Comprendere il movimento politico del nostro paese!

Rapporti Sociali n. 14-15,  inverno - primavera 1994 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Il Vaticano (il Papato) è contemporaneamente un grande gruppo imperialista di tipo particolare (cioè con importanti tratti specifici solo suoi) e un'importante forza politica nel mondo e, a maggior ragione, in Italia.(1)

Per un verso fa parte di un gruppo di istituzioni sopravvissute alla fine dell'epoca feudale e assimilate dalla borghesia imperialista, come la mafia siciliana, la massoneria, alcuni ordini religiosi, alcune sette islamiche (es. quella dell'Aga Khan) ed ebraiche, la monarchia saudita, ecc. Per altri versi il Vaticano è affine ad altri gruppi imperialisti moderni che combinano un impero di livello mondiale di partecipazioni finanziarie e di proprietà immobiliari con la direzione di un certo numero di fedeli sparsi in varie parti del mondo e cittadini di vari Stati, riscuotono da essi tasse (donazioni, offerte, ecc.) ed esigono obbedienza e prestazioni personali. Tali sono, ad esempio, le moderne sette religiose per lo più con centro negli USA come quella del rev. Moon.

 

1. In realtà Vaticano e Papato non coincidono: il Papato come istituzione di potere esiste per tutta l’epoca feudale della storia europea e fino ai nostri giorni. Il Vaticano esiste come istituzione e come Stato solo dal 1929, a seguito degli accordi stipulati tra il governo di Mussolini e il Papato (Patto del Laterano e Concordato).

 

Con le risorse economiche di cui dispone, sparse in vari paesi del mondo e svariate come tipo, il Vaticano mantiene al suo servizio un'enorme e collaudata struttura ideologica, diplomatica e di raccolta di informazioni e dispone di un'enorme quantità di strumenti per intervenire nella formazione, nell'orientamento e nell'organizzazione delle classi dominanti di un gran numero di paesi. Questa potenza politica internazionale ha il suo centro nel nostro paese ed è la cellula attorno a cui negli anni 1943-1947 si è costruito il regime della borghesia imperialista che ha governato per quasi cinquant’ anni il nostro paese.

La Chiesa cattolica italiana è una istituzione all'incirca 90 diocesi, 20 mila parrocchie, alcune centinaia di migliaia di dipendenti (persone il cui reddito dipende dalla loro funzione nella Chiesa stessa: preti secolari, frati e preti di ordini e congregazioni religiosi, suore), una rete di opere pie e di associazioni, una propria struttura finanziaria (raccolta di contribuzioni, finanziamenti statali, proprietà immobiliari, proprietà finanziarie, attività economiche), alcuni milioni di seguaci (praticanti e contribuenti). Essa è nel nostro paese una forza politica di prim’ordine, un partito politico con caratterisiche particolari che la distinguono dai partiti “moderni”. La Chiesa cattolica italiana ha con il Vaticano un rapporto particolare, diverso da quello delle Chiese cattoliche di altri paesi. Tuttavia è distinta dal Vaticano, ha una sua propria coesione, struttura, direzione e sistema finanziario. I rapporti tra essa e il Vaticano, i rapporti tra le sue parti costitutive istituzionali e i rapporti tra queste e i suoi seguaci costituiscono altrettanti problemi politici.

Sia il Vaticano, sia la Chiesa cattolica italiana sono organicamente forze politiche della borghesia imperialista perché sono, oltre che forze politiche, gruppi imperialisti: consorzi, holdings, federazioni di gruppi imperialisti (con grandi proprietà immobiliari e finanziarie). La particolarità del periodo 1947-1993 sta nel fatto che durante questo periodo essi sono stati in Italia la principale forza politica che ha impersonato la volontà generale della borghesia imperialista: sono stati in Italia l’espressione politica di tutta la borghesia imperialista, nonostante la perenne contraddittorietà del rapporto tra i gruppi imperialisti. Nel periodo 1947-1993 essi hanno svolto un ruolo che non avevano mai svolto precedentemente.

 

Occorre distinguere nettamente la religiosità delle masse e la religione (le credenze, i riti, gli atti di culto, le pratiche  religiose, ecc.) che ne è l’espressione, dalla Chiesa cattolica e dal Vaticano. La religiosità delle masse popolari italiane non si identifica necessariamente né con la Chiesa cattolica né con il Vaticano, anzi più volte in più parti in questi ultimi decenni è diventata conflittuale con essi. Si vedano ad es. i casi dell’Isolotto di don Mazzi (Firenze), della comunità di San Paolo di don Franzoni (Roma), di padre Balducci (Firenze), le “sette” e le altre chiese in rapida crescita. Vaticano, Chiesa cattolica e religiosità delle masse costituiscono tre problemi che ai fini della lotta per la rivoluzione socialista sono distinti, nonostante le relazioni esistenti tra loro.

Nel nostro paese il movimento comunista ha una storia sia di relazioni con la religiosità delle masse sia di relazioni con la Chiesa cattolica e il Vaticano.

I revisionisti moderni (Togliatti, Berlinguer, ecc.) hanno in larga misura confuso i due tipi di relazioni.. Ma trasformare la relazione con la Chiesa cattolica e con il Vaticano nella relazione con la religiosità delle masse è un modo per “arrendersi” al Vaticano e alla Chiesa cattolica, quindi alla borghesia imperialista. Infatti noi comunisti dobbiamo rispettare e tutelare la religiosità delle masse, così come tuteliamo e rispettiamo tutti i bisogni materiali e spirituali delle masse. La religione è una delle espressioni ideali della condizione umana, una forma della coscienza delle masse che come le altre forme (ad es. l’arte) non scompaiono, ma si trasformano nel corso del movimento pratico. Al contrario il Vaticano e la Chiesa cattolica sono forze politiche e gruppi economici appartenenti al campo della borghesia imperialista e quindi, come tali, scompariranno assieme al resto della borghesia imperialista.

 

Su questo tema ci pare importante precisare due punti.

 

1. La relazione tra Vaticano-Chiesa cattolica, religione cattolica, regime DC (1947-1993).

La forza politica dei regime economico-sociale del nostro paese in quel periodo (e della sua principale espressione politica, la combinazione Chiesa cattolica-Vaticano) è derivata dal fatto che esso "dava da mangiare ai corpi", che ha governato il paese in un'epoca di generale stabilità dei regimi politici di tutti i paesi imperialisti (il periodo dei "capitalismo dal volto umano"). La cultura borghese di sinistra, idealista, ha invece sostenuto che la stabilità dei regime era dovuta alla sua forza politica (Chiesa cattolica-Vaticano) e al suo risvolto ideale, la religione cattolica (ma come spiegano la stabilità del sistema di relazioni politiche internazionali e il fatto che in quel periodo i regimi politici sono stati stabili in tutti i paesi imperialisti, salvo che, per particolari motivi, in Francia?). Con questo Togliatti e poi Berlinguer giustificarono la resa del PCI alla DC e la collaborazione con essa. In realtà la religiosità e la religione nelle masse popolari italiane in altri periodi sono state ben più forti che negli ultimi quaranta anni, senza che a ciò corrispondesse né un ruolo politico così importante della Chiesa cattolica e del Vaticano né un regime economico-politico così stabile. Sembra che in questi ultimi anni la religiosità delle masse sia in aumento, mentre la forza politica della Chiesa cattolica e del Vaticano è in declino. A meno che Chiesa cattolica e Vaticano, giovandosi della loro attuale forza, riescano a diventare promotori di una corrente vincente della mobilitazione reazionaria delle masse, cioè a riciclarsi come partito "nuovo" della borghesia imperialista, la loro attuale forza è destinata a diminuire ulteriormente.

 

2. La religione e la lotta per il comunismo.

Alcuni compagni assumono in modo dogmatico la tesi di K. Marx che la religione "è l'oppio del popolo". Marx enunciò questa tesi nell’articolo Per la critica della filosofia del diritto di Hegel pubblicato nel 1844 nei Deutsch-Französische Jahrbücher. Quella tesi si riferiva al ruolo della religione nella lotta politica e culturale della Germania dell'epoca, in cui la religione era l'espressione culturale, a livello popolare, del partito della reazione. Di certo

Le attuali forze soggettive della rivoluzione socialista (FSRS) devono impersonare la classe operaia che lotta per il potere, cioè i suoi rapporti di unità e di lotta con tutte le altre classi del paese. A questo fine esse devono anzitutto fare ogni sforzo per raggiungere una chiara comprensione del movimento politico del nostro paese.

Il nostro attuale sforzo per comprendere il movimento politico del nostro paese quindi

- è un aspetto dello sforzo della classe operaia per porsi come classe dirigente, della classe operaia che lotta per affermare la sua direzione su tutte le masse popolari strappandola alla borghesia imperialista;

- è un’espressione dell’attuale “agire da partito” che ogni forza soggettiva della rivoluzione socialista deve proporsi.

Il nostro lavoro per la comprensione del movimento politico del nostro paese come lavoro sistematico incomincia solo ora. Perciò non dobbiamo pretendere di avanzare subito delle tesi. Dobbiamo invece raccogliere materiali, imparare a selezionare il vero dal falso, analizzarli, cercare le connessioni dialettiche (le forme del movimento attraverso cui una cosa si trasforma in un’altra), verificare nell’iniziativa politica le nostre ipotesi, imparare a fare tutto ciò sempre meglio. Dobbiamo essere consapevoli che iniziamo ora a costruire la nostra conoscenza del movimento politico della nostra società e che per questa costruzione ci vorrà del tempo.

Noi iniziamo ora un processo della conoscenza nel senso più ampio dell’espressione.(1) Esso è contemporaneamente un processo teorico e un processo pratico, è conoscenza del movimento politico e iniziativa politica. È il processo della costruzione della direzione della classe operaia nella resistenza delle masse popolari al procedere della crisi. Il processo teorico ci permetterà di prendere iniziative politiche, l’iniziativa politica ci permetterà di verificare, perfezionare e consolidare il processo teorico. Dirigere è indirizzare: naturalmente si può dirigere solo quello che già di per se stesso si muove. D’altra parte se dirigiamo bene quello che già di per se stesso si muove, il suo movimento si rafforza e si sviluppa e tutto quanto può mettersi in moto si mette in moto. Vi è una dialettica, un movimento di trasformazione tra il dirigere e il creare: la direzione diventa creazione e la creazione a sua volta diventa direzione a un livello più elevato. In generale è dirigendo ciò che già di per sé si muove che si suscita nuovo movimento, è convogliando i rivoli a comporre un fiume che si drenano le acque prima ristagnanti nell’alveo che esso si scava e così si crea un fiume più grande e si incanala una massa maggiore d’acqua.

 

1. Sul processo della conoscenza si veda Sulla pratica, vol. 5, Opere di Mao Tse-tung, pag. 169-181.

 

Ogni cosa può essere studiata da diversi punti di vista (un sasso interessa il geologo, il chimico, il muratore, il ragazzo dell’Intifada); ogni cosa può essere studiata da diverse classi; ogni cosa può essere studiata a diversi fini. La scelta di classe e il metodo (l’ideologia, il materialismo dialettico e storico) precedono e sovrintendono al nostro studio. Non possiamo studiare “alla pari” con chiunque: possiamo farlo “alla pari” solo con chi studia per realizzare il nostro stesso obiettivo (la direzione della classe operaia). Non si tratta di diventare degli “esperti”, si tratta di diventare dei “comunisti esperti”. Quindi in questo studio e per condurre a buon fine meglio e più rapidamente questo studio le FSRS in primo luogo devono collegarsi tra loro, in secondo luogo devono imparare a utilizzare quanto di reale qualsiasi esperto ha messo in luce, ma non identificarsi con lui (unità e lotta). Dobbiamo raggiungere quella comprensione della nostra società che fa tutt’uno con la sua trasformazione: questo nessun esperto ce l’ha, anche se da tanti esperti possiamo prendere qualcosa e farlo servire al nostro scopo. Ogni paese imperialista pullula di politologi “di sinistra” che non hanno mai diretto alcun processo politico, che non cercano di servire la lotta politica della classe operaia, che non mettono questo obiettivo al primo posto nel loro interesse per la politica. Non è questo tipo di conoscenza del movimento politico che ci  interessa. Ci interessa una conoscenza che si verifica nel fare e si alimenta di esso.

Forse ci vorranno alcuni anni prima che arriviamo a individuare e a padroneggiare il sistema di contraddizioni che determinano il movimento politico del nostro paese, le loro relazioni e le leggi del loro sviluppo. Ma se lavoreremo con tenacia e con pazienza, usando il metodo materialista dialettico, facendo tesoro di quanto abbiamo già raggiunto, sicuramente ci arriveremo, così come siamo riusciti a costruire una buona conoscenza della fase del movimento economico.

 

Cosa indichiamo con l’espressione movimento politico del nostro paese?

Con questa espressione indichiamo le attività dello Stato, le attività delle varie classi del nostro paese e delle rispettive forze soggettive in riferimento allo Stato. La politica della borghesia imperialista è l’insieme delle concezioni, delle istituzioni e delle attività con cui essa cerca di trattare le contraddizioni tra i gruppi che la compongono e di tener sottomesse le altre classi. La politica della classe operaia è l’insieme delle concezioni, delle istituzioni e delle attività con cui essa cerca di unirsi al suo interno vincendo le divisioni indotte dalla borghesia e di unire e mobilitare sotto la sua direzione le altre classi popolari per spodestare la borghesia imperialista.

È bene precisare che di questo si tratta quando parliamo di movimento politico della società, perché negli ambienti da cui veniamo è invalso l’uso di far passare tutto sotto la denominazione di politica. Lotta per il potere, lotta economica, lotta culturale, lotta di classe, la lotta attorno a ognuna delle contraddizioni, antagoniste o “in seno al popolo”: tutto viene mischiato e chiamato politica, giocando sui legami che ovviamente esistono tra i vari campi di attività, legami che nella società imperialista diventano via via più stretti e più profondi (è una conseguenza del carattere sempre più collettivo, sociale dell’attività economica). La lotta politica della classe operaia è lotta per conquistare il potere, per avere la direzione della società, per fondare il proprio Stato.

Tutte le attività politiche si trasformano continuamente, mosse da cause interne ai loro attori e condizionate da cause esterne. Per questo diciamo movimento politico della società. Se non vediamo la loro trasformazione, siamo ancora solo dialettici a parole, aspiranti dialettici, non veri dialettici.

 

Cosa vuol dire comprendere il movimento politico del nostro paese? Come migliorare la nostra comprensione del movimento politico del nostro paese?

Comprensione del movimento politico del paese vuol dire comprensione:

- delle classi presenti nel nostro paese, della natura di ognuna di esse, della collocazione oggettiva di ognuna di esse rispetto alla trasformazione socialista nel contesto del procedere dell’attuale crisi;

- delle forze soggettive (istituzioni, partiti, associazioni, gruppi, centri di influenza e di organizzazione, ecc.) operanti in ogni classe e aventi proprie concezioni, organismi e iniziative;

- dei rapporti tra ogni classe e le sue forze soggettive;

- dei rapporti di ognuna delle due classi fondamentali con le altre classi, della correlazione di questi fattori interni al paese tra loro, della correlazione di ognuno di essi con i fattori esterni al paese.

Studiare il movimento politico del nostro paese vuol quindi dire studiare:

- cosa succede nella classe operaia, quali sono le sue forze soggettive, che relazione vi è tra ognuna di esse e la classe operaia;

- cosa succede nella borghesia imperialista, quali sono le sue forze soggettive, la natura di ognuna di esse, di quali interessi sono portavoce, come ne sono portavoce, che attività svolgono, da quali contraddizioni sono mosse;

- cosa succede nelle altre classi, quali sono le forze soggettive, la natura, i modi di operare, le contraddizioni di ognuna di esse;

- le relazioni tra le varie classi e tra le rispettive forze soggettive;

 - lo Stato e la classe dirigente del nostro paese;(2)

- le relazioni internazionali.

 

2. La borghesia imperialista è il centro dell’attuale classe dominante del nostro paese che comprende:

- la borghesia imperialista del nostro paese e internazionale dei settori finanziario, bancario, assicurativo, industriale, agrario, immobiliare e commerciale;

- i grandi funzionari civili e militari dell’amministrazione centrale, degli enti locali e delle istituzioni affini;

- i dirigenti di livello superiore delle imprese capitaliste pubbliche e private e delle istituzioni ed enti culturali, religiosi, ecc;

- i grandi personaggi della politica borghese nazionale, del Vaticano e degli enti stranieri insediati in Italia;

- i grandi redditieri;

- i familiari di queste classi.

 

 

Il materialismo dialettico e storico ha mostrato che il movimento politico della società è il movimento di una parte della sovrastruttura della società; quindi

- è un movimento derivato dal movimento economico della società (che è il movimento della struttura della società) attraverso una serie più o meno lunga di passaggi intermedi (di anelli della mediazione) e distinto dal movimento economico (se non distinguiamo movimento politico e movimento economico, dove va a finire il nostro materialismo storico, cioè la tesi che nel movimento della struttura e della sovrastruttura in generale il movimento della struttura è l’aspetto principale?);

- è un movimento connesso ai movimenti degli altri aspetti sovrastrutturali della società (la cultura, le concezioni, tutte le altre mille contraddizioni), ma è distinto da essi (quindi è vero che tutto è politica ma è vero anche che la politica è un campo specifico).

Quindi comprensione del movimento politico implica comprensione del suo processo genetico dal movimento economico.(3) Non si può raggiungere una buona comprensione del movimento politico della società se non si è raggiunta una buona comprensione del suo movimento economico. In questo periodo alcuni compagni cercano di spiegare la guerra del Golfo; l’invasione della Somalia, ecc. con un avvenimento politico come la fine del bipolarismo USA-URSS, altri pongono il crollo dell’URSS come inizio di una nuova epoca; altri cercano di spiegare la crisi economica con la crisi politica; altri a proposito delle riforme istituzionali di cui si parla nel nostro paese partono dalla frantumazione dei partiti come se questa fosse l’origine della crisi politica anziché una manifestazione di essa. Sono tutti tentativi di porre la sovrastruttura come indipendente dalla struttura, tentativi condannati a non spiegare nulla. Il movimento politico è un prodotto del movimento economico, per numerosi che siano i passaggi intermedi tra i due. D’altra parte non possiamo permetterci di ignorare questi passaggi, di ricorrere a “spiegazioni” sempliciste: bisogna imparare a ricostruire l’intera serie genetica che porta dal movimento economico al movimento politico.(4)

 

3. Su questo punto vedasi Rapporti sociali n. 2, pag. 3.

 

4. Qui trattiamo del movimento politico, quindi ci interessa mettere in luce la sua derivazione dal movimento economico. Se trattassimo del movimento economico, dovremmo mettere in luce il ruolo che in esso ha il movimento politico. Economia e politica costituiscono un’unità di opposti, di cui in generale l’economia è l’elemento principale; quale sia l’elemento principale in una singola situazione concreta, può essere compreso solo tramite l’analisi concreta di essa.

 

 

La politica della borghesia imperialista si compone di due aspetti: dobbiamo sia distinguerli sia vederne l’interdipendenza.

1. La regolazione dei rapporti tra i gruppi della classe dominante; il risultato è una linea principale che diviene linea comune come sintesi degli interessi dei vari gruppi che compongono la classe dominante. La classe dominante del nostro  paese è la borghesia imperialista (non la borghesia in generale!). La borghesia imperialista è composta da gruppi concorrenti (il capitale complessivo è composto da più capitali in competizione tra loro per la ripartizione del plusvalore realizzato, per l’accaparramento dei campi di sfruttamento, per la vendita delle proprie merci). La borghesia imperialista è sia la classe “in sé”, sia le forze soggettive della reazione: i gruppi organizzati che elaborano gli interessi della classe e costituiscono la coscienza che la classe ha di essi, traducono i suoi interessi in obiettivi di lungo, di medio e di breve periodo e cercano di realizzarli riunendo e muovendo le forze necessarie.

2. La regolazione dei rapporti della classe dominante con ognuna delle classi dominate e con l’insieme di esse (le masse popolari).

 

Le parti costitutive fondamentali dello Stato sono gli organi repressivi (corpi di polizia, forze armate, magistratura, sistema carcerario): aspetto costitutivo fondamentale e necessario dello Stato è il monopolio della violenza (della capacità coercitiva, della coercizione) organizzata. Senza questo monopolio non esiste Stato. Questo è ciò che differenzia lo Stato da tutte le altre istituzioni della società.

Nel corso della storia degli uomini lo Stato sorge quando la lotta tra i membri della stessa comunità per far rispettare il possesso privato raggiunge un livello tale da porre l’alternativa tra la distruzione della comunità e la coalizione dei proprietari che creano un sistema (di forze armate, di pene e di magistrati) che impone il rispetto delle consuetudini e delle leggi del possesso. La difesa della proprietà privata cessa quindi di essere compito del singolo proprietario, viene anzi tolta ad esso e affidata ad un corpo che lavora per tutti i proprietari in conformità a leggi o a consuetudini. Questo corpo è la cellula originaria costitutiva dello Stato, ciò a cui in definitiva si riduce anche lo Stato attuale, benché altrettanto nettamente debba essere affermato che non è la fotografia dello stato attuale.(5)

 

5. Sulle origini dello Stato si veda F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato.

 

Ogni Stato attualmente esistente, per quanto articolato sia diventato il suo meccanismo e complesso il suo funzionamento, è il risultato della crescita e della trasformazione di quella cellula originaria, così come il sofisticato sistema imperialista mondiale dei nostri giorni è il risultato della crescita e della trasformazione della merce e della compravendita di forza-lavoro per produrre plusvalore.

Non si può comprendere la società moderna e il sistema imperialista mondiale se non come sviluppo del rapporto di valore e del rapporto di capitale. Tuttavia sarebbe assurdo assumere il rapporto di valore e il rapporto di capitale come fotografia della società moderna e del sistema imperialista mondiale. Un albero è lo sviluppo del suo seme, ma non si riduce al seme, non è il suo seme. Analogamente lo Stato del periodo imperialista è lo sviluppo del monopolio della violenza nelle mani della comunità dei proprietari, ma non si riduce ad esso. La teoria marxista dello Stato è la storia del processo della sua nascita e del suo sviluppo, esposta in forma logica.(6) Essa pone in luce che lo Stato nasce dai rapporti di produzione (dalla proprietà privata) e che il suo sviluppo è determinato dallo sviluppo dei rapporti di produzione. Questi elementi della teoria marxista dello Stato sono indispensabili per comprendere il movimento politico di una società imperialista.

 

6. Nella teoria marxista dello Stato, il processo compiutosi nel corso dei secoli attraverso il quale dallo Stato come semplice corpo di armati a disposizione della comunità dei proprietari che imponeva il rispetto della proprietà si è passati allo Stato delle società a capitalismo monopolistico di Stato, viene esposto come processo di derivazione logica delle varie funzioni dello Stato attuale dalla sua funzione costitutiva.

 

Il monopolio della violenza organizzata non si basa su se stesso, non è creato da se stesso, non è alimentato da se stesso, non è fine a se stesso. Quelli che affermano il contrario hanno una concezione militarista dello Stato. Siccome la violen za è la risorsa di ultima istanza cui ricorre una classe dominante quando il suo potere, sottoposto agli attacchi delle classi dominate, è in pericolo, nei momenti di crisi nelle classi reazionarie si moltiplicano i seguaci della concezione militarista dello Stato (“le armi decidono di tutto”, “chi ha le armi più potenti vince”, ecc.). Anche nelle classi dominate, tra i gruppi che combattono la borghesia imperialista ma sono ancora sotto la sua influenza culturale, sorgono seguaci della concezione militarista dello Stato. Noi comunisti affermiamo che “gli uomini e non le armi sono il fattore decisivo dell’esito della guerra”, ma nello stesso tempo affermiamo anche che “il potere nasce dalla canna del fucile”; la relazione specifica tra le due cose è che nessuna delle due classi principali della nostra società (borghesia imperialista e classe operaia) può né impadronirsi del potere né conservarlo se non dispone dei “fucili”. Disporre dei “fucili” è condizione necessaria. Ma i “fucili” non sono condizione sufficiente né per impadronirsi né per conservare il potere politico. Il monopolio della violenza può esistere solo nelle mani della classe che ha anche il potere economico. Quando vi è crisi nei rapporti di produzione, vi è crisi anche nella sovrastruttura politica di essi.

Dire che l’attività economica ha assunto carattere sociale significa dire che oramai per il singolo la produzione e riproduzione delle condizioni materiali della sua esistenza non dipende più da lui, il singolo individuo non ha più nelle sue mani questo potere. Esso è diventato una questione che dipende dall’intero movimento della società. Nella società a capitalismo monopolistico di Stato, lo Stato (e quindi la politica) è diventato una componente costitutiva del movimento economico. Nella società attuale, società a capitalismo monopolistico di Stato, la borghesia imperialista riesce a conservare nelle sue mani il potere politico se, oltre ad avere i “fucili”, riesce ad assicurare la produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza della società. In mancanza di questo, è inevitabile la crisi del regime politico, per quanti siano i “fucili” a disposizione della classe dominante. È inevitabile la crisi del monopolio della violenza nelle mani della comunità della borghesia imperialista, la violenza cessa di essere monopolio della comunità della borghesia imperialista e il suo esercizio passa sia nelle mani dei singoli gruppi imperialisti sia nelle mani di altre classi.

Ovviamente più un regime politico è instabile e in balia alla crisi, maggiore è il ruolo dei “fucili”, delle strutture militari palesi e occulte, legali ed extralegali (corpi militari, giochi sporchi, guerra sporca, diplomazia segreta, trame, terrorismo come strumento di politica interna e internazionale, malavita organizzata come strumento politico al modo della “guerra di corsa” di un tempo o dello squadrismo fascista, ecc.). Sicché quando il ricorso alla violenza cresce, ciò è un segno dell’indebolimento del potere della classe dominante, è un segno che vi è crisi nei rapporti economici.

 

7. Da qui si comprende la verità delle tesi che lo Stato per estinguersi deve rafforzarsi, che la lotta di classe raggiunge il suo massimo di dispiegamento e acutezza per portare all’eliminazione della divisione in classi. L’esperienza della costruzione del socialismo ha messo ben in luce questi processi che Stalin espresse in tesi che suscitarono e suscitano l’esecrazione di tutta la comunità borghese e degli intellettuali evoluzionisti. Eppure ogni processo prima di cessare deve raggiungere il suo acme: detto in generale è plausibile e rispecchia processi della vita corrente, al punto che lo accetta anche il benpensante!

 

Secondo gli evoluzionisti una cosa storicamente superata, si estingue gradualmente. Secondo i materialisti dialettici, una cosa storicamente superata deve anzitutto staccarsi dal resto, differenziarsi, emergere fino a cessare di essere un sistema diffuso in esso e divenirne invece un’escrescenza tumorale: insomma si devono creare le condizioni perché il corpo la possa espellere, possa compiere la rivoluzione necessaria.(7) Solo dopo questo rivoluzionamento del corpo, i residui in esso di ciò che esso ha espulso scompariranno gradualmente. È alla luce di ciò che si comprende il grande sviluppo delle istituzioni private, palesi e occulte, legalizzate e illegali, della violenza organizzata nei singoli paesi e nei rapporti internazionali, nei rapporti tra i gruppi della classe dominante, nei rapporti tra la classe dominante e le classi dominate. Più la cosa è storicamente superata, tanto più finché essa sopravvive deve esprimersi nella sua nudità, differenziarsi dal resto, cercare disperatamente di alimentarsi di se stessa, crescere ipertroficamente, ecc. (vedere la nobiltà alla fine dell’epoca feudale!), creando così le condizioni del suo rigetto. È la borghesia imperialista nella sua fase di declino, nell’epoca delle rivoluzioni proletarie, che ha promosso e promuove e ha fatto diventare la guerra una componente dif fusa dei rapporti internazionali, dei rapporti tra i gruppi della classe dominante e dei rapporti tra classe dominante e classi dominate.

In conclusione, la violenza organizzata resta monopolio della comunità della borghesia imperialista (quindi sottratta sia ai suoi singoli membri sia alle classi dominate) finché:

- rispetto alla classe dominante lo Stato è capace di servire gli interessi generali della classe dominante;

- rispetto alle classi dominate lo Stato è capace di governare le contraddizioni della società e in primo luogo è capace di assicurare il regolare svolgimento del movimento economico della società, del processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza.

La società imperialista è una società collettiva, di massa. La sua unità non si basa su fattori esterni (ad esempio come il dominio dello stesso sovrano che nell’antichità univa comunità reciprocamente indipendenti e indifferenti sotto uno stesso Stato), ma su fattori intrinseci: sulla reciproca dipendenza (degli individui e dei gruppi che la costituiscono) quanto alla produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza (un unico sistema monetario, un unico mercato, un unico ordinamento, ecc.), sulla necessaria collaborazione di tutte le sue parti alla vita di ognuna di esse.

Quando la borghesia imperialista afferma che “siamo tutti nella stessa barca”, non dice una cosa del tutto falsa. Anzi essa pone una cosa reale (la reale unità economica che il modo di produzione capitalista ha creato tra gli uomini in un paese e tra gli uomini di tutto il mondo), ma la pone unilateralmente, cioè per negare la lotta che quella unità genera, per nascondere che proprio l’unità economica raggiunta tra le sue parti costitutive rende non più possibili i rapporti esistenti tra di esse, rende necessario il loro rivoluzionamento, l’abolizione della proprietà e dell’iniziativa economiche individuali dei capitalisti.

Quindi ciò che nello Stato non è essenziale, che non è cioè il carattere che lo distingue dalle altre istituzioni sociali (la sua funzione come protagonista del movimento economico della società), proprio per le peculiari caratteristiche della società imperialista (carattere principalmente collettivo già assunto dalle forze produttive e dall’attività economica - capitalismo monopolistico di Stato) costituisce la base e la fonte di ciò che è essenziale e distintivo dello Stato (i1 monopolio della violenza organizzata - che ancora sopravvive come sopravvive la proprietà individuale delle forze produttive e l’iniziativa economica individuale). Lo Stato nato come corpo armato a disposizione dei proprietari, nel corso della storia ha assorbito in sé i rapporti economici diventando capitalismo monopolistico di Stato e così sono poste le basi della sua estinzione perché ha assorbito in sé la sua fonte che prima gli restava esterna. Unilateralmente alcuni dicono che lo Stato è diventato esso stesso base di se stesso (autonomia del politico), cancellando proprio la contraddizione essenziale per comprendere il movimento peculiare dello Stato attuale. Rovesciamento del principale (monopolio della violenza organizzata) in secondario e del secondario (gestione delle cose) in principale. Il fatto che lo Stato (come la divisione in classi, come il capitalismo) è storicamente superato si esprime (e non può non esprimersi) anche nelle società imperialiste: nel ruolo crescente che assume il governo delle cose (il creare le condizioni collettive, generali, comuni della produzione e riproduzione delle condizioni dell’esistenza della società) rispetto al monopolio della violenza organizzata. Ma proprio ciò contrasta con la sopravvivenza dello Stato (violenza organizzata della classe dei proprietari per reprimere le altre classi) e ne esige l’estinzione, quindi l’estinzione della sua base economica: la proprietà privata.