con i macchinari, le attrezzature produttive e i lavoratori, assume le vesti più liquidi possibili, più vicine possibile a quelle di denari che già il capitale monetario possedeva comunica sua veste. È insomma il capitale produttivo che cambia pelle, cerca di uscire più che gli è possibile dalla sua incarnazione nel processi produttivo e di avvicinarsi il più possibile al su fratello nobile che nel frattempo è cresciuto dismisura e che rappresenta la condizione (i valore nella forma pura di denaro) cui egli stessi costantemente tendeva in ogni momento della sua peregrinazione nella valle di lacrime della produzione. È il capitale monetario che impone quindi le sue leggi nel nuovo sodalizio, perché il capitale produttivo che vuole (deve) diventar capitale monetario: le attrezzature produttive sono quotate non in base al loro valore, ma con capitalizzazione della massa di profitto che i capitalisti ne possono ricavare al tasso d'interesse corrente (un'impresa produttiva che da una massa di profitto di 50, se il tasso corrente di interessi è il 10%, è valutata 500). Il mondo compare esattamente rovesciato: non è il capitale produttivo che genera una massa di profitto da cui deriva l'interesse che alimenta il capitale monetario, ma è il capitale monetario che valuta col suo metro e a sua immagine il capitale produttivo e gli assegna il posto che gli spetta alla su corte; non è il capitale produttivo che si riversa nel capitale monetario, ma è il capitale moneta rio che prende in mano il capitale produttivo.

 

3. Le rappresentazioni feticistiche del rapporto di capitale e la loro accumulazione

 

Abbiamo fin qui visto che il capitale di conseguenza l'accumulazione do capitale è due cose in una.

 Da una parte il capitale, essendo un forma dell'attività produttiva degli uomini può al massimo espandersi fino ad inglobare tutta l'attività produttiva degli uomini a porre tutta la loro attività produttiva come pluslavoro, così come il colore di una cosa non può estendersi oltre la superficie della cosa.

Dall'altra parte il capitale assume ad un livello le vesti di merci, valori e denaro e a un altro livello le vesti di beni (prodotti dell'attività lavorativa). Nella produzione mercantile e nella produzione capitalista gli uomini hanno attuato ed attuano, in termini socialmente oggettivi,(13) quello che nell'ambito di religioni primitive gli uomini attuavano nella fantasia: le forze natura assumevano le vesti di oggetti (i feticci) gli uomini trattavano con questi oggetti intendendo trattare con quelle forze.

13. Socialmente oggettivi perché, nell'ambito della società capitalista e solo nell'ambito di essa, quei feticci sono effettivamente onnipotenti ed esclusivisti (l'onnipotenza del denaro un'amara esperienza comune di ogni membro della società capitalista così come la disperata necessità di esso). Nessuno individuo si può sottrarre al loro potere né può fare ameno di essi. D'altra parte quegli stessi feticci perdono ogni loro potere se per qualsiasi motivo si trovano al di fuori del loro ambiente, la società capitalista. Essi si ritrovano allora ricondotti alla loro natura materiale. Su questo argomento si veda anche questo numero di Rapporti Sociali, p. 17, l’articolo Tre questioni.

 

Se spogliamo il capitale produttivo dalle sue vesti feticistiche (merci, valori, denaro e beni), compare chiaramente il limite assoluto dell'espansione della produzione nella forma capitalista (dell'accumulazione del capitale).

Se invece trascuriamo la reale natura del capitale e consideriamo solo le sue vesti feticistiche, ci imbattiamo nel fatto che queste possono moltiplicarsi illimitatamente. In particolare il denaro, potere di comando su lavoro altrui, da quando hanno avuto un certo successo i suoi sforzi per liberarsi dalla sua incarnazione nei metalli nobili (oro, argento, ecc.) e più in generale dall'unione con un qualche valore d'uso (il denaro cessa cioè di essere un particolare ruolo sociale svolto da uno dei beni prodotti come merci), può quasi illimitatamente aggiungersi a denaro e moltiplicarsi quasi libero da vincoli. Se ci limitiamo alle sue vesti feticistiche, pare che l'accumulazione del capitale possa procedere illimitatamente. L'accumulazione del capitale diventa ancora più libera di procedere illimitatamente nella forma particolarmente economica e-poco ingombrante, si potrebbe dire “spirituale” e “soggettiva”, di crescita di scritture bancarie, crescita della quantità di denaro registrato nei libri o dischi contabili delle banche, sicché pare che le scritture contabili delle banche abbiano finalmente raggiunto quel potere di modificare la realtà che le formule magiche avevano solo nella fantasia.(14) Anche l'accumulazione del capitale come crescita di titoli finanziari, cioè di foglietti di carta recanti la dichiarazione certificata di determinati diritti, non è molto più onerosa né soggetta a maggiori limitazioni, salvo il maggiore pericolo di deterioramento, smarrimento e furto. Perfino l'accumulazione del capitale come crescita della massa di merci e di valori (scorte di materie prime poco deperibili) benché più onerosa e ingombrante e più soggetta a pericoli di deterioramento e furto e variazione del valore, pare poter procedere senza che si possa scorgere orizzonte che la limiti.

 

14. Il meccanismo di moltiplicazione illimitata del denaro è illustrato in questo numero di Rapporti Sociali, p. 30 e 31, nella scheda La moltiplicazione del denaro.

 

L'accumulazione illimitata, la crescita illimitata è del resto l'esperienza immediata di ogni singolo capitalista e di  conseguenza la coscienza diffusa, comune. Per ogni capitalista l'accumulazione del capitale è realizzata quando è riuscito a trasformare la merce prodotta in denaro ed ha quindi felicemente percorso il cammino D - M - Lavorazione - M' - D'. La situazione è per esso ancora migliore se il cammino può abbreviarsi in D - D' (denaro - più denaro) e può quindi realizzarsi anche solo con denaro, senza “sporcarsi” in attività produttive.

Questa coscienza borghese è confortata e sostenuta dal grande sviluppo raggiunto

- dalla proprietà mobiliare a reddito fisso e “liquida”(15) che garantisce un incremento del denaro investito: azioni privilegiate, obbligazioni, titoli di Debito Pubblico, certificati di deposito, depositi bancari, polizze assicurative, ecc.;

- dalla massa di titoli finanziari in generale (a reddito fisso e no) che registra aumenti, in certi periodi perfino vertiginosi, della capitalizzazione di Borsa, la cui quotazione è entro ampi margini manovrabile dalle Autorità Monetarie con operazioni di mercato aperto, con la manovra sul tasso di sconto e con la variazione della disponibilità di denaro.(16)

 

15. Liquida nel senso che è trasformabile direttamente in denaro, quindi è quasi-denaro. I liquidità della proprietà mobiliare deriva d fatto che essa è oggetto di un mercato che rende in ogni momento convertibile in denaro un prezzo universalmente definito, senza che esso debba essere contrattato tra il singolo venditore e compratore e caso per caso. Ovviamente te sono liquide solo quelle proprietà mobiliari, quei titoli, di cui esiste un mercato continuamente attivo.

 

16. Capitalizzazione di Borsa è la somma a prodotti del prezzo corrente di ogni titolo finanziario per la quantità emessa dello stesso titolo.

Operazioni di mercato aperto sono detti gli interventi delle Autorità Monetarie a comperar o vendere titoli finanziari, interventi operati allo scopo rispettivamente di aumentare o diminuir la massa di denaro in circolazione o di no lasciare calare o non lasciare aumentare il prezzo di titoli finanziari.

Quando le Autorità Monetarie diminuiscono il tasso di sconto (l'interesse che deve pagare cl ricorre ad esse per avere prestiti), diminuiscono di conseguenza gli interessi che deve pagare chi ricorre al prestito e l'interesse pagato dalle banche a chi deposita denaro, aumenta quindi la convenienza sia a prendere denaro a prestito sia a usare il proprio denaro per comperare titoli finanziari, aumenta quindi la domanda di questi e aumenta quindi il loro prezzo. Quando l’Autorità Monetarie aumentano il tasso di sconti ha l'effetto opposto.

 

Ambedue i fenomeni sembrano assicurare una crescita illimitata del denaro posseduto. In Italia i titoli del Debito Pubblico raggiungono da soli la somma di circa un milione di miliardi di lire (pari circa al prodotto interno lordo - PIL - come valutato dall'ISTAT) e assicurano annualmente un aumento di circa centomila miliardi di I ire del denaro posseduto dai creditori dello Stato.

 

A cavallo della Seconda Guerra Mondiale la borghesia imperialista dei maggiori paesi e i suoi Stati hanno creato una serie di istituzioni che hanno aperto la via per una moltiplicazione del denaro e dei titoli di credito ad alta liquidità:(17)

- la creazione in ogni paese di un sistema bancario unificato diretto da una Banca Centrale diretta a sua volta dallo Stato;

- la generalizzazione delle banconote come denaro legale;(18)

- la sterilizzazione dell’oro;(19)

 - l'impegno, assunto contrattualmente dai maggiori Stati, di far regolare ai residenti il saldo dei pagamenti con l'estero in banconote o accrediti bancari (convertibilità delle valute).

 

17. Sull'argomento vedasi il capitolo Il denaro soggettivo in Rapporti Sociali n. 4, p. 22 e segg.

 

18. Il denaro legale è quello in cui devono per legge essere denominati i contratti, a fronte di cui devono essere vendute le merci e con cui sono legalmente soddisfatti gli obblighi di pagamento (affitti, imposte, pensioni, rendite, ecc.) nell'ambito dei confini statali.

 

19. La sterilizzazione dell'oro consegue dal divieto imposto per legge di stipulare contratti che prevedono il pagamento in oro (la cosiddetta clausola aurea) e di richiedere oro in cambio di merci e a soddisfazione di obblighi di pagamento (affitti, imposte, pensioni, rendite, ecc.). Sull'argomento vedasi il capitolo Il denaro soggettivo in Rapporti Sociali n. 4, p. 22 e segg.

 

La moltiplicazione del denaro e dei titoli finanziari cui queste istituzioni hanno dato il via non ha trovato finora ostacoli insormontabili. Il denaro e i titoli finanziari in cui si rappresenta il capitale si sono di fatto moltiplicati in modo gigantesco. Si è cioè creata una massa enorme di denaro (di titoli finanziari trasformabili in denaro) che non comanda né lavoro passato né lavoro presente, ma viene moltiplicata annualmente e ha in ciò la sua vita. E questo sembra contrastare con la pretesa che l'accumulazione di capitale abbia limiti.

 

Da tutto ciò pare che le vesti feticistiche del capitale possano crescere illimitatamente, che stiano crescendo illimitatamente e che ciò soddisfi il bisogno di crescita, di accumulazione che è un connotato intrinseco del rapporto di produzione capitalista e renda quindi possibile a tempo indeterminato la vita del modo di produzione capitalista. Ma uno dei sintomi costanti di crisi è proprio la crescita della massa di denaro e di titoli finanziari ad un ritmo via via più rapido del ritmo a cui cresce il valore che percorre il ciclo denaro - merci - lavorazione - nuove merci - più denaro, cioè del denaro impiegato come capitale nel processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, che abbiamo chiamato capitale produttivo. Tutti le crisi nella fase imperiali sta sono state accompagnate e segnalate proprio da questi aumento. Il capitale che non può, per i pi vari motivi, crescere moltiplicandosi nel processo produttivo trova a tutta prima una valvola di sfogo della sua necessità di crescere, nel moltiplicarsi dei titoli finanziari e del denaro. Le trasformazione strutturali ed istituzionali sopra accenna rendono ora più ampio e prolungato il ricorso a tale sfogo e modificano, non sappiamo ancora come, i modi e i tempi in cui questi sfogo cessa di essere tale e la massa denaro creata si riversa sul processo produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza sconvolgendola(20) Infatti una delle caratteristiche strutturali della massa di capitale-denaro nel cui crescita si è trasfigurata l'accumulazione ne del capitale, è di essere unita da mille fili al capitale produttivo e in nulla distingua le dal denaro in quanto veste provvisoria del capitale produttivo. Né tale unità potrebbe essere tolta se non con mezzi traumatici e con effetti traumatici, ledendo interessi costituiti della stessa classe dominante.

20. Ci ripromettiamo di ritornare su questo punto, per esporre quali sono i meccanismi storicamente verificati attraverso i quali la massa di titoli finanziari può trovarsi nella condizione di sconvolgere il processo produttivo e fare precipitare traumaticamente la crisi.

  

 

Il limite all'accumulazione, quindi la sovrapproduzione di capitale, non nasce come impossibilità di realizzare il plusvalore prodotto, ma come impossibilità di produrre una massa crescente di plusvalore. Solo in seconda istanza si crea un problema di realizzazione: l'impossibilità di allargare la produzione capitalista determina una domanda insufficiente per le merci via via prodotte. La sovrapproduzione di merci sorge in questo caso come effetto della sovrapproduzione di capitale.

 

 

4. Il carattere relativo della sovrapproduzione assoluta di capitale

 

Siamo quindi ricondotti alla possibilità di crescita del capitale produttivo.

E' ovvia la constatazione

- che la produzione capitalista non si è estesa a tutto il mondo, in particolare ancora oggi (a parte i paesi socialisti) una buona parte della popolazione dei paesi del Terzo Mondo non è stata mai sussunta neanche formalmente nel modo di produzione capitalista; il modo di produzione capitalista dominante a livello mondiale condiziona e sconvolge il processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza di queste popolazioni, perché ha tolto le condizioni della stabilità del processo preesistente, ma non ha ancora sviluppato al suo posto la forma capitalista di esso;(21)

- che perfino nei paesi capitalisti di vecchia data una frazione delle attività produttive umane è a tutt’oggi non sussunta nel capitale; basti pensare alla vasta area di piccola produzione mercantile (imprese familiari) nella distribuzione al dettaglio, nel trasporto, nell'agricoltura e nella produzione di manufatti, area che vive ai margini della produzione capitalista e ne occupa gli spazi lasciati vuoti, in misura tale da caratterizzare intere e vaste zone dei paesi capitalisti (in Italia gran parte del Mezzogiorno);

- che una frazione vasta delle forze produttive potenziali sono lasciate inoperose, a livello mondiale e nei paesi capitalisti stessi; anzi, quest'ultimo è un aspetto proprio della crisi economica e cresce con l'approfondirsi di essa. Il capitale stesso pone fuori gioco, lascia inoperose forze produttive che ha soggiogato (capacità lavorativa umana, esperienze e conoscenze impiegabili nel processo lavorativo, utensili, macchine, impianti e installazioni usabili nel processo lavorativo, infrastrutture sociali usabili a fini produttivi). La necessità per le società borghesi di un “esercito industriale di riserva” (di una folla di lavoratori disoccupati) è la espressione più plateale di questo aspetto della natura del rapporto di capitale. Altrettanto significativa è la necessità per il capitale di aumentare i salari almeno di una parte dei suoi lavoratori per assicurarsene la fedeltà (e quindi di diminuire il plusvalore). Ogni volta che l'espansione della produzione capitalista si avvicina al suo limite, essa “rifugge da esso”, si ritrae da esso ed espelle una parte delle forze produttive già inglobate (l'esercito industriale di riserva, il decentramento delle produzioni ausiliarie a piccole imprese, il decentramento di alcune lavorazioni in unità a più bassa composizione organica e a forze produttive più arretrate, ecc.).

21. Su questo punto velasi Rapporti Sociali n. 2, p. 17 e 18.

La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale non vuole quindi dire che il capitale ha sussunto tutte le forze produttive ipotizzabili come tali in astratto (ossia, in questo caso, secondo criteri arbitrari) e le fa funzionare.(22) Questa constatazione porta taluni a ritenere ininfluente nella storia svoltasi finora il limite assoluto dell'accumulazione del capitale sopra indicato.

 

22. Un bambino di 4 anni era una forza produttiva, nell'industria mineraria inglese del secolo corso, non lo è più oggi. Potremmo moltiplicare gli esempi di come le leggi, le abitudini e altre concrete condizioni della società entrino a determinare il campo delle forze produttive che concretamente sono sussumibili dal capitale.

 

La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale si ha quando il capitale ha sussunto tutta la forza-lavoro che nel concreto contesto sociale può sussumere ed ha aumentato il plusvalore quanto nel concreto contesto sociale può aumentarlo. A quel punto nel movimento economico della società borghese diventano predominanti gli ostacoli alla ulteriore espansione e ogni passo in avanti compiuto dall'espansione genera degli effetti tali che compromettono lo svolgimento equilibrato del processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza (e quello di valorizzazione del capitale che ne è la forma). Per cui a questo punto al capitale è nefasto sia lo star fermo sia il procedere oltre.

Proprio perché il capitale non è una cosa, ma è un rapporto tra gli uomini nell'ambito della produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, sia la strada della espansione del capitale ad attività produttive ancora non capitaliste e della messa al lavoro di forze produttive non ancora mobilitate (la strada della sussunzione formale), sia la strada della riduzione a zero del lavoro necessario (la strada del pluslavoro relativo) sono strade che il capitale può percorrere solo mediando con le condizioni concrete che esso si trova di fronte.

Sia l'espansione in superficie del capitale che la sua espansione in profondità devono fare i conti in ogni situazione concreta con le forze che nella concreta situazione si levano contro il capitale. Il limite assoluto che l'espansione della produzione capitalista ha di fatto più volte incontrato non è né il genere umano né la superficie del pianeta, ma la parte della popolazione e della terra che è concretamente aperta all'espansione del capitale. Quando diciamo “concretamente aperta” vogliamo dire che gli ordinamenti e i rapporti vigenti nella società sono tali che permettono l'espansione del capitale.

Il limite assoluto all'espansione della produzione capitalista è in realtà relativo alle esistenti condizioni con cui l'espansione storicamente si confronta. Quello di cui si tratta qui è appunto la capacità della società borghese di eliminare pacificamente, nell'ambito delle sue proprie istituzioni e con le modalità di movimento suoi propri, gli ostacoli che concretamente, nella determinata situazione storica, si frappongono alla sua espansione. Ogni situazione storica pone un limite all'espansione del capitale ed è di questo limite che trattiamo, perché trattiamo del limite posto all'espansione del capitale nella concreta situazione.

Quando i limiti storicamente posti all'accumulazione del capitale stante il contesto sociale esistente vengono raggiunti, il capitale entra in una crisi di sovrapproduzione. Esso può riprendersi dalla crisi solo se spezza almeno una parte degli ostacoli alla sua ulteriore espansione e conquista in questo modo un nuovo campo di sviluppo in cui poter crescere.

Quando il capitale arriva nella sua espansione ad un certo livello, si generano inevitabilmente una serie di resistenze ed ostacoli alla sua ulteriore espansione, resistenze ed ostacoli che non possono essere superati pacificamente, con metodi economici e con mezzi normali. Il capitale deve aprirsi la strada con le armi e in ciò sta la connessione necessaria tra accumulazione del capitale e guerra.

 

 La storia passata ci offre numerosi esempi di processi del genere.

- E' vero che nel secolo scorso le merci inglesi soggiogarono, sfruttarono e sovvertirono le popolazioni dell'India in maniera ben più capillare e radicale di quanto avrebbe potuto farlo il più potente degli eserciti invasori; ma è altrettanto vero che quelle merci non sarebbero mai entrate in India se un potente esercito non avesse aperto loro la strada.

- Le società borghesi uscirono dalla lunga crisi del periodo 1873 - 1896 conquistando il resto della terra, soggiogando il resto del mondo e aprendolo in una certa misura all'espansione del capitale.

- Il Giappone e la Cina furono aperte all'espansione capitalista dalle cannoniere delle potenze borghesi.

- Le due guerre mondiali distrussero l'Europa e sovvertirono gli ordinamenti delle società coloniali. Proprio in questo modo crearono un nuovo campo di espansione del capitale in Europa e aprirono le ex colonie all'espansione in esse della produzione capitalista.

 

La crisi di sovrapproduzione di capitale si pone attualmente nei termini seguenti.

- Il campo di espansione del capitale aperto alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale si è esaurito. La stabilità politica in Europa e negli USA pone grossi ostacoli all'aumento del plusvalore relativo.

- Il Terzo Mondo pone grossi ostacoli alla creazione sul posto di un rapporto commerciale e di un rapporto di produzione capitalista. L'ostacolo maggiore è proprio la dominazione imperialista che genera una borghesia compradora locale i cui membri si trasformano in rentiers delle istituzioni finanziarie imperialiste anziché in industriali e che non ha alcuna possibilità di mobilitare le masse per la trasformazione del processo produttivo. A ciò si aggiungono le espressioni dei conseguenti movimenti rivoluzionari antimperialisti e la relativa indipendenza politica. Nazionalizzazioni, espropri, eliminazione delle preesistenti condizioni di sopravvivenza, subordinazione al mercato capitalista mondiale che soffre di sovrapproduzione di merci (generata dalla sovrapproduzione di capitale), ecc. si combinano a costituire un ostacolo che il capitale non può abbattere con mezzi economici e rendono la rivoluzione politica premessa necessaria anche di uno sviluppo capitalistico.

- Il distacco dell'Unione Sovietica e dei paesi socialisti dell'Europa Orientale dal mercato e dal sistema capitalistico mondiale ha posto una barriera all'espansione del capitale. Il loro eventuale reingresso nel mercato e nel sistema capitalista mondiale aprirebbe un nuovo vasto campo all'espansione e per questo aspetto potrebbe essere un rimedio alla sovrapproduzione di capitale per un nuovo lungo periodo. Essi rappresenterebbero circa 150 milioni di potenziali lavoratori da sussumere nel capitale.(23) Resta però il problema reale, non economico e ancora tutt'altro che risolto, di ricondurre alla schiavitù salariata i lavoratori di questi paesi distruggendo tutte le conquiste del socialismo: i revisionisti moderni in quasi quarant'anni di direzione non ci sono ancora riusciti.

23. Il ruolo della Cina è diverso da quello del l'Unione Sovietica e dei paesi socialisti dell' Europa Orientale. E' tuttavia evidente già dagli eventi dei dieci anni di predominio dei revisionisti moderni nella Repubblica Popolare Cinese che, nonostante l'entusiastico appoggio che la borghesia imperialista ha accordato a Teng, un processo di sviluppo capitalistico in Cina deve ancora aprirsi la strada, ammesso che possa aprirsela!

 

5. La comprensione del problema dei limiti posti all'espansione del modo di produzione capitalista.

 

Quando in Europa le prime società borghesi si avviavano già verso il loro apogeo Marx indicò chiaramente, ri costruendo attraverso una vasta analisi il processo genetico e lo sviluppo del capitale nella forma di concatenazione genetica delle determina azioni del concetto di capitale, che il modi di produzione capitalista è un modo di produzione storicamente limitato, che esso doveva per forza di cose essere superato ed indicò anche le forze, create dallo stesso capitale, che avrebbero dato testa e gambe (personificazione) al suo superamento: la classe operaia.

 

La sensazione che l'accumulazione de capitale aveva raggiunto il limite massi mo della sua crescita si diffuse ampia mente tra i socialisti nel periodo a cavalli tra la fine del secolo XIX e l'inizio de secolo XX. Vari teorici socialisti cercarono di tradurre in conoscenza scientifici questa sensazione. I loro sforzi al riguardi si manifestarono come dibattito attorno alt comprensione della natura dell'imperialismo e delle caratteristiche della società chi si veniva formando.

 

Rosa Luxemburg dedicò al problema l'imponente opera L'accumulazione de capitale. Ella però spiegò il limite dell' accumulazione del capitale come difficoltà crescenti poste alla realizzazione (cioè ali trasformazione delle merci prodotte in denaro) man mano che il modo di produzioni capitalista si espandeva nel mondo. Sosteneva che i capitalisti potevano realizzare h quota di merci corrispondente al pluslavoro (plusvalore) solo vendendole a possessori di denaro non capitalisti. Di conseguenza sosteneva che l'imperialismo era la lotta sempre più accanita e all'ultimo sangue dei capitalisti attorno ai residui del mondo non capitalista come mercato per le loro merci.

 

Bukharin e Lenin ebbero buon gioco nel dimostrare che i capitalisti potevano essere il mercato per i capitalisti stessi, che quindi non si poneva il problema della impossibilità della realizzazione. In questo essi ripresero ed usarono gli schemi di riproduzione allargata di una società interamente capitalista sviluppati da Marx nel Libro 2° di Il capitale. Se i capitalisti hanno un livello di investimenti adeguato al livello raggiunto dall'accumulazione, essi in effetti possono costituire il mercato sufficiente alla vendita delle merci prodotte in cui è incarnato tutto il capitale produttivo fino a quel punto accumulato.

 

Lenin mostrò in L'imperialismo, fase suprema del capitalismo e in interventi successivi(24) che l'imperialismo è una sovrastruttura necessariamente sviluppata dal capitalismo come conseguenza dell'accumulazione, della concentrazione e della centralizzazione del capitale.

 

24. Particolarmente importanti sono le tesi che Lenin espresse al VIII congresso del Partito Comunista Russo (bolscevico), (Opere, vol. 29)

 

Il limite all'accumulazione, quindi la sovrapproduzione di capitale, infatti non nasce come impossibilità di realizzare il plusvalore prodotto, ma come impossibilità di produrre una massa crescente di plusvalore. Solo in seconda istanza si crea un problema di realizzazione: l'impossibilità di allargare la produzione capitalista determina una domanda insufficiente per le merci via via prodotte. La sovrapproduzione di merci sorge in questo caso come effetto della sovrapproduzione di capitale.

 

Da allora una crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale ha avuto tutto il suo corso e ha trovato la sua solu zione sconvolgendo per alcuni decenni tutta l'umanità. Un immenso cumulo di esperienze ci permettono, se analizzate, di raggiungere una comprensione più alta della natura della crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale e quindi dell'attuale movimento economico e politico della società.

La sostanza economica della storia dell’umanità in questo secolo è la crisi per sovrapproduzione di capitale e il combinarsi della lotta della borghesia per trovare ulteriori margini di accumulazione e della lotta del proletariato per passare al socialismo. Senza la comprensione di questa sostanza economica, è impossibile la comprensione dei processi politici di questo secolo ed è impossibile la soluzione dei problemi pratici che stanno di fronte ai comunisti.