PER L’ANALISI DI CLASSE

Rapporti Sociali n. 14-15,  inverno - primavera 1994 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Per individuare le classi

Alcuni compagni mantengono una concezione interclassista della società imperialista che sentono e vedono come un’ombra minacciosa anche ora che essa si sta palesemente ogni giorno di più divaricando in due campi e in due fronti contrapposti.

Far prevalere la direzione della classe operaia nella resistenza delle masse popolari al procedere della crisi dell’attuale società è il nostro compito. L’analisi delle classi, la comprensione delle divisioni di classe e dei rapporti tra le classi della nostra società è quindi un aspetto essenziale del nostro compito politico.

Dell’analisi delle classi nella nostra società abbiamo già trattato in alcuni numeri precedenti di Rapporti Sociali a cui rinviamo: n. 3 pag. 18-21, n. 5/6 pag. 37-41, n. 12/13 pag. 37-42.

Qui vogliamo aggiungere alcune considerazioni che rispondono a problemi emersi durante i dibattiti dì questi mesi.

 

1. Alcuni compagni per fare l’analisi delle classi partono dalla definizione delle classi (classe operaia, ecc.) presa da qualche parte e vanno a vedere chi nella società corrisponde a quella definizione. È un procedimento sbagliato. La ricerca deve partire dalla realtà come si presenta, dal multiforme traffico economico della popolazione. Analizzando come si svolge questo traffico si arriva a riconoscere in quali classi la popolazione è divisa, i raggruppamenti di individui che svolgono ruoli simili nel meccanismo della produzione; si comprende la contraddizione che caratterizza ognuno di essi e le relazioni intercorrenti tra essi, si definisce il posto che ognuno di essi occupa nel meccanismo della produzione, si divide ciò che solo apparentemente è unito e si unisce ciò che solo apparentemente è diviso e si finisce così per ricostruire nella nostra mente l’essenza del meccanismo e di ognuna delle classi. Solo a questo punto si può porre la definizione di ognuna delle classi individuate ed esporre il concreto come un derivato dall’essenza.(1)

 

2. La divisione in classi non deriva dal contenuto del lavoro svolto (produzione di beni o servizi, lavoro agricolo o lavoro industriale, ecc.), ma dai rapporti di produzione nell’ambito dei quali viene svolto.

I rapporti di produzione riguardano tre aspetti:

- il sistema del possesso (sanzionato o no da leggi) delle forze produttive,

- le relazioni tra gli uomini nel lavoro,

- il sistema di distribuzione (ripartizione) del prodotto.

 

3. Nella società imperialista il carattere sociale delle forze produttive è molto sviluppato. Ciò fa sì che è diventata difficile la distinzione nel concreto tra attività necessarie ai fini della produzione di plusvalore (le attività il cui aumento aumenta il plusvalore estorto dal capitalista) e attività che il capitalista deve far svolgere ma che per lui sono una spesa non redditizia benché necessaria (la distinzione era facile finché si trattava di distinguere ad esempio fra i braccianti che raccoglievano il raccolto e i guardiani che li sorvegliavano o contabili che registravano il raccolto, le ore lavorate, ecc).

Nella società imperialista il caso caratteristico non è più la produzione del lavoratore isolato, ma la produzione dell’organismo collettivo (la squadra, il reparto, l’azienda, il gruppo, ecc.) la cui composizione è un qualcosa di storicamente determinato e i cui componenti concorrono tutti al risultato con mansioni diverse: si può avere uno stabilimento senza portineria o una squadra senza capo? Il sistema capitalista più semplice, costituito da un capitalista che ha materie  prime e strumenti di lavoro, assume un lavoratore e gli paga la giornata, vende le merci che il lavoratore produce (sistema riflesso nello schema c + v + pv = C e i cui protagonisti rientravano chiaramente in una delle grandezze della formula) si è sviluppato in un sistema che è lo sviluppo di quello, ma che non si riduce direttamente a quello.(2) Vi sono lavoratori il cui tempo di lavoro e ritmo di lavoro sono determinanti ai fini del profitto del capitalista, nella stessa unità produttiva in cui il tempo di lavoro e il ritmo di lavoro di altri lavoratori non hanno alcuna rilevanza benché il loro ruolo sia indispensabile (ad esempio operatori di una pressa manuale da una parte e portieri o manutentori della stessa fabbrica). Ma vi sono anche fabbriche in cui il tempo e il ritmo di lavoro di tutti i lavoratori sono irrilevanti ai fini del profitto (ad es. i sorveglianti di presse alimentate automaticamente, gli addetti ad un impianto a ciclo continuo, ecc.). Questo fa si che l’anatomia studiata e descritta da Marx non sia più valida? È valida come inizio storico e logico del sistema attuale e vive anche nel sistema attuale nella sua purezza e integrità come caso particolare. È il generale che, oltre che essenza (fonte, origine) del tutto, esiste anche come caso particolare.(3) Si tratta tuttavia di un’essenza (nel senso dialettico, di origine e fonte di un movimento e sua legge) da cui non si può prescindere se si vuole raggiungere una comprensione scientifica della società capitalista e che si fa valere periodicamente nelle crisi e negli sconvolgimenti del sistema capitalista che in essa ha inizio, nelle crisi in cui una parte più o meno vasta della società capitalista costruita su questa essenza crolla e che, se l’essenza non è tolta, creano spazio per la ripresa della ricostruzione di un’altra società capitalista.

Le stesse considerazioni valgono anche se si cerca di suddividere il prodotto interno lordo (PIL) di un paese usando la legge c + v + pv = C, Sappiamo già (vedasi Rapporti Sociali n. 2, pag. 11-13) che non si può interpretare la legge del valore-lavoro come se essa fosse la fotografia della realtà attuale, come se il valore fosse il prezzo della merce. Marx per primo ha dimostrato che il prezzo deriva dal valore, ma non coincide e non può coincidere con il valore. Per costruire una teoria razionale dei prezzi si deve partire dal valore-lavoro, ma poi bisogna proseguire con la rendita, il saggio medio del profitto, il costo di produzione, ecc. Marx ha scritto pagine veementi contro la tesi del denaro-lavoro (ossia del prezzo coincidente con il valore, il “giusto prezzo”) dei seguaci di Proudhon.(4)

Per gli stessi motivi il processo lavorativo di un paese imperialista non è rappresentabile direttamente dalla legge c + v + pv = C. Basti pensare alle tasse, ai contributi sociali, ai trasferimenti statali alle famiglie e alle imprese, alle pensioni, ai sussidi, ai servizi sociali, all’edilizia pubblica o sovvenzionata, ai prezzi sovvenzionati, ecc. Oppure dall’altra parte alla produzione altamente automatizzata e ad altri mille aspetti della realtà corrente. Questo significa che il sistema capitalista non è più il sistema capitalista? No. Significa solo che esso è “storicamente superato”, che la borghesia imperialista impone al movimento economico della società attuale una camicia di forza, lo basa su cose (il valore-lavoro, la proprietà individuale, ecc.) che non si confanno più alle sue forze produttive.

Gli operaisti in base a ciò dicono che il capitalismo oramai è superato. Per essi, che hanno una concezione idealista del mondo, ciò che è “storicamente superato” è anche superato nei fatti. Essi negano il superamento pratico, l’adeguamento dei rapporti di produzione alle forze produttive, la rivoluzione socialista. Salvo che questa base da una parte vive ancora come rapporto secondario nella più sviluppata società imperialista (vedasi nota 3) e dall’altra si mostra e fa valere le sue ragioni di base generale della totalità stessa in ogni crisi, in cui si fa avanti a proclamare che il superamento storico non è ancora stato tradotto nei fatti.

 

4. Nell’analizzare la classe operaia (lavoratori dipendenti da capitale per la sua valorizzazione) occorre tenere conto di ulteriori divisioni quali:

- la divisione tra lavoro concreto (lavoro qualificato) e lavoro astratto (lavoro semplice): la misura della loro differenza è il tempo di formazione e di addestramento specifico del lavoratore concreto rispetto al lavoratore astratto; i due la voratori hanno una ben diversa forza contrattuale nella vendita della loro forza-lavoro;

- la divisione tra lavoro di direzione e organizzazione e lavoro esecutivo;

- la divisione tra la produzione di servizi legata alle qualità personali del lavoratore e la produzione di merci nella quale le caratteristiche personali del lavoratore sono trascurabili;

- la divisione storicamente determinata tra i lavoratori dei settori che per primi e da tempo sono sussunti nel capitale (ad es. i lavoratori dell’industria) e quindi hanno una tradizione e formazione storicamente consolidata di organizzazione e di lotta, i lavoratori dei settori sussunti nel capitale più tardi e i lavoratori di settori che solo marginalmente sono sussunti nel capitale.

Tutte queste divisioni sono nella nostra realtà e determinano la divisione in classi della popolazione.

 

 

NOTE

 

1. Da Mao Tse-tung, Note di lettura al “Manuale di economia politica dell’URSS” (1960):

“Nota 35. Prendere teorie e principi come punto di partenza non è un metodo marxista.

A partire dal capitolo 20 il Manuale elenca un numero notevole di leggi.

Il capitale, per analizzare l’economia capitalista, prende come punto di partenza i fenomeni per arrivare all’essenza. Poi mostra come i fenomeni provengano dall’essenza. Per questo può sottolineare sistematicamente i punti importanti. Il Manuale, invece, non fa un’analisi. È redatto in maniera confusa. Il suo punto di partenza sono sempre delle leggi, delle teorie, dei principi e delle definizioni. Questo modo di affrontare la materia è sempre stato respinto dal marxismo-leninismo. Le teorie e i principi si raggiungono solo dopo l’analisi e lo studio. Indubbiamente, l’uomo acquista la conoscenza dapprima attraverso il contatto con i fenomeni, poi, a partire da questi ultimi, scopre le teorie e i principi. Ma il Manuale fa il contrario. Il metodo da esso usato non è un metodo di analisi, bensì un metodo di deduzione. Secondo la logica formale, si dice: “Tutti gli uomini devono morire, il tal dei tali è un uomo, quindi il tal dei tali deve morire”. È una conclusione che viene tratta dalla premessa fondamentale per cui tutti gli uomini devono morire. Questo è un metodo deduttivo. Su qualunque problema, il Manuale dà sempre prima una definizione, poi la utilizza come premessa fondamentale nelle sue deduzioni. Gli autori del Manuale non capiscono che una premessa fondamentale deve essere il risultato dello studio di un problema. Se si vogliono scoprire e verificare delle teorie e dei principi, bisogna passare attraverso un’analisi concreta.” (Opere di Mao Tse-tung, vol. 18).

Questa tesi è sviluppata in maggiore dettaglio da K. Marx nel paragrafo Il metodo dell’economia politica dell’Introduzione a Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica (Grundrisse) (Ed. Einaudi 1976, p. 24-34).

 

2. Con la formula c + v + pv = C Marx sintetizza il funzionamento della produzione capitalista di merci. Il valore (C) delle merci che un lavoratore salariato ha prodotto in una giornata di 8 ore è eguale alla somma

- del valore (c) delle materie prime e dei mezzi di produzione consumati, proprietà del capitalista,

- del valore (v) della quota giornaliera della sua forza-lavoro, pari al salario pagatogli dal capitalista e corrispondente al numero di ore necessarie per produrre i suoi beni di consumo (per es. 1 ora),

- del plusvalore (pv) che è la parte di nuovo valore prodotto dal lavoratore (nell’esempio pari a 8 ore) che non è assorbito da v (nell’esempio pari a 1 ora) e che il capitalista intasca come profitto (nell’esempio pv è pari a 7 ore).

Come si vede, questa formula “fotografa” realtà diffuse nella società agli albori del capitalismo (cooperazione semplice): il lavoratore che fino a ieri era un lavoratore autonomo e ora va a giornata dal capitalista, usa attrezzi e materie prime del capitalista e deve produrre più di quello che produceva come lavoratore autonomo o può portare a casa meno di quello che portava a casa come lavoratore autonomo. La formula non è direttamente applicabile ad una società capitalista più sviluppata, quando il processo lavorativo è diventato più collettivo, la divisione del lavoro più spinta, ecc.

 

3. Nel passo sopra citato dei Grundrisse (pag. 27) Marx illustra anche come “... la categoria più semplice può esprimere i rapporti dominanti in una totalità meno sviluppata o i rapporti subordinati esistenti in una totalità più sviluppata, rapporti che storicamente esistevano ancor prima che la totalità si sviluppasse nella direzione espressa da una categoria più concreta. In questo senso il movimento del pensiero astratto, che dal più semplice risale al complesso, corrisponde al processo storico reale.”

 

4. Vedasi Grundrisse, Il capitolo del denaro (Ed. Einaudi 1976, pag, 39 e segg.).