Lo Stato italiano della borghesia imperialista dopo il 1945

Rapporti Sociali n. 14-15,  inverno - primavera 1994 (versione Open Office / versione MSWord )

 

L’attuale Stato italiano è stato ricomposto dopo la seconda guerra mondiale, sostanzialmente ricomponendo le istituzioni del vecchio Stato che si erano decomposte l’8 settembre del 1943 e nei due anni successivi.

Quanto al contenuto, il nuovo Stato era uno Stato della borghesia imperialista, l’organo della dittatura della borghesia imperialista nel nostro paese. Quanto alla forma, esso aveva il suo nucleo forte interno al paese nel Vaticano e nella Chiesa cattolica ed esterno al paese nello Stato USA (direttamente e attraverso la NATO).

Obiettivi, compiti e metodi del nuovo Stato rimasero per l’aspetto principale eguali a quelli dello Stato precedente (ristabilire e mantenere il dominio della borghesia imperialista) e per l’aspetto secondario diversi (adeguati alla nuova situazione economica e politica determinata dalla fine della prima crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale e dai successi conseguiti dalla rivoluzione proletaria mondiale).

Le sue strutture vennero costituite con il concorso

- della borghesia imperialista in gran parte del nord (quel “partito che non ha voti, ma che ha i soldi e quindi senza il quale non si può governare” di cui parlava nel 1946 De Gasperi riferendosi al regime che stava creando),

- del Vaticano che le vicende culminate nell’8 settembre 1943 non avevano intaccato, anche grazie alle fonti internazionali della sua potenza,

- degli agrari del meridione ai quali, nelle zone in cui avevano potenza economica e forza politica come ad esempio la Sicilia, venne assicurata libertà d’azione sul campo e appoggio dello Stato in cambio della loro collaborazione a livello nazionale. Da quest’ultima componente ha origine quello che oggi è “Cosa nostra” con il suo ruolo politico che, per motivi di cui occorre domandarsi la natura, viene scoperto oggi. La collaborazione degli agrari con lo Stato volle dire collocazione nello Stato (come forze militari extralegali) della loro milizia (la mafia). Quando (tra gli anni ’50 e ’60) a causa dei processi economici generali il feudo e la proprietà agraria persero importanza economica e politica, quella stessa struttura militare extralegale passò alle città (dapprima ai mercati generali poi ai suoli urbani), quindi tra gli anni ’70 e ’80 si trasferì nell’apparato statale e nei grandi affari internazionali della droga, del traffico d’armi, del terrorismo di stato, dei traffici finanziari. Alla borghesia del nord fa comodo dire che la mafia ha invaso l’Italia e ne ha condizionato il movimento economico e politico. In realtà, oltre a essersi mantenuti negli anni ’50 grazie all’appoggio della borghesia del nord, negli anni ’70 e ’80 gli esponenti mafiosi non fecero che imitare, con i loro mezzi culturali e materiali, ciò che stava facendo la grande borghesia del nord, il “modello FIAT” e del capitalismo monopolistico di Stato: lo stretto intreccio dell’iniziativa economica privata con l’amministrazione e la politica statale, degli affari con la politica. Da qui appropriazione del denaro pubblico (tangentopoli), grandi traffici internazionali occulti (armi, droga, ecc.), grandi speculazioni finanziarie. Insomma Liggio e Riina sono andati a scuola da Agnelli. Componente fondamentale che prima ha presieduto alla costituzione del nuovo Stato italiano nel 1943 e poi ha condizionato il funzionamento delle sue istituzioni e la composizione dei suoi gruppi dirigenti è lo Stato USA, direttamente e attraverso la NATO.

Il movimento dello Stato italiano dal 1943 a oggi non può essere compreso se non si tiene conto

1. di un attore specifico, peculiarmente italiano: il Vaticano;

2. di un attore esterno: lo Stato USA.

L’attività di quest’ultimo nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale si è esplicata in vari paesi come azione politica, cioè come capacità di intervenire nella formazione, nella selezione e nel funzionamento dei gruppi dirigenti degli Stati dei vari paesi e delle singole istituzioni (nulla osta NATO per accedere a certe funzioni: nomenklatura NATO, dipendenza diretta dagli USA di alcuni apparati, attività dirette di controllo USA sul territorio e sul mondo politico, car riere che si facevano e si disfacevano a Washington).

Questa è quella che si chiama forza politica dell’imperialismo USA, che, come si vede, non si riduce alla forza militare se non come a suo strumento residuale (di ultima istanza, quando gli altri strumenti non bastano più); forza politica che l’indebolimento economico dell’imperialismo USA ha ridotto, ma non eliminato; essa viene sempre più in primo piano quanto meno i gruppi imperialisti USA possono contare sulla loro preminenza finanziaria, commerciale e tecnologica. Riassumendo: dove la forza economica non è più sufficiente cresce il ruolo della forza politica (che è tuttavia destinata a logorarsi) e dell’ultima risorsa della forza politica, la forza militare. Su questo vedasi Rapporti Sociali n. 4, pag. 26 - 31.