Apriamo la mente!
Dissipiamo la nebbia sparsa dagli imperialisti e dai revisionisti moderni!

Rapporti Sociali n. 19 - agosto 1998 - pagg. 42-45 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Dichiarazione della redazione di Resistenza a proposito dell’articolo “È morto un comunista che ha dato motto filo da torcere agli imperialisti e ai revisionisti moderni”

L’articolo (riprodotto qui sotto, ndr) ha suscitato numerose e vivaci reazioni nei nostri lettori, alcune di plauso e altre di biasimo. La cosa ci ha incoraggiato: un movimento rivoluzionario ha bisogno di una concezione rivoluzionaria del mondo. Una concezione rivoluzionaria è per forza di cose in contrasto stridente con le idee correnti, le sconvolge.

 

È morto un comunista che ha dato molto filo da torcere agli imperialisti e ai revisionisti moderni

 

Dirigenti dei Kmer Rossi hanno annunciato che il 15 aprile è morto a 73 anni Pol Pot, per anni dirigente del Partito comunista cambogiano.

Le calunnie riversate sistematicamente dalla borghesia imperialista e dai revisionisti moderni contro i Kmer Rossi hanno l’equivalente nelle calunnie riversate contro Sendero Luminoso (Perù) per quanto riguarda il presente e contro Stalin per quanto riguarda il passato.

Ma le parole velenose degli oppressori dei popoli e dei liquidatori del socialismo non sono valse nel passato a cancellare il legame di Pol Pot e degli altri comunisti cambogiani con le masse popolari che essi hanno ripetutamente condotto alla vittoria contro nemici potenti.

Mai essi avrebbero potuto combattere e resistere dal 1979 a oggi alle aggressioni se non avessero avuto un profondo legame con le masse del loro paese.

I comunisti e i lavoratori del nostro paese devono valutare la propaganda contro i comunisti cambogiani alla luce di questo fatto incontrovertibile e del ruolo che i promotori, imperialisti e revisionisti, della campagna denigratoria svolgono contro i lavoratori.

Basti ricordare che Clinton, capo dello Stato che ha devastato e massacrato la Cambogia per anni, capo degli imperialisti i cui più recenti massacri si chiamano Panama, Irak, Somalia, Rwanda, ha avuto la sfrontatezza di “ordinare” di processare Pol Pot per “genocidio” (dei morti massacrati dai bombardieri USA) davanti a un “tribunale internazionale” nominato dagli USA e dai loro compari o servi.

Quando il movimento di liberazione delle classi e dei popoli oppressi ritornerà all’attacco su grande scala, esso renderà giustizia a Pol Pot come a migliaia di altri comunisti contro cui i padroni hanno riversato tutto il livore della loro classe destinata a scomparire.

da Resistenza n° 5/98

 

Nel nostro paese le idee correnti sono quelle della classe dominante, nella sua versione di destra o di sinistra. Queste ultime predominano oggi largamente nelle teste delle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista.

È così ed è inevitabile che sia così. Infatti “le idee non cadono dal cielo”, ma sono frutto dell’elaborazione dell’esperienza. Ora da più di quarant’anni nel nostro paese manca un partito comunista che elabori sistematicamente l’esperienza delle masse popolari del nostro paese e del resto del mondo. Per di più da quando il revisionismo moderno ha preso il sopravvento in URSS (1956), tutto il movimento comunista internazionale attraversa ma fase di difficoltà,  non esiste un legame internazionale tra partiti e organizzazioni comuniste.

Il nostro foglio è efficace, se con esso scuotiamo i nostri lettori dal torpore dei luoghi comuni che offuscano la loro mente, se mette in discussione i loro pregiudizi e li fa discutere. Questi pregiudizi impediscono loro di comprendere e trasformare il mondo, di trasformare il loro malessere in forza rivoluzionaria. Con l’articolo in questione abbiamo colto nel segno: la discussione è vivace, non vogliamo sottrarci, anzi vogliamo “battere il ferro finché è caldo”.

Direttamente qui ci occuperemo solo delle reazioni di biasimo. Però chi ci ha mandato applausi ha fatto una cosa importante, ci ha fatto comprendere che la situazione è adatta a dare battaglia e ci conforta a darla. Crediamo di parlare, con questa dichiarazione, anche a loro nome. A loro confermarcelo o correggerci.

Le reazioni di biasimo sono di due tipi.

Alcuni lettori ci rimproverano di presentare in una luce positiva Pol Pot, il Partito comunista cambogiano e il movimento dei Kmer Rossi che a loro dire sono una banda di assassini e genocidi (tra questi annoveriamo anche quelli che si sono limitati a lanciarci addosso insulti).

Altri lettori ci rimproverano di aver presentato in una luce positiva dei comunisti che hanno commesso molti e gravi errori (vedasi ad esempio la lettera allegata La rivoluzione del cuore senza la testa - qui non riprodotta, ndr).

 

1. Partiamo dalle prime reazioni.

A questi compagni chiediamo anzitutto: chi ha loro detto, mostrato, documentato “i crimini, le crudeltà e il genocidio” commessi dai comunisti cambogiani”? La risposta è obbligata. I gruppi imperialisti e i revisionisti moderni tramite la macchina per l’intossicazione dell’opinione pubblica e la deformazione delle coscienze che essi gestiscono.

La stessa macchina da cui provengono Il libro nero del comunismo, la denigrazione della Resistenza (“triangolo della morte”, Porzus, via Rasella, foibe, ecc.), la denigrazione del movimento comunista, della costruzione del socialismo, dei dirigenti del movimento comunista, i crimini di Stalin, ecc.; il coro sugli squilibri finanziari, sulla mondializzazione dell’economia, la flessibilità e i sacrifici cui i lavoratori devono adattarsi e contemporaneamente il piagnisteo sugli scambi diseguali, sulla fame nel mondo, sul lavoro dei bambini, sulle atrocità della guerre, sul fallimento del comunismo; il battage pubblicitario su Diana d’Inghilterra, l’esaltazione del Papa, del Dalai Lama e di Teresa di Calcutta, la mistificazione sul Che e il culto per Marcos [movimento zapatista, ndr] . Insomma un coro in cui si mischiano mille voci e rumori, il cui risultato complessivo non solo non aiuta i lavoratori e le masse oppresse a capire che cosa fare, ma ostacola la comprensione.

L’opera di questa macchina di intossicazione e di deformazione non è cosa di questi ultimi anni. In Rapporti Sociali n. 1, febbraio ‘88 abbiamo indicato l’origine sociale, i confini storici e il ruolo politico di questa macchina (La verità è rivoluzionaria). Quindi niente di nuovo. Solo la constatazione che tra le FSRS (a cui appartengono tutti quelli ce ci hanno scritto) predomina ancora l’acquiescenza a questa macchina.

Compagni che mille volte hanno denunciato un aspetto o l’altro di quella macchina, ne assorbono tuttavia i prodotti come verità ovvie e indiscutibili.

Vogliamo renderci conto che siamo immersi in questa nebbia gelatinosa e multiforme, che presenta piatti di mille gusti, salvo quella combinazione pratica e semplice di stile di lavoro e di teoria rivoluzionari che, divenuti di massa, rendono le masse invincibili?

Vogliamo renderci conto che uno dei compiti nostri e di tutte le FSRS è costruire in noi e nella cerchia, attualmente ancora ristretta, di uomini e donne che assumono su di sé lo stesso nostro compito, esattamente quella combinazione di stile di lavoro e di comprensione della realtà, quel metodo e quella concezione che permettono di comprendere e trasformare il mondo?

Sentendo onesti compagni ripetere come verità sacrosante le calunnie dei nostri nemici contro i nostri amici, ripetere le  parole di imperialisti e revisionisti dichiarati contro compagni che hanno sempre rivendicato il loro essere comunisti e a questo hanno dato la loro vita, sentendoli ripetere queste menzogne senza alcun sospetto di svolgere il ruolo di ripetitori e trasmettitori della propaganda che il nemico sparge contro di loro, viene alla mente il racconto di Lu Hsun sugli uomini che dormono inconsapevoli in una casa che sta per crollare.

“Ma centinaia di osservatori e studiosi indipendenti hanno documentato in lungo e in largo le atrocità commesse dai comunisti cambogiani”. E non avevano documentato anche i 60.000 morti di Timisoara nel 1989 quando i gruppi imperialisti dovevano montare il colpo di Stato in Romania? Non sono 100 anni che in ogni guerra un gruppo imperialista “documenta” le “atrocità” commesse dai gruppi imperialisti rivali e soprattutto dalle masse popolari in rivolta, dai movimenti rivoluzionari, dai comunisti? Cosa vomitava già nel 1871 la borghesia contro la Comune di Parigi?

Noi chiediamo: non è forse vero che tutti quegli osservatori e studiosi “indipendenti” dipendevano e dipendono da gruppi imperialisti e dai revisionisti moderni, quando non ne sono essi stessi esponenti e portavoce? Chi dà loro da mangiare? Chi li ha educati? Da quale classe dipendono per la loro carriera e i loro lavori? In quale “brodo di coltura” cresce e vive ognuno di loro? Qual è la sua ideologia, quali i suoi valori?

La debolezza attuale del movimento comunista si esprime anche nel fatto che abbiamo perso quella rete di istituzioni e di uomini che, dal punto di vista del movimento rivoluzionario e al servizio delle masse dei lavoratori e degli oppressi, raccoglievano l’esperienza, la elaboravano e ne diffondevano i risultati. Una rete di istituzioni e di uomini che si era formata sulla scia dei paesi socialisti.

Che vantaggi ha portato alle masse la macchina di intossicazione e di deformazione dei gruppi imperialisti e revisionisti? Imperialisti e revisionisti sono o non sono i nemici attivi e accaniti del comunismo?

Cosa fare allora? Dobbiamo partire dall’esperienza nostra, dall’esperienza del movimento comunista e dal patrimonio teorico del movimento comunista. Su queste basi costruiremo passo dopo passo, stabilendo via via i legami internazionali che si renderanno possibili, le condizioni della nostra comprensione e della nostra attività di trasformazione del mondo in conformità alla tendenza oggettiva della società attuale verso il comunismo, tendenza che si manifesta anche nella barbarie dei risultati che derivano dalla lotta accanita di imperialisti e revisionisti contro quella tendenza.

Tutte le notizie e tutta la documentazione in circolazione vanno considerate nel contesto in cui sono prodotte e messe in circolazione e tenendo conto da chi sono prodotte e messe in circolazione.

 

**** Manchette

Pol Pot

Viva il 17° anniversario della fondazione del Partito comunista di Kampuchea

(1977, 70 pagine).

Reperibile c/o Edizioni Rapporti Sociali, lire 7.000

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Dalla fine del secolo scorso la “costituzione materiale” dei paesi capitalisticamente più sviluppati è tale che la classe dominante non riesce a condurre una guerra se non realizza un certo grado di mobilitazione delle masse a favore della guerra.

Da allora la borghesia ha sviluppato, come parte dell’arte di governo, della politica, l’arte dell’intossicazione dell’opinione pubblica e della deformazione delle coscienze. Da allora, quest’arte ha fatto grandi progressi.

Attualmente i contrasti tra gruppi e Stati imperialisti da una parte e il contrasto tra orgia imperialista e masse popolari dall’altra richiedono un uso dispiegato, più pervasivo e su scala più vasta di quest’arte. I gruppi imperialisti da una parte e i revisionisti moderni dall’altra conducono una guerra accanita contro i comunisti e i loro seguaci. La posta è il cuore delle masse.

 Non è possibile basare le nostre analisi sulle pubblicazioni e sulle informazioni dei gruppi imperialisti e dei revisionisti moderni. Più i loro portavoce li presentano come indipendenti e “obiettivi”, più c’è da diffidarne. Il più abile truffatore è colui che riesce a farsi passare come uno specchio di onestà e lealtà.

Che gli imperialisti siano i nemici delle masse popolari lo mostra la nostra esperienza quotidiana. Che i revisionisti moderni (sovietici alla Khruscev-Breznev, cinesi alla Teng Hiao-ping, vietnamiti alla Pham Van Dong, ecc.) siano nemici del comunismo, lo dimostrano i risultati della loro opera decennale, quello che hanno fatto subire e fanno subire alle masse del loro paese, quello che fanno e hanno fatto loro amici da noi, lo sfruttamento imperialista che hanno importato e importano nei loro paesi, il divorzio crescente tra loro e le masse popolari del loro paese.

Per altri (i revisionisti cubani alla Fidel Castro) la cosa, per il momento, è forse meno evidente a vari compagni, ma crediamo che nessuno di loro posta negare the quelli che anni fa combattevano contro gli imperialisti oggi si sono ridotti a chiedere agli imperialisti di lasciarli rientrare nel coro del mercato mondiale e degli investimenti imperialisti che tanto ‘benessere” apportano alle masse, come ben sanno i lavoratori indonesiani, coreani, tailandesi, cinesi e gli altri che al mercato partecipano a fondo.

È ovvio e scontato che gruppi imperialisti e revisionisti moderni denigrino il movimento comunista e cerchino di seminare sfiducia, demoralizzazione e divisione nelle nostre fila.

Prendiamo il caso concreto della Cambogia. C’è forse un partito comunista, non un partito che si dichiara comunista, ma un partito che nella sua condotta e nella sua linea ha dimostrato in questi anni di sapere e voler condurre avanti la causa della rivoluzione proletaria, che ha condotto una sua analisi dell’attività del Partito comunista cambogiano e ha avvalorato le “dimostrazioni” di imperialisti e revisionisti?

Che motivo abbiamo per prestare fede a quello che imperialisti e revisionisti dicono contro i comunisti cambogiani? Nessuna. Abbiamo tanti motivi di ritenere che anche se i comunisti cambogiani fossero bravi e anzi quanto più fossero bravi, tanto maggiore sarebbe l’accanimento degli imperialisti e dei revisionisti moderni contro di loro.

Attualmente proprio la debolezza del movimento comunista internazionale (e quindi della controinformazione che esso può sviluppare tra le masse sulla base della propria autonomia, della propria forza e dei propri legami) permette loro di pigiare liberamente il piede sull’acceleratore della macchina delle calunnie e della denigrazione. Le loro menzogne incontrano pochi ostacoli e finché funzionano sono uno strumento di guerra preventiva contro il comunismo più sicuro della repressione.

A questa macchina non dobbiamo soggiacere e dobbiamo combatterla con tutte le nostre forze.

 

2. Veniamo alle seconde reazioni

Quello che conosciamo della linea dei comunisti cambogiani, dai loro programmi e dalle dichiarazioni degli altri partiti comunisti e per quel che si può ricavare da una lettura critica della letteratura dei loro e nostri nemici imperialisti e revisionisti, si limita ai termini generai e, sempre per quel che conosciamo, gli elementi positivi sono di gran lunga prevalenti. Per lo meno nel senso che, non essendo noi in grado di fare alcuna analisi concreta della situazione concreta, quello che possiamo giustamente fare è vedere se i principi generali che i compagni cambogiani erigono a sintesi delle loro linee particolari, gli aspetti universali del loro programma combaciano o contrastano con i principi generai e gli aspetti universali che compongono il patrimonio del movimento comunista. Vediamone alcuni.

 

1. Bisogna distruggere la vecchia macchina amministrativa e le istituzioni del vecchio regime.

È una legge generale del movimento comunista. Semmai devono essere spiegate con l’analisi particolare i discostamenti da questa legge che si ritiene necessario fare.

L’idea che le masse popolari e la classe operaia possano adoperare a proprio uso e vantaggio, nel proprio interesse, le  istituzione del vecchio Stato è da escludere non solo per quello che riguarda le forze armate, la polizia, la diplomazia, la magistratura, le istituzioni penitenziarie (insomma ciò che attualmente grossomodo da noi fa capo ai Ministeri degli Interni, della Difesa, della Giustizia e degli Esteri), ma anche per quello che riguarda il sistema sanitario, il sistema scolastico, i servizi pubblici, i servizi sociali, i servizi del demanio, delle finanze, ecc.

L’esperienza delle rivoluzioni socialiste lo dimostra e l’analisi della composizione e del funzionamento di queste istituzioni lo confermano.

Nel ‘46 Concetto Marchesi, rettore dell’Università di Padova e membro del CC del PCI, sostenne che per rinnovare in senso democratico e popolare il sistema scolastico italiano, bisognava chiudere le scuole per almeno 5 anni. La storia della scuola italiana di questo dopoguerra non confuta la sua tesi.

Anche la Rivoluzione Culturale Cinese, pur avvenendo in un paese socialista, confermò la legge. Quindi le varie misure prese dal PCK di chiudere una serie di istituzioni create dagli imperialisti, dalla borghesia compradora e burocratica e dai feudatari cambogiani e costruire istituzioni al servizio delle masse popolari, ci paiono più che ragionevoli, in linea di massima necessarie.

Come anche ci pare ragionevole che PCK decidesse di non costringere a tempo indeterminato i tre milioni di contadini cambogiani a produrre riso e altri alimenti per i tre milioni di persone che i bombardamenti USA, la guerra e i traffici connessi con l’economia di guerra e l’occupazione imperialista avevano concentrato nella capitale (la cui popolazione era passata da 500.000 nel 1970 a tre milioni nel 1975), ma di organizzare il trasferimento al lavoro agricolo di tutta o gran parte della popolazione da poco inurbata e immessa in un ingranaggio che aveva termine con l’occupazione USA.

 

****Manchette 

Pol Pot

Intervista data da Pol Pot a una delegazione di giornalisti jugoslavi (1978, 12 pagine).

 Reperibile c/o Edizioni Rapporti Sociali, lire 2.000

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2. Bisogna basarsi sulle proprie forze

Nel contesto della situazione mondiale degli anni ‘70 e attuale, l’indipendenza alimentare ed energetica è una condizione base dello sviluppo vittorioso di una rivoluzione democratico-borghese (e ancora più per lo sviluppo vittorioso di una rivoluzione socialista). Gli imperialisti e i revisionisti hanno usato e usano il loro predominio economico e politico nel mondo per strangolare economicamente le rivoluzioni e persino i loro avversari, per imporre la loro volontà e i loro interessi.

I paesi dove la rivoluzione non ha realizzato l’indipendenza alimentare ed energetica e non ha impostato il proprio sviluppo basandosi sulle proprie forze (salvo giovarsi degli aiuti che riceve per accelerare e migliorare il proprio sviluppo), sono paesi dove la rivoluzione non ha fatto strada. Guardate Cuba, guardate il Vietnam, guardate il Nicaragua! I lavoratori sono giorno dopo giorno sempre più sottoposti alle “delizie” del capitalismo.

Il motivo avanzato dai promotori di questo ritorno sotto il capitalismo per giustificare le loro misure e per mettere a tacere i loro avversari, sono la mancanza dei beni necessari alla vita corrente. Secondo loro si può vivere solo se si riceve dal “mercato” dove dettano legge gli imperialisti.

È in nome di questo che promuovono un processo che riporta all’abbrutimento, alla schiavitù salariale, alla disoccupazione, alla miseria e alla prostituzione parti crescenti delle masse popolari. Oppure riducono il loro “socialismo nazionale” a mantenere una parte più o meno ampia della popolazione importando cibo e altri beni di prima necessità con la parte della rendita che ottengono dagli imperialisti che sfruttano e saccheggiano le ricchezze naturali del paese (petrolio, gas, minerali, terreno, foreste, ecc.): fino a quando il contesto delle relazioni internazionali e il procedere della crisi lo permettono. Poi gli imperialisti per bocca del FMI, della Banca Mondiale, o dei Comitati dei creditori, impongono di porre fine alla festa, di alzare i prezzi, ridurre i salari e il numero dei dipendenti pubblici e altre  “misure di austerità” e di “risanamento finanziario”. Oppure fino a quando cessano gli “aiuti sovietici”, come è successo a Cuba.

I comunisti cambogiani avevano individuato chiaramente, ben prima di conquistare il potere, questa situazione e avevano definito una linea che faceva leva sulle caratteristiche del loro paese e sulle condizioni economiche e culturali delle masse popolari cambogiane per guidarle a stabilire basi di sviluppo autonome dagli imperialisti e dai revisionisti. Erano profondamente legati alle masse, come dimostrano la loro concezione e i risultati della loro politica e quindi riuscivano a mobilitare e dirigere le masse ad attuare la linea dell’autonomia nazionale e dello sviluppo basandosi sulle proprie forze. Proprio per questo gli imperialisti e i revisionisti moderni dovevano schiacciarli.

I lavoratori vietnamiti avevano vinto gli imperialisti americani: gli attuali dirigenti del Vietnam non avrebbero potuto portarli a servire nuovamente gli imperialisti se i loro vicini, i lavoratori cambogiani, avessero proseguito con successo per la loro strada di indipendenza e autonomia.

I revisionisti riescono dove gli imperialisti non riescono. La storia degli ultimi 50 anni lo ha dimostrato. L’URSS non è stata distrutta dagli imperialisti coalizzati nel 1918-1921, dal blocco economico e dal sabotaggio degli anni 1921-1941, dall’attacco nazista del 1941-1945. È stata distrutta dai revisionisti moderni.

Che la lotta tra revisionismo e comunismo fosse una lotta internazionale, fu evidente fin dall’inizio, nei primi anni ‘50. Per vincere la partita in URSS e per consolidare il suo potere, Kruscev dovette allearsi con le destre e portarle al potere in quanti più paesi socialisti e in quanti più partiti comunisti gli riuscì di farlo.

Non i fermò di fronte a nessun mezzo: intrighi, complotti, aiuti, colpi di mano, colpi di Stato. Basta vedere a cosa arrivò dove incontrò resistenza efficace: Albania (tentato colpo di Stato), Cina (rottura unilaterale dei trattati e dei rapporti commerciali e tecnologici nel 1964, appoggio a Peng Te-huai). Basta vedere l’appoggio dato dai revisionisti sovietici nel 1965 al colpo di Stato del gen. Suharto promosso dagli imperialisti USA in Indonesia che portò al massacro dei comunisti (il PC Indonesiano si era schierato contro i revisionisti sovietici).

L’intervento aperto in altri paesi, l’aggressione e l’occupazione di altri paesi divennero per i revisionisti moderni un mezzo corrente, a somiglianza di quello che fanno gli imperialisti (e a differenza di quello che fanno i comunisti, che ben sanno che le rivoluzioni non si esportano). Le operazioni militari all’estero per “difendere il socialismo” divennero una prassi corrente da parte di gruppi, partiti e governi che sabotavano e minavano il socialismo in casa propria: Cecoslovacchia (1968), Cina (Ussuri, 1969), Cambogia (1978), Angola, Etiopia, Afghanistan, ecc.

 

**** Manchette 

Karl Marx

La guerra civile in Francia (1871) 

Il primo bilancio della Comune di Parigi steso a pochi mesi dalla sconfitta e dal massacro della popolazione proletaria di Parigi ad opera della borghesia imperialista francese.

Reperibile c/o Edizioni Rapporti Sociali, lire 6.000

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3. Conclusione

In conclusione, noi non sosteniamo che i comunisti cambogiani non hanno commesso errori. Sarebbe un’assurdità: tutti commettiamo errori. Non siamo in grado di fare critiche, stante i limiti delle nostre forze. Partiamo semplicemente da posizioni di principio.

Distinguiamo nettamente tra amici e nemici e affrontiamo ogni avvenimento dal punto di vista degli interessi della causa del comunismo.

Di fronte alla morte del massimo dirigente di un partito comunista, che la borghesia usa per rinnovare e rafforzare la denigrazione del comunismo, abbiamo chiamato tutti i compagni a cui giunge la nostra voce a essere sicuri che, se dedicheranno la loro vita alla causa del comunismo, il movimento comunista non li dimenticherà mai, in nessuna circostanza, per grandi che siano le nostre difficoltà e arroganti i nostri nemici.

 Come non dimentica i partigiani oggi tanto denigrati, come non ha dimenticato i martiri della Comune di Parigi, sconfitta e tanto denigrata. “Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, nome l’araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti”, scriveva K. Marx il 30 maggio 1871.

Ai bambini e alle bambine oggi sfruttati, seviziati, violentati della Cambogia, del Vietnam, dell’Indonesia, della Thailandia, delle zone di nuova economia della Cina di Teng, ai lavoratori, ai diseredati e agli emarginati di tutto il mondo, i comunisti cambogiani che hanno resistito agli imperialisti e ai revisionisti, indicano la via della lotta e della rivoluzione, l’unica via di vita, perché non hanno che da perdere le loro catene e hanno un mondo da conquistare.

 

Riferimenti bibliografici.

Questi riferimenti vanno usati tenendo conto che quasi tutti gli autori sono anticomunisti e scrivono espressamente contro il Partito comunista cambogiano: sono esponenti della macchina culturale imperialista o revisionista. Carney è addirittura un agente governativo USA. L’interessante è che anche i loro scritti, essendo abbastanza vasti e non destinati al grande pubblico, riportano dati, riferimenti e situazioni che, se letti criticamente, danno a noi comunisti un’immagine tutt’altro che negativa dell’attività del Partito comunista cambogiano.

 

In italiano

Pol Pot, Viva il 17° anniversario della fondazione del Partito comunista di Kampuchea, 1977 (70 pagine).

Malcolm Caldwell, Kampuchea, un popolo - Centro Studi Internazionali, Milano 1981. Sono allegati anche L’evacuazione di Phnom Penh, tratto da Cambodia: Starvation & Revolution di G.C. Hildebrand-G. Porter (Monthly Review Press, New York 1976); La lezione della Cambogia, conferenza di Samir Amin (1981).

Massimo Loche, Il vulcano Indocina, Editnova 1979. In appendice contiene scritti di fonte vietnamita e cinese e un’intervista data da Pol Pot nel 1978 a una delegazione di giornalisti jugoslavi.

Enrica Collotti Pischel, Cambogia: discutere il dramma cambogiano. Atti del convegno svolto presso la Facoltà di Scienze politiche, Milano, aprile 1987.

 

In inglese:

Ben Kiernan, How Pol Pot came to power, New Left Books, Londra 1985

Timothy Michael Carney, Communist party power in Kampuchea (Cambodia), Documents and discussion, New York 1977. Riporta alcuni documenti interessanti: due rapporti di spie USA, due articoli tratti dal giornale comunista cambogiano Ragazzi e ragazze rivoluzionari (1973) e uno scritto sullo Statuto del Partito comunista cambogiano che l’autore dice sequestrato a Phnom Penh.

David P. Chandler, Brother number one.

 

I libri indicati contengono a loro volta una bibliografia e riferimenti a periodici come News from Kampuchea.

Fotocopie dei testi indicati nella bibliografia possono essere fornite a richiesta contro pagamento delle spese.

 

 

 

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