Movimento comunista e partito comunista

Rapporti Sociali n. 19 - agosto 1998 (versione Open Office / versione MSWord )

 

L’insegnamento del movimento comunista sul partito

 

Cosa ci insegna il movimento comunista, nei suoi 150 anni di esperienza, riguardo al ruolo del partito comunista e alle sue caratteristiche?

Dobbiamo ripercorrere la nostra storia.

Il primo partito comunista a stato creato nel 1847. Era la Lega dei comunisti. Si costituì con questo nome nel congresso di Londra (inizio giugno 1847), convocato dalla Lega dei Giusti, che nella forma era una società segreta del vecchio tipo delle società segrete borghesi (Carboneria, Massoneria, ecc.), ma era per lo più proletaria (OC vol. 11 pag. 634) e internazionale (ibidem, pag. 637) nella composizione. La fondazione fu completata nel secondo congresso (Londra 28 novembre - 8 dicembre 1847) che approvò lo Statuto (OC vol. 6 pagg. 520-625) e diede mandato a Marx e a Engels per la stesura del programma in forma di manifesto. Cosi nel febbraio 1848 vide la luce il Manifesto del partito comunista (OC vol. 6 pagg. 483-518).

Il bilancio della storia della Lega dei comunisti che svolse la sua attività negli anni 1847-1852 (la dichiarazione di scioglimento è datata 17 novembre 1852) è esposto in Engels, Per la storia della Lega dei comunisti (1885) (OC vol. 11 pagg. 633-651).

Per meglio comprendere il ruolo e la natura della Lega dei comunisti, a questo scritto va aggiunto Marx-Engels, Indirizzo del Comitato Centrale della Lega dei comunisti, marzo 1850 (OC vol. 10 pagg. 277-288).

Il secondo partito comunista fu l’Associazione Internazionale degli Operai (I Internazionale) costituita a Londra il 28 settembre 1864. La sua natura è illustrata dai suoi documenti costitutivi: Marx, Indirizzo inaugurale dell’Associazione Internazionale degli Operai (1864) (OC vol. 20 pagg. 5-13), Marx, Statuti provvisori dell’Associazione Internazionale degli, Operai (1864) (OC vol. 20 pagg. 14-17).

La I Internazionale svolse la sua attività fino al 1872, quando la sede del suo Consiglio generale fu trasferita a New York dove fu definitivamente sciolta nel 1874.

Nel periodo di attività della I Internazionale vi fu la prima rivoluzione proletaria vittoriosa e per la prima volta venne costituito uno Stato proletario: la Comune di Parigi (18 marzo - 25 maggio 1871). Esso durò pochi mesi, ma costituì un’esperienza fondamentale per gli sviluppi successivi.

Il bilancio della Comune di Parigi è esposto in Engels, Introduzione allo scritto di Marx La guerra civile in Francia (edizione tedesca del 1891). Lo scritto di Marx La guerra civile in Francia (1871) illustra ampiamente lo stesso tema. Al bilancio della Comune di Parigi Lenin ha dedicato scritti specifici (Opere, vol. 8 (1905), vol. 12 (1907), vol. 13 (1908), vol. 17 (1911), vol. 41 (1904) e lo ha trattato ampiamente in Stato e rivoluzione (1917) (Opere, vol. 25).

Nello stesso periodo, esattamente nel congresso di Eisenach del 1869, era stato costituito il primo partito nazionale di ispirazione marxista, il Partito Operaio Socialdemocratico Tedesco. Il marxismo aveva ben messo in luce il carattere internazionale della rivoluzione comunista quanto al suo contenuto (la creazione di rapporti sociali adeguati al carattere già collettivo delle forze produttive), ma aveva anche messo in luce che, per avviare la transizione dal capitalismo al comunismo, la classe operaia doveva, in ogni singolo paese, distruggere lo Stato borghese esistente, eliminare la vecchia amministrazione pubblica e al loro posto instaurare la propria dittatura rivoluzionaria e creare le istituzioni necessarie a gestire la transizione. Quindi la rivoluzione socialista internazionale iniziava con la conquista del potere a livello dei singoli paesi. Per raccogliere e dirigere le forze che realizzano questo fine occorreva si costituissero partiti comunisti “nazionali”.

 Il Partito Operaio Socialdemocratici Tedesco nel congresso di Gotha del 1875 si fuse con l’Associazione Generale degli Operai Tedeschi (costituita a Lipsia nel 1863 per iniziativa di F. Lassalle) e diede vita al Partito Operaio Socialista Tedesco che, superata la prova delle leggi antisocialiste (1878-1890), adottò, nel congresso di Erfurt del 1891, un programma marxista che fu di guida agli altri partiti della II Internazionale (1889-1914).

I principali documenti che illustrano questo processo sono: Marx, Critica de programma di Gotha (1875), Engels Critica del programma di Erfurt (1891) Il programma di Erfurt (1891).

“Il periodo che va dal 1789 al 1871 fu l’epoca di un capitalismo progressivo, cui l’abbattimento del feudalesimo e dell’assolutismo, la liberazione dal giogo straniero erano all’ordine della storia”. L’epoca della II Internazionale ebbe ancora un “carattere relativamente pacifico”. Fu l’epoca in cui il capitalismo, mosso dalla Grande Depressione (1873-1895) passò dalla sua fase progressiva alla fase del predominio dei monopoli, della finanziarizzazione, della mondializzazione e della globalizzazione, alla sua fase parassitaria e decadente: la fase imperialista (per le caratteristiche economiche di questa fase vedasi Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (1916), Opere, vol. 22). Nella fase imperialista “il capitalismo ha raggiunto la sua maturità, è stramaturo e si trova alla vigilia del suo crollo. È maturo al punto da dover cedere il posto al socialismo” (Lenin, L’opportunismo e il fallimento della II Internazionale (1916), Opere, vol. 22). In questo periodo in tutti i paesi capitalisticamente sviluppati si formarono grandi partiti operai, che avevano un grande seguito anche tra la piccola borghesia. Essi ebbero il ruolo storico di costituire la classe operaia come classe a sé stante anche sul piano politico (Stalin, questioni del leninismo, 1924).

I partiti della II Internazionale erano tutti ampiamente influenzati dalla concezione del mondo marxista, ma essi in generale associavano di fatto risoluzioni rivoluzionarie generali, programmi rivoluzionari a una tattica e a principi organizzativi riformisti, di subordinazione alla borghesia imperialista (Lenin, Abbozzo di tesi (1916), Opere, vol. 22 pag. 216). Per essi il marxismo era una concezione del mondo, ma non anche un metodo di pensiero e d’azione. Essi non elaborarono principi organizzativi e una tattica adeguati alla trasformazione subita dal capitalismo, al passaggio di esso dalla fase progressiva alla fase imperialista, alla fine dell’epoca della democrazia borghese, al costituirsi di regimi militaristi e autoritari aventi al centro la controrivoluzione preventiva contro il proletariato, alla tempesta rivoluzionaria che si stava avvicinando (v. F. Engels, Introduzione del 1895 allo scritto di Marx Lotte di classe in Francia (OC vol. 10 pagg. 641-660); Lenin, Stato e rivoluzione (1917), (Opere, vol. 25); Rapporti Sociali n. 7, Democrazia e socialismo (1990).

Tra tutti i partiti della II Internazionale uno solo dimostrò di essere un “partito comunista adeguato ai compiti che la prima crisi generale del capitalismo e la conseguente situazione rivoluzionaria in sviluppo posero alla classe operaia”, capace di trasformare la mobilitazione reazionaria delle masse, prodotta dal procedere della prima crisi generale del capitalismo in mobilitazione rivoluzionaria e di condurre la classe operaia a instaurare il suo potere: il Partito Operaio Socialdemocratico della Russia (POSDR). Esso venne fondato e pubblicò il suo manifesto costitutivo (Lenin, Opere vol. 4 pagg. 476-478 n. 67) nel marzo del 1898 nel congresso di Minsk, in Bielorussia, cui parteciparono 9 delegati. (Quest’anno cade il 100° anniversario della sua fondazione).

Esso era contemporaneamente un partito rivoluzionario (che poneva la rivoluzione socialista come suo obiettivo supremo a cui subordinava ogni altro compito e in funzione del quale selezionava e formava i suoi membri, i suoi dirigenti e le sue organizzazioni) e un partito della classe operaia, parte della classe operaia. Esso ha dimostrato che un partito siffatto è capace di dirigere e guidare alla vittoria un vasto movimento di massa, numerose e vaste organizzazioni di massa e una mobilitazione rivoluzionaria di massa su vasta scala.

Per caratterizzare questo partito indichiamo tre documenti: Stalin, La classe dei proletari e il partito socialdemocratico - A proposito del primo paragrafo dello Statuto del partito (gennaio 1905), (Opere di Stalin, vol. 1); Lenin, Progetto di  programma del nostro partito (1899), (Opere, vol. 4 pagg. 231-256); Lenin, La campagna elettorale per la quarta Duma e i compiti della socialdemocrazia rivoluzionaria (1912), (Opere, vol. 18 pagg. 9-13).

Esso è il partito la cui costruzione ha più somiglianza con la costruzione in corso del nuovo partito comunista italiano. Per questo lo studio della sua costruzione e particolarmente importante.

Quali sono gli elementi di somiglianza? I principali sono due.

- In primo luogo esso si costituì dividendo, per mezzo di una lotta lunga e acuta, nei circoli e gruppi socialisti e socialdemocratici esistenti in Russia, quello che era consono alla rivoluzione proletaria da quello che le era ostile e di ostacolo e raccogliendo dalle masse popolari, in primo luogo dalla classe operaia, quanto di rivoluzionario si veniva formando in esse. Il termine di paragone della divisione e della divisione e dell’unità furono il programma, i principi organizzativi e la linea politica del partito. Al contrario, i partiti comunisti costituiti in Europa nel corso della prima crisi generale del capitalismo (1910-1945), compreso, quindi, anche il vecchio PCI, si costituirono tutti come sezioni nazionali dell’Internazionale Comunista. Il centro di raccolta, la base della loro unità fu l’adesione alla Rivoluzione d’Ottobre e la garanzia della loro continuità fu l’Internazionale Comunista. L’aspetto negativo di questa nascita fu che la lotta per l’unità sul programma, i principi organizzativi e la tattica e quindi l’elaborazione di un programma, di principi organizzativi e di una tattica adeguati ai compiti della rivoluzione ebbero un ruolo secondario. Questo aspetto è illustrato analiticamente, sull’esempio del Partito comunista spagnolo, nell’opuscolo PCE(r), La guerra di Spagna, il PCE e l’internazionale Comunista (tradotto e stampato in proprio da Edizioni Rapporti Sociali, gennaio 1997).

- In secondo luogo esso si costituì già nell’epoca imperialista e, per di più, in un paese che per la sua particolare storia non permetteva lo sviluppo di illusioni nella democrazia borghese a livello delle masse popolari e tanto meno nella classe operaia. In quegli stessi anni (1871-1914) anche nei paesi dell’Europa occidentale oramai la borghesia imperialista veniva cancellando la democrazia borghese come forma politica del suo dominio e la sostituiva con regimi militaristi e autoritari aventi al centro la controrivoluzione preventiva contro il proletariato. Ma per una serie di motivi, su cui non ci soffermiamo in questa sede, i partiti socialdemocratici di quei paesi restarono dogmaticamente ancorati all’illusione della democrazia borghese e alla realtà della subordinazione alla borghesia imperialista. In campo politico la classe operaia restava, nonostante i programmi dichiarati, l’ala sinistra del regime esistente.

La lotta per la costituzione di partiti simili al POSDR è la sostanza del lavoro dell’Internazionale Comunista nei paesi dell’Europa occidentale (Tesi della V riunione plenaria del Comitato Esecutivo allargato dell’IC sulla bolscevizzazione - aprile 1925, Agosti II/1, pagg. 265-285). Non a caso le tesi politiche del III congresso (congresso di Lione, gennaio 1926) della sezione italiana dell’IC (il Partito Comunista d’Italia - PCd’I) iniziano con l’affermazione che “la trasformazione dei partiti comunisti, nei quali si raccoglie l’avanguardia della classe operaia, in partiti bolscevichi, si può considerare, nel momento presente, il compito fondamentale dell’Internazionale Comunista” (tesi 1).

L’Internazionale Comunista venne costituita a Mosca (2 - 6 marzo 1919) per iniziativa del PC(b)R, erede del POSDR. Essa, a ragion veduta, accolse tra le sue fila partiti e gruppi che erano lungi dall’essere all’altezza dei compiti posti dalla situazione rivoluzionaria dei loro paesi: partiti e gruppi semi-sindacalisti, semianarchici, semi-socialdemocratici, ecc.

Essi erano uniti dall’adesione alla Rivoluzione d’Ottobre e dalla volontà di trasformarsi alla Scuola del movimento rivoluzionario che si stava sviluppando nel proprio paese e della rivoluzione proletaria mondiale che aveva avuto il suo inizio vittorioso in Russia.

Da subito si contrapposero due linee. Riferiamoci all’Italia, ma la lotta era analoga anche negli altri paesi dell’Europa occidentale. In Italia Bordiga e i suoi seguaci concepivano la scissione del PSI fatta a Livorno (gennaio 1921) che dette origine alla sezione italiana dell’Internazionale Comunista (PCd’I) come la costruzione del nuovo partito. Al contrario,  la direzione dell’Internazionale Comunista concepiva la scissione di Livorno come inizio (o un salto in avanti) nella costruzione del partito comunista. Nel PCd’I vi erano numerosi non comunisti; nel PSI restavano forze recuperabili. Ma, sopratutto, il nuovo partito non aveva ancora creato/assimilato e consolidato/verificato come suo proprio patrimonio una capacità di analisi, di orientamento, di metodo di lavoro, di legame con le masse e di direzione del loro movimento che lo avrebbe reso effettivamente un partito all’altezza lei compiti posti dalla situazione rivoluzionaria di lungo periodo che corrispondeva alla prima crisi generale del capitalismo. In breve, non aveva ancora fatto proprio il marxismo-leninismo. Il partito si dichiarava comunista, ma era ancora lontano dall’essere capace di dirigere, fase dopo fase, la rivoluzione proletaria.

Già nel secondo congresso (Pietrogrado-Mosca, 19 luglio - 7 agosto 1920) l’Internazionale cominciò il lavoro di formazione, trasformazione ed epurazione con la Risoluzione sul ruolo del partito comunista nella rivoluzione proletaria 24 luglio 1920) (Degras I, pagg. 143-151), Condizioni per l’ammissione all’Internazionale Comunista approvate dal secondo congresso dell’IC (6 agosto 1920) (Degras I, pagg. 182-188).

In specifico, per quanto riguarda il PCd’I, sono importanti i documenti: Lettera del Comitato Esecutivo dell’IC al Partito Comunista d’Italia (4 settembre 1925) Agosti II/1, pagg. 353-368), Tesi del congresso di Lione del PCd’I (20-26 gennaio 926): IV, Tesi politiche, la situazione italiana e la bolscevizzazione del partito.

Il periodo della Internazionale Comunista (1919-1943) fu il periodo in cui si svolse, relativamente a tutti i partiti comunisti dei paesi imperialisti, la lotta per la bolscevizzazione. Lotta che, per quanto riguarda i due più importanti partiti comunisti dei paesi imperialisti (il PCI e il PCF), fu ripresa senza risultati apprezzabili nell’ambito dell’Ufficio di Informazione dei partiti comunisti dell’Europa (Cominform, settembre 1947 - aprile 1956).

Le Tesi del congresso di Lione, elaborate sotto la direzione di Gramsci, avevano posto le basi per la bolscevizzazione del PCd’I nei termini specifici del nostro paese. Esse furono i1 punto di partenza di una trasformazione che si sviluppò successivamente nella “svolta” del 1929-1930 (dopo il VI congresso dell’IC) e nella nuova leva di membri e dirigenti che, attraverso grandi lotte e sacrifici, fecero fare grandi progressi al PCd’I sulla strada per diventare il partito rivoluzionario della classe operaia italiana. Ciò che gli consentì di scrivere le gloriose pagine della Guerra di Spagna e della Resistenza in Italia, il punto più alto finora raggiunto nel nostro paese dalla classe operaia nella sua lotta per il potere.

Nelle Tesi di Lione era detto chiaramente (tesi 26) anche che il partito correva il pericolo di una deviazione di destra e che la deviazione di destra si presentava nella formula che “il partito comunista deve essere ‘l’ala sinistra’ di un’opposizione che comprenda tutte le forze che cospirano all’abbattimento del fascismo”. In altre parole, la deviazione di destra consisteva nella tesi che la direzione della lotta contro il fascismo e del regime che sarebbe succeduto al fascismo non sarebbe stata della classe operaia, ma della borghesia democratica, che tra il fascismo e la dittatura del proletariato doveva prevedersi una fase democratica, evidentemente ritenendo che la fase della democrazia borghese non fosse stata definitivamente chiusa con l’avvento dell’imperialismo.

Nel 1929 l’aggravamento della crisi generale rese più acute le contraddizioni tra i gruppi imperialisti fino a provocare l’avvento del nazismo in Germania. La lotta per il socialismo entrò in una fase in cui la classe operaia poteva egemonizzare e dirigere un più ampio fronte di masse e di forze politiche. Anche la socialdemocrazia veniva esaurendo il suo ruolo di apripista del fascismo e diventava essa stessa vittima della mobilitazione reazionaria delle masse che aveva collaborato a creare. A quel punto la lotta su quale classe (e quindi quale partito) doveva dirigere il fronte antifascista si pose nei partiti comunisti e nell’IC con più forza e in termini praticamente più decisivi.

La linea del fronte antifascista approvata dal VII congresso (luglio - agosto 1935) dell’IC (ma in corso di attuazione dal 1934) ebbe nell’Internazionale applicazioni nettamente opposte nella realtà: da quella che subordinava il partito comu nista al fronte, rappresentata dal Partito comunista francese, a quella che preservava l’autonomia politica e militare del partito, rappresentata dal Partito comunista cinese. Tra di esse, però, non si sviluppò però mai una lotta aperta, come lotta tra due linee che riflettevano gli interessi delle due classi antagoniste.

Nel giro di alcuni anni nel PCd’I prevalse di fatto la linea di destra, la linea che negava la direzione del partito comunista sulle masse popolari a favore della direzione di “tutti i partiti antifascisti”, che negava l’autonomia politica (e quindi anche militare) del partito comunista a favore della sua subordinazione al Comitato di Liberazione Nazionale, che negava la lotta per il socialismo a favore della conservazione della dittatura della borghesia che camuffava la restaurazione del parlamento e del pluripartitismo col suffragio universale come ritorno alla democrazia borghese. La sconfitta nella guerra di Spagna (1936-1939) rafforzò la destra che ne trasse e propagandò il bilancio che la sconfitta era dovuta alla mancanza di una salda unità con le forze borghesi antifasciste e che il partito comunista avrebbe potuto creare questa maggiore unità con maggiori concessioni politiche ed economiche alla borghesia antifascista. Nel 1944 Togliatti fece prevalere nel PCd’I questa linea come linea ufficiale (vedasi Togliatti, La politica di unità nazionale dei comunisti (11 aprile 1944) in Opere, vol. 7). Egli però, come è abitudine della destra, allora e fino al 1956 si guardò bene dall’ammettere che questa linea era apertamente l’opposto di quanto il partito aveva stabilito nei suoi precedenti congressi e dallo spiegare i motivi di questa inversione di rotta. Egli presentò la nuova linea come un accorgimento provvisorio e un’astuzia per ingannare l’avversario. La sinistra del partito accettò questa “astuzia”, come se un partito rivoluzionario potesse propagandare una linea che ingannava non solo l’avversario, ma anche le masse, che demoralizzava le masse nel momento della loro massima mobilitazione rivoluzionaria, riservandosi poi di seguire in realtà una linea diversa. Nella realtà il partito imboccò un’unica linea, quella su cui esso stesso conduceva le masse, quella di non far prevalere, nella mobilitazione delle masse, la direzione della classe operaia e, quindi di lasciare la direzione alla borghesia imperialista a cui, in definitiva, dovette esso stesso subordinarsi.

Di fatto questa linea di subordinazione alla borghesia imperialista, che divenne subordinazione alla DC, fu imboccata dal PCI prima ancora che queste posizioni fossero sanzionate dall’VIII congresso (dicembre 1956), quando oramai il revisionismo moderno aveva preso il sopravvento anche in Unione Sovietica (XX congresso del PCUS, 14 - 24 febbraio 1956) e in vari altri partiti comunisti. È la linea che condusse il PCI a svolgere il ruolo di partito riformista durante la fase del capitalismo dal volto umano (1945-1975) e a degenerare in partito della borghesia imperialista al sopravvenire della nuova crisi generale.

Per quanto riguarda la posizione del PCI dopo la fine della Resistenza sono da consultare i documenti: Sulla tattica del PCI nel momento attuale (dicembre 1947), attribuito a P. Secchia (Gori, pagg. 282-286); Ancora sulle divergenze tra noi e il compagno Togliatti e noi (1963) (Opere di Mao Tse-tung, vol. 19).

La fine vittoriosa della guerra contro nazifascismo, la grande influenza raggiunta in tutto il mondo dal movimento comunista, la creazione di un grande campo socialista che andava dall’Europa centrale all’Asia sud-orientale, la fine della prima crisi generale del capitalismo avevano creato una situazione nuova per tutto il movimento comunista. Essa richiedeva nuove risposte.

È nella lotta attorno alla via da prendere in questo nuovo contesto che prevalse il revisionismo moderno (cosiddetto per distinguerlo da quello sviluppatosi all’inizio del secolo nella II Internazionale sotto la guida di Bernstein). Esso avviò la corruzione e la corrosione del campo socialista e la trasformazione dei partiti comunisti in partiti riformisti, favorito dal periodo di ripresa e di sviluppo (1945-1975) in cui il mondo capitalista era entrato.

La lotta contro il revisionismo moderno condotta dal Partito Comunista Cinese diretto da Mao Tse-tung e culminata nella Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976) valse non solo a ritardare l’azione del revisionismo moderno, ma anche  a comprendere le lezioni universali della prima ondata della rivoluzione proletaria e della costruzione dei primi paesi socialisti (1917-1956 per quanto riguarda l’URSS, 1949-1976 per quanto riguarda la Repubblica Popolare Cinese, per ricordare solo gli esempi maggiori) e a indicare il maoismo come terza superiore tappa del pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo, ossia come sintesi delle esperienze della prima ondata della rivoluzione proletaria e dei primi paesi socialisti.

Questi insegnamenti sono esposti nelle Opere di Mao Tse-tung e riassunti nell’opuscolo CARC, Sul maoismo terza tappa del pensiero comunista.

Come documenti di riferimento per la teoria del partito indichiamo sulla linea di massa: Mao Tse-tung, Alcune questioni riguardanti i metodi di direzione (1943), (Opere di Mao Tse-tung, vol. 8), Mao Tse-tung, I dieci punti (1963), (Opere di Mao Tse-tung, vol. 20); sulla lotta tra le due linee nel partito comunista: Mao Tse-tung, Contro il liberalismo (1937), (Opere di Mao Tse-tung, vol. 5); Mao Tse-tung, Risoluzione su alcune questioni della storia del nostro partito (1945), (Opere di Mao Tse-tung, vol. 9).

Per quanto riguarda il nostro paese, dopo l’VIII congresso (dicembre 1956) incominciò la lotta per la ricostruzione del partito comunista che fu accelerata dal sopraggiungere, alla metà degli anni Settanta, della seconda crisi generale del capitalismo.

Per l’illustrazione dei passaggi principali e dei tentativi principali compiuti rimandiamo a F. Engels/10.100.1000 CARC per la ricostruzione del partito comunista (1995).

A documentazione della rinascita del movimento comunista a livello mondiale rimandiamo ai documenti di alcuni partiti di altri paesi: PCP, Sulla costruzione del partito, (Gonzalo, vol. 2, pagg. 7-24), PCP, Documenti fondamentali, (Gonzalo, vol. 1, pagg. 393-412), PCE(r), Manifiesto programa - Proyecto (IV congresso) aprile 1996.

 

 

***** Manchette 1

 

Fonti bibliografiche

 

Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti (50 volumi) (abbreviato OC)

Lenin, Opere, Editori Riuniti (44 volumi)

Opere di Stalin, Edizioni Rapporti Sociali (20 volumi)

Opere di Mao Tse-tung, Edizioni Rapporti Sociali (25 volumi)

Aldo Agosti, La terza internazionale, Editori Riuniti (6 volumi) (abbreviato Agosti)

Jane Degras, Storia dell’Internazionale comunista, Feltrinelli (2 volumi) (abbreviato Degras) Gori - Pons, L’URSS, il Cominform e il PCI (1943-1951), Carocci (abbreviato Gori) Serafini, Il congresso di Lione, Savio Editore

Spriano, Storia del Partito comunista italiano, L’Unità-Einaudi (8 volumi) Togliatti, Opere, Editori Riuniti (8 volumi)

Gonzalo, Guerra popular en el Perù, Borja (2 volumi)

PCE(r), Manifiesto programa - Proyecto, aprile 1996

PCE(r), La guerra di Spagna, il PCE e l’Internazionale Comunista, Edizioni Rapporti Sociali

 

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***** Manchette 2

 

Rivolto a Zinoviev Lenin disse:

 

“Io non gioco con le parole d’ordine. Dico alle masse la verità ogni volta che c’è una svolta nel nostro cammino della rivoluzione, per brusca e difficile che sia. Tu invece, da quel che capisco, hai paura di dire la verità alle masse. Tu vuoi fare una politica proletaria con metodi e mezzi borghesi. I dirigenti che conoscono la verità tra di loro, nel loro giro e non la trasmettono alle masse perché queste sono ‘ignoranti’, non sono dirigenti proletari. Bisogna dire la verità. Se sei sconfitto non bisogna presentare le cose come una vittoria; se fai un compromesso, bisogna dire che si tratta di un compromesso; se hai sconfitto il nemico facilmente non bisogna dire che ti è costato un enorme fatica; se invece è stato difficile non bisogna vantarsi che sia stato semplice. Se hai sbagliato bisogna riconoscere l’errore senza temere che ciò intacchi il tuo prestigio perché il prestigio viene intaccato solo se nascondi i tuoi errori. Se le circostanze ti obbligano a cambiare direzione, non bisogna fingere di avere mantenuto la stessa linea di condotta. Bisogna essere sinceri  con la classe operaia se si crede nel suo istinto di classe e nel suo carattere rivoluzionario. Ed è vergognoso e mortale per un marxista non crederci. Dirò ancora di più: anche ingannare un nemico è cosa molto complicata, è un arma a doppio taglio, ammissibile solo nelle cose più concrete, relativa alla tattica immediata di combattimento.

Infatti i nostri nemici non sono separati dai nostri amici da un muro di ferro e hanno influenza tra i lavoratori, per ingannare le masse, cercheranno, con successo, di presentare la nostra manovra come un tentativo di ingannare le masse. Non essere sinceri con le masse per ingannare il nemico è una linea di condotta politica sciocca e insensata. Il proletariato ha bisogno di verità e niente è più sbagliato per la sua causa che la menzogna ‘a fin di bene’, ‘decorosa’, ‘meschina’”.

Zinoviev contrariato fece una risatina.

 

(da E. Kazakévich, Il quaderno azzurro)

 

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